mercoledì 11 ottobre 2017

Max Pohlenz, "La Stoa". Lettura commentata. XVIII parte

Giuliano Augusto

Posidonio, diversamente da Panezio, credette alla sopravvivenza dopo la morte. L’anima non è creata al momento della nascita ma è un’entità autonoma preesistente all’unione con il corpo terreno, quindi può durare oltre questo
Non abbiamo i testi e dobbiamo ricostruirli in base a testimonianze posteriori come l’Orazione al sole di Giuliano Augusto muovendoci su un terreno malsicuro (p.469)
E’ il sole che irradia le anime con la luce e il calore. L’anima è l’hjgemonikovn del corpo, ma ne viene pure influenzata e per colpa del corpo può rimanere inviluppata nella materialità. Quando il corpo muore, l’anima si trattiene per un lungo periodo nella regione della luna, poi torna nel sole dove si dissolve. L’essenza dell’anim aè lo spirito che Posidonio chiama nou'" invece di logos che indica piuttosto il pensiero. Tutto il cosmo è ricolmo di anima e di vita e le sue parti stanno tra loro in rapporto di simpatia. Gli spiriti possono comunicare tra loro anche senza gli organi corporei. La vera garanzia per la conoscenza del reale risiede nell’ojrqo;" lovgo" che è una sola cosa con il logos universale.
L’uomo, diversamente dagli animali, ha in sé delle prolhvyei" naturali che non necessitano di insegnamento, come la linea retta e la curva o gli assiomi matematici formulati da Euclide (III sec.)
 ajxivwma è un principo di per se stesso evidente alla base di ogni dimostrazione poiché ha la radice nel logos. Lo stesso vale per i sillogismi anapodittici, che non hanno bisogno di prova (ajnapovdeiktoi, ajpodeivknumi provo, dimostro)
Ci sono dunque prolhvyei" ajdivdaktoi e ajxiwvmata ajnapovdeikta. (p. 475)
Posidonio cercò di dare una base scientifica alla mantica. La Stoà antica aveva giustificato la mantica con l’eijmarmevnh: se tutta la natura è imparentata con se stessa (come afferma Platone nel Menone[1], se tutto interferisce insieme, come dirà lo Starec Zosima nei Fratelli Karamazov[2]) , allora può esistere un intimo nesso tra la posizione delle viscere e una vittoria militare. Posidonio pensava che il tutto fosse un organismo unitario, pieno di vita, coscienza e volontà. La previsione del futuro non è impossibile perché ogni avvenimento è predeterminato e il futuro è già in germe nel presente.
I fatti sembrano casuali quando non se ne scorge l’intima connessione che però c’è sempre. Gli dèi mandano dei segni e i popoli, dai Caldei agli Arabi hanno sempre cercato di individuarli. Negli oracoli, nelle estasi, a colte più sagge della saggezza del mondo, un forte eccitamento strappa l’anima dal corpo e anche nel sogno lo spirito si stacca dalla corporeità. Lo stesso avviene nello scienziato e nell’artista che si scorda di mangiare, dimenticando la sua corporeità.
L’anima, quando si allenta il legame con il corpo, entra in contatto con il divino spirito universale e viene attirata nel suo movimento, viene com - mossa e può vedere il futuro.
Cicerone rifacendosi aPosidonio, scrive nemo vir magnus sine aliquo adflatu divino unquam fuit (Nat. Deor. 167).
Posidonio giustificò pure l’astrologia. Agostino però esagera scrivendo multum astrologiae deditus (Civ. Dei, V, 2)

Dio dunque compenetra l’universo fino alle parti più umili. Nella media stoà Posidonio oppone alla visione razionalistica e umanistica di Panezio una vocazione naturalistica e mistica.
Tutti gli uomini hanno qualche idea di Dio perché gli sono affini.
Gli uomini creati dal limo primitivo erano in comunione con lo spirito universale. La prova dell’esistenza di Dio può essere tratta e consensu gentium, né può essere invalidata dall’obiezione scettica che i vari popoli si sono rappresentati gli dèi in forme diverse.
La pura conoscenza dei promordi ha subìto delle alterazioni. La corruzione è venuta da certi miti dei poeti[3], dai governi e pure dalle arti figurative.
 I primi uomini prticavano culti aniconici che presso i Romani cessò con l’influenza etrusca. Rimaneva invece presso gli ebrei. La massa ha bisogno di icone, il filosofo no. Il vero culto consiste nell’essere buono e nell’imitarli: “Vis deos propitiare? Bonus esto. Satis illos coluit quisquis imitatus est” (Seneca, Ep. 95, 50), Cfr. il Teeteto di Platone[4].
I primi uomini vissero in intima comunione con il divino. Seneca lo faceva ancora quando scrive prope est a te deus, tecum est, intus est (Ep. 41)
E continua: sacer intra nos spiritus sedet, malorum bonorumque nostrorum observator et custos; ic prout a nobis tractatus est, ita nos ipse tractat.
Un bosco fitto frequens lucus, di alberi antichi, vetustis arboribus, che con la densità dei rami impediscono la vistadel cielo e la solitudine del luogo (secretum loci) e la meraviglia dell’ombra tanto densa e continua nell’aria aperta (et admiratio umbrae in aperto tam densae atque continuae) ti indurranno a credere nella divinità fidem tibi numinis faciet (41, 3)
Torna con Posidonio poi in queso passo Seneca l’originario modo di sentire degli Elleni. Omero per Posidonio era il rappresentante della saggezza divina. I miti potevano rivelare sensi profondi come gli antichi riti. Saggezza antichissma si trovava nei primi legislatori come Mosé e nei fondatori di religioni come Licurgo.

Democrito all’utopia dell’età dell’oro aveva contrapposto una condizione priitiva quasi ferina (cfr. Lucrezio, De rerum natura V libro[5]) dalla quale l’uomo è uscito spinto dal bisogno (creiva/).
Posidonio attribuì invece il progresso tecnico al logos.
Gli Epicurei e gli scettici accusavano la natura di essersi comportata da matrigna[6] verso l’uomo, debole e sprovveduto più degli animali.
 Posidonio replicava che invece il logos dell’uomo aveva asservito a sé anche gli animali più forti e eloci. Posidonio però riconosceva la decadenza e scriveva che il compito della filosofia era opporsi ad essa e nel ricodurre l’uomo alla purezza. Posidonio non giunse mai a svalutare questo mondo
Certamente metteva in guardia contro quanto c’è in noi di non divino e corrotto. Allora il corpo nostro diventa come quello dei maiali “carne inutile e peritura, fatta solo per ricevere il cibo:”prima pars hominis est ipsa virtus; huic committitur inutilis caro et fluida, receptandis tantum cibis habilis, ut ait Posidonius” (Seneca Ep. 92, 10), la parte più nobile dell’uomo è proprio la virtù; a questa si aggiunge la carne inabile e languida, capace giusto di ricevere cibi, come dice Posidonio
Comunque Posidonio non negò che alla piena felicità concorrono anche la salute e un certo benessere materiale.
Apatia per Posidonio era la libertà dagli istinti che eccedono la misura. Gli istinti non vanno comunque repressi ma assoggettati al logos.
Cfr. quale disastro provoca la repressione degli istinti, dell’irrazionale nelle Baccanti di Euripide e in La morte a Venezia di T. Mann. L’irrazionale va bonificato: le Erinni devono diventare Eumenidi (cfr. Eschilo e Pasolini)
Posidonio diede anche importanza alla costituzione fisica, quindi alla dieta e alla ginnastica. Pace interiore è il logos che assoggetta gli istinti (p. 488).

Seneca scrive: “Posidonius non tantum preceptionem … sed etiam suasionem et consolationem et exhortationem necessariam iudicat (Seneca, Ep. 95, 65) Posidonio giudica necessaria non solo la precettistica ma anche l’’arte di dare consigli, di confortare e di esortare
Quindi il protreptiko;" lovgo", il discorso esortativo, la cohortatio, il paramuqhtikov", la consolatio, e uJpoqetikov", la suasio.
Posidonio scrisse anche sui doveri integrando Panezio. Non si dà conflitto tra moralità e vero utile (così anche in Cicerone nel III libro de De officiis). Posidonio si differenzia da Panezio quando mette al primo posto i doveri verso la divinità, poi mette quelli sociali.
Raggiunge l’eujdaimonia chi segue il demone che ha nel proprio petto. (p.489)
Pitagora aveva paragonato i filosofi a coloro che si recano a Olimpia solo per vedere Cic. Tusc. V 9), mentre Posidonio sostiene che bisogna assolvere anche compiti terreni. Il fine dell’uomo è contemplare la verità e l’ordine del tutto, e anche cooperare alla loro realizzazione. Il saggio deve fondere la teoria con la pratica.
Probabilmente anche il Peri; u{you" che distingue la grandezza del genio dalla corretta mediocrità dell’uomo comune (35) risente della fede di Posidonio nella grandezza di certi spiriti umani.
La natura umana è attirata da tutto quanto è grande e possente nel mondo dello spirito e pure in quello della natura (il Nilo, il Reno, l’Etna). Cfr. Leopardi
Infine può risalire a Posidonio il concetto dell’Anonimo sul Peri; u{you" che la megalofrosuvnh trova la sua espressione formale nell’ u{yo" e nel mevgeqo" dello stile
Posidonio dominò le scienze più diverse e pure ritrovò l’unità tra la filosofia e le scienze particolari che si era smarrita dopo Aristotele.
Da questa unità, Posidonio volle risalire al principio divino e con questo la scienza diventava religione.


CONTINUA



[1] Siccome tutta la natura è imparentata con se stessa (a[te ga;r th'" fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh", 82d), ricordare una sola cosa fa emergere tutto il resto se l’anima è coraggiosa e non si stanca di cercare, infatti cercare e imparare è in generale reminiscenza: “to; ga;;r zhtei'n a[ra kai; manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn (81d)
[2] "Il mondo è come l'oceano; tutto scorre e interferisce insieme, di modo che, se tu tocchi in un punto, il tuo contatto si ripercuote magari all'altro capo della terra. E sia pure una follia chiedere perdono agli uccelli; ma per gli uccelli, per i bambini, per ogni essere creato, se tu fossi, anche soltanto un poco, più leale di quanto non sei ora, la vita sarebbe certo migliore" (p. 402). 
[3] Cfr. l’indice dei passi dei poeti fatta Platone nella Repubblica e laruggine antica tra poeti e filosofi
[4] Platone raccomanda agli uomini l’assimilazione a Dio (oJmoivwsiς qew̃/, Teeteto, 176b) quella che sarà l’Imitatio Christi per i Cristiani.
Tale assimilazione alla divinità significa essere buoni.
[5] Per esempio l’accoppiamento sessuale avveniva o per mutua cupido, vel violenta viri vis lo imponeva alla femmina, vel pretium, glandes atque arbita vel pira lecta 8V, 963 - 965). Per giunta l’uomo finiva spesso mangiat dalle fiere: pabula viva feris praebebat (991) e riempiva monti e boschi di gemiti viva videns vivo sepeliri viscera busto (993), vedendo le sue viscere vive sepolte in un vivo sepolcro. Vedi il gusto dell’allitterazione
[6] tanta stat praedita culpa (V, 199)

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