sabato 28 ottobre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. IX parte

I cavalieri nel teatro nella necropoli di Marzabotto

E’ una premessa del mh; mnhsikakei'n, non serbare rancore, astenersi dalle rappresaglie, l’ammnistia che verrà proclamato dalla democrazia restaurata di Trasibulo dopo l’uccisione dei capi più compromessi nel regime dei Trenta (cfr. Senofonte, Elleniche, II, 4, 43). Cfr. anche Togliatti sui fascisti vinti.

 Se invece ci gonfieremo di orgoglio ojgkwsovmesqa-ojgkovw - e monteremo in superbia, per giunta con la patria kumavtwn ejn ajgkavlaiς nelle braccia dei flutti, in avvenire non sembreremo saggi.
Se la prende poi con un seguace di Cleofonte Kleigevnhς oJ mikrovς (709) il ponhrovtatoς balaneuvς, il più scellerato dei tenutari di bagni, lavoro squalificato. I bagnini vendevano i detergenti sui quali lucravano, mentre i clienti portavano olio e asciugamani

Alla fine dei Cavalieri, il Popolo dice che Paflagone-Cleone una volta deposto farà a chi grida di più con puttane e bagnini (povrnaisi kai; balaneu'si, 1403).
Quindi Paflagone sconfitto insulterà da ubriaco le puttane mequvwn te tai'ς povrnaisi loidorhvsetai e berrà l’acqua sporca dei bagni.

Il corifeo dice che i buoni cittadini sono trattati come la moneta antica non falsificata che viene messa da parte mentre si usa quella scadente.

Sarà la legge di Greshman mercante e banchiere inglese del XVI secolo (1519-1579) secondo il qual la moneta cattiva scaccia dalla circolazione la buona.

Così, continua il corifeo, noi disprezziamo (prouselou'men-evw) i cittadini educati, i galantuomini allevati nelle palestre e nei cori trafevntaς ejn palaistraiς kai; coroi'ς, mentre ci serviamo per ogni uso di queste facce di rame, stranieri rossi di pelo-toi'" de; calkoi'" kai; xevnoi" kai; purrivai" crwvmeqa-730-, farabutti discendenti da farabutti, ultimi arrivati che prima la città non avrebbe usato nemmeno come farmakoiv.
Ora dunque ravvedetevi.

Farmakovς era il mostro cacciato da Atene per espellere il guazzabuglio umano. Avveniva in maggio, il giorno della festa dell’eijresiwvnh durante le Targelie feste per Apollo e Artemide.

I rossi
Nei Cavalieri Paflagone-Cleone è chiamato Puvrrandro", il Rosso (901).
L' aggettivo rubicundus, rosso, sembra qualificare la rozzezza. Plauto lo usa per dipingere la faccia del rufus schiavo Pseudolus tanto geniale quanto volgare: "ore rubicundo" (Pseudolo, v. 1219).

La Penna indica "qualche altro passo interessante del III libro dell'Ars dove la polemica contro il gusto arcaizzante ritorna in forma satirica. Ecco il quadro dell'incessus rozzo (303 sg.): illa, velut coniunx Umbri rubicunda mariti, /ambulat, ingentis varica fertque gradus"[1], quella cammina come la moglie rubizza di un marito umbro, e procede a grandi passi con le gambe divaricate.
Per il rubicunda cfr. la matrona sabina di Medicamina faciei 13.
Il contesto dice
Forsitan antiquae Tatio sun rege Sabinae
Maluerunt quam se rura paterna coli,
cum matrona, premens altum rubicunda sedile
adsiduo durum pollice nebat opus (11-14)

E’ finita la parabasi (737)


Escono dalla casa di Plutone Xantia e un servo di Plutone che dice come è nobile il tuo padrone! (738)
 Xantia risponde ironicamente che certo è nobile, infatti sa solo bere e fottere o{stiς ge pivnein oi\de kai; binei'n movnon (740)
I due schiavi si vantano della loro riottosità con i padroni, mandando accidenti, origliando parakouvwn (750), facendo pettegolezzi.

Nel mondo carnevalesco e rovesciato degli schiavi plautini[2] al posto del valore forte della fides troviamo quello della perfidia, la santa protettrice dei servi: " Perfidiae laudes gratiasque habemus merito magnas" (Asinaria, v. 545), abbiamo ragione di elogiare e ringraziare assai la mala Fede, dice lo schiavo Libano allo schiavo Leonida. Perciò Lupus est homo homini, non homo, quom qualis sit non novit” (Asinaria, 495).
Cfr. viceversa Cecilio, contemporaneo di Plauto, homo homini deus (fr. 265 R.)

Poi si sente un fracasso: sono Eschilo ed Euripide.
Il servo di Plutone informa Xantia: litigano per avere il vitto nel Pritaneo, l’ufficio del primo magistrato, e la proedria.
Eschilo occupava il trono tragico ma Euripide appena arrivato si è esibito davanti ai delinquenti che nell’Ade sono tanti e lo hanno eletto come il più bravo sentendo le sue contestazioni, i contorcimenti e i raggiri (ajkrowvmenoi tw'n ajntilogiw'n, kai; lugismw'n kai; strofw'n, 775).
I buoni avrebbero difeso Eschilo ma sono pochi come qui (ojlivgon to; crhstovn ejstin, w{sper ejnqavde (783) e indica il pubblico. Plutone dunque su richiesta del popolo vuole istituire un concorso e un giudizio (ajgw'na poiei'n aujtivka mavla kai; krivsin). Forse come parodia delle Eumenidi.
 Sofocle parteciperà contro Euripide, se dovesse vincere il drammaturgo più giovane, altrimenti lascerà Eschilo sul trono. Appena è sceso, Sofocle ha baciato Eschilo e gli ha dato la destra.
Dunque nell’agone la poesia sarà pesata sulla bilancia kai; ga; r talavntw/ mousikh; staqmhvsetai (staqmavw), 797.
Euripde vuole esaminare le tragedie verso per verso. Echilo l’ha presa male (bavrewς fevrein). Entrambi dicono che c’è ajporiva sofw'n ajndrw'n, scarsezza di intenditori. Poi Eschilo non andava d’accordo con gli Ateniesi. Molti considerava ladri e il resto nullità lh'ron, inetti a capire la natura dei poeti (809-810)
Dunque come giudice hanno scelto Dioniso.


CONTINUA



[1] Op. cit., p. 189.
[2] Plauto visse tra il 255 ca e il 184 a. C. 

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