lunedì 16 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 3


Nel marzo del 1918 il primo capitolo comparve nella Little Review di NewYork. La direzione della rivista fu condannataa interrompere le pubblicazioni e a pagare una multa di 50 dollari per l’episodio di Nausicaa.
Sylvia Beach volle stampare il libro a Parigi e chiese a uomini di cultura di prenotare il volume. Aderirono Yeats, Gide, Churcill, mentre B Shaw scrisse che si trattava di un documento rivoltante ma veritiero di una fase disgustosa della civiltà. Gli sembrava odiosamente realistico. E non aderì. Scrisse che un irlandese non è mai disposto a pagare 150 franchi per un libro. Joyce volle che uscisse il giorno del suo quarantesimo compleanno il 2 febbraio 1922. Mille copie esaurite in poche settimane. T. S Eliot nel suo saggio Ulysses, Order and Myth approfondì i parallelismi omerici minimizzati da Pound.
In una famosa recensione[1] all'Ulisse di Joyce, T S. Eliot definiva il metodo mitico, in opposizione a quello narrativo, come il modo di controllare, di dare una forma e un significato all'immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. "Instead of narrative method, we may now use the mythical method ", invece del metodo narrativo possiamo ora avvalerci del metodo mitico. Questo implica la conoscenza della tradizione e di non poche fasce della letteratura europea.

Virginia Woolf scrisse: è il lavoro di uno studentello malaticcio che si gratta i brufoli. A Hemingway piacque, mentre Gide lo definì un finto capolavoro. Pound scrisse che J era l’erede di Flaubert e che l’Ulisse era un romanzo realista per eccellenza
Lawrence lo accusò di artefazione e mancanza di spontaneità.
 Il mondo anglosassone manteneva un atteggiamento censorio. Jung scrisse a J che aveva compiuto un’impresa da giganti dalla quale aveva imparato molto. Nel 1933 il libro venne assolto negli USA In Italia uscì tradotto nel 1960.

È sicuramente vero che Joyce, scrivendo l’Ulisse, avesse un’ambizione totalista, quella di rendere un mito universale “sub specie temporis nostri”.

Eliot e Joyce rappresentanti del modernismo

L’unico modo per comprendere la tecnica narrativa di questi due autori, il costante riferimento al mito e la complessità quasi inaccessibile del linguaggio, è guardare al contesto in cui Eliot e Joyce scrivevano. Come tutte le avanguardie di inizio secolo, i modernisti (e in particolare quelli più “militanti”, come Ezra Pound) si proponevano un radicale rinnovamento dell’arte e della letteratura, perché percepivano scomode e inadeguate le forme che avevano caratterizzato l’epoca vittoriana.
Rispondendo al richiamo di Pound “Make it New”, i giovani autori dell’epoca, spesso culturalmente “esuli” in quanto non inglesi – Eliot era americano, Joyce irlandese – andarono in cerca di nuove forme per adeguare la letteratura ai rapidissimi cambiamenti del primo Novecento.
Il modernismo fu, però, un’avanguardia diversa da quelle continentali: pur avendo avuto contatti con il contemporaneo futurismo, che stava avendo successo anche sul suolo britannico, i modernisti non interruppero mai un dialogo con la tradizione.
Esempio lampante è il lavoro saggistico di Eliot, che mira non a distruggere, bensì a rileggere e valutare con occhi nuovi la letteratura inglese, “detronizzando” i despoti romantici e dando nuovo lustro agli autori secenteschi, i metafisici, che secondo l’autore erano dotati di un’intelligenza più acuta ed analitica, molto più adeguata alla nuova realtà storica.

I capitolo Telemaco la torre
Vediamo il primo episodio Telemaco la torre (p. 5-32)
Buck Mulligan, studente di medicina si fa la barba: leva alto il bacile e intona: introibo ad altare dei. E’ una specie di parodia della messa. Comunque c’è il tema della religione. Poi fa a Dedalus “Vieni su pauroso gesuita” Come up, you fearful jesuit (3).
 Dedalus è Telemaco, e Mulligan fa parte dei proci come altri personaggi poco intelligenti e malfidi. Mulligan traccia croci nell’aria-made rapid crosses in the air- e mostra schegge d’oro trai denti bianchi. Crisostomo, bocca d’oro.
San Giovanni Crisostomo fu uno dei padri della Chiesa greca[2] (IV secolo)

M dice a D: quel tuo nome assurdo da greco antico, che canzonatura, disse gaio.
The mockery of it, he said faily. Your absurd name, an ancient Greek (4). Anche io ho un nome assurdo Màlachi Mùlligan due dattili My name is absurd too: Malachi Mulligan, two dactyls. But it has a Hellenic ring, hasn’t it?
E ha un certo timbro ellenico (malakiva, mollezza).
Dobbiamo andare ad Atene. Irride la religione che per D invece è cosa seria da seguire o da combattere. “Verrà lo sparuto gesuita? ” Will he come? The jejune jesuit.
 Nel Dedalus il giovane dice di avere perso la fede ma che non si comunica perché teme che nell’ostia ci sia davvero il corpo di Cristo.
Poi c’è Haines, l’inglese, l’usurpatore, uno dei proci, più di Mulligan il quale chiama D lama di coltello (the knifeblade, 4) con riferimento alla sua volontà di usare il freddo acciaio della penna come un coltello per fare piazza pulita dei luoghi comuni.
 D ha paura di Haines: non sono un eroe. Poi M prende un moccichino dalla tasca di D e dice “ il moccichino del bardo, nuovo colore pittorico per i nostri poeti irlandesi. verde moccio sembra quasi di assaggiarlo, no? snotgreen, you can almost taste it, can’t you? ” 5- Realismo estremo, fino allo scatologico, come nel Satyricon o in Aristofane.
 Anche il mare è verde moccio ed è la madre, “una dolce madre grigia- a grey sweet mother, come dice Alg”, citando Algernon Swinburne[3] ( in The triumph of Time), tornò alla grande dolce madre, madre ed amante degli uomini, il mare.
 The snotgreen sea, the scrotum tightening sea, 5 ( tight cfr. dicht)
Il mare verde moccio, il mare scrotocostrittore-
 ejpi; oi[nopa ponton (Od III, 286)
Ah Dedalus i Greci, ti devo erudire. Li devi leggere nell’originale Thalatta, Thalatta. La nostra grande dolce madre (p. 8)
Dedalus ha un grande rimorso verso la madre.
M: la zia pensa che hai ucciso la madre The aunt thinks you killed your mother said, per questo non vuole che io abbia qualche cosa a che fare con te
E Dedalus: qualcuno l’ha uccisa, Someone killed her, Stephen said gloomily con tristezza 8-5.
M gli ricorda che non si è inginocchiato e non ha pregato con la madre morente quando lei gli chiedeva di farlo con il suo ultimo respiro with her last breath..
C’è qualcosa di sinistro in te There is something sinister in you 5-8
D soffriva.
 Guardava il polsino sfrangiato. Una sofferenza che non era ancora la sofferenza amorosa gli rodeva il cuore fretted is heart 5
Aveva sognato la madre morta, con il corpo consunto, mute reproachful, muta ma rampognante (cfr. lo schiaffo del padre morente di Zeno) con un leggero odore di ceneri bagnate- a faint odour of wetted ashes


CONTINUA


[1]Ulysse, Order and Myth, "The Dial", nov. 1923.
[2] Giovanni Crisostomo, o Giovanni d'Antiochia (Antiochia, 344/354Comana Pontica, 14 settembre 407), è stato un arcivescovo e teologo bizantino. Fu il secondo Patriarca di Costantinopoli. È commemorato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa e venerato dalla Chiesa copta; è uno dei 36 Dottori della Chiesa. La sua eloquenza, le sue doti retoriche nell'omiletica gli valsero l'epiteto Crisostomo (in greco antico: χρυσόστομος, chrysóstomos), letteralmente «bocca d'oro». Il suo zelo e il suo rigore furono causa di forti opposizioni alla sua persona. Scrisse delle omelie antigiudaiche utilizzate nei secoli come pretesto per le discriminazioni e persecuzioni contro gli ebrei. Dovette subire un esilio e durante un trasferimento morì
[3] Algernon Charles Swinburne (Londra, 5 aprile 1837Putney, 10 aprile 1909) è stato un poeta inglese, di epoca vittoriana. Attivo nella cerchia estetista, romantica e poi decadente, conobbe Oscar Wilde e altri celebri intellettuali e artisti dello stesso ambiente. Personalità con un forte gusto della provocazione artistica, ispirata da letterati come il Marchese de Sade, Percy Bysshe Shelley e Charles Baudelaire, ai suoi tempi la sua poesia fu molto controversa, per via dei suoi temi (sadomasochismo, pulsione di morte, lesbismo, irreligiosità). Dal 1903 al 1909 fu costantemente candidato al Premio Nobel per la Letteratura. [1]

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