martedì 3 luglio 2018

Seneca, "Lettere a Lucilio". II parte da 73 a 114. 8

Il processo di Clodio

96 Bisogna tollerare tutto con pazienza
Male valeo: pars fati est (1). Ciò che solet fieri, debet fieri. Decernuntur ista, non accidunt. Non pareo deo sed adsentior; ex animo illum, non quia necesse est, sequor. Nullum tributum invitus conferam. Omnia autem ad quae gemimus, quae expavescimus, tributa vitae sunt (2) Desiderando la vecchiezza ne desideri anche gli acciacchi, come in longa via et pulvis et lutum et pluvia. “Sed volebam vivere, carere tamen incommodis omnibus” Tam effemminata vox virum dedecet (4). Del resto è più confacente alla vita un accampamento che un mercato: vivere militare est. Cf. Ovidio.
Negli Amores scrive:"Militat omnis amans, et habet sua castra Cupido;/Attice, crede mihi, militat omnis amans "(I, 9, 1-2), è un soldato ogni amante; anche Cupido ha il suo campo di guerra; Attico, credimi, ogni amante è un soldato. "La ripetizione del primo emistichio dell'esametro nel secondo emistichio del pentametro, che ha qui lo scopo di dare enfasi alla sententia sottolineando il concetto, è un tratto tipico dello stile ovidiano... la sua frequenza in Ovidio è forse da attribuire all'influenza della figura retorica della conduplicatio e all'effetto musicale che tutte le figure di ripetizione donano al testo"[1]. Nel teatro di Plauto “le metafore militaresche ricorrono anche con grande frequenza in connessione con la sfera erotica (militat omnis amans!), gli “assalti” divengono assalti amorosi, le “spade” falli priapescamente sguainati, le “prigionie” e le sconfitte prigionie e sconfitte d’amore”[2].
Quelli che iactantur per operosa atque ardua fortes viri sunt primoresque castrorum, quelli che si abbandonano all’inerzia turturillae sunt, tuti contumeliae causa, sicuri in quanto disprezzati

97 Il malcostume è proprio di ogni tempo. Il processo di Clodio. La coscienza
Nulla aetas vacavit a culpa. Clodio pagò i giudici anche fornendo loro donne e giovinetti “vis severi illius uxorem? Dabo. Adulterium nisi feceris, damna. Illa formonsa quam desideras, veniet”.
Clodio si introdusse nella festa esclusivamente femminile in onore della dea Bona per trovarsi con Pompea, la moglie di Cesare. Fu ucciso nel 52 da Milone. L’adulter ante iudicium, in iudicio leno, damnationem effugit, ruffiano nel processo venne assolto. 
Clodio fu favorito per gli stessi vizi per i quali era colpevole isdem vitiis gratiosus quibus nocens (9). Omne tempus Clodios, non omne Catones feret. Non pronum iter est tantum ad vitia, sed praeceps. Sono le pravae consuetudines che portano al vizio. Omnes peccata dissimulant per un sentimento che abbiamo del bene.
Ipsas nequitia tenebras timet (12). La malvagità teme perfino le tenebre, at bona conscientia prodire vult et conspici (12) prima illa et maxima peccantium est poena peccasse, sceleris in scelere supplicium est. Multos fortuna liberat poena, metu neminem (16) Questo perché infixa nobis eius rei aversatio est quam natura damnavit.

98 Non bisogna fidarsi dei beni della fortuna
Ha deboli sostegni chi è contento per quanto viene da fuori fragilibus innititur qui adventicio laetus est. Exībit gaudium quod intravit.
Epitteto Manuale 14 o{sti~ ou\n ejleuvqero~ ei\nai bouvletai, mhvte qelevtw ti mhvte feugevtw ti tw`n ejp j a[lloi~, eij de; mhv, douleuvein ajnavgkh.
Valentior enim omni fortuna animus est ed è causa della sua felicità o infelicità. Malus omnia in malum vertit, etiam quae cum specie optimi venerant. Rectus atque integer corrigit prava fortunae et dura atque aspera ferendi scientia con l’arte della pazienza mollit, idemque et secunda grate excipit modesteque, et adversa constanter ac fortiter.
Quando le cose non vanno come vorremmo, dobbiamo pensare “dis aliter visum est (Eneide IV, 428, parole dette da Enea per la morte di Rifeo). Anzi, hoc dicito quotiens aliquid aliter quam cogitabas evenerit: di melius” (5), gli dei per il meglio.
Miserabile è l’animo futuri anxius et ante miserias miser et, expectatione venturi, praesentia quibus frui poterat, amittet (6).
Nihil est nec misrius nec stultius quam praetimere: quae ista dementia est malum suum antecedere?
Uomini che si rendono insopportabili a se stessi. Mortale est omne mortalium bonum (9) come disse Metrodoro, discepolo di Epicuro. Questi sono i beni cui aspirano tutti ma illud verum bonum non moritur, certum est sempiternum, sapientia et virtus; hoc unum contingit immortale mortali bus. Aequo animo perde: pereundum est (10)
 Del resto habere eripitur, habuisse numquam (11) Rem nobis eripit casus, usum fructumque apud nos relinquit, quem nos iniquitate desiderii perdidimus con l’ingiustizia del rimpianto perdiamo il profitto e il vantaggio con l’ingiustizia del rimpianto.
Fabricius divitias reiecit (offerta da Pirro nel 282): intellegebat enim quod dari posset et eripi posse. Nos modo purgemus animum sequamurque naturam , a quo aberranti timendum est et fortuītis serviendum (14) deve servire ai capricci della sorte
Alla fortuna dobbiamo dire: “cum viro tibi negotium est: quaere quem vincas. Il vecchio malato ma utile agli altri liberaliter facit quid vivit (15) vivendo compie un atto di generosità

99 come si debba sopportare la morte di una persona cara
Mihi crede, magna pars ex iis quos amavimus, licet ipsos casus abstulerit, apud nos manet, nostrum est quod praeterit tempus nec quicquam est loco tutiore quam quod fuit (3), il tempo passato ci appartiene e nulla è più di ciò che è stato in luogo più sicuro.
Dobbiamo essere contenti delle gioie provate si modo non perforato animo hauriebamus et transmittente quidquid acceperat (5)
Primum supervacuum est dolere si nihil dolendo proficias (6)
Quem putas perisse praemissus est.
Quisquis aliquem queritur mortuum esse, queritur hominem fuisse si lamenta che sia stato uomo
In tanta volutatione rerum humanarum nihil cuiquam nisi mors certum est (9). Qui consenuit: quantulo vincit infantem! (10), di quanto poco supera un fanciullo!
Molti piangono o si battono il petto per fare una scena: hoc vitium ad plurium exempla compōni nec quid oporteat sed quid soleat aspicere.
Omnia ad rationem revocanda sunt. Il volgo chiama crudele l’uomo che sopporta con fermezza il dolore, effemminato chi sviene su un cadavere.
Est aliquid et dolendi decor (…) inprudentium ut gaudia sic dolores exundavēre (21), gli stolti eccedono sia nel dolore sia nella gioia
Nemo libenter tristi conversatur, nedum tristitiae, nessuno si trattiene volentieri con chi è triste, tanto meno con la tristezza.
L’uomo saggio continui a ricordare ma smetta di piangere che non gli si addice: hoc prudentem virum non decet: meminisse persevēret, lugēre desinat
Cfr Tacito: Feminis lugere honestum est, viris meminisse " Germania (27, 1), per le donne è bello piangere, per gli uomini ricordare
Metrodoro discepolo di Epicuro in una raccolta di lettere alla sorella (ejpistolw`n sunagwgh; pro;~ th;n ajdelfhvn) ha scritto: e[stin gavr ti~ hjdonh; luvph/ suggenhv~ , vi è un certo piacere insito nel dolore.
Io invece consiglio che una volta sfogata la commozione, quando l’animo si è liberato dalla schiuma, non debba essere consegnato al dolore, cum despūmaverit, non esse tradendum animum dolori. (27)
Est aliqua-inquit-voluptas cognata tristitiae (29). L’epicureo è in contraddizione poiché la sua premessa è che c’è un solo bene, il piacere e un solo male, il dolore.

100 intorno allo stile di Fabiano Papirio di cui Seneca fu discepolo
Non ha mirato a disporre bene le parole e ha scritto per gli animi non per le orecchie. Oratio sollicita philosophum non decet, uno stile pieno di cure non si addice al filosofo. Non è filosofo qui timet verbis, chi si dà troppo pensiero per le parole. Fabianus non erat neglegens in oratione sed securus. Electa verba sunt, non captata, non ricercate, nec huius saeculi more, contra naturam suam, posita et inversa, splendida tamen quamvis sumantur e medio. Sensus honestos et magnificos habes , vi trovi pensieri nobili ed elevati, non coactos in sententiam sed latius dictos, questo in fondo un difetto
Nullas videbis angustias inanis, non vedrai mai vuote le sue sintesi.
Lo stile di Fabiano non vigoroso per quanto sia elevato, non est fortis oratio eius, quamvis elata sit, non est violenta nec torrens, quamvis effusa sit, non è impetuoso né rapido per quanto sia scorrevole, non est perspicua sed pura, non è limpido ma puro.
Seneca in conclusione ammette che questo stile è privo di efficacia: nec omne verbum excitabit ac punget, fateor, exibunt multa nec ferient et interdum otiosa praterlabetur oratio, scorrerà senza efficacia


CONTINUA


[1] G. B. Conte, (a cura di) Scriptorium Classicum  2, p. 166.
[2] G. Chiarini La rappresentazione teatrale in Lo spazio letterario di Roma antica, volume II, p. 162.

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