martedì 10 luglio 2018

Seneca, "Lettere a Lucilio". II parte da 73 a 114. 11


110 Vanità di tutti gli splendori materiali
Ovidio ait de plebe deos (Met., I, 595) ciascuno di loro assegnati a uno di noi. Sono gli dèi istantanei della religionre romana.
Giove dice a Io che è assistita da un dio che regge lo scettro del cielo cui può affidarsi sicura, tuta (594), non come a un de plebe deo. Ma quella fuggiva.
Gli Stoici assegnarono a ogni uomo un Genium e a ogni donna una Iunonem. Ma la sventura più grande che si può malaugurare contro un uomo è ut se habeat iratum (2), di essere in contrasto con se stesso.
I nostri turbamenti sono assimilabili a quelli denunciati da Lucrezio a proposito della religio.
Nam veluti pueri trepidant atque omnia caecis
In tenebris metuunt, ita nos in luce timemus (De rerum natura, II, 55-56).
Lucrezio del resto si può correggere: non timemus in luce: omnia nobis fecimus tenebras (7). Cfr. Leopardi, La ginestra e il Vangelo di Giovanni.
Nihil videmus, nec quid noceat nec quid expediat. Dunque bisogna acquistare lucidità e tornare nella luce, cercare le cause dei mali e dei beni.
Cfr. il mito della caverna nella Repubblica di Platone
Bisogna distinguere il necessarium dal supervacuum.
Necessaria tibi ubīque occurrent, ti correranno incontro, supervacua et semper et toto animo quaerenda sunt (11)
Non magnam rem facis quod vivere sine regio apparatu potes, quod non desideras milliarios apros cinghiali di mille libbre nec linguas phoenicopterorum et alia portenta luxuriae. Vis ciborum voluptatem contemnere? Exitum specta, osserva dove vanno a finire.
Cun subierint ventrem, una atque eadem foeditas occupabit (13), una volta che saranno entrati nel ventre, si impadronirà di loro un solo e ripugnante lordume
Quid sibi vult ista pecuniae pompa? Sfoggio di denaro
Contempsi divitias non quia supervacuae sed quia pusillae sunt, roba dappoco. La ricchezza esibita pompa est, è uno sfoggio. Ostenduntur istae res, non possidentur, et dum placent, transeunt. Disce parvo esse contentus. Habemus aquam, habemus polentam. Nihil desideres oportet si vis Iovem provocare nihil desiderantem, sfidare Giove che nulla desidera.
Cfr. l’Eracle di Euripide.
Haec nobis Attalus dixit, natura omnibus dixit

111 Il sofista e il vero filosofo
Quid vocentur latine sophismata quaesisti a me, come si chiamano
Cicero usus est cavillationes, sottigliezze. Chi se ne è dedicato quaestiunculas quidem vafras nectit, intreccia certo delle questioncelle sottili, ceterum ad vitam nihil proficit: neque fortior fit neque temperantior neque elatior (2) né più nobile. Chi invece coltiva la filosofia come rimedio del suo spirito, ingens fit animo, plenus fiduciae, inexsuperabilis et maior adeunti, per chi gli va vicino. Il filosofo è verus, rebus non artificiis il vero filosofo è tale per le sue azioni, non per le sue teorie. Non exsurgit in plantas eorum more qui mendacio staturam adiuvant, longioresque quam sunt videri volunt, contentus est magnitudine sua. Si trova in alto quo manus fortuna non porrigit dove la fortuna non arriva. Le cavillationes sono piccolezze: ludit istis animus, non proficit, et philosoiphiam a fastigio suo deducit in planum. Bisogna invece imparare a governarla bene la vita.

112 E’ difficile estirpare i vizi inveterati
Hic de quo scribis et mandas e raccomandi non habet vires: indulsit vitiis, si è abbandonato ai vizi. Simul et emarcuit et induruit , si è infiacchito e indurito nello stesso tempo. Homines vitia sua et amant simul et oderunt.

113 Se le virtù siano esseri animati. Inutilità di tali dispute
An iustitia, Fortitudo, prudentia, ceteraeque virtutes animalia sint.
La iustitia è habitus animi et quaedam vis, è una qualità e una certa facoltà dell’anima. Dunque le virtù sono aspetti dell’anima come le teste dell’Idra non erano esseri animati ma le teste di un essere animato. La giustizia è l’anima che si comporta in una certa maniera animus quodam modo se habens. Iustitia pars est animi; non est ergo animal (15)
Videor mihi in re confessa perdere operam, mi sembra di perdere tempo in una verità ammessa da tutti
Noi siamo tutti diversi: mirabile divini artifĭcis ingenium est, quod in tanta copia rerum numquam in idem incidit, non è mai caduto nella ripetizione. Mi smascello dalle risate dissilio risu se penso che il solecismo è un essere animato o il barbarismo o il sillogismo.
Haec disputamus attractis superciliis, fronte rugosa? (26) con le sopracciglia aggrottate e la fronte corrugata?
 O tristes ineptiae! Ridiculae sunt. Trattiamo piuttosto qualche argomento che ci sia utile.
Nessun essere animato è felice senza la fortezza che è munimentum humanae imbecillitatis inexpugnabile (27) una fortificazione inespugnabile dell’umana debolezza e chi se ne è circondato in hac obsidione vitae perdūrat ; utitur enim suis viribus, suis telis.
Posidonio scrive: non est quod umquam fortunae armis putes esse te tutum: tuis pugna. Contra ipsam fortuna non armat; itaque contra hostes instructi, contra ipsam inermes sunt ” (28). La fortuna non ti arma contro se stessa.
Alexander vastabat fugabatque tutti i popoli dell’Oriente fino all’Oceano, sed ipse modo occiso amico, modo amisso (Clito, Efestione) iacebat in tenebris alias scelus, alias desiderium suum maerens, ora deplorando il delitto ora la mancanza dell’amico, victor tot regum atque populorum irae tristitiaeque succumbens; id enim egerat ut omnia potius haberet in potestate quam adfectus (29).
Imperare sibi maximum imperium est (30)
Hoc ante omnia sibi quisque persuadeat: me iustum esse gratis oportet (31)
Non vis esse iustus sine gloria? At mehercules saepe iustus esse debebis cum infamia, et tunc, si sapis, mala opinio bene parta delectet. Vale, se sei saggio ti piaccia una cattiva reputazione prodotta facendo del bene.



CONTINUA

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