domenica 8 luglio 2018

Seneca, "Lettere a Lucilio". II parte da 73 a 114. 10

Raffaello, La Scuola di Atene
108 Come si devono ascoltare i filosofi
Attalo, con Sestio Nigro e Papirio Fabiano, costituì una scuola di moralisti di ispirazione stoica e insegnando diceva: “et docenti et dicenti debet esse propositum, ut ille prodesse velit, hic proficere” (3).
Chi frequenta un filosofo aut sanior domum redeat aut sanabilior. Chi ascolta un filosofo ne trae giovamento anche se è negligente, così come qui in solem venit, licet non in hoc venerit, colorabitur.
Certo il vantaggio arriva neglegentibus, non repugnantibus (4).
Questi repugnantes non discipulos philosophorum sed inquilinos voco (5). C’è una grande parte cui philosophi schola deversorium otii est, è un rifugio durante il riposo. Non vogliono liberarsi dai vizi ma solo provare piacere con gli orecchi. Aliqui tamen et cum pugillaribus veniunt, vengono con le tavolette, non ut res excipiant, sed ut verba quae tam sine profectu alieno dicant quam sine suo audiunt (6), non per afferrare idèe ma parole.
Altri si eccitano e smaniano non meno dei semivĭri al suono e al cenno del flautista frigio.
Le belle frasi e le belle idee risvegliamo le buone disposizioni dell’animo assopite. I teatri risuonano di applausi sentendo sentenze valide come questa di Publilio Siro
Desunt inopiae multa, avaritiae omnia
O questa (comici romani incerti)
In nullum avarus bonus est, in se pessimus.
Perfino il sordidissimus , lo spilorcio, applaude e gode sentendo biasimare i suoi vizi.
Cleante diceva che i pensieri messi in versi sono più memorabili. E’ come se i pensieri venissero lanciati da un braccio più robusto
Viene citato un altro verso memorabile:
is minimo eget mortalis qui minimum cupit.
Poi un altro
quod vult habet, qui velle quod satis est potest, ha quello che vuole chi è capace di volere quello che basta.
Molti anche avidi ci pensano, allora bisogna insistere lasciando da parte frasi ambigue, sillogismi, sottigliezze, sofisticherie (12)
Devi toccare l’animo di chi ti ascolta.
Ascoltai Attalo inde ostreis (ostrea e ostreum) boletisque (boletus) in omnem vitam renuntiatum est, nec enim cibi sed oblectamenta-diletti- sunt ad edendum saturos cogentia. Inde in omnem vitam unguento abstinemus (eo), quoniam optimus odor in corpore est nullus, L’odore migliore nel corpo è l’assenza di odore
Inde vino carens stomachus. Inde in omnem vitam balneum fugimus: decoquěre corpus atque exinanīre (assottigliarlo) sudoribus inutile simul delicatumque (segno di mollezza) credidimus. In altri vizi sono ricaduto, ma in questi no.
Da giovane ammirai molto Pitagora. Avevo imparato animalibus abstinere. L’uomo può nutrirsi senza abituarsi alla crudeltà lacerando le carni. Pitagora ha insegnato inter omnia cognationem esse et animorum commercium-una relazione- in alias atque alias formas transeuntium (19). Quella che noi chiamiamo morte è una migratio. Come i corpi celesti anche le anime per orbem aguntur. Si vera sunt ista, abstinuisse animalibus innocentia est, si falsa, frugalitas est. Il presunto danno è che alimenta tibi leonum et vulturum eripio (21), ti privo degli alimenti di leoni e avvoltoi. Sotto Tiberio essere vegetariano era considerata una superstizione: alienigena tum sacra movebantur (22), allora si bandivano i culti stranieri.
Pregato dal padre che philosophiam oderat, ad pristinam consuetudinem redii.
Laudare solebat Attalus culcĭtam (guanciale e materasso) quae resisteret corpori non cede al peso del corpo: tali utor etiam senex, in qua vestigium apparere non possit (23)
Dunque i tirunculi (principianti) si dirigono con entusiasmo ad optima quaeque si quis exhortaretur illos, si quis impelleret, se qualcuno li esorta e li incita.
Ma i giovani vengono fuorviati e traviati da certi maestri qui nos docent disputare, non vivere anche per colpa dei discepoli che vogliono coltivare non animum sed ingenium. Itaque quae philosophia fuit facta philologia est (23). Chi studia Virgilio per diventare un filologo e legge fugit inreparabile tempus (Georgica III, 284) nota solo che Virgilio quotiens de celeritate temporum dicit, hoc uti verbo illum “fugit”. Ma Virgilio ci mette in guardia contro l’inerzia e la neghittosità: inscii rapimur, siamo trascinati senza che ce ne accorgiamo (24)
Infatti nella stessa Georgica (III, vv. 66 ss.) leggiamo “optima queque dies miseris mortalibus aevi-prima fugit; subeunt morbi tristisque senectus-et labor , et durae rapit inclementia mortis”.
Il filosofo nota del verso di Virgilio 284 “vigilandum est; nisi properamus relinquemur; agit nos agiturque velox dies-ci spinge ed è spinto-inscii rapimur; omnia in futurum disponimus et inter praecipitia lenti sumus.
Dobbiamo imparare da questi versi che in aetate nostra quod est optimum in primo est. In fondo come nelle anfore di vino, c’è la feccia. Non dobbiamo nobis faecem reservare della nostra vita.
Quare optima prima pars aevi? Quia iuvenes possumus discere, imparare, esercitarci, quello che resta è segnato da maggiore fiacchezza. Senectus insanabilis morbus est. Virgilio qualifica le senectus con l’aggettivo tristis
Subeunt morbi tristisque senectus (Georgica III, 66)
Pallentesque habitant Morbi tristisque senectus (Eneide VI, 47, nel vestibolo dell’inferno).
Sicché nel medesimo testo ciascuno raccoglie quanto gli è congeniale: in eodem prato bos herbam quaerit, canis lepŏrem, ciconia lacertam (29) la lucertola
Il filologo e l’esegeta grammatico dà la caccia agli arcaismi verba prisca o ai neologismi aut ficta, e alle metafore translationes, e alle figure troppo ardite improbas figurasque dicendi, mentre noi cerchiamo profutura praecepta, i precetti utili, et magnificas voces et animosas sentenze nobili e incoraggianti quae mox in rem transferantur. Sic ista ediscamus ut quae fuerint verba sint opera (35).
La filosofia non va insegnata velut aliquod artificium venale. Chi la insegna e non la vive si presenta come esempio di una disciplina inutile
Exempla enim se ipsos inutilis disciplinae circumferunt (36).
Cfr. T. Mann e Musil
Talis praeceptor non può essere più utile di un gubernator in tempestate nauseabundus (36) Tenendum rapiente fluctu gubernaculum, luctandum cum ipso mari, eripienda sunt vela vento: quid me potest adiuvare rector navigii attonitus et vomitans? Non est loquendum sed gubernandum.
Le massime di Platone, Zenone, Crisippo e Posidonio mi appartengono si faciam quae dixero (37).

109 Può il saggio giovare al saggio?
Prosunt inter se boni.
Malus malum nocet facitque peiorem, iram eius incitando, tristitiae adsentiendo, voluptates laudando, ergo ex contrario bonus bono proderit. Qomodo? Gaudium illi adferet, fiduciam confirmabit, praeterea quarundam illi rerum scientiam tradet.
Possono giovare anche gli stolti che ci dispensano cose indifferenti : pecuniam, gratiam, incolumitatem, alia in usus vitae cara aut necessaria: quello che è apprezzato o necessario per la vita in his dicetur etiam stultus prodesse sapienti

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLX. L’ospedale di Debrecen. Il delicato corteggiamento del vecchio dentista.

  Nei giorni seguenti, intorno al ferragosto,   vissi alcune ore di buona speranza: una serie intermittente di minuti nei quali immagi...