NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 24 settembre 2018

L’approccio comparativo alle letterature antiche. Parte II

Eliot

Le Erinni nell’Orestea di Eschilo e in La riunione di Famiglia di T. S. Eliot:
La necessità dei classici

Compendio

The family reunion by T. S. Eliot contains echoes and quotations from Aeschylus. The fear is continually recalled and deprecated by the chorus, which consists of two sisters and two brothers in law of Amy, widow and painful mother of Harry, the new Orestes.
The fear turns to be comprehension to Harry, Agatha the clairvoyant aunt, and Mary, the clever cousin. Also, the pain helps to foster understanding, as it occurs in Aeschylus's Agamemnon (v. 177) . Finally, Harry doesn’t flee from the Erinyes but follows the Eumenides: “Let us lose no time. I will follow “ (II, 2) .

The family reunion di T. S. Eliot è commentato attraverso il metodo comparativo. Le traduzioni del greco del latino e dell’inglese in italiano sono mie.
Il testo inglese utilizzato è: T. S. Eliot, The Family Reunion, first published in 1939 by Faber and faber Limited. First published in this edition 1963.
Percorso intero della conferenza tenuta a Padova (Palazzo del Bo - Aula I. Nievo) il 24 maggio 2018.

Introduzione
Questo percorso commenta The family reunion di T. S. Eliot attraverso un metodo comparativo.
Vengono presentati continui confronti con le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide e di Seneca, con particolare attenzione alla trilogia eschilea Agamennone, Coefore, Eumenidi.
È stato evidenziato il tema della paura non senza il rilievo che questa può avere aspetti positivi ed essere funzionale all’ordine nella polis. Lo notano tanto le Erinni (vv. 517 - 519) quanto Atena (vv. 698 - 699) nelle Eumenidi che concludono l’Orestea rappresentata ad Atene nel 458.
Lo ripeterà Sallustio nel Bellum Iugurthinum (Metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea quae res secundae amant, lascivia atque superbia incessere, 41) .
Nel dramma di Eliot la paura è diffusa, è parte dell’aria, persino del tempo atmosferico carente di luce e calore, e viene ripetutamente deprecata dal Coro alla fine della parte prima («I am afraid of all that has happened, and of all is to come», “ho paura di tutto quello che è accaduto e di tutto quello che ha da venire”) non senza del resto che la coreuta Ivy affermi di volere combattere contro il più indecoroso terrore («This is a most undignified terror, and I must struggle against it», I, 3) .
Il Coro è formato da Ivy, Violet, Gerald, Charles, due sorelle e due cognati di Amy, la madre dolorosa di Harry, il nuovo Oreste.
In The family reunion la paura viene superata quando diventa conoscenza e comprensione nei personaggi di Harry, Agatha la zia intelligente, e Mary una cugina, i tre del gevno" che vogliono e possono capire.
Agli altri, gli obnubilati, rimane la paura della verità, dell’ajlhvqeia che è non latenza, disvelamento. Vivono come assopiti temendo di conoscere ognuno se stesso, di abbandonare l’identità gregaria dedotta dal loro ambiente e di acquistarne una personale.

Oltre la paura anche il dolore è funzionale alla comprensione tanto nella trilogia di Eschilo quanto nel dramma di Eliot. Lo afferma il coro di vecchi argivi nella Parodo dell’Agamennone: tw/' pavqei mavqo" (v. 177) , “attraverso la sofferenza si giunge alla comprensione”. Il percorso intero indica diverse occorrenze di questa densa gnwvmh. Per esempio Admeto che ha chiesto il sacrificio della giovane moglie Alcesti, poi ne soffre la mancanza e dice: “lupro; n diavxw bivoton a[rti manqavnw” (v. 940) ,
Amy, la madre di Harry e di altri due figli minori in tutti i sensi, John e Arthur, è il personaggio più oppresso dal dolore e attribuisce lo strano comportamento del primogenito, che al pari di Oreste vede spettri, al clima nebbioso e alla stanchezza del viaggio. Harry è tornato dopo un’assenza di anni. Nell’ultimo periodo di vagabondaggio ha perduto la moglie caduta dalla nave nel mare, non si sa come. Agatha, la sorella di Amy capace di intendere Harry, suggerisce al nipote di comprendere quello che ancora non ha capito: è la via verso la libertà: «There is more to understand: hold fast to that as the way to freedom» (I, 1) .

In una scena successiva, dopo vari accadimenti, e visioni di Erinni con una ripresa testuale delle Coefore[1], Harry dice che non è certo di non avere spinto in mare dalla nave la moglie annegata («Perhaps I only dreamt I pushed her» II, 2) .

1 - Harry: “no, no, non lì, laggiù. Voi non le vedete, ma io le vedo, ed esse vedono me”. «You don’t see them, but I see them, and they see me» (I, 1) .
Con parole simili Oreste nelle Coefore si rivolge al Coro delle portatrici di libagioni: : uJmei'" me; n oujc oJra'te tavsd j, ejgw; d j oJrw' - ejlauvnomai de; koujkevt j a]n meivnaim j ejgwv (1061 - 1062) , “voi non le vedete ma io le vedo, sono sospinto e non posso più restare”. Questi due versi sono posti da Eliot come epigrafe di Sweeny agonistes, Fragments of an Aristophanic Melodrama: «you don’t see them, you don’t - but I see them: they are hunting me down, I must move on».

Agatha risponde che loro non hanno scritto un racconto “di delitto e castigo” «of crime and punishment, but of sin and expiation», “ma di peccato e di espiazione” (II, 2) . Però prima di espiare il peccato, per espiarlo, è necessario conoscerlo.
Talvolta è il peccato stesso che si agita e si adopera in vario modo per giungere alla coscienza.
«It is certain that the knowledge of it must precede the expiation. It is possible that sin may strain and struggle in its dark instinctive birth, to come to consciousness and so find expurgation», “è possibile che il peccato si sforzi e lotti nella sua oscura nascita istintiva, per arrivare alla coscienza e così trovare purgazione[2]”.

2 - Nell’Orestea di Eschilo il matricida deve andare a Delfi, poi ad Atene per sapere che cosa significhi il suo peccato. Pure Edipo deve fare una lunga indagine su se stesso nell’Edipo re di Sofocle. Nell’Edipo a Colono anche per lui le Erinni diventeranno Eumenidi

Può darsi che tu sia la coscienza della tua famiglia infelice, aggiunge la zia veggente, “il suo uccello mandato in volo attraverso la fiamma purgatoriale”, «its bird sent flying through the purgatorial flame». Harry allora si sente felice, come se la felicità consistesse “in una visione diversa”, «in a different vision. This is like an end», “questo è come un fine” (II, 2) . È la visione delle essenze, di quello che realmente è.
Agatha aggiunge: «the burden’s yours now, yours - the burden of all family. And I am little frightened», “il fardello di tutta la famiglia ora è tuo e io sono un poco impaurita”. Ma il nipote fatica a immaginare la paura di questa zia: «You, frightened! I can hardly imagine it, e comincia a comprendere[3]: I only now begin to have some understanding of you, and of all of us».

3 - Alla fine dell’Antigone di Sofocle il Coro sentenzia: pollw'/ to; fronei'n eujdaimoniva" - prw'ton uJpavrcei (1347 - 1348) , “il comprendere è di gran lunga il primo requisito della felicità”.


CONTINUA


[1] Harry: “no, no, non lì, laggiù. Voi non le vedete, ma io le vedo, ed esse vedono me”. «You don’t see them, but I see them, and they see me» (I, 1) . Con parole simili Oreste nelle Coefore si rivolge al Coro delle portatrici di libagioni: uJmei'" me; n oujc oJra'te tavsd j, ejgw; d j oJrw' ejlauvnomai de; koujkevt j a]n meivnaim j ejgwv (1061) , “voi non le vedete ma io le vedo, sono sospinto e non posso più restare”. Questi due versi sono posti da Eliot come epigrafe di Sweeny agonistes, Fragments of an Aristophanic Melodrama: «you don’t see them, you don’t - but I see them: they are hunting me down, I must move on».
[2] Nell’Orestea di Eschilo il matricida deve andare a Delfi, poi ad Atene per sapere che cosa significhi il suo peccato. Pure Edipo deve fare una lunga indagine su se stesso nell’Edipo re di Sofocle. Nell’Edipo a Colono anche per lui le Erinni diventeranno Eumenidi.
[3] Alla fine dell’Antigone di Sofocle il Coro sentenzia: pollw'/ to; fronei'n eujdaimoniva" - prw'ton uJpavrcei (1347 - 1348) , “il comprendere è di gran lunga il primo requisito della felicità”.

giovedì 20 settembre 2018

L’approccio comparativo alle letterature antiche. Parte I


La Sapienza, Roma


Percorso della conferenza che terrò domani 20 settembre 2018 alle ore 15, 30 nell’Odeon della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma.

L’approccio comparativo alle letterature antiche

 Introduzione alla metodologia dell’insegnamento delle lingue e letterature greca e latina con taglio europeo e topologico.
Non conoscere il latino significa cecità o almeno debolezza di vista linguistica
L'uomo che non conosce il latino somiglia a colui che si trova in un bel posto, mentre il tempo è nebbioso: il suo orizzonte è assai limitato; egli vede con chiarezza solamente quello che gli sta vicino, alcuni passi più in là tutto diventa indistinto. Invece l'orizzonte del latinista si stende assai lontano, attraverso i secoli più recenti, il Medioevo e l'antichita. Il greco o addirittura il sanscrito allargano certamente ancor più l'orizzonte. Chi non conosce affatto il latino, appartiene al volgo, anche se fosse un grande virtuoso nel campo dell'elettricità e avesse nel crogiuolo il radicale dell'acido di spato di fluoro"1.
Si veda un ancora più esplicito svuotamento della sofiva tecnologica nel discorso di Diotima del Simposio platonico: "kai; oJ me; n peri; ta; toiau'ta sofo; " daimovnio" ajnhvr, oJ dev, a[llo ti sofo; " w[n, h] peri; tevcna" h] ceirourgiva" tinav", bavnauso"" (203a) , chi è sapiente in tali rapporti2 è un uomo demonico, quello invece che si intende di qualcos' altro, o di tecniche o di certi mestieri, è un facchino.
Avvicino, forse non arbitrariamente, quanto scrive Hegel nella
Fenomenologia dello spirito: “il signore si rapporta alla cosa in guisa
mediata, attraverso il servo”; il servo invece “col suo lavoro non fa che trasformarla”3. Vero è che attraverso il lavoro del servo e il suo rapporto diretto con la realtà, avviene un rovesciamemto dialettico. Secondo Hegel in termini di coscienza. Lavorando il servo giunge alla consapevolezza, alla coscienza di sé e del mondo oggettivo
La servitù una volta compiùta diventerà il contrario di quello che è immediatamente. Diventata autocoscienza la servitù si trasformerà nel proprio rovescio. Marx utilizzerà questa dialettica servo - signore come chiave di lettura dellintera storia che è storia di lotta di classi.
Aggiungo che lautocoscienza, il conosci te stesso, si raggiunge pure e forse più profondamente attraverso la lettura e la comprensione dei classici antichi e moderni.

Lo studio dei classici serve ad accrescere la nostra umanità

Perche studiare il greco e il latino, potrebbe chiederci un giovane, a che cosa servono? Alcuni rispondono: " a niente; non sono servi di nessuno; per questo sono belli"4.
Non è questa la nostra risposta. Se e vero che le culture classiche non si asserviscono alla volgarità delle mode, infatti non passano mai di moda, è pure certo che la loro forza e impiegabile in qualsiasi campo. La conoscenza del classico potenzia la natura peculiare dell'uomo che è animale linguistico.
Il greco e il latino servono alle relazioni umane, quindi all’umanità e alla civiltà: accrescono le capacità comunicative che sono la base di ogni studio e di ogni lavoro non esclusivamente meccanico.
Chi conosce il greco e il latino sa parlare la lingua italiana più e meglio di chi non li conosce5. Sa anche pensare più e meglio di chi non li conosce.
Sa opporre degli argini all’irrazionale quando questo dilaga e minaccia di sommergelo
E' quello che Thomas Mann fa dire a Serenus Zeitblom nel Dokctor Faustus (1947) : "non posso far a meno di contemplare il nesso intimo e quasi misterioso fra lo studio della filologia antica e un senso vivamente amoroso della bellezza e della dignità razionale dell'uomo (...) dalla cattedra ho spiegato molte volte agli scolari del mio liceo come la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della notte nel culto degli dei"6. E’ il caos che si fa cosmo. Cfr. le Erinni che diventano Eumenidi nella terza tragedia dell’Orestea e anche in The family reunion di T. S. Eliot (1939)


CONTINUA

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1 A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Tomo II, p. 772.
2 Quelli tra gli uomini e gli dei.
Fenomenologia dello spirito (del 1807) . Capitolo 4 (A)
4 Il greco e il latino, la religione e la matematica “Erano - e l’insegnante lo faceva notare spesso - del tutto inutili apparentemente ai fini degli studi futuri e della vita, ma solo apparentemente. In realtà erano importantissimi, più importanti addirittura di certe materie principali, perche sviluppano la
facolta di ragionare e costituiscono la base di ogni pensiero chiaro, sobrio ed efficace” (H. Hesse, Sotto la ruota (del 1906) , p. 24.
5 Vittorio Alfieri nella sua Vita (composta tra il 1790 e il 1803) racconta di avere impiegato non poco tempo dell’inverno 1776 - 1777 traducendo dopo Orazio, Sallustio, un lavoro “più volte rifatto mutato e limato…certamente con molto mio lucro si nell’intelligenza della lingua latina, che nella padronanza di maneggiar l’italiana” (IV, 3) .
6T. Mann, Doctor Faustus, pp. 12 e 14.

lunedì 17 settembre 2018

La "Medea" di Euripide. Lezione n.1

Maria Callas in "Medea" di Pasolini


Sommario della Medea di Euripide.
Parte di questo percorso è stata trattata il 15 settembre 2018 a Cento, sviluppando alcuni argomenti; altre parti e diversi altri testi presenterò nel corso di 10 incontri che terrò alla Primo Levi di Bologna dal 2 ottobre 2018.

Prologo vv. 1-130.
La prima e la seconda scena del prologo (vv. 1-95)
Il Prologo consta di tre scene. Nella prima (vv. 1-48) la Nutrice di Medea informa gli spettatori sull'antefatto del dramma e sulla sorte miserevole della padrona abbandonata da Giasone che si prepara a sposare Glauce, la principessa di Corinto. Nella seconda scena (vv. 49-95) il sopraggiunto Pedagogo racconta alla donna di avere saputo che il re Creonte ha deciso di cacciare dalla terra corinzia la straniera della Colchide e i suoi figli. La terza scena del prologo (vv. 96-130) è un canto anapestico che introduce la parodo: la analizzeremo dopo queste prime due parti in trimetri giambici.

Titoli degli argomenti sviluppati dalle prime due scene del prologo ( vv. 1-95).
La condanna dell’impresa argonautica in Euripide e in Seneca. Altre espressioni contrarie alla navigazione. Maledizioni dell’oro e della ricchezza
Il prevalere dello qumov".
Topica diverrà l’affermazione della debolezza della ragione di fronte alla parte emotiva preponderante. I ragionamenti spesso non sono altro che sentimenti travestiti. La bassa età del ferro di Esiodo e l’età moderna .
La malattia di una regione è conseguenza dell’u{bri" di chi la governa. L’empietà provoca guerre, pesti e carestie.
Il letto nell'Alcesti e nella Medea. Il letto nell’Odissea. L'importanza del letto nel Riccardo III e in Guy de Maupassant. Levco"/lovco". L'amore come rete, fuoco e ferita. La donna offesa nel letto diventa una belva. Le attenuanti di Clitennestra, la moglie assassina.
La stessa offesa- venire messa in mostra nuda dall’uomo- viene presa in maniera diversa dalla moglie di Candaule e dalla Griselda di Boccaccio.
Altre donne oltraggiate. Dostoevskij, la tragedia greca e la satira menippea. I giuramenti e la pivsti". Un mondo capovolto. La caduta dei valori forti. La confusione. Le tragedie di Seneca e altri testi.
Le lacrime in Euripide e in Polibio, storiografo antitragico che polemizza con Filarco. Il tempo e le sue funzioni. La sofferenza che conduce alla comprensione. Niente giustifica il dolore inflitto ai bambini (I fratelli Karamazov). L'eufemismo. La diversità di Medea e quella problematica di ciascuno. La solitudine come male (Menandro) e come bene (Seneca, Nietzsche, Pavese). Non sempre sapere è bene. Il mondo antieroico di Euripide: personaggi che origliano. Egoismo e umanesimo. Contro i sacrifici umani della guerra. Il kevrdo~.

Canto anapestico introduttivo alla Parodo (vv. 96-130).
La terza scena del prologo è un canto anapestico introduttivo alla Parodo: si sente la voce di Medea che, dall'interno, invoca la morte per sé, per i figli e per Giasone, mentre la Nutrice cerca di proteggere i bambini dalla rabbia materna, una furia non impotente ma devastante poiché la disgraziata donna appartiene comunque alla "razza tirannica" abituata da sempre alle prepotenze

Parodo vera e propria (vv. 131-213).
Si tratta di una Parodo commatica, che presenta cioè dialoghi lirici tra il Coro, Medea e la Nutrice.
Il Coro ha sentitole grida/dell'infelice donna della Colchide” (vv. 131-132), e domanda alla Nutrice che cosa sia accaduto. La vecchia risponde che la casa con la famiglia di Medea sta andando in rovina. Quindi si sentono le parole gridate dalla moglie abbandonata che si augura la morte, ma le donne del Coro cercano di distoglierla dal suicidio. Allora la protagonista si rivolge agli dèi, abbozza una "preghiera nera", e indirizza il suo desiderio di distruzione su Giasone e la nuova sposa. La Nutrice e il Coro cercano di concordare un intervento per aiutare Medea e distoglierla dai suoi propositi suicidi e omicidi, ma la vecchia descrive la propria pupilla come bestialmente arrabbiata, quindi espone una sua idea della poesia che dovrebbe consolare gli affanni, non allietare i banchetti. Medea intanto continua a infuriare dall'interno.

Titoli degli argomenti tratti dall’introduzione alla parodo.
Il narcisismo del dio, del despota e dell’uomo comune. La difesa dell’identità. Il darsi animo. Il “non cederò” di Achille e di Alessandro Magno. La fantasia contro natura della creazione solamente maschile. Giasone, Ippolito, Apollo nelle Eumenidi, Dioniso nelle Baccanti, Pausania nel Simposio di Platone, Rodomonte, Adamo del puritano Milton, Fromm, Dio stesso nella Genesi.
Tipologia del tiranno. L’isonomia di Otane e la democrazia. Motivi antitirannici nella letteratura antica. Il falso sciocco scampa al tiranno. Bruto e Amleto come ossimori viventi. L’invidia del tiranno. Intellettuali e potere. La zoppia del tiranno. La paura del tiranno. Eteocle nelle Fenicie celebra la tirannide. L’ira del tiranno. Slealtà del tiranno. L'uguaglianza propugnata da Giocasta nelle Fenicie. Il senso della misura e la teoria della classe media. Possedere e avvalersi. Il disvalore dell'eccesso e degli “uomini straordinari”. L'Ate.

Titoli degli argomenti della parodo
Il determinismo geografico e quello vestiario. Significati del fulmine, del fuoco e delle ali. La luce. La magna mater: una sola forma di molti nomi. Madri, o matrigne, furenti: Medea, Idotea e Procne, la barbara ostessa di Francesco Guccini. Elogi della fatica e dei travagli: Esiodo, Eracle e Macaria, Alessandro Magno che non convince i soldati. La poetica di Euripide. Tipologia dei banchetti.

Primo Episodio (vv. 214-409). Pp. 197-294
Il Primo Episodio (vv. 214-409) è diviso in tre scene intervallate da due brevi interventi del Coro.
Nella prima scena (vv. 214-270) del primo Episodio Medea descrive la triste condizione della donna, e la sua in particolare, senza mostrarsi rassegnata del resto, anzi dichiarando propositi di vendetta. Le donne di Corinto manifestano simpatia e comprensione.

Nella seconda Scena del primo Episodio (vv. 271-356) entra Creonte, il re di Corinto padre di Glauce, la nuova sposa di Giasone. Egli ordina a Medea di andare subito in esilio ma la donna, utilizzando la propria intelligenza e l'irresolutezza dell'uomo, riesce a ottenere una proroga, breve eppure sufficiente per attuare il suo piano di vendetta.
I versi 357-409 costituiscono la terza scena del primo Episodio. Il Coro in un breve canto (vv. 357-363) di intermezzo (meswdikovn) in metro anapestico compiange le sventure di Medea la quale poi prende la parola in trimetri giambici rivendicando la propria natura eroica

Titoli degli argomenti tratti dal primo episodio.
 Riflessioni sulla giustizia. La gioia di vivere. La dote. Il matrimonio come mevga~ ajgwvn. La mentalità agonistica dei Greci. Le due e[ride~. Primeggiare sempre.
Il ripudio della donna (genitivo soggettivo): Elena di Saffo e la Nora di Ibsen. Medea e le donne con il burka.
La buona moglie sottomessa e silenziosa. Alcune espressioni di antifemminismo. La sofferenza del parto ancora più doloroso della guerra secondo Medea. Nella letteratura antica d’altra parte non mancano le maledizioni della guerra. Metafore e le allegorie nautiche.
Paura e Superstizione tengono in rispetto la canaglia; Il metus hostilis. La semplicità. L’emancipazione intellettuale delle donne (e pure degli uomini) fa paura; la solitudine di chi sviluppa la capacità di pensare.
 Il variopinto come enigmatico, inquietante e brutto. Swfrosuvnh e swfronei'n. La fobia dell'amore e del sesso; tentativi di riabilitazione. Il fascino di Medea sta nell’unione della passionalità con l’intelligenza di questa donna.
Il culto del Sole. Eros si associa a Eris. La lotta finisce con la sottomissione di uno degli amanti: La bisbetica domata di Shakespeare, la moglie secondo l’apostolo Paolo.
L'interpretazione pragmatica delle azione umane: Giasone e Medea nella tragedia di Euripide; la Poppea Sabina di Tacito; le ragazze da matrimonio di Ibsen e quella piuttosto bellina , con occhi nerissimi, di Vittorio Alfieri. La Medea innocente di Christa Wolf. La distruzione della famiglia. Il riso dei nemici. Maghe e streghe. Il silenzio delle Magdalene del film di P. Mullan. La transvalutazione lessicale. Ecate e la “mitologia inferiore”. Medea reagisce come un eroe omerico e sofocleo. Il disonore del letto scatena le ardite femmine spietate



CONTINUA