venerdì 10 gennaio 2025

Conferenza del 27 gennaio quinta parte.


 

41. Bisogna spiegare l’autore con l’autore stesso ( cfr. Aristarco di Samotracia II seolo a. C.), e con altri (Quintiliano, Leopardi, etc.) .

42. L’attenzione degli studenti e la nostra sono entrambe dovute: “ non reddere viro bono non licet[1]. ”. Alfonso Nitti (Una vita di Svevo). La componente affettiva: Settembrini e Naphta “i due avversari nello spirito”[2]. Montaigne e il dovere dell’ascolto. Paideia si associa a eros: Morin, Pasolini. Il ciarliero non ascolta. Biasimo della chiacchiera: Plutarco (De garrulitate), Orazio e il garrulus malefico (Satira I, 9).

43. Lo stupore si confà all’attenzione. Dal meravigliarsi nascono la filosofia e la poesia: Aristotele[3].

Contro i filosofI: Socrate ricorda “l’antica ruggine” tra poeti e filosofi- (palaia; mevn ti~ diaforav, Platone, Repubblica, 607b)

Musil, Leopardi, Nietzsche .  Cacciari: la filologia deve essere anche filosofia.

La poesia: Sofocle (Filottete), Pascoli Il fanciullino .

 

 

44. Lo studiato va messo in relazione con il vissuto. Il mito e la pubblicità. Bettini e Aconzio di Callimaco. Pindaro e le magliette. La pubblicità deve essere smontata da un educatore.  Don Milani. Tucidide: gli uomini e le cose. Citati: gli uomini devono trovare un giusto rapporto con le cose. Epicuro: tra i desideri (tw'n ejpiqumiw'n) alcuni sono solo naturali (fusikaiv), altri anche necessari (ajnagkai'ai). Altri sono vani (kenaiv).

Tutto ciò che è naturale richiede solo quanto è facilmente procurabile (eujpovriston) . Ciò che è vano invece è difficile da procacciarsi: to; de; keno;n duspovriston. Cicerone: non esse emacem vectīgal est. Cornelio Nepote.  I Malavoglia. Carlos Ruiz Zafòn. Don Milani.

Don Milani:"la pubblicità si chiama persuasione occulta quando convince i poveri che cose non necessarie sono necessarie"[4].

"Il sistema migliore per rendere inoffensivi i poveri è insegnare loro a imitare i ricchi"[5]. Marziale.

Leopardi: bisogni reali e falsi bisogni di cose non necessarie in contraddizione tra loro. La decadenza dell’automobile. 

 La manipolazione e il controllo delle emozioni da parte degli “advertisers[6]. Il mercato decide quali sono i bisogni della gente.

Il cellulare reso quasi obbligatorio.

 

45. Il greco salva la vita: Plutarco (Vita di Nicia), Euripide che emancipa dalla schiavitù gli Ateniesi prigionieri nelle latomie di Siracua, e Canetti (La lingua salvata).

 

46. La cultura contribuisce alla crescita della persona e sa trattare come vivo ciò che è vivo. Tolstoj, Nietzsche e l’uomo alessandrino[7]. il Museo, la biblioteca di Alessandria e gli “scarabocchiatori libreschi” canzonati da Timone di Fliunte[8]. Cicerone: gli inutili individui sepolti negli studi letterari, e l’ umbraticus doctor di Petronio. Luciano nella Storia Vera si prende gioco della “questione omerica”. Platone: la rivolta dei poveri snelli e abbronzati conto i ricchi pallidi e grassi fa cadere l’oligarchia. Seneca: il De brevitate vitae e la “morbosa” filologia omerica. Quintiliano: il ragazzo non deve impallidire a ammuffirsi in una vita umbratile e solitaria. Aristofane: le Nuvole contro i maestri pallidi. Annoiare è il crimine degli imbecilli.  Goethe (Faust).  Nietzsche: Zarathustra contro i dotti. Fellini: contro uno studio di tipo catastale. Hesse: il maestro deve avere la capacità di attirare e influenzare. Leopardi e la reputazione degli Italiani quali “custodi di musei”. Il sapere non è sapienza. Hesse: Il gioco delle perle di vetro.

47. Contro la scuola che reprime l’originalità e l’intelligenza.

Eco: ogni lezione deve essere un’avventura. Pasolini: la scuola, purtroppo, è tutt’altro che un’avventura. Morin: la vita stessa, la storia dell’uomo è un’avventura ignota (cfr. la conclusione dell’Alcesti, della Medea, dell’Andromaca, dell’Elena e delle Baccanti di Euripide).

Dario III capisce a Gaugamela “quam versabilis fortuna sit”.

Annibale a Zama: la tuvch ci tratta come se fossimo dei bambini (Polibio).

Ortega y Gasset: il classico deve essere contemporaneizzato.

Tolstoj e gli insegnanti che, spiritualmente distorti, reprimono la creatività. Morin, la complessità e la curiosità. La curiosità: Lucio di Apuleio e l’Odisseo di Omero. Di nuovo Pasolini: bisogna provocare la curiosità. Nietzsche: la piatta mediocrità ottiene lodi.

L'aspetto veramente autonomo…ossia appunto l'aspetto individuale, viene biasimato, ed è respinto dall'insegnante a favore di un contegno dignitoso, mediocre e privo di originalità. La piatta mediocrità, per contro, ottiene lodi, elargite a malincuore: la mediocrità infatti suole annoiare parecchio l'insegnante, e con buone ragioni"[9]. 

Seneca: “Unum studium vere liberale est, quod liberum facit [10]. Padri e madri quali educatori liberali e stimolanti,  o, viceversa, quali padroni autoritari deterrenti: Terenzio, negli Adelphoe: pudor e liberalitas oppure metus contro il padre padrone. e Sofocle (la madre padrona nell’Elettra). Nietzsche: gli educatori devono essere dei liberatori.

48. Eppure l’intimidazione non è sempre disapprovata come diseducativa: Eschilo (to; deinovn, nelle Eumenidi), Menelao nell’Aiace di Sofocle, e gli Spartani di Plutarco (Vita di Cleomene) celebrano la paura. Anche  Sallustio (metus, formido, Bellum Iugurthinum) è un fautore della paura.

Giovenale: la vicinanza di Annibale e la povertà frenavano la libidine.  Polibio e il koino;~ fovbo~ che costringe i Romani alla concordia. Del resto lo storiografo di Mantinea è contrario alla presenza di ta; deinav nella storiografia. La paura comunque è funzionale al potere. Stazio: “nil falsum trepidis”. Hitler.

49. Tutto è problematico. Come si deve studiare e insegnare? Omero e certa filologia considerata deretana da Seneca. Timone di Fliunte[11] derideva il lavoro di Zenodoto. Nietzsche: “nella filologia mancano i grandi pensieri”. Sotto la ruota di H. Hesse: l’Odissea letta come un libro di cucina.

 

50. La necessità di ripristinare la potenza della parola contro l’entropia linguistica. Parlare male fa male all’anima (Platone, Fedone). C’è un nesso tra la lingua e i costumi di una persona. Alessandro accusa Filota di detestare lingua e costumi macedoni. La distruzione della parola significa annientamento del pensiero (1984).

L’ignoranza delle letterature classiche compromette la comprensione di quelle moderne (Palmisciano). Cfr. le antenne dell’attore Alessio Boni.

Silvia Funarola intervista Alessio Boni che interpreta Monaldo Leopardi in una miniserie televisiva sul poeta. Niente di nuovo su Giacomo Leopardi e suo padre ma l’ultima domanda che riguarda la vita dell’attore riceve una risposta esemplarmente coraggiosa:

“Ha qualche rimpianto?”

Boni dunque risponde: “ Mi sarebbe piaciuto frequentare il liceo classico, invece ho fatto ragioneria, scuola serale.  Quando studi latino, greco, l’etimologia delle parole, il sapere ce l’hai dentro. Ho fatto più fatica, conosco il valore dello studio e della cultura.

Mi dirà: ha letto tanto, si recupera. E’ diverso, quegli anni lì non ritornano più. E hai più antenne” (“la Repubblica del 7 gennaio 2025, pagina 31).

Risposta perfetta: stupefacente per  chi non ha studiato il greco e il latino e ne conserva il desiderio (povqo~).

Bettini: The Great Gatsby e il Satyricon.

L’annientamento della parola e del pensiero annichilisce anche l’azione.

51. Acciuffare, cogliere per il ciuffo l’occasione che è “calva di dietro”. Pindaro. Isocrate. Sofocle. Cicerone. Shakespeare, Marlowe,  Nietzsche.

52. Il valore pratico della parola. Tucidide  (I, 22, 2). La Medea di Euripide (v. 1064). Canfora. La parola retoricamente e politicamente organizzata. I personaggi della tragedia parlano non solo retoricamente ma anche politicamente. La condizione dell’impolitico per i Greci dell’età classica è innaturale e viziosa (Kierkegaard e Tucidide).

 Racconto mimetico, diegetico e misto (Platone, Repubblica).

53. La priorità della parola: verba tene res sequetur. Tucidide e la potenza oratoria di Pericle. Omero e l’educazione di Achille. L’incipit del Vangelo secondo Giovanni. Le parole, come le cose, constano di elementa (stoicei'a), che sono tanto elementi primordiali-atomi- quanto lettere dell’alfabeto, che si mettono insieme e si separano, si aggiungono e si tolgono. Ivano Dionigi rileva una coincidenza tra terminologia grammaticale e terminologia atomistica, con precedenza della prima. Lucrezio. Platone.

53. 1. Il parere di Ovidio: prima viene la cupido poi, se questa c’è, seguiranno i verba:"fac tantum cupias, sponte disertus eris" (Ars amatoria, I, 608).

53. 2. L’uomo è animale linguistico. Steiner. Frasnedi. Ed è pure animale simbolico (Cacciari: “l’uomo, ‘animale simbolico’ allude sempre nel suo parlare a un ulteriore rispetto a ciò che tende precisamente a significare, nel momento stesso in cui lo significa”, (Metafisica concreta, p. 393)

53. 3. La povertà di linguaggio prelude alla violenza. Pasolini, Galimberti, Pirani e Auden citato da Sermonti. Menandro (il duvskolo~ tira le pietre invece di parlare) e Teofrasto. Di nuovo Pasolini: il genocidio culturale. L’ottimismo anomalo di Euripide nelle Supplici  (del 422) dovuto ai doni divini: in primis l’intelligenza e la lingua, messaggera delle parole. Luperini: la capacità di linguaggio. Marco Lodoli e il bullismo (“carognismo”) nella scuola.

 La letteratura è un serbatoio di parole, a loro volta messaggere di idèe. Queste non di rado sono paradossali. Alcuni paradossi: la malattia riguarda solo gli stupidi e i viziosi (il vecchio Bolkonskij), l’inumanità  o l’umanità della malattia (Settembrini e Hans Castorp), la malattia “altamente umana” e l’elogio della bastonatura (Naphta).

53. 4. Il potenziamento dei lovgoi è pure rafforzamento degli e[rga in tutti i campi, compreso quello centralissimo di Eros. Seneca, Hesse, Ovidio e Kierkegaard.  odisseo quale eroe ovidiano (La Penna). Leopardi.

54. Odisseo come eroe e artista della parola. Non è bello, ma le sue parole sono simili a fiocchi di neve (Iliade III). In lui c’è morfh; ejpevwn, come in un aedo (Odissea, XI). Nel  Filottete, Odisseo afferma la supremazia della lingua, guida della vita umana.

54. 1. Il culto del successo attraverso la parola non va disgiunto dalla morale. Infatti la parola è un'arma potentissima, dal doppio taglio. Socrate nelle Nuvole e, di nuovo, Odisseo nel Filottete. Gorgia. L’apostolo Giacomo. Socrate nelle Nuvole di Aristofane. L’Odisseo di Pindaro fa torto all’a[glwsso~ Aiace (Nemea VIII). L’Ulisse di Virgilio, scelerum inventor.  Fedra nell’Ippolito  di Euripide non parla per sfiducia nelle lingua.

 

Bologna 11 gennaio 2024 ore 9, 56 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Cicerone, De officiis, I, 48. All'uomo onesto non è consentito non contraccambiare.

[2] T. Mann, La montagna incantata, II,  p. 263.

[3] Metafisica , 982b.

[4]Lettera a una professoressa , nota 56 di p. 69.

[5] Carlos Ruiz Zafòn, L'ombra del vento, p. 187.

[6] Pubblicitari.

[7] La cultura alessandrina fiorì sotto il patrocinio dei Tolomei, a partire da Tolomeo I Sotèr che divenne satrapo dell’Egitto dopo la morte di Alessandro Magno (323 a. C.), assunse il titolo di re nel 305, e morì nel 283. Ulteriore impulso venne dato dal suo successore Tolomeo II Filadelfo che fu correggente dal 285, regnò dal 283 al 246 a. C., poi da Tolomeo III Evergete (246-221 a. C.).

[8] 315-225 a. C.

[9] F. Nietzsche, Sull'avvenire delle nostre scuole, p. 46.

[10]Seneca (4 ca a. C.-65 d. C.), Ep. , 88, 2

[11] Cfr. 46

 

41. Bisogna spiegare l’autore con l’autore stesso ( cfr. Aristarco di Samotracia II seolo a. C.), e con altri (Quintiliano, Leopardi, etc.) .

42. L’attenzione degli studenti e la nostra sono entrambe dovute: “ non reddere viro bono non licet[1]. ”. Alfonso Nitti (Una vita di Svevo). La componente affettiva: Settembrini e Naphta “i due avversari nello spirito”[2]. Montaigne e il dovere dell’ascolto. Paideia si associa a eros: Morin, Pasolini. Il ciarliero non ascolta. Biasimo della chiacchiera: Plutarco (De garrulitate), Orazio e il garrulus malefico (Satira I, 9).

43. Lo stupore si confà all’attenzione. Dal meravigliarsi nascono la filosofia e la poesia: Aristotele[3].

Contro i filosofI: Socrate ricorda “l’antica ruggine” tra poeti e filosofi- (palaia; mevn ti~ diaforav, Platone, Repubblica, 607b)

Musil, Leopardi, Nietzsche .  Cacciari: la filologia deve essere anche filosofia.

La poesia: Sofocle (Filottete), Pascoli Il fanciullino .

 

 

44. Lo studiato va messo in relazione con il vissuto. Il mito e la pubblicità. Bettini e Aconzio di Callimaco. Pindaro e le magliette. La pubblicità deve essere smontata da un educatore.  Don Milani. Tucidide: gli uomini e le cose. Citati: gli uomini devono trovare un giusto rapporto con le cose. Epicuro: tra i desideri (tw'n ejpiqumiw'n) alcuni sono solo naturali (fusikaiv), altri anche necessari (ajnagkai'ai). Altri sono vani (kenaiv).

Tutto ciò che è naturale richiede solo quanto è facilmente procurabile (eujpovriston) . Ciò che è vano invece è difficile da procacciarsi: to; de; keno;n duspovriston. Cicerone: non esse emacem vectīgal est. Cornelio Nepote.  I Malavoglia. Carlos Ruiz Zafòn. Don Milani.

Don Milani:"la pubblicità si chiama persuasione occulta quando convince i poveri che cose non necessarie sono necessarie"[4].

"Il sistema migliore per rendere inoffensivi i poveri è insegnare loro a imitare i ricchi"[5]. Marziale.

Leopardi: bisogni reali e falsi bisogni di cose non necessarie in contraddizione tra loro. La decadenza dell’automobile. 

 La manipolazione e il controllo delle emozioni da parte degli “advertisers[6]. Il mercato decide quali sono i bisogni della gente.

Il cellulare reso quasi obbligatorio.

 

45. Il greco salva la vita: Plutarco (Vita di Nicia), Euripide che emancipa dalla schiavitù gli Ateniesi prigionieri nelle latomie di Siracua, e Canetti (La lingua salvata).

 

46. La cultura contribuisce alla crescita della persona e sa trattare come vivo ciò che è vivo. Tolstoj, Nietzsche e l’uomo alessandrino[7]. il Museo, la biblioteca di Alessandria e gli “scarabocchiatori libreschi” canzonati da Timone di Fliunte[8]. Cicerone: gli inutili individui sepolti negli studi letterari, e l’ umbraticus doctor di Petronio. Luciano nella Storia Vera si prende gioco della “questione omerica”. Platone: la rivolta dei poveri snelli e abbronzati conto i ricchi pallidi e grassi fa cadere l’oligarchia. Seneca: il De brevitate vitae e la “morbosa” filologia omerica. Quintiliano: il ragazzo non deve impallidire a ammuffirsi in una vita umbratile e solitaria. Aristofane: le Nuvole contro i maestri pallidi. Annoiare è il crimine degli imbecilli.  Goethe (Faust).  Nietzsche: Zarathustra contro i dotti. Fellini: contro uno studio di tipo catastale. Hesse: il maestro deve avere la capacità di attirare e influenzare. Leopardi e la reputazione degli Italiani quali “custodi di musei”. Il sapere non è sapienza. Hesse: Il gioco delle perle di vetro.

47. Contro la scuola che reprime l’originalità e l’intelligenza.

Eco: ogni lezione deve essere un’avventura. Pasolini: la scuola, purtroppo, è tutt’altro che un’avventura. Morin: la vita stessa, la storia dell’uomo è un’avventura ignota (cfr. la conclusione dell’Alcesti, della Medea, dell’Andromaca, dell’Elena e delle Baccanti di Euripide).

Dario III capisce a Gaugamela “quam versabilis fortuna sit”.

Annibale a Zama: la tuvch ci tratta come se fossimo dei bambini (Polibio).

Ortega y Gasset: il classico deve essere contemporaneizzato.

Tolstoj e gli insegnanti che, spiritualmente distorti, reprimono la creatività. Morin, la complessità e la curiosità. La curiosità: Lucio di Apuleio e l’Odisseo di Omero. Di nuovo Pasolini: bisogna provocare la curiosità. Nietzsche: la piatta mediocrità ottiene lodi.

L'aspetto veramente autonomo…ossia appunto l'aspetto individuale, viene biasimato, ed è respinto dall'insegnante a favore di un contegno dignitoso, mediocre e privo di originalità. La piatta mediocrità, per contro, ottiene lodi, elargite a malincuore: la mediocrità infatti suole annoiare parecchio l'insegnante, e con buone ragioni"[9]. 

Seneca: “Unum studium vere liberale est, quod liberum facit [10]. Padri e madri quali educatori liberali e stimolanti,  o, viceversa, quali padroni autoritari deterrenti: Terenzio, negli Adelphoe: pudor e liberalitas oppure metus contro il padre padrone. e Sofocle (la madre padrona nell’Elettra). Nietzsche: gli educatori devono essere dei liberatori.

48. Eppure l’intimidazione non è sempre disapprovata come diseducativa: Eschilo (to; deinovn, nelle Eumenidi), Menelao nell’Aiace di Sofocle, e gli Spartani di Plutarco (Vita di Cleomene) celebrano la paura. Anche  Sallustio (metus, formido, Bellum Iugurthinum) è un fautore della paura.

Giovenale: la vicinanza di Annibale e la povertà frenavano la libidine.  Polibio e il koino;~ fovbo~ che costringe i Romani alla concordia. Del resto lo storiografo di Mantinea è contrario alla presenza di ta; deinav nella storiografia. La paura comunque è funzionale al potere. Stazio: “nil falsum trepidis”. Hitler.

49. Tutto è problematico. Come si deve studiare e insegnare? Omero e certa filologia considerata deretana da Seneca. Timone di Fliunte[11] derideva il lavoro di Zenodoto. Nietzsche: “nella filologia mancano i grandi pensieri”. Sotto la ruota di H. Hesse: l’Odissea letta come un libro di cucina.

 

50. La necessità di ripristinare la potenza della parola contro l’entropia linguistica. Parlare male fa male all’anima (Platone, Fedone). C’è un nesso tra la lingua e i costumi di una persona. Alessandro accusa Filota di detestare lingua e costumi macedoni. La distruzione della parola significa annientamento del pensiero (1984).

L’ignoranza delle letterature classiche compromette la comprensione di quelle moderne (Palmisciano). Cfr. le antenne dell’attore Alessio Boni.

Silvia Funarola intervista Alessio Boni che interpreta Monaldo Leopardi in una miniserie televisiva sul poeta. Niente di nuovo su Giacomo Leopardi e suo padre ma l’ultima domanda che riguarda la vita dell’attore riceve una risposta esemplarmente coraggiosa:

“Ha qualche rimpianto?”

Boni dunque risponde: “ Mi sarebbe piaciuto frequentare il liceo classico, invece ho fatto ragioneria, scuola serale.  Quando studi latino, greco, l’etimologia delle parole, il sapere ce l’hai dentro. Ho fatto più fatica, conosco il valore dello studio e della cultura.

Mi dirà: ha letto tanto, si recupera. E’ diverso, quegli anni lì non ritornano più. E hai più antenne” (“la Repubblica del 7 gennaio 2025, pagina 31).

Risposta perfetta: stupefacente per  chi non ha studiato il greco e il latino e ne conserva il desiderio (povqo~).

Bettini: The Great Gatsby e il Satyricon.

L’annientamento della parola e del pensiero annichilisce anche l’azione.

51. Acciuffare, cogliere per il ciuffo l’occasione che è “calva di dietro”. Pindaro. Isocrate. Sofocle. Cicerone. Shakespeare, Marlowe,  Nietzsche.

52. Il valore pratico della parola. Tucidide  (I, 22, 2). La Medea di Euripide (v. 1064). Canfora. La parola retoricamente e politicamente organizzata. I personaggi della tragedia parlano non solo retoricamente ma anche politicamente. La condizione dell’impolitico per i Greci dell’età classica è innaturale e viziosa (Kierkegaard e Tucidide).

 Racconto mimetico, diegetico e misto (Platone, Repubblica).

53. La priorità della parola: verba tene res sequetur. Tucidide e la potenza oratoria di Pericle. Omero e l’educazione di Achille. L’incipit del Vangelo secondo Giovanni. Le parole, come le cose, constano di elementa (stoicei'a), che sono tanto elementi primordiali-atomi- quanto lettere dell’alfabeto, che si mettono insieme e si separano, si aggiungono e si tolgono. Ivano Dionigi rileva una coincidenza tra terminologia grammaticale e terminologia atomistica, con precedenza della prima. Lucrezio. Platone.

53. 1. Il parere di Ovidio: prima viene la cupido poi, se questa c’è, seguiranno i verba:"fac tantum cupias, sponte disertus eris" (Ars amatoria, I, 608).

53. 2. L’uomo è animale linguistico. Steiner. Frasnedi. Ed è pure animale simbolico (Cacciari: “l’uomo, ‘animale simbolico’ allude sempre nel suo parlare a un ulteriore rispetto a ciò che tende precisamente a significare, nel momento stesso in cui lo significa”, (Metafisica concreta, p. 393)

53. 3. La povertà di linguaggio prelude alla violenza. Pasolini, Galimberti, Pirani e Auden citato da Sermonti. Menandro (il duvskolo~ tira le pietre invece di parlare) e Teofrasto. Di nuovo Pasolini: il genocidio culturale. L’ottimismo anomalo di Euripide nelle Supplici  (del 422) dovuto ai doni divini: in primis l’intelligenza e la lingua, messaggera delle parole. Luperini: la capacità di linguaggio. Marco Lodoli e il bullismo (“carognismo”) nella scuola.

 La letteratura è un serbatoio di parole, a loro volta messaggere di idèe. Queste non di rado sono paradossali. Alcuni paradossi: la malattia riguarda solo gli stupidi e i viziosi (il vecchio Bolkonskij), l’inumanità  o l’umanità della malattia (Settembrini e Hans Castorp), la malattia “altamente umana” e l’elogio della bastonatura (Naphta).

53. 4. Il potenziamento dei lovgoi è pure rafforzamento degli e[rga in tutti i campi, compreso quello centralissimo di Eros. Seneca, Hesse, Ovidio e Kierkegaard.  odisseo quale eroe ovidiano (La Penna). Leopardi.

54. Odisseo come eroe e artista della parola. Non è bello, ma le sue parole sono simili a fiocchi di neve (Iliade III). In lui c’è morfh; ejpevwn, come in un aedo (Odissea, XI). Nel  Filottete, Odisseo afferma la supremazia della lingua, guida della vita umana.

54. 1. Il culto del successo attraverso la parola non va disgiunto dalla morale. Infatti la parola è un'arma potentissima, dal doppio taglio. Socrate nelle Nuvole e, di nuovo, Odisseo nel Filottete. Gorgia. L’apostolo Giacomo. Socrate nelle Nuvole di Aristofane. L’Odisseo di Pindaro fa torto all’a[glwsso~ Aiace (Nemea VIII). L’Ulisse di Virgilio, scelerum inventor.  Fedra nell’Ippolito  di Euripide non parla per sfiducia nelle lingua.

 

Bologna 11 gennaio 2024 ore 9, 56 giovanni ghiselli

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[1] Cicerone, De officiis, I, 48. All'uomo onesto non è consentito non contraccambiare.

[2] T. Mann, La montagna incantata, II,  p. 263.

[3] Metafisica , 982b.

[4]Lettera a una professoressa , nota 56 di p. 69.

[5] Carlos Ruiz Zafòn, L'ombra del vento, p. 187.

[6] Pubblicitari.

[7] La cultura alessandrina fiorì sotto il patrocinio dei Tolomei, a partire da Tolomeo I Sotèr che divenne satrapo dell’Egitto dopo la morte di Alessandro Magno (323 a. C.), assunse il titolo di re nel 305, e morì nel 283. Ulteriore impulso venne dato dal suo successore Tolomeo II Filadelfo che fu correggente dal 285, regnò dal 283 al 246 a. C., poi da Tolomeo III Evergete (246-221 a. C.).

[8] 315-225 a. C.

[9] F. Nietzsche, Sull'avvenire delle nostre scuole, p. 46.

[10]Seneca (4 ca a. C.-65 d. C.), Ep. , 88, 2

[11] Cfr. 46

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