mercoledì 15 gennaio 2025

Introduzione allo studio della storiografia . Prima parte.


 

 

Partiamo dalle etimologie che indicano il signficato vero  (e[tumo~) dei lovgoi, delle parole.

Storia, (iJstoriva) significa “indagine”, “ricerca”.

Verità, ajlhvqeia, a aj-privativo e lanqavnw, lat. lateo, “rimango nascosto”,   vuol dire “non latenza”.

La storia dunque è investigazione, ricerca mossa dalla curiosità che, dicono, fosse propria degli Ioni, nella cui lingua  è scritta la storia di Erodoto come sono scritti, fondamentalmente, i poemi omerici e i frammenti dei primi filosofi. Anche Odisseo in effetti vide città e conobbe cose umane spinto dalla curiosità dell'indagine e dalla disponibilità a meravigliarsi da cui, a detta di Platone (Teeteto , 155d) nasce pure la filosofia e deriva il progresso umano[1].

 La vita senza ricerca, dichiara il Socrate dell'Apologia  platonica , non è vivibile per l'uomo:"oJ de; ajnexevtasto" bivo" ouj biwto;" ajnqrwvpw/, (38a). Ma le ricerca di Socrate privilegia l'esame (ejxevtasi" ed ejxetavzw ), mentre nell' iJstorivh di Erodoto è fondamentale la visione (cfr. la radice iJd-/eijd-oijd- , l'aoristo ei\don e il latino video ).

 

 

1. Lo studio della storia presenta varie possibilità di approccio: da quello politico ed economico, al sociologico, all’antropologico, allo psicologico. Comunque la storia comprende l’irrazionale (Pasolini).

 Secondo Auerbach la storiografia antica è moralistica e retorica e priva di economia.

Per la presenza invece dell’economia vedi Tucidide,  Santo Mazzarino. Tacito (Annales XII, 43) e la crisi dell’agricoltura italica. Rostovzev. La politica finanziaria di Tiberio. Gli anuli aurei. Plinio il Vecchio sui latifundia. Il Satyricon, ubi sola pecunia regnat. Tacito (Historiae): venalia cuncta. Crispino di Giovenale. Il Nigrino di Luciano[2]. La riforma monetaria di Nerone. La necessità della conquista della Dacia da parte di Traiano.

La Storia come galleria di esempi positivi o negativi. Tito Livio.  Tacito e la grandezza del passato rispetto alla sopravvenuta decadenza[3]. Il filum di tradizionalismo che unisce Catone- Sallustio-Livio e Tacito.

Polibio: la storia come correzione (diovrqwsi"). Posidonio (135-51) e Diodoro (90-27): gli storiografi quali benefattori dell’umanità. Secondo gli Stoici la storia universale è la proiezione della fratellanza universale. Altre storie universali (Nicola Damasceno e Pompeo Trogo trasmesso da Giustino nel sommario delle Storie Filippiche ).

Tucidide, la maggiore grandezza della guerra contemporanea, e l’esemplarità della costituzione ateniese secondo Pericle. Le biografie volutamente paradigmatiche di Plutarco. Machiavelli e le antique corti delli antiqui uomini. La storia come catarsi. Plutarco e Shakespeare (Antonio e Cleopatra) Montaigne, Vittorio Alfieri, Foscolo, E. Canetti. Nietzsche: la storia monumentale, antiquaria e critica.  Plutarco come rimedio all’impotentia (Nietzsche). Seneca sconsiglia di proporre contromodelli. Mazzarino: la logica dei Greci è sempre aperta al contrasto. Tutto deve essere presentato in maniera problematica.

Il metodo protagorèo della antilogie e i dissoi; lovgoi.

Persino Nerone riceve degli elogi: Nella Apokolokyntosis  (54 d. C.) Seneca presenta il giovinetto Nerone come il sole che illuminerà i secoli d’oro che scendono con stame bello “aurea formoso descendunt  saecula filo” (IV, 1, 9).

Ed ecco il nuovo imperatore che appare luminoso come il sole.

E il greco, sacerdote delfico Plutarco, nel De sera numinis vindicta  (567 F), immagina che l'anima di Nerone, già condannata a vivere nel corpo di una vipera, passi alla vita di un cigno, poiché aveva fatto qualche cosa di buono liberando i Greci, la stirpe più insigne e cara agli dèi.

D’altra parte Alessandro Magno viene esecrato da Seneca (a pueritia latro gentiumque vastator  (De beneficiis I, 13, 3  e Lucano come un “felix praedo " (Pharsalia, X, 20-219). Domiziano, esecrato da Tacito, viene viceversa elogiato da Stazio che nella Tebaide (I, 18) ne celebra i trionfi sui popoli nordici. Talo trionfi vengono negati e  derisi da Tacito nella Germania: Tam diu Germania vincitur (…) Nam proximis temporibus magis triumphati quam victi sunt” (Germania 37).

Si riferisce a campagne militari di Domiziano non risolutive (83-85).

Oggi potremmo dire:  egestas magis triumphata quam victa est da parte di una politica soltanto retorica.

Il dubbio non va eliminato. Machiavelli suggerisce la mimesi dei Grandi della storia. Guicciardini invece nega l’opportunità di imitare necessariamente i Romani: il criterio è quello della discrezione.

 Le interpretazioni contrastive inducono il giovane a pensare.

Vite composite e variopinte. Proust. Plutarco: le Vite di  Demetrio Poliorcete e di Antonio. Luciano e la processione della Tuvch[4]. Mussolini e il colonnello Aureliano Buendía di Márquez.

 

2. Alcuni personaggi appartengono tanto alla storia, quanto alla letteratura   e alla filosofia che attingono alla storia, quanto al melodramma e al cinema che utilizza diverse discipline.

Baudelaire: Alcibiade, Catilina e Cesare quali splendidi tipi del dandismo. Andrea Sperelli di D’Annunzio è camaleontico come l’Alcibiade di Plutarco, di Cornelio Nepote, di Montaigne, e quanto il Catilina di Cicerone. Il “ritratto paradossale” del Catilina di Sallustio,  pieno di vizi e di virtù.

.

Alcibiade, Catilina e Cesare sono seduttori tipici. Hanno un antecedente in Odisseo, con l’aggiunta della bellezza. Alcibiade nel Simposio di Platone, quindi  in Nietzsche.

Alcibiade  prefigura il  don Giovanni di Kierkegaard e Andrea Sperelli: seguono la soddisfazione istantanea e la legge del nunc.

Altri “ritratti paradossali” con la compresenza di vizi e virtù: Alessandro VI di Guicciardini e il principe Henry nell’Enrico V di Shakespeare  (atto I, scena 1[5], 60 sgg,): “la fragola cresce sotto l’ortica

 

 

3. La conoscenza dei fatti storici e di quelli letterari è indispensabile alla crescita della persona. Cicerone. C. Pavese. Leopardi e il “secolo di ragazzi”. Alcuni non diventano mai uomini: H. Hesse. Esopo: Prometeo e gli uomini[6]. Il gregge attaccato al piuolo dell’istante  Il benessere dell'albero per le sue radici:  la storia antiquaria di Nietzsche.

 T.Mann: La storia è quanto è stratificato sotto di noi:

“La storia è il nostro accaduto, è ciò che continuamente accade nel tempo. Ma tale è anche ciò che è stratificato, lo strato sotto il suolo su cui camminiamo e quanto più profondamente le radici del nostro essere arrivano allo strato insondabile di ciò che, sebbene posto sotto e fuori i confini fisici del nostro io, tuttavia lo plasma e alimenta (così che in ore di meno vigile coscienza possiamo parlarne in prima persona, come se appartenesse alla nostra carne), tanto più spiritualmente “carica” è la nostra vita, tanto più degna è l’anima della nostra carne”[7].

“Spiritualmente carica” significa anche storicamente carica.

 

Ancora T. S. Eliot : il senso storico è necessario per  la maturità della mente, e pure la visione d’insieme  di tutta la letteratura europea che ha un’ esistenza simultanea.

Difficile e tardiva è la distinzione tra mito e storia. Il genealogo Ecateo (550-476), in quanto studioso del mondo eroico, non può negare il presupposto fondamentale di quella storia eroica ch’egli tratta: il commercio, cioè, fra uomini e dèi.

S. Mazzarino sul rapporto fra le Storie di Polibio e la tragedia storica romana[8].

 Erodoto riferisce anche leggende e racconti cui non è tenuto a credere. Livio: all’antichità si conceda la licenza di rendere più venerabili i primordi della città mescolando l’umano con il divino. Curzio Rufo dà notizia di un racconto tràdito anche cui non crede. Così pure Arriano.

La storia nasce dalla poesia. Vico: la storia romana si cominciò a scrivere dai poeti. Anche quella greca: prima di Ecateo milesio furono i poeti a scriverla. Pavese: la poesia nasce da tutta la vita storica. Insomma storia e poesia sono intrecciate tra loro. La presenza continua di Omero, e in particolar modo dell’Odissea, nella cultura europea. Tutti gli scrittori europei sono saliti sulle spalle di Omero poeta sovrano. L’ aforisma che Giovanni di Salysbury (XII secolo) attribuisce a Bernardo di Chartres[9].

Umberto Eco: ogni parricidio elimina i padri ricorrendo ai nonni. Picasso e Joyce.

 

4. Alcuni topoi comuni alla storiografia e alla letteratura. “Attraverso la sofferenza, la comprensione”. La parodo dell’Agamennone di Eschilo. Il Creso di Erodoto. Condanna della tirannide, un potere zoppo generato dall’u{bri~: Sofocle, Erodoto. Il  film The great dictator (1940) di Chaplin. Il diritto del più forte: Tucidide. L’imperialismo: quello rinunciatario della Germania e quello velleitario degli Annales in Tacito. L’esecrazione del denaro. La maledizione del potere, di ogni potere. Le tragedie di Seneca. L’Adelchi di Manzoni. Onore alle donne e agli uomini che non hanno potere. Esecrazione e santificazione della guerra. La guerra fatta di propaganda: Alessandro Magno , Dario III (Curzio Rufo) e il console Claudio Nerone (Tito Livio). Del resto, soprattutto nei poeti, c’è anche la propaganda contro la guerra: Ares nell’Agamennone di Eschilo,  e nell’Edipo re di Sofocle.

 Il film Senso di Visconti.

Il determinismo geografico e quello vestiario.

Topoi gestuali. L’ostensione del ventre: Agrippina e Giocasta. L’obiectus pectorum delle donne dei Germani in Tacito. I gesti estremi delle donne dei Cimbri e dei Teutoni in Plutarco[10].  Nicolao di Damasco e la sublata vestis. 

 

5. La storiografia tragica (Filarco) e quella pragmatica (Polibio). 

 Filarco viene criticato da Polibio per la presenza, nella sua opera, di   gesti patetici che non si confanno alla storiografia. L’eccidio di Mantinea (223 a. C.). Giuliano Ferrara e Marco Travaglio. Polibio fu un opportunista di genio. Adattò la storiografia tucididea alla nuova situazione (A. Momigliano). La storiografia drammatica è generalmente mal reputata. Ma molti personaggi della storia si comportano come attori di teatro. La teatralità di Demetrio Poliorcete, quella di Antonio[11] e quella di Cleopatra (Plutarco). L’ultima scena di Augusto (Svetonio).

 

6. La guerra civile e il capovolgimento dei valori anche lessicali. Sinistro carnevale. Tucidide. Sallustio. Platone e la democrazia degenerata. Uno scrittore cinese contemporaneo. Anche il significato delle persone può capovolgersi: Dario III, Edipo: da basilei'~ a farmakoiv.

 

7. Necessità di sviluppare lo spirito critico. La storia hegelianamente intesa si riduce a una nuda ammirazione del successo. Nietzsche le contrappone la storia critica. L’uomo virtuoso nuota contro le onde della storia. Lo  storicismo come accettazione della storia con le sue implicazioni autoritarie Senofonte, Isocrate[12] e lo storicismo come razionalità del reale (Mazzarino).  Distinzione tra tempo ciclico e tempo unilineare.

L’interpretazione opposta a quella storicistica. La civetta e la talpa.

 La storia come incubo (Ulisse di Joyce). La storia come labirinto (Gerontion di Eliot e Giorgio Bocca).

La storia come eterno presente (La terra desolata ).

Nella The Waste Land (1922) di T. S. Eliot ritorna questo eterno presente della Storia: “Unreal City,/Under the brown fog of a winter dawn,/A crowd flowed over London Bridge, so many,/I had not thought death had undone so many.…There I saw one I knew, and stopped him, crying: ‘Stetson!/You who were with me in the ships at Milae!(vv. 59-62 e vv. 69-70), Città irreale/sotto la nebbia scura di un’alba d’inverno, una folla scorreva sul London Bridge, così tanta, che io non avrei creduto che morte tanta n’avesse disfatta…Là vidi uno che conoscevo, e lo fermai, gridando: “Stetson, tu che eri con me sulle navi, a Myle![13]”.

La storia come redenzione dal tempo (Quattro quartetti).

La storia come “continuo sbandamento” (Musil).

La storia come palinsesto (Orwell)

Storiografi martiri. Tito Labieno e Augusto. Cremuzio Cordo e Tiberio, poi Caligola. Trasea Peto e Nerone. 1984 di Orwell. Qiu Xiaolong: La storia come una serie di palle colorate nelle mani di un giocoliere. La storia come guerra contro il tempo e contro l’oblio (Manzoni e Momigliano). L’atteggiamento critico e quello eretico. Il ragazzo deve acquistare coscienza della eccezionalità propria e di quella degli altri .

 

8. L’ortodossia è non conoscenza. Tutti i partiti schiacciano le teste. Pensiero unico, monocratismo e monoteismo non sono cose da Greci. I duplici templi e i tanti dèi dell’Edipo re di Sofocle. Diversi Dionisi e Dionisi diversi. Le tante facies di Eracle: eroe civilizzatore, maschio esuberante, mangiatore e bevitore intemperante, figura tragica, ragazzo giudizioso, e si potrebbe procedere in questa enumeratio chaotica. Il mito è come una parola contenuta in un dizionario (G. B. Conte). Democrazia cristiana è una contraddizione di termini (Pasolini). Freud e il monoteismo portato agli Ebrei dall’egiziano Mosè. Con la fede in un unico dio nacque l’intolleranza religiosa. Vittorio Alfieri: la cattolica religione riesce incompatibile quasi col viver libero (Della tirannide). Dostoevskij: il cattolicesimo romano non è nemmeno una religione, ma è la continuazione dell’impero romano (L’idiota). Galimberti: differenze tra Socrate, Gesù e San Paolo quali figure simboliche di culture diverse. Ancora Galimberti sulla diversità di Cristo da Socrate nell’affrontare la morte. Ambrogio, Simmaco e l’altare della Vittoria alla fine del IV sec. d.C. I giovani vogliono cultura e tolleranza. L’ intolleranza di un giornale “laico e progressista”. Il relativismo erodoteo.

 

9. L’obiettività vera o pretesa, degli storiografi.  Interpretazioni in contrasto.  I Romani portatori di pace e civiltà, oppure ladroni del mondo?  Virgilio (Eneide), Orazio (Carmen saeculare), e, di contro, Ovidio (Metamorfosi), Petronio (Bellum civile), Foscolo. La Pharsalia di Lucano.

 Condanne dell’imperialismo dei Romani nella storiografia: Tacito il discorso di Calgaco (nell’Agricola ); Sallustio la lettera di Mitridate ad Arsace (Historiae) . L’obiettivita “epica” degli storiografi antichi è limitata al nemico esterno. Con Paolo Orosio (380-420) tale imparzialità si perde del tutto. Historiarum adversus paganos libri septem L’imparzialità proclamata da Tacito all’inizio delle Historiae e degli Annales. Luciano: Come si deve scrivere la storia. In gran parte della storiografia classica è presente un pregiudizio antipopolare che ne limita l'obiettività.

 

 

10. La paura. Talora viene considerata negativamente (Terenzio, Adelphoe). Eppure  non è sempre disapprovata come diseducativa: Eschilo (to; deinovn)  e Sallustio (metus hostilis, formido, Bellum Iugurthinum 41) trovano positiva la paura. Polibio e il koino;~ fovbo~ che costringe i Romani alla concordia e alla collaborazione. Del resto lo storiografo di Mantinea è contrario alla presenza di ta; deinav nella storiografia.

 

11. La parola. Parlare (e scrivere) male fa male all’anima (Platone, Fedone)[14].

Concezione isocratea-ciceroniana della Storia intesa come genere retorico (opus oratorium maxime). Il linguaggio di una persona riflette i suoi costumi: Alessandro e Filota[15].

La neolingua del romanzo 1984 di Orwell: every year fewer and fewer words and the range of consciouness always a little smaller, ogni anni ci saranno sempre meno parole e la sfera della conoscenza sempre più ridotta ( parte I, capitolo 5)

E’ la tattica della distruzione delle parole- the destruction of words- praticata anche oggi.

Tucidide: ta; e[rga tw'n pracqevntwn (I, 22, 2). In principio erat verbum (Giovanni). L’afasia prelude alla violenza. Lo sviluppo senza progresso e il genocidio culturale (Pasolini). Il disuso della lingua genera violenza o per lo meno scortesia. Menandro e Teofrasto.

Differenza tra storia e oratoria secndo Plinio il Giovane

Verso il 107 Tacito manda a Plinio il Giovane alcuni libri della Historiae e gli chiede  di fargli da revisore (Ep. VII, 20). Plinio ne è assai compiaciuto.

Quindi in VIII, 7  si dichiara discepolo di Tacito. L’amico considera Tacito “quale ricercatore scrupoloso testimone di verità e la sua opera destinata all’eternità.

Nella lettera a Capitone (V, 8) Plinio il Giovane tratta della storia e dell’oratoria confrontandole: alla storia  convengono ossa, muscolo, nervi, all’orazione florido collo e criniera; la storia deve raccontare anche cose comuni e piace per il vigore (vis) l’impeto (instantia), l’amarezza (amaritudo), tre caratteri che si applicano bene a Tacito. L’orazione è invece caratterizzata da calma, soavità, dolcezza.

Habent quidem oratio et historia multa communia, sed plura diversa in his ipsis quae communia videntur. Narrat illa, narrat haec, sed aliter; huic pleraque umilia et sordida et ex medio petita, illi omnia recondita, splendida, excelsa conveniunt; hanc saepius ossa, muscoli, nervi; illam tori quidam et quasi iubae decent; haec vel maxime vi, amaritudine, instantia; illa tractu et suavitate atque etiam dulcedine placet. Nam plurimum refert, ut Thucydides ait, kth'ma sit an  ajgwvnisma; quorum alterum oratio, alterum historia est”, la storia e l’eloquenza hanno sì molti elementi comuni, ma in questi stessi che sembrano comuni si trovano molte differenze. Narra quella e narra questa, ma in maniera diversa: a questa, la storia, si addicono moltissimi aspetti umili e volgari e presi dalla vita comune; a quella l’eloquenza, invece conviene  tutto quanto è raro, splendido, sublime; a questa si addicono più spesso ossa, muscoli, nervi, a quella certi rigonfiamenti e quasi pennacchi; questa piace in modo particolare soprattutto per il vigore, l’asprezza, la veemenza, quella per l’andamento fluido la soavità e anche la grazia.  Infatti conta moltissimo se  sia, come dice Tucidide , un possesso o una gara: delle quali gara è l’oratoria, possesso perenne è la storia-

Bologna 15 gennaio 2024 ore 10, 11 giovanni ghiselli.

 

Inizierò il corso di 8 incontri di 2 ore ciascuno allUniversità Primo Levi (21 gennaio-11 marzo) con una introduzione alla storiografia di cui questa è la prima parte.

Proseguirò procedendo con la presentazione di Alessandro Magno, Annibale e Nerone quali vengono raccontati dagli storiografi greci e latini e commentati da scrittori e pure da giornalisti moderni

p. s.

statistiche del blog

Sempre1662377

Oggi76

Ieri477

Questo mese5409

Il mese scorso10218

 

 

 



[1]"gli Elleni...non accettano mai i dati come ovvii, di per sé chiari; si meravigliano", M. Pohlenz , La Stoa , p. 1.

[2] Il filosofo Nigrino di Luciano denuncia la pacchianeria dei ricchi romani che si rendono ridicoli sfoggiando ricchezze e rivelando il loro cattivo gusto:"pw'" ga;r ouj geloi'oi me;n oiJ ploutou'nte" aujtoi; ta;" porfurivda" profaivnonte" kai; tou;" daktuvlou" proteivnonte" kai; pollh;n kathgorou'nte" ajpeirokalivan; (Nigrino , 21), come fanno a non essere ridicoli i ricchi con le loro stesse persone dal momento che mentre mettono in mostra le vesti di porpora e protendono le dita delle mani denunciano il loro cattivo gusto?

 

 

[3] La fatica degli storiorafi contemporanei si occupa di un campo ristretto ed è senza gloria:" nobis in arto et inglorius labor"  (Annales, IV, 32)

 

[4] Mevnippo" h] nekuomanteiva, 16.

[5] The strawberry grows underneath the nettle,/ And wholesome berries thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality:/And so the prince pbscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt,/Grew like the summer grass, fastest by night,/Unseen, yet crescive in his faculty

[6] Promhqeu;~ kai; a[nqrwpoi , Prometeo e gli uomini 322.

[7] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli. La storia di Giacobbe, p. 213.

[8] Delle lotte fra Romani e Galli, due vittorie furono celebrate con preteste: quella di Clastidium, riportata da Marcello nel 222 a. C.; e quella di Sentinum, del 295 a. C., in cui il console Decio Mus, che comandava l'ala sinistra contro i Galli (alleati dei Sanniti), s'era consacrato, col rito della devotio , agli dèi della terra e, gettandosi contro i nemici, aveva asicurato la sua morte e la vittoria. La battaglia di Clastidium era stata portata sulle scene da Nevio stesso, che certo poté seguire con ansia, come contemporaneo, quella vicenda in cui Claudio Marcello, allora il più insigne esponente del ramo plebeio dei Claudii, aveva vinto in duello il celtico Virdumaro, e riportato il trionfo.

La battaglia di Sentinum fu celebrata in una pretesta di Accio, Aeneadae  o Decius ;

[9] Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantum humeris insidentes.

[10] In  Plutarco le Germane compiono gesti estremi mentre assistono alla sconfitta dei loro uomini. Nella Vita di Mario l’autore racconta che nell’estate del 102 a. C. le donne dei Teutoni ad Aquae Sextiae (l’odierna Aix, a nord di Marsiglia) scesero in campo armate di spade e scuri e con grida terribili respinsero sia i loro uomini in fuga sia i Romani inseguitori. Mescolate ai combattenti strappavano le armi ai Romani, e, insensibili alle ferite, combattevano fino alla morte (19). 

 L’anno dopo (agosto 101 a. C.) le donne dei Cimbri sconfitti ai Campi Raudii (nel vercellese) ritte sopra i carri, vestite di nero, ammazzavano quelli che fuggivano, fossero essi i mariti, i fratelli o i padri. Strangolati con le loro mani i più teneri figlioletti, li gettavano sotto le ruote dei carri e gli zoccoli delle bestie, e infine si sgozzavano” (27)

 

[11] Nella Vita di Antonio, accoppiata con quella di Demetrio, Plutarco cita due versi dell’Edipo re (il quarto leggermente modificato e il quinto senza ritocchi) per significare la dissolutezza pestifera di Antonio: quando il triumviro si recò in Oriente, l’Asia intera, come quella famosa città di Sofocle (Tebe) era piena di fumi di incenso, e insieme di peani e di gemiti (24, 3).

Subito dopo Plutarco racconta che Antonio entrò in Efeso preceduto da donne vestite come le Baccanti e da uomini e fanciulli abbigliati da Satiri e da Pan; la città era piena di edera, tirsi, zampogne e flauti e la gente acclamava Antonio come Dioniso che dà gioia e amabile. Per alcuni sarà stato tale, ma per i più era

j Wmhsth;~ kai;  jAgriwvnio~ (24, 4-5), Dioniso Crudivoro e Selvaggio.

Quando Cleopatra si recò da lui risalendo il fiume Cidno, con teatralità ancora più vistosa, si diffuse dappertutto la voce che Afrodite con il suo corteo andava da Dioniso per il bene dell’Asia (wJ~ hJ jAfrodivth kwmavzoi pro;~ to;n Diovnuson ejp j ajgaqw`/ th`~  jAsiva~, 26, 5). Quindi Plutarco racconta alcune buffonate che i due amanti compivano divertendo gli Alessandrini i quali dicevano che Antonio con i Romani usava la maschera tragica e con loro quella comica ( levgonte~ wJ~ tw`/ tragikw`/ pro;~ tou;~  JRomaivou~ crh`tai proswvpw/, tw`/ de; kwmikw/` pro;~ aujtouv~,  29, 4).

 

 

[12] Con l'Archidamo  il retore Isocrate può considerarsi lo "storico", per così dire, della mentalità schiavistica spartana in senso stretto: il discorso, infatti, è impernato, per gran parte, sulla ricostruzione dell’antichissima vittoria di Spartani su Messenii, per mostrare il buon diritto degli Spartani a tenere i Messenii sotto il giogo della tremenda schiavitù. Dice l’Archidamo isocratèo: “gli alleati vi propongono di rinunciare a Messene per fare la pace…vorrebbero dunque che voi in breve tempo gettaste via la gloria, che i nostri anenati, in mezzo ai pericoli, ci lasciarono per settecento anni”  ...L'Archidamo di Isocrate è insomma proteso alla difesa dello schiavismo spartano su una base "storica ".

 

[13]La  battaglia di Milazzo, del 260 a. C. , durante la prima guerra guerra punica. I Romani sbaragliarono i Cartaginesi.

[14] Lo afferma Socrate  nel Fedone :" euj ga;r i[sqia[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene…ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime.

[15] Alessandro, quando inquisiva Filota (330 a. C.) accusato di congiura, gli chiese di rispondere alle accuse nella lingua nazionale dei Macedoni, patrio sermone, e siccome l’indagato non lo fece, il re disse: “memineritis aeque illum a nostro more quam a sermone abhorrere” Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni, 6, 9, 36. ricordatevi che quello detesta i nostri costumi quanto la nostra lingua.

 

Nessun commento:

Posta un commento