mercoledì 15 gennaio 2025

Introduzione allo studio della storiografia . Seconda parte


 

12.Valori forti della civiltà classica. Peiqwv e Suada. La fides quale fundamentum iustitiae (Cicerone). Camillo e i Falisci (Tito Livio). Meno sentito dai Greci è il valore della lealtà in una guerra cavalleresca. Lisandro che concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi, se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).  

La perfidia plus quam punica di Annibale, secondo alcuni, era figlia della cultura greca. Giovenale, il culto dei quattrini e la natio comoeda dei graeculi. Teognide e la malafede dei kakoiv. La Dissertazione giovanile di Nietzsche su Teognide. Gli schiavi plautini onorano la perfidia (Asinaria). La pervicacia dei Germani di Tacito  nel mantenere la parola data.

La gratitudine e il peccato odioso dell’ingratitudine. Senofonte, Cicerone, Sofocle, Shakespeare (Giulio Cesare) .

Un altro valore forte è quello della peiqarciva-disciplina. Eteocle nei Sette contro Tebe. Creonte nell’Antigone. Il re spartano Archidamo in Tucidide. Nietzsche nel suo Epistolario. La Costituzione degli Spartani di Senofonte[1].  

Tito Manlio Torquato e Lucio Papirio in Tito Livio.

 

13. Il Potere. La figura  del tiranno. Il tiranno taglia le teste: Erodoto: Periandro di Corinto e Trasibulo di Mileto; Tito Livio e Tarquinio il Superbo. Il tiranno quanto meno inceppa le lingue. Creonte nell’Antigone. Il despota non subisce controlli: i tiranni delle tragedie e il grande re Serse nei Persiani di Eschilo. Il tiranno impedisce lo scrivere, il parlare e l’ascoltare. Gli storiografi martiri e Ovidio. A volte il tiranno proibisce perfino il silenzio: Seneca (Oedipus), Curzio Rufo, Thomas Kyd (La tragedia spagnola).

 Talora è il dh`mo~ che non vuole sottostare alla legge: Senofonte, Elleniche, I 7, 12[2]. Euripide, Ifigenia in Aulide[3].

 Pericle e Alcibiade nei Memorabili di Senofonte[4].

Pericle nelle Storie di Tucidide. Il meccanismo della circolarità massa-capi. E’ Teramene il grande regista del processo delle Arginuse. Polibio: non è democrazia la prepotenza della massa. Cicerone chiama licenza il potere arbitrario del popolo. La democrazia come regime di classe socialistico (Guido Fassò).

La Politica e la Costituzione degli Ateniesi di Aristotele: i demagoghi e il prepotere del popolo. Aristofane: Cavalieri. L’Areopagitico di Isocrate[5].

La pseudo-senofontea Costituzione degli Ateniesi: la democrazia come conseguenza dell’impero marittimo.

Pasolini: il potere (consumistico) ha escluso gli intellettuali liberi. Il dovere etico di dire “no” al potere.

 

14. L’estetismo e l’eroismo. Il superamento della sapienza silenica attraverso l’arte e il riconoscimento della bellezza. La nascita della tragedia di Nietzsche. La dichiarazione d’amore di Euripide alle Grazie e alle Muse (Eracle). Vivere nella bellezza o nella bellezza morire. La bella morte: Polissena nell’Ecuba di Euripide, L’Aiace di Sofocle, il Gimnosofista di Plutarco, Cleopatra in Orazio, Antigone. Neottolemo del Filottete di Sofocle preferisce la morte con nobiltà che il successo nella volgarità. Il successo secondo Pasolini: :"Ecco che cos'è il successo: una vita mistificata dagli altri, che torna mistificata a te, e finisce col trasformarti veramente"[6].

Un modello diverso: la vita innanzitutto. Il rovesciamento della sapienza silenica. Achille dell’Odissea (XI canto) e il primo momento della figlia di Agamennone nell’ Ifigenia in Aulide.   

 L’eroismo.

Secondo il poeta la vita è giustificata dalla luce della bellezza, secondo l’eroe dal premio della gloria dovuto a chi primeggia. Una laudatio funebris[7].

 Alcesti, Achille e Codro nel Simposio platonico. Il modello dell’eroe passa dall’epica alla storia, alla tragedia, e pure alla filosofia. La guerra come evento epocale da Omero agli storiografi. Alessandro Magno segue il modello “achillesco”. Di nuovo Ifigenia che offre il suo corpo per l’Ellade e l’Achille dell’Iliade: “non cederò”.  Pelope nell’Olimpica I di Pindaro. L’eroismo del “non cedere” viene riconosciuto a Epicuro da Lucrezio. Gheddafi si atteggiava a eroe.

 

15. La semplicità. Amiamo il bello con semplicità.

Tucidide (II, 40, 1). Marco Lodoli: la semplicità è complessità risolta, non  facilità. Gončarov: la semplicità significa intelligenza ed è differente dall’astuzia. Ezra Pound e l’America. Plutarco e l’ajpeirokaliva di Creso[8]. B. Brecht: la semplicità difficile a farsi. Nietzsche.

Plutarco: bellezza e antichità. Semplicità e verità nelle Fenicie di Euripide[9].

In questa tragedia Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva"[10] e[fu,-kouj poikivlwn[11] dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

La semplicità di Achille e di Chirone[12] nell’Ifigenia in Aulide. Winckelmann, Schopenhauer. Quindi: Lucrezio, Cicerone, Orazio.

La semplicità accentuata e radicalizzata come neglegentia (sprezzatura). Il Petronio di Tacito. Ippolito e Sofronia. Di nuovo il dandy di Baudelaire. Il seduttore di Emma Bovary. La neglecta coma:  Ovidio, Apollonio Rodio, Parini, T. Mann. L’ajmevleia dell’Anonimo Sul sublime.

16. La scuola deve educare attraverso il mu`qo~ e attraverso il lovgo~.

U. Galimberti. Platone. Ottavia di Tacito: “"Octavia quoque, quamvis rudibus annis, dolorem caritatem omnes adfectus abscondere didicerat" ( Annales, XIII, 16), anche Ottavia, sebbene non scaltrita dall'età[13], aveva imparato a nascondere la pena, l'amore e tutti i sentimenti. 

 

 

Bologna 15 gennaio 2025 ore 10, 55 giovanni ghiselli

Dunque martedì 21 gennaio dalle 17, 45 inizieremo alla Primo Levi con la Storia

Lunedì 27 invece sarò alla Ginzburg dalle 17 con la letteratura.

p. s.

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[1] Archidamo, quello che invadeva l’Attica nel primo decennio della guerra del Peloponneso, sosteneva  gli uomini non sono poi  tanto differenti tra loro, ma vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà:"poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei\nai o{sti~ ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai"(I, 84, 4). Concorda con questa affermazione del re spartano quanto scrive Nietzsche nell' Epistolario in data 14 aprile 1887:" Non c'è nulla infatti che irriti tanto le persone quanto il lasciare scorgere che noi seguiamo inesorabilmente una rigida disciplina di cui loro non si senton capaci"(p. 262).

Senofonte mette in rilievo il senso della disciplina degli Spartani : “e[gnwsan to; peivqesqai mevgiston ajgaqo;n ei\nai kai; ejn povlei kai; ejn stratiã/ kai; ejn oi[kw/ Costituzione degli Spartani, VIII, hanno capito che l’obbedienza è il bene più grande nella città, nell’esercito e nella casa.

 

 

[2] Dopo la battaglia delle Arginuse (406 a. C.), il popolo ateniese, nel quale era stato inoculato l'odio per gli strateghi e il desiderio dei capri espiatori, gridava che era grave se qualcuno non permetteva al popolo di fare quanto voleva ("to; de; plh'qo" ejbova deino;n   ei\nai, eij mhv ti" ejavsei to;n dh'mon pravttein o{ a]n bouvlhtai", Senofonte, Elleniche,  I, 7, 12)."E' la rivendicazione che riecheggia minacciosamente in assemblea ad Atene durante il processo popolare contro i generali delle Arginuse", è "la formula che caratterizza, secondo Polibio, la degenerazione  della democrazia (VI, 4, 4:" quando il popolo è padrone di fare quello che vuole"),

Canfora, Lo Spazio Letterario Della Grecia Antica , Volume I, Tomo II, p. 835.

 

 

[3] Il coro delle donne calcidesi lamenta che sono caduti i valori forti del Valore e della Virtù, mentre regna l’empietà, e ajnomiva de; novmwn kratei' (v. 1095), la licenza prevale sulle leggi. 

[4] Nei Memorabili, Pericle tutore di Alcibiade, rispondendo alle domande urgenti del ragazzo non ancora ventenne, ammette che tutto quanto uno costringe a fare senza prima avere persuaso (mh; peivsa~ ajnakavzei) o con parole scritte o in altro modo è piuttosto violenza che legge: "biva ma'llon h] novmo~ ei\nai" (1, 2, 45). Allora, lo incalza Alcibiade, tutti gli ordini che la massa, la quale ha potere sui ricchi, prescrive senza persuaderli, sarebbe violenza piuttosto che legge? Pericle elude la risposta dicendo all'adolescente che sta facendo sofismi tipicamente giovanili: da ragazzo li faceva anche lui (1, 2, 46).

[5] Isocrate nell’Areopagitico (del 356) ricorda con nostalgia in tempo dei larghi poteri dell’Areopago malamente esautorato dalla riforma di Efialte nel 461. Dai tempi di Solone  questo era una sorta di Tribunale Supremo e di Corte Costituzionale che  esercitava la nomofulakiva, la custodia delle leggi, garantendo un indirizzo politico stabile. Questo consesso si prendeva cura anche del decoro dei cittadini. La paideiva infatti non deve limitarsi al pai'". Nel passato agli adulti si dedicavano cure più attente che ai ragazzi. L'Areopago vigilava sulla eujkosmiva, il buon contegno della cittadinanza. Potevano entrarvi solo persone di ottima nascita e che avessero dato prova di un carattere irreprensibile. Le buone leggi non bastano se nella polis non ci sono buoni costumi. Il progresso della virtù non nasce dalle leggi ma dalle abitudini giornaliere:" ejk tw'n kaq j  eJkavsthn th;n hJmevran ejpithdeumavtwn" (40). A Sparta la condotta dei cittadini era buona e assai modesto il numero delle leggi scritte. Anche Platone pensava che una buona educazione non ha bisogno della costrizione delle leggi (Repubblica, 426e-427a). L'età giovanile è quella della torbidezza spirituale: i ragazzi sono pieni di desideri e devono educarsi prendendo buone abitudini e compiendo fatiche che comportano gioia (43). Attività buone che costino fatica e diano soddisfazione. La paideiva va conformata ai mezzi di cui ciascuno dispone. I più poveri venivano indirizzati all'agricoltura e al commercio:" ejpi; ta;" gewrgiva" kai; ta;" ejmporiva"" (44). Gli abbienti invece si dedicavano alla ginnastica, all’ ippica, alla caccia, e alla filosofia.  La cultura dello spirito equiparata alla ginnastica fa parte di quella concezione della paideia come gioco elevato espressa da Callicle nel Gorgia. Anche Senofonte vuole combinare equitazione ginnastica e caccia con l'amore per la cultura intellettuale. Pure il Protagora eponimo del dialogo platonico (326c) di Platone fa dipendere la durata dell'istruzione dai mezzi dei genitori. Per Platone invece tutta l'educazione superiore deve essere cosa di Stato. Isocrate non vuole eliminare le differenze economiche. Il difetto dell'educazione moderna è la mancanza di ogni pubblico controllo, sostiene. Una volta l' ajkosmiva, la condotta disordinata, veniva deferita all'Areopago che cominciava con l'ammonizione, poi passava alla minaccia, quindi alla punizione. Prima c’era lo qewrei'n, l’osservare, poi il nouqetei'n, l’ammonire, quindi l' ajpeilei'n, il minacciare, infine il kolavzein, il punire. L'Areopago insomma katei'ce, teneva a freno i cittadini con sorveglianza e punizioni. Allora la gioventù non sciupava il suo tempo a oziare in locali da gioco o con le flautiste. Ogni giovane si atteneva all'attività dove era stato posto e cercava di imitare gli uomini che vi primeggiavano. Nel comportamento con gli anziani i ragazzi osservavano le regole del rispetto e della cortesia. Isocrate ricorda il dittico a contrasto dell'antica e nuova paideia disegnato da Aristofane nelle Nuvole . I giovani non andavano nelle osterie, non facevano i buffoni: quei comici che ora chiamano ingegnosi allora li consideravano dei disgraziati:" ejkei'noi dustucei'" ejnovmizon tou;" skwvptein dunamevnou" ou}" nu'n eujfuei'" prosagoreuvousin"(49). Il concetto di aijdwv" era un retaggio dell'antica etica e della formazione nobiliare.

 

 

[6] P. P. Pasolini, , dai “Dialoghi con Pasolini” su “Vie Nuove” (1960) in Pasolini saggi sulla politica e sulla società, p. 910.

[7]Metello nella laudatio funebris tenuta nel 221 a. C. in memoria del padre Lucio mette in evidenza le dieci qualità più grandi e più belle del morto; ebbene le prime due ricordate sono che Lucio Metello fu primarium bellatorem e optimum oratorem, combattente di prim'ordine e ottimo oratore. Il testo scritto ci è stato tramandato da Plinio il Vecchio nella Naturalis historia ( VII, 139). 

[8] "The thought of what America would be like/if the Classics had a wide circulation/troubles my sleep " Cantico del sole da Quia pauper amavi  (1919)., il pensiero di come sarebbe l'America, se i Classici circolassero di più, mi turba il sonno. Ci sarebbe, se non altro, meno cattivo gusto. Plutarco nella Vita di Solone racconta che il saggio legislatore ateniese disprezzava l’ ajpeirokaliva, l'ignoranza del bello di cui abbiamo già detto, e la mikroprevpeia ( 27, 20), la meschinità del re che si era presentato coperto di gioielli e d'oro

[9] Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu,-kouj poikivlwn dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

 

[10] Seneca cita questo verso traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.

[11] Si ricordi quanto si è detto a proposito della poikiliva (21. 3).

[12] Chirone, dikaiovtato" Kentauvrwn, il più giusto dei Centauri, "nodrì Achille" insegnandogli quella naturalezza e semplicità di costumi che è la quintessenza dell'educazione nobile. Il figlio di Peleo nell'Ifigenia in Aulide riconosce tale alta paideia all'uomo piissimo che l'ha allevato insegnandogli ad avere semplici i costumi:"ejgw; d j, ejn ajndro;" eujsebestavtou trafei;"-Ceivrwno", e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein" (vv. 926-927).

[13] Tacito ha appena raccontato l’avvelenamento di Britannico da parte di Nerone. Siamo nel 55 d. C. e Ottavia ha solo quindici anni. Verrà uccisa nel 62.

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