lunedì 7 ottobre 2013

La vergogna di Lampedusa





Traccia della relazioneper la Direzione del Pd di Bologna
giovedì 3 ottobre 2013 ore 20,30
di Marco Macciantelli

Dopo i “piccoli passi”, un “cambio di passo”
Le parole in grassetto sono di Marco Macciantelli
Il resto è il mio commento

Credo che sia giusto iniziare questa direzione ricordando quanto è accaduto oggi a Lampedusa, l’ennesima strage, questa volta di eritrei e somali. Papa Francesco, che solo tre mesi fa aveva fatto visita a Lampedusa, commuovendo il mondo, ha pronunciato una sola parola: “Vergogna, è una vergogna, - ha detto – e non deve più accadere”.

La vergogna è un sentimento nobile che ci trattiene dal compiere azioni o dire parole disonorevoli. Si dice che la “Civiltà di vergogna” (Culture of shame citando Dodds[1]) rappresenti una fase più antica rispetto alla “Civiltà di colpa”[2].
Dico che entrambe le fasi debbono rimanere, filogeneticamente, dentro di noi. Se non mi vergogno di niente, non mi sento mai in colpa.
Il Papa, Francesco, alla parola “vergogna”, pronunciata non senza “sdegno”, ha aggiunto l’altra parola chiave: “rispetto”.

Aijdwv~, che significa “vergogna”, “pudore” e “rispetto”, è considerato  da Esiodo uno dei pilastri del vivere umano e civile: nelle Opere e giorni il poeta afferma che, nell'ultima fase dell' empia età ferrea, gli uomini nasceranno con le tempie bianche (poliokrovtafoi, v. 181), oltraggeranno i genitori che invecchiano, useranno il diritto del più forte, la giustizia starà nelle mani (divkh d  j ejn cersiv , v. 192) con il prevalere del diritto del più forte, e se ne andranno Cavri" , Gratitudine; Aijdwv"  Pudore e Rispetto;  Nevmesi" , lo Sdegno, la giusta indignazione; quindi  non vi sarà più scampo dal male "kakou' d  j oujk e[ssetai ajlkhv" (v. 201).
 Credo che se non ci vergogneremo tutti di quanto è orrendamente accaduto a Lampedusa, non ci sarà davvero più scampo dal male.
La descrizione dell'età del ferro è ancora attuale: i suoi delitti assomigliano a quelli dell' epoca moderna che "Fichte definisce epoca della colpevolezza, della ‘compiuta peccaminosità’ ovvero della libertà vuota, del feroce conflitto che disgrega ogni ordine, della lotta egocentrica e spietata di tutti contro tutti, dell'anarchia dei particolari sradicati da ogni totalità"[3].
Ora si prega e si chiede il riposo, la pace, l’asilo per i morti: “equidem et vivis concedere vellem[4], io  vorrei  garantirli anche ai vivi. Con decreti nuovi e leggi umane. Con il  diritto di asilo messo al posto del reato di clandestinità.
Bisogna abolire la legge anti-uomo Bossi-Fini sull’emigrazione. 
Questi due personaggi sono già stati cancellati dalla storia, messi in soffitta o in cantina; adesso è  tempo, lo è da tanto, di abradere, di raschiare via le loro leggi omicide, come ha detto bene il sindaco, o sindaca di Lampedusa, Giusy.e la ministra nera, o, se preferisce, negra, Cécile.
Donne che ammiro. Anche il decreto sicurezza di Maroni va abolito.
Abbiamo versato  lacrime. A parte che quelle di tanti politici sono  lacrime di coccodrillo, in ogni caso nel  pianto agghiacciante non c’è prh`xi~ (Iliade, XXIV, 524) vantaggio alcuno, come dice Achille parlando con Priamo che piange per Ettore.

Nessuna  prassi c’è nel solo pianto, nessun aiuto per gli annegati che fanno parte del nostro prossimo  e tanti altri ce ne saranno prossimamente, in tutti i sensi,  se non agiamo subito per trovare rimedi. A partire dalla cancellazione di quelle leggi infami e di quel decreto vergognoso, che suscitano pudor.
Il pudor nella cultura latina  ha forza anche maggiore dell’ aijdwv"  dei Greci.
"Pudor  è il senso morale per cui si prova scrupolo e ripugnanza davanti a tutto ciò che nega i valori morali e religiosi. E' affine all' aijdwv" dei Greci, ma ha vitalità molto maggiore: la Pudicitia  era una divinità oggetto di un culto importante; al culto della Pudicitia patricia  la plebe aveva affiancato e contrapposto un culto della Pudicitia plebeia "[5].
 Pudicitia  non è solo “castità”, ma anche “senso del pudore”.
Valerio Massimo[6] nel proemio del VI libro invoca la Pudicitia:"virorum pariter ac feminarum praecipuum firmamentum ", solido fondamento nello stesso tempo per donne e uomini. Ella appunto è stata onorata come una dea:"Tu enim prisca religione consecratos Vestae focos incolis, tu Capitolinae Iunonis pulvinaribus incubas[7]", tu infatti abiti i focolari consacrati a Vesta dall'antico culto, tu giaci sui cuscini di Giunone Capitolina.

Ma torniamo a Macciantelli
E’ qualcosa che ci riguarda: noi, l’Italia, l’Europa, che interpella lo scarto tra le parole e i fatti quando parliamo di dignità della persona. Domani, lutto nazionale. Sabato, appuntamento, alle 16, in piazza Nettuno, promosso da Cgil, Cisl e Uil con Arci e Libera: una candela per i morti di Lampedusa.

Il sindaco di San Lazzaro poi ricorda le Feste dell’Unità con espressioni di gratitudine per i volontari. Mi pregio di essere stato uno di questi. Il volontariato dei giovani e dei non giovani sbugiarda quanti ci descrivono come un popolo di fannulloni e profittatori. Il fatto è che l’inautenticità di molti personaggi fatti salire sulla ribalta dei media e continuamente illuminati, ricade del tutto a torto sui tantissimi oscuri e onesti lavoratori ignorati dalla televisione per la loro presunta insignificanza.   
Alle nostre spalle, un’estate di lavoro, insieme ai volontari delle Feste dell’Unità e, in particolare, di quella provinciale. Un impegno, civico e politico, a cui ci siamo dedicati con risultati che alcuni organi di informazione hanno detto “da record”. A me l’enfasi non piace: e tuttavia pare raggiunta e superata la fatidica soglia del milione di visitatori, paragonabile ai numeri raggiunti solo dalle edizioni nazionali. Con un incasso complessivo, fra il 28 agosto e il 22 settembre, nelle attività autogestite, che sembra abbia superato i 4 milioni di Euro e un utile che potrebbe essere superiore a 300.000 Euro. La dimostrazione vivente di cosa vuol dire una politica pulita.
Ma si è trattato anche di un servizio alla città, al sistema territoriale, un’espressione del capitale sociale della comunità metropolitana, un patrimonio da non disperdere. Qualcosa che dobbiamo a tanti, ai volontari in primo luogo, al Pd, si suoi circoli, ai suoi forum. Alla Conferenza delle donne, alla Casa dei pensieri, alla Libreria, a Lele, a Fabio. Poi più di cento dibattiti, centinaia di relatori.
La gratitudine è un altro valore forte, imprescindibile da una vita civile e morale. Abbiamo visto sopra, nella citazione tratta da Esiodo, il nesso solido e solidale tra pudore- rispetto- gratitudine
 Senofonte ribadisce questo  legame  nella Ciropedia[8] quando annette al vizio capitale dell'ingratitudine quello dell'impudenza che anzi considera madre di tutte le turpitudini:"e{pesqai de; dokei' mavlista th'/ ajcaristiva/ hJ ajnaiscuntiva: kai; ga;r au}th megivsth dokei' ei\nai ejpi; pavnta ta; aijscra; hJgemwvn"(I, 2, 7), pare che all'ingratitudine di solito si accompagni l'impudenza: questa infatti sembra essere la guida più grande verso tutte le brutture. "E qui ci torna in mente l'importanza data da Platone e da Isocrate all'aidòs , senso di onore e di pudore, per l'educazione dei giovani come per la conservazione di ogni ordine sociale"[9].
Come si vede Senofonte stabilisce un nesso tra cavri" e aijdwv", tra gratitudine e pudore.
Cavri~ comprende una gamma piuttosto vasta di significati che vanno dalla “grazia”, alla “gratitudine”, al “rispetto”
In quest’ultimo senso lo impiega Euripide  nella Medea[10] che rappresenta un mondo in sfacelo morale. Nel primo stasimo, il coro lamenta:" bevbake d j o{rkwn cavri", oujd j e[t j aijdw;"- JEllavdi ta'/ megavla mevnei " (vv. 439-440), se n'è andato il rispetto dei giuramenti né più rimane il pudore nell'Ellade grande.

Il tragediografo mette in risalto il significato della cavri~ - gratitudine nell'Eracle, dove Teseo non ha dimenticato l'aiuto ricevuto dall'amico, il figlio di Alcmena, che lo ha riportato in luce dal regno dei morti (v. 1222) e, disponendosi ad aiutarlo, gli dice: "cavrin de; ghravskousan ejcqaivrw fivlwn" (v. 1223), io odio la gratitudine degli amici che invecchia, e chi vuole godere delle cose belle ma non imbarcarsi con gli amici quando se la passano male.

Diversi filoni tematici, quest’anno con un particolare coinvolgimento del movimento sportivo di base, nel ricordo di Maurizio Cevenini. Con tutti i candidati e i protagonisti dell’ormai prossimo congresso. Un’ulteriore conferma del fatto che il congresso è già da tempo iniziato e che a Bologna, anche da questo punto di vista, non abbiamo fatto mancare una indicazione chiara, insieme ad un contributo al dibattito locale e nazionale.
Mi è capitato di dire qualche parola introduttiva lo scorso 3 giugno, quattro mesi fa. Nel frattempo è cambiato il mondo. Eravamo all’indomani della conclusione di una fase caratterizzata dalla deludente campagna elettorale, dal voto del 24-25 febbraio, con la “mancata vittoria”, gli errori compiuti per la presidenza della Repubblica e la formazione del governo di cui è stato incaricato Enrico Letta al fine di superare una situazione di “stallo perfetto”, poi corretta dal governo possibile, cioè dal compromesso tra forze che erano e rimangono avversarie e alternative.
Certamente il nostro partito non può perdere la propria identità maturata in tanti decenni di storia vissuta sempre in contatto e in sintonia con la parte più sana, laboriosa, democratica, colta del popolo italiano.

Faccio presente, da bipolarista convinto, che la crisi degli istituti della rappresentanza democratica non riguarda solo il nostro Paese, che la tendenza a esiti elettorali che non garantiscono più l’autosufficienza di una singola proposta politico-elettorale è qualcosa che riscontriamo anche nelle solide democrazie continentali dell’Austria e della Germania, dove, com’è noto, a seguito del voto del 22 settembre, Angela Merkel sta tuttora cercando di negoziare con altre forze, alternative, come l’Spd, le condizioni per formare un governo.
Marco Macciantelli
Per capire la situazione nella quale siamo, dobbiamo tener conto di due paletti. Da un lato l’esito del voto. Dall’altro la condizione del Paese, nell’intreccio, preoccupante, tra questione democratica e questione sociale, entrambe indotte da una crisi che ha contributo ad evidenziare ulteriormente i limiti strutturali del sistema politico italiano.
La questione sociale, acuendosi, potrebbe portare a turbolenze gravi che a loro volta  aprirebbero, probabilmente, la strada a svolte reazionarie. Non sarebbe la prima volta che succede, e non senza tragedie.
Questo aspetto non deve essere sottovalutato. La società corre, la politica è in affanno. Da troppo tempo, purtroppo, è così. Il tema stesso dei costi della politica è sacrosanto, ma anche le forbici possono arrivare sino ad un certo punto, se non c’è una riforma del sistema degna di questo nome.
Ecco: non deve sfuggirci che insieme alla crisi, al depauperamento del tessuto produttivo, alla disoccupazione, con i giovani senza lavoro che hanno superato la soglia del 40%, un potere d’acquisto delle famiglie che è tornato ai livelli di 23 ventitre anni fa, nel nostro Paese vi è una vera e propria crisi di sistema.
Il sistema in crisi è il neoliberismo.

Krivsi~ vuol dire “giudizio”, e la critica giusta al neoliberismo dice, guardando ai fatti risultanti da trenta e più anni di questo sistema, che il capitalismo sregolato e sfrenato ha contribuito ad accrescere la povertà, e l’infelicità, della grande maggioranza della nostra popolazione
Di qui le due questioni programmatiche che sono alla base del governo Letta. Misure per il rilancio dell’economia per la crescita. Rivisitazione del sistema istituzionale a partire dal superamento del bicameralismo. Le questioni sono queste, note da tempo; ora è giunto il momento di metterci mano.
Sin dall’indomani dell’insediamento del governo Letta ha prevalso la logica dei veti e dei ricatti da parte del Pdl e, in particolare, di Berlusconi. Da un lato, un modo parcellizzato di affrontare il gran tema della fiscalità con lo stillicidio delle opinioni a confronto su Imu prima casa e punto in più di Iva. Dall’altro sulla giustizia, con tutto il peso, drammatico e anomalo, dei problemi personali di Berlusconi. La cronaca degli ultimi quattro mesi è stata segnata da questi due temi.
Il dramma del ventennio berlusconiano è finito in maniera farsesca, almeno sul palcoscenico della vita politica: “This is the way the world ends / Not with a bang but a whimper”[11]. Il pover’uomo piangeva. E i suoi uomini vuoti, appoggiavano l’uno sull’altro la testa piena di paglia.
Dobbiamo dirci che, oltre un certo limite, così non si poteva andare avanti. Non si può dire che il rischio di una crisi non fosse stato avvertito o che ci abbia colti di sorpresa. Il Pd da settimane, giustamente, andava ripetendo di essere pronto ad ogni evenienza. Che occorreva, anche con un chiarimento netto, senza timori del voto, distinguere la vita del governo dall’enorme peso della vicenda berlusconiana.
Quella situazione non era più tollerabile. E bene ha fatto il Pd a tenere una posizione ferma sul tema della decadenza: sul fatto che siamo tutti uguali davanti alla legge e che la legge è uguale per tutti; che le sentenze si rispettano; che, se si è stati condannati in tre gradi di giudizio, sino alla pronuncia definitiva dalla Cassazione, occorre prenderne atto, rimettendosi correttamente alla giustizia.
La legge uguale per tutti è una pietra miliare dei governi democratici, da millenni.
Nelle Supplici di Euripide, Teseo, che propugna la democrazia, dice all’araldo tebano mandato dall’autocrate Creonte che quando c’è un tiranno non esistono più leggi comuni (novmoi koinoiv, vv. 430-431). E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t j ajsqenh;~ / oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei” (vv. 433-434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti.
Da noi  leggi buone ci sono[12], a partire da quella fondamentale che è la Costituzione. E’ tempo di porre mani ad esse.

Bene ha fatto Letta a non farsi intimorire, di fronte alle minacce, dalle dimissioni dei parlamentari a quelle dei ministri Pdl, a ribadire di non voler andare avanti a tutti i costi, a riportare, d’intesa col capo dello Stato, la questione nella sede propria del Parlamento, il luogo della sovranità, davanti al Paese, dando al tema una evidenza pubblica, provocando un chiarimento non più differibile.
Ma io credo che abbia contato anche la coesione, la compattezza, sì, diciamola questa parola, l’unità del Pd, del partito, ma non solo, anche dei candidati al congresso, nel respingere i ricatti di Berlusconi, costringendo il Pdl, forse per la prima volta, a fare i conti con se stesso, con la sua posizione non più sostenibile.
Come abbiamo visto, ne è emerso un chiarimento importante, di cui misureremo consistenza e sviluppi in ordine alla natura plebiscitaria del centrodestra italiano.
Per Berlusconi un finale da commedia dell’arte, Pulcinella servitore di due padroni, i falchi e le colombe. Dopo aver provocato una strana crisi decisa fuori dal parlamento e dal governo, extraparlamentare e apparentemente antigovernativa, prima con le dimissioni dei parlamentari, poi dei ministri del Pdl; dopo un estenuante tira-e-molla che ha paralizzato il Paese, in finale di partita, l’ultima giravolta.
I cosiddetti falchi e le cosiddette colombe dell’uccelliera berlusconiana ricordano Paflagone e Agoracrito nei Cavalieri di Aristofane. Si vadano a rileggere la commedia i suddetti volatili, o, credo piuttosto, a leggerla per la prima volta. 
Ciò che ne risulta è un’evidente battuta di arresto, politica e personale, per chi ha dominato, per un ventennio, della vita politica italiana, per chi pretendeva di essere l’azionista di riferimento del governo. E che invece si è ritrovato con un enorme problema politico che gli è esploso tra le mani. La spaccatura dentro il Pdl, sino all’insolito capolavoro di far apparire ragionevole anche uno come Cicchitto.
Enrico Letta si è presentato in Parlamento, argomentando, con la pacatezza e determinazione, le ragioni che motivano la prosecuzioni di questa esperienza di governo; nel suo discorso e poi nella sua replica ha saputo allontanare la farsa dell'abbraccio interessato di chi, come Silvio Berlusconi, da un lato ha evidenziato, davanti al mondo, di anteporre i suoi problemi personali al Paese, dall'altro ha subito, per i suoi comportamenti e per le sue scelte, una duplice sconfitta, sul piano della giustizia e della politica.
La sentenza di condanna di Berlusconi ha dissipato la nebbia dei suoi imbrogli[13], e i suoi scherani non sono stati più capaci di rimestare l’immensa quantità di fango necessaria a nasconderli.

Non so se sia stato un “giorno storico”, certo abbiamo assistito ad un momento importante per la vita del Paese. Le prossime settimane ci diranno se siamo in presenza di un vera ripartenza: ma non vi è dubbio che questa “fase due” del governo Letta prenda avvio da una oggettiva marginalizzazione di Berlusconi.
Alla fine della commedia di Aristofane nominata sopra, il demagogo Paflagone deve andare “a vendere le salsicce davanti alle porte, mescolando carne di cane con carne d’asino”[14]. Il resto non lo dico: mi trattiene il pudore. D’altra parte, “già ognuno lo sa”[15]. 
Però attenzione: non tutti i problemi sono alle spalle, anzi; ora forse si dà la condizione per affrontarli nell’interesse del paese. Il governo continua ad essere un compromesso tra forze alternative, giustificato esclusivamente dall'esito del voto del febbraio scorso, ma l'agenda deve diventare quella delle riforme, e quell’agenda, più di quanto non sia accaduto sin qui, deve essere nella responsabilità del Pd, respingendo definitivamente ricatti, condizionamenti e veti. Un governo di servizio per il paese, un governo di scopo, verosimilmente sino al 2015, per onorare il semestre europeo a guida italiana. Vedremo; è inutile fare proclami, occorre, piuttosto, concretezza, una politica dei fatti, lavorando prima di tutto per produrli.
Dopo i “piccoli passi” occorre un “cambio di passo”. Mettendo mano ad una legge di Stabilità che sia dalla parte del lavoro, dell'equità e della crescita sino ad un definitivo superamento della legge-porcata e ad una proposta seria di rivisitazione del sistema istituzionale.
Una legge di Stabilità che, una volta tanto, anche in virtù di nostri ministri che vengono dalla trincea del governo locale, non sia fatta a dispetto del sistema autonomistico, ma per irrobustire la relazione con le comunità, con l’idea di prossimità, con la rete dei servizi che, nonostante tutto, nonostante la crisi ed i tagli degli ultimi anni, gli Enti locali stanno cercando di garantire. E quindi restituendo ai Comuni quanto è stato tolto con l’abolizione indiscriminata dell’Imu sulla prima casa, 2013 compreso, come giustamente ricorda il Comune di Bologna.

A me stanno a cuore la salute e la cultura. Per curare la salute impiego la terapia preventiva della bicicletta e del footing, per la cultura leggo, scrivo e faccio conferenze con il fine e la volontà di fare conoscere gli autori che mi hanno aiutato a crescere in termini umani. Ebbene, i sindaci che hanno fondi adeguati possono aiutare le tante persone che, come me, vogliono imparare e vogliono stare bene attraverso una continua ascesi, ossia un costante esercizio (a[skhsi~) del corpo e dell’anima.
Commento questi scritti del sindaco perché gli sono grato di come tiene la sua città in termini di offerte culturali e di attrezzatura sportiva. La frequento spesso siccome vivo nel quartiere Fossolo, al confine tra Bologna e San Lazzaro
Come sappiamo, siamo bravissimi nell’evidenziare i nostri limiti, e ne abbiamo tanti; però, in questo momento, guidiamo il governo, dobbiamo fare il congresso, dobbiamo saper unire la responsabilità di oggi con la speranza di domani, sapendo che il centrodestra italiano è entrato in una crisi rispetto alla quale sarà difficile riportare indietro le lancette dell’orologio.
Il centro destra non ha avuto successo e il popolo fa con i suoi capi come fanno le donne con gli uomini. Non perdonano l’insuccesso[16]. Giustamente. 
Questo non significa autorizzare letture neocentriste, neomoderate o tardo-democristiane. Il governo faccia il governo, la principale forza di questo parlamento, il Pd, esprima un sostegno leale e convinto, sia capace di sollecitare l’azione dell’esecutivo nella direzione della giustizia sociale, impostando al più presto una legge elettorale che sviluppi la prospettiva bipolare senza arretramenti.
La giustizia sociale a parer mio dovrebbe limitare, ridurre al minimo le sperequazioni, dovrebbe eliminare gli svantaggi dalla partenza[17] della corsa a handicap che è la ricerca del lavoro. Bisogna evitare che questa corsa diventi una danza macabra verso l’abisso orrido, immenso, della disoccupazione che toglie mezzi per vivere decorosamente, e dignità alle persone.
Sembra incredibile ma neppure una settimana fa, dopo tanta attesa e alcune false partenze come le due direzioni estive e l’assemblea nazionale, si è svolta una direzione nazionale dove abbiamo visto al lavoro il Pd che vorremmo, in grado di affrontare ordinatamente le questioni e, nella circostanza, di sciogliere definitivamente il nodo del congresso.
Raffaele Persiano spiegherà meglio scadenze e modalità. Io mi limito a dire  “bene” sotto tre aspetti. Bene la condivisione tra i candidati. Penso che sia un merito anche di Guglielmo Epifani, una figura che, alla fine di questa fase transitoria nella vita del Pd, credo meriterà un po’ più di gratitudine da parte di noi tutti.
Bene, ancora, l’apertura, sia agli iscritti, sia agli elettori. Ci si potrà iscrivere sino all’ultimo istante nei congressi di circolo e all’albo dei partecipanti alle primarie per il segretario nazionale previste l’8 dicembre.
Non ho ancora deciso per chi voterò alle primarie. Aspetto di sentire i programmi dei candidati. Chiedo a ciascuno di loro un’espressione assolutamente chiara dei propri intenti programmatici. La confusione non porta mai a niente di buono, anzi facilità gli affari loschi dei farabutti, dei mafiosi e dei Mackie Messer di turno.
Bene, l’aver posto all’inizio del processo i territori. E’ qualcosa che ha caratterizzato la riflessione e l’iniziativa del Pd di Bologna e che ora viene accolta. Senza parlare di modelli o di laboratori, Bologna, tuttavia, insieme al regionale, negli ultimi mesi, ha svolto un ruolo, ha saputo formulare proposte, che hanno trovato ascolto.
Bologna è, non solo a detta mia, una delle città meglio vivibili d’Italia.
Aggiungo una considerazione: non vi è dubbio che la definizione del profilo politico-programmatico della fase due del governo Letta metta il congresso ancor più in sicurezza.
Un’occasione preziosa, da non sprecare. Sapendo che proprio nel momento in cui è più forte la competizione delle idee, occorre rafforzare le ragioni di una comune cultura politica, di uno stare insieme, di un sentirsi tutti parti indispensabili dello stesso progetto.
Abbiamo conseguito una vittoria. Facciamo in modo che  i suoi effetti  ricadano beneficamente  su tutto il popolo italiano

Marco Macciantelli (in grassetto)

Commento  di Giovanni Ghiselli


[1] Nella Civiltà di vergogna "il bene supremo  non sta nel godimento di una coscienza tranquilla, ma nel possesso della timhv, la pubblica stima" I greci e l'irrazionale   (del 1951), p. 30.
[2] “Il senso di colpa che gradatamente si accresceva  è caratteristico di un’epoca posteriore” Dodds, Op. cit., p. 31
[3]C. Magris, L'anello di Clarisse , p. 17.
[4] Eneide XI, 111.
[5]A. La Penna-C. Grassi (a cura di) Virgilio, Le Opere,   p. 373.
[6] Vissuto nella prima metà del I secolo d. C.
[7] Factorum et dictorum memorabilium libri , VI, 1.
[8] In otto libri, composta dopo il 36I.
[9]Jaeger, op. cit., p. 285.
[10] Del 431 a. C.
[11]  E’ questo il modo in cui il mondo finisce/non con uno schianto ma con un piagnisteo.T. S. Eliot, The hollow men (1925) , Gli uomini vuoti
[12] Cfr. Dante, Purgatorio, XVI, 97: Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
[13] Cfr. Aristofane, Cavalieri, 803.
[14] Cavalieri, 1398-1399.
[15] Cfr. Le nozze di Figaro, IV, 8.
[16] Lo dice  Kostantin, il ragazzo  suicida di Il gabbiano  di Cechov
[17] Tucidide fa pronunciare a Pericle un encomio dei caduti nel primo anno della guerra del Peloponneso, e un elogio di Atene, la scuola dell’Ellade. Vediamo alcune frasi iniziali di questo lógos epitáfios . “In effetti ci avvaliamo di una costituzione che non cerca di emulare le leggi dei vicini, ma siamo noi di esempio a qualcuno piuttosto che imitare gli altri. Di nome, per il fatto di essere amministrata non per pochi ma per la maggioranza, essa è chiamata democrazia: per legge c’è una condizione di uguaglianza per tutti, e uno viene preferito alle cariche pubbliche, secondo la reputazione, per come viene stimato in qualche campo, non per il partito di provenienza più che per il suo valore; né d’altra parte, se uno può fare qualche cosa di buono per la città, non ne è mai stato impedito dall’oscurità della sua posizione sociale” (Storie, II, 37, 1). In altre parole nessuno era avvantaggiato, né svantaggiato per il partito da cui proveniva, né alcuno veniva inceppato dalla povertà o dalla modesta posizione sociale, se poteva fare qualche cosa di buono per la comunità.
Questo principio sacro, attualmente profanato, si trova altresì nell’articolo 3 della Costituzione italiana. I nostri padri costituenti, che sicuramente avevano letto Tucidide, stabilirono che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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