martedì 22 ottobre 2013

Fenomenologia del Ruffiano



alla mia conferenza su Solone
22/10/2013


In televisione appare spesso un personaggio che definire ruffiano sarebbe poco: costui non è soltanto un lenone, è il lenocinium ipsum, il ruffianesimo in sé.
 Sta sullo schermo per lo più con un sorriso stampato che vorrebbe significare simpatia, serenità, buonumore. Parla poco, poiché vuole mostrare interesse per il suo interlocutore che osserva ore rotundo, in senso letterale[1], ossia con  bocca atteggiata a sfintere già pronto a combaciare con qualsiasi altra porzione del corpo circolarmente disposta.
Le sue domande sono retoriche, nel senso che danno all’interlocutore l’opportunità di vantarsi e magnificarsi con elogi sperticati.
Il prosseneta li suggerisce, e se l’intervistato, per pudore, non rilancia, lo fa subito lui, contento come una Pasqua.  
Tali encomi madornali, sollecitati o pronunciati con parole carezzevoli da questo gran paraninfo, appena detti vengono ipso facto replicati, non senza un contorno di blandi  sorrisi.
Costui approva  sempre, al punto che a volte si sbaglia assentendo a un personaggio che, globalmente famoso, si permette di offendere gli imperiosi committenti della sceneggiata con un gestaccio: ma il pagliaccio ridens non può che approvare, in quanto lui, essendo essenzialmente un ruffiano, “sa solo cose ruffiane”.

A dire il vero l’ho visto pochissime volte poiché mi ripugna e credo che vedendolo di primo acchito, soffrirebbe conati di vomito anche un azteco digiuno .
 Nelle due o tre occasioni che mi sono capitate di osservarlo, non l’ho mai sentito fare una domanda scomoda, accennare a una critica, tranne fingere di impressionarsi o stupirsi, oppure  assumere un’espressione compunta, durante gli odiosi duetti recitati  con una sua antica complice, altra consumatissima volpe specializzata nello sproloquio indecente.
C’è chi apprezza tanta falsità, siccome ci vede l’incarnazione del moderatismo, del buon senso, perfino del carattere buono.
Qualcuno dice: non contesta mai nessuno, poiché è un magnanimo capace di compassione, di condividere il dolore del prossimo e del lontano, di comprendere tutti con il suo grande cuore.
Non è così: lui è pagato per insegnare  la quiescenza, l’inattività dello spirito critico, la rinuncia al giudizio autonomo, la pensione e la messa in soffitta del pensiero. Tanta gente ci casca, sembra incredibile, ma perfino persone non del tutto sciocche[2] ne vengono ammaliate, siccome organizza il consenso al sopire ogni discussione, e al troncare qualsivoglia contestazione rivolta a chi gode di privilegi. Costoro, in cambio del servizio reso,  gli gettano lauti avanzi dalla tavola opima dove si abbuffano oscenamente. Intendo sacchi di soldi.
A questo proposito, diceva bene Seneca morale: opes et lenoni contingunt…pecunia sic in quosdam homines quomodo denarius in cloacam cadit[3], le ricchezze toccano anche a un ruffiano… Il denaro cade nelle tasche di certi uomini come una moneta in una fogna.
Lui del resto gusta quegli avanzi con immenso piacere, e allontanarlo dal banchetto dei suoi padroni non sarà più facile che staccare un cane affamato dal pezzo di cuoio unto di grasso che gli è stato gettato. 
Ma veniamo a un uomo morale più recente di Seneca: saltiamo addirittura a Papa Francesco. L’onesto Bergoglio ha detto: “il sudario non ha tasche”. L’identità di una persona, quella vera, non è data dal denaro. Ma chi è pagato a suon di milioni per organizzare il consenso a questo capitalismo immorale e criminale, non si prende certamente cura della gente povera, malata, abbandonata. Il nostro mezzano invita i ricchi, i potenti e i famosi, poi li asseconda, per suggerire che lo sconosciuto, l’umile morto di fame, il derelitto, insomma “il meglio dell’umanità”[4], non ha nemmeno un’identità, comunque per lui neanche esiste.

Cari lettori miei, provate a indovinare chi mi ha ispirato questo breve pezzo satirico, quasi mi ha costretto a scriverlo. Davanti a certi fenomeni “difficile est saturam non scribere[5].
In fondo devo ringraziare quel prosseneta e  altri suoi simili i quali, come una Musa rende ispirati i poeti, mi hanno spinto a comporre questo pezzo con il fine di fare chiarezza non solo per me che lo scrivo ma anche per voi, miei centodiecimilaottocentotrentasei lettori. Così si forma la catena di ispirati (ejqousiazovntwn ormaqov~[6]) che una volta divenuta lunga e forte abbastanza, incepperà quanti si adoperano per vincolare i nostri cervelli e assoggettarli alla loro avidità di uomini asserviti al potere.

giovanni ghiselli      

P. S il blog
Dirante la revisione del pezzo siete arrivati a 110852


[1] Non in quello attribuito da Orazio al genio dei Greci ispirati dalla Musa (cfr. Ars poetica, 323-3249
[2] Evidentemente il discorso che lusinga ruba il senno anche ai saggi (cfr. Iliade, XIV, 217). Non tanto, non abbastanza saggi.  Non si può credere a un buffone che si atteggia a ragazzo ameno, amabile e buono, e non si vergogna di ricevere denaro pubblico in misura spropositata, ossia centinaia di volte superiore a quella di un operaio. Non gli si può dare credito: né quando dice menzogne del tutto palesi, né quando, con voce flautata, propala menzogne simili al vero. Come fanno le Muse di Esiodo. La differenza grande è che queste sanno anche proferire parole veraci (Cfr. Teogonia, 27-28).
[3] Ep. Ad Lucilium 87, 16
[4] “In Africa, in Asia, nell’America latina, nel mezzogiorno, in montagna, nei campi, perfino nelle grandi città, milioni di ragazzi aspettano d’essere fatti eguali. Timidi come me, cretini come Sandro, svogliati come Gianni. Il meglio dell’umanità” ( Scuola di Barbina, Lettera a una professoressa , p. 80.
[5] Giovenale, Satira I, 30.
[6] Cfr. Platone, Ione  533e

2 commenti:

  1. Veramente ispirato e ispirante.
    Complimenti
    alessandro

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  2. non ho più la tv da qualche anno e comunque anche prima aborrivo il guardare lui e la sua pseudo-comica collega; detesto il buonismo falsissimo con cui non guidica niente, finge di indignarsi d ifronte alle esagerazioni della guitta e di chiunque altro, non si pronuncia mai. Devo dire che non ce l'ho particolarmente con lui, perché alla tv ritengo che quelle trasmissioni e quei conduttori siano tutti molto simili: ruffiani ignoranti senza midollo, asserviti ai soldi.
    Non posso che darti ragione!
    Maddalena Roversi

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