martedì 27 gennaio 2015

La "scholé", il tempo libero

Paolo Zanenga


La scolhv, il tempo libero


Vediamo Euripide, Platone e Aristotele sul tempo libero. Brevissima appendice senecana
Nelle Supplici[1] di Euripide,  Teseo è il Pericle in vesti eroiche il quale elogia la costituzione democratica dialogando con l'araldo mandato da Creonte, re, anzi tiranno di Tebe.
Atene dunque non è comandata da un uomo solo, ma è una città libera (ejleuqevra povli" , v. 405)[2].
Il re di Atene in questa tragedia scritta poco prima della pace di Nicia, è addirittura ottimista. Egli confuta quanti sostengono che il male prevalga, e afferma che invece per gli uomini è maggiore il bene che il male. Se fosse maggiore il male non vivremmo nella luce. Dunque Teseo  elogia quello tra gli dèi che ha regolato la nostra vita da  confusa e bestiale  che era (ejk pefurmevnou[3]- kai; qhriwvdou"),  innanzitutto mettendoci dentro l’intelligenza, poi dandoci la lingua messaggera delle parole, in modo da capire la voce (vv. 201-205).
L'araldo delle Supplici ribatte che il governo di un solo uomo non è male: infatti esclude i demagoghi i quali, gonfiando la folla con le parole, la volgono di qua e di là a proprio profitto. Del resto chi lavora la terra non ha tempo né per imparare né per dedicarsi alle faccende pubbliche:" oJ ga;r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou" -kreivssw divdwsi (vv. 419-420), è infatti il tempo che dà un sapere più forte invece della fretta.

Passiamo a Platone
Nel Fedone, Socrate dice che il corpo con i suoi desideri ci fa impiegare il tempo in guerre, rivoluzioni, battaglie per il possesso delle ricchezze. Noi, se siamo schiavi al servizio corpo e non ce ne emancipiamo, manteniamo la mancanza del tempo libero (ajscolivan a[gomen filosofivaς pevri) indispensabile per la filosofia.  E anche se interviene un poco di tempo libero (eavn tiς  hJmĩn kai; scolh; gevnhtai) i desideri del corpo portano confusione e turbamento (66D).
Dunque il corpo ci procura innumerevoli occupazioni (murivaς ga;r hJmĩn ajscolivaς parevcei to; sw̃ma) per la sua necessità di essere nutrito.
 Anche le malattie che ci cadono addosso ci impediscono la caccia dell’essere (novsoiejmpodivzousin hjmw̃n th;n toũ o[ntoς qhvran (66B) 
Nella Repubblica, Platone fa dire a Socrate che ogni cosa riesce meglio kavllion kai; rJa//on, più bella e fatta più facilmente, quando uno si dedichi a una cosa sola, secondo natura e nel tempo opportuno, tenendosi il  tempo libero dalle altre-scolh;n a[llwn a[gwn (370c)
Nel Fedro, Socrate dice che non ha scolhv per spiegare razionalmente i miti, poiché non è ancora in grado di conoscere se stesso. Per questa  impresa ci vuole molto tempo. Egli dunque prende i miti come sono. Se non credesse ai miti  non sarebbe lo strano uomo che è (oujk a]n a[topoς ei[h (229C). Dunque le facciano i sofoiv le razionalizzazioni.  
Nell’Apologia di Socrate, Platone fa dire al maestro che  in vita sua è rimasto povero in quanto ha voluto solo mantenere il tempo libero per esortare i concittadini (a[gein scolh;n ejpi;  uJmetevra/ parakeleuvsei) e aggiunge che per questo meriterebbe di essere nutrito nel Pritaneo come i vincitori olimpici (36D)

Aristotele
Aristotele nella Politica (1133A) ricorda che l’anima di divide in due parti: la parte ragionevole che comanda e l’altra priva di lovgoς che deve obbedire[4].
 La parte migliore dell’anima è quella che ha la ragione (bevltion de; to; lovgon e[con, 1133A). Il logos poi può essere pratico o teoretico[5].
Anche le attività si dividono in due, anzi tutta la vita dell’uomo si divide in due: “dihv/rhtai de; kai; pãς oJ bivoς eijς ajscolivan kai; scolh;n kai; eijς povlemon kai; eijrhvnhn (Politica, 1133A): in mancanza di tempo libero, cioè occupazione, e tempo libero, in guerra e pace.
La scelta di queste parti deve seguire lo stesso criterio dell’ ai{resiς, la scelta delle parti dell’anima: la guerra per la pace, l’occupazione priva del tempo libero per acquistare il tempo libero (povlemon me;n eijrhvnhς cavrin, ajscolivan de; scolh̃ς), le cose necessarie e utili in vista di quelle belle (ta; d  j ajnagkaĩa kai; crhvsima tw̃n kalw̃n e{neken).
Si deve poter ajscoleĩn , essere occupato e fare la guerra (polemeĩn), ma più ancora eijrhvnhn a[gein kai; scolavzein (1133B), costruire la pace e il tempo libero . E fare le cose necessarie e utili, ma anche le belle. A questi scopi bisogna educare i fanciulli e non solo. In conclusione, vi devono essere delle virtù- capacità- volte alla conquista del tempo libero (deĩ ta;ς eijς th;n scolh;n uJpavrcein, 1134A), infatti la pace è il fine della guerra (eijrhvnh tevloς polevmou) e il tempo libero è il fine dell’occupazione (scolh; dj ajscolivaς).
Per conquistare il tempo libero sono utili le capacità nel lavoro.
Una città deve essere temperante coraggiosa e forte, perché secondo il proverbio: non c’è tempo libero per gli schiani (kata; ga;r th;n paroimivan, ouj scolh; douvloiς, (1334A)..
 Per l’ajscoliva, l’occupazione ci vogliono coraggio e forza, per la scolhv, la filosofia. In entrambi i momenti sono necessarie temperanza e giustizia.
Nella educazione (ejn th̃/ diagwgh̃/) vanno inserite pratiche e nozioni pro;ς th;n scolhvn per il tempo libero, occupazioni e insegnamenti paideuvmata-maqhvseiς che sono fine a se stessi, come la musica e la ginnastica, considerate occupazioni del tempo libero degne di uomini liberi, come mostra Omero che considera l’aedo un allietatore (Odissea, XVII, 385; IX, 7-8).
L’educazione si impartisce non perché sia utile e necessaria ma perché liberale e nobile (1338A)
   
Cfr. infine gli occupati oziosi di Seneca. La loro vita è una occupazione oziosa Sono quelli “quorum otium occupatum est: in villa aut in lecto suo, in media solitudine, quamvis ab omnibus recesserint, sibi ipsi molesti sunt: quorum non otiosa vita dicenda est sed desidiosa occupatio…Non habent isti otium, sed iners negotium (De brevitate vitae, XII). Questi non hanno tempo libero ma un’occupazione inoperosa

giovanni ghiselli

esporrò questo percorso, ampliandolo nel parlare,  il 31 gennaio a Venezia (palazzo Morosini, ore 15)


Da Ritorno alla Polis (Back to the Polis)
Paolo Zanenga
Diotima Society

Platone esplora nel Fedone il senso della scholè, che contrappone alla ascholìa (letteralmente corrispondente a business), l’abbandonarsi a inseguire la necessità immediata: “Peggiore di ogni cosa è la necessità che interrompe il corso dell’indagine, e ci stordisce così che sotto il suo dominio non possiamo contemplare la verità”.
La scholè è lo spazio, il tempo, lo stato mentale individuale e collettivo in cui questa ricerca si svolge; è la condizione in cui l’esperienza umana può raggiungere il suo massimo livello, ed è secondo Platone il serious game di quel gruppo ristretto di persone chiamate a governare la polis.
Aristotele nella Politica va oltre, definendo la scholè condizione essenziale per la prosperità umana e per la sopravvivenza stessa della polis: le città, l’esempio di Aristotele è Sparta, non decadono nei periodi di lotta, ma in quelli di pace e relativa prosperità, se le persone non sono capaci di impegnarsi nella scholè, non sono educati a una forma alta di piacere. La ricerca infatti procura meraviglia, e la capacità di meravigliarsi si ha solo in uno stato libero dalla necessità, che non è rilassamento, ma impegno e stile di vita. La scholè quindi non è neppure semplice apprendimento, in un senso simile a quello della scuola attuale, perché è un fine in sé, e qui risiede il fondamento della sua etica.
L’etica della scholè dice moltissimo sulla necessità di ridefinire del valore, anche economico, specialmente nei grandi periodi di trasformazione.
Purtroppo manca la scholè. Occorre evidenziarne ancor di più la necessità e occorre recuperare il senso dell’antica scholè in una nuova scholè, da fondare per ripensare la polis.
Per affrontare e vincere questa sfida, non servono grandi investimenti materiali, occorre recuperare lo spirito della scholè: che sarà oggi “scuola” di connessione, di dialogo generativo, di ricombinazione dei saperi, uscendo dal tunnel delle specializzazioni e rimettendo al centro la funzione maieutica della cultura.
Questi possono essere i caratteri ispiratori della nuova scholè, prototipo globale di una “scuola di connessione” (C-School), che si dedichi a un lavoro maieutico di raccolta, di interpretazione, di regia, tessendo fili provenienti da ambiti diversi geograficamente, culturalmente, istituzionalmente, propedeutico alla formazione di un nodo ad alto potenziale, capace di creare nuovi pattern e indurre nuove prassi per la Polis digitale, con continue ricadute su tecnologia, economia e società.



[1] Data probabile: 422 a. C.
[2] Anche Plutarco attribuisce a Teseo il dono, ai non potenti, di un governo senza re e della democrazia che si sarebbe servita di lui solo come capo militare in tempo di guerra e come custode delle leggi e avrebbe offerto a tutti uguaglianza di diritti (Vita di Teseo, 24, 3). Plutarco aggiunge che ne dà una testimonianza anche Omero il quale nel catalogo delle navi chiama dh'mo" solo gli Ateniesi (Iliade, 2, 547). 
[3] Participio perfetto medio passivo di fuvrw. La confusione anche qui è emblema di male.
[4] Nell’Etica Nicomachea, Aristotele spiega che la parte irrazionale dell’anima è a sua volta divisa in due parti: una vegetativa comune agli animali, e una appetitiva o concupiscibile (ejpiqumhtikovn) che deve obbedire alla ragione (1102b)
[5] Nell’Etica Nicomachea (1139A) dice che l’anima razionale ha una parte scientifica e una discorsiva: una si occupa dei princìpi che non possono essere diversi da come sono, la seconda discute sul discutibile.

1 commento:

  1. Nel trionfo della morte è l'assenza dell'attività lavorativa una delle cause dello sgretolamento morale del protagonista,io condivido.Senza il lavoro non può esistere tempo libero.Purchè il lavoro non soffochi l'individuo e gli impedisca di studiare e di migliorarsi. Giovanna Tocco

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