venerdì 28 luglio 2017

Ifigenia. La domenica mattina al caffè Palma di Debrecen

Novi Sad
La domenica mattina al caffè Palma di Debrecen

Domenica 29 luglio 1979 non c’erano lezioni né altre attività organizzate per noi ospiti antichi e recenti dell’Università Kossuth Lajos di Debrecen.
La mattina del giorno di festa è simpatica per chi, al pari di me, è senza famiglia: lo lascia dormire a volontà, bere il caffè dove e come gli pare, osservare senza fretta le novità della giornata, riflettere come gli garba. Isomma, quelli della mia razza di solitari introversi, la domenica al risveglio provano un senso di libertà e disponibilità a chissà quali avventure. Ma dopo un secondo o anche terzo caffè, se non si presenta la prospettiva di un incontro emozionante con una donna bella e fine, se non dobbiamo portare avanti un lavoro o svolgere un’attività da cui dipende il nostro equilibrio, se non abbiamo il progetto di creare un’opera d’arte che redima il caos doloroso con la bellezza, se non c’è niente di questo, il dì del riposo dopo il terzo caffè diventa il più squallido e crudele dei giorni per noi solitari.

Quella mattina mi alzai alle nove, poi, senza fretta, mi incamminai attraverso il grande bosco per fare colazione e prendere il sole sulla terrazza del Palma. Speravo di farvi qualche incontro non insignificante.
Vidi seduta a un tavolo, da sola, Giulia, la bionda di Novi Sad corteggiata da Alfredo in piscina. La salutai, mi invitò e sedetti con lei. Era giovane e bella assai, ma non quanto la donna che mi aspettava in Italia. Ifigenia allora nella mia mente era la splendidissima fra tutte le femmine umane più luminose del mondo. Ai miei occhi incarnava un’idea che effondeva luce dalle sue membra, come lo spirito divino si fa vedere attraverso la sfera del sole. Eppure, quella radiosa bellezza prima dei venticinque anni si era già opacizzata, forse perché la ragazza aveva smarrito la coscienza di sé e dei suoi scopi possibili, attribuendosi un’identità posticcia e fini non suoi. La ingannavano istrioni più o meno famosi, scrittori indecenti, imbonitori televisivi e altra gentaglia priva di anima.

Tornato da Debrecen mi accorsi con dolore che dentro la ragazza geniale e gioiosa di un tempo non c’era più quella scintilla del fuoco divino che procede metodicamente alla creazione, del sole insomma che porta significazione del Creatore ed è nel visibile quello che è Dio nel pensabile.
Un egoismo feroce aveva spento quella luce santa. Quando tornai, la sua povera carne mi parve materia inerte.
Con Giulia non avevo nulla da dire: era vuota e la sua vicinanza mi dava angoscia.
Allontanandomi dal caffè Palma pensai che se Ifigenia per nove mesi mi aveva interessato come un’opera d’arte, dentro le membra luminose doveva avere un’anima radiosa e potente al pari del corpo.
Andai in camera e le scrissi che mi mancava, ma il desiderio di lei non mi rendeva debole o neghittoso, pingue e fiacco al pari di un eunuco, bensì mi faceva agire continuamente per onorarla e venerarla come si fa con una dèa, la prima fra tutte le dèe. Dovevo rendermi degno almeno di essere il suo paredro, non abissalmente lontano dalla sua sublime olimpicità: ogni giorno, una volta dopo le lezioni, un’altra prima di cena, correvo i 5000 metri nello stadio sempre più rapidamente, leggevo, studiavo, imparavo, pensavo. Pensavo a lei. Notavo e respiravo la bellezza del mondo, atto di cui ero diventato desideroso e capace solo dopo avere ricevuto nell’anima e sul corpo l’impronta della sue incensurabili forme corporee e mentali
Questo scrivevo, senza ironia.



giovanni ghiselli . Bologna 27 luglio 2017 

1 commento:

Ifigenia CLV In piscina con Giulia. Fedeltà o tradimento? Questo è il problema.

  Il pomeriggio   del 9 agosto andai in piscina con la bella ragazza serba. Giulia era formosa e venusta in qualunque modo fosse vesti...