sabato 2 novembre 2013

Sazia di Luce, seconda parte


foto di M. Roversi


Adriana Pedicini, Sazia di Luce, Edizioni Il Foglio

Procedo con il commento alle liriche più belle del libro di Adriana.

Luna grigia (pp. 20-21)

Il titolo è quasi ossimorico.
Abbiamo in mente altri epiteti che riguardano il nostro pianeta.
Alcuni fanno oramai parte di una dizione formulare: “candida luna”, “casta diva”, “silenziosa luna”[1], “vergine luna”[2], “solinga, eterna peregrina che sì pensosa sei”[3], giovinetta immortal[4], “graziosa luna”[5].
Rispetto a Leopardi, il poeta della luna, Adriana ne rinnova l’immagine:
“Questa sera, luna,
celi grigia la tua luce” (vv. 1-2)
Riguardo a Saffo c’è addirittura una specie di ribaltamento:
"Le stelle intorno alla bella luna
nascondono di nuovo l'immagine lucente,
quando, piena, splende al massimo
su tutta la terra
... E si inargenta"
In questo frammento (4D) la poetessa di Lesbo ci fa vedere una luna che con il suo splendore cela le altre stelle. 

La percezione della luna corrisponde a uno stato dell’anima, e quello della poetessa di Benevento nei primi versi della lirica non è uno stato buono: la luna non è “quale ne’ plenilunii sereni”[6] e non ride tra le stelle.
Adriana la chiama
“complice del mio nebbioso dolore”  (v. 3),
La luna di questi primi versi non  fa risplendere una sera di festa come  la luce amabile di Selene dal bel volto (eujwvpido" selavna" ejrato;n favo" , vv. 74-75)  dell’Olimpica X di Pindaro.

La luce triste  di questa luna afflitta sospende l’anima di Adriana
“non su polla di acqua sorgiva
a stemperare la durezza
Dell’antico dramma” (vv. 4-6).
La nostra poetessa sente una sintonia e avverte un accordo  tra il proprio pianto e l’aspetto mesto  della luna
“Piangi con me questa sera
mentre il mio destino in grumo
mi lacera della mano chiuso il pugno” (vv. 8-10)
La luna è comunque una comes, una compagna di viaggio[7], una presenza che, pure se intermittente, non abbandona chi è abituato a osservarla, a rivolgersi  a lei
“Mi accompagni silenziosa
ti celi e appari e ricompari
mai tradisci lo sguardo
che ti attende pur grigia
oltre le cime dei monti e tra le nubi” (vv. 11-15).
Adriana cerca la luce, una luce ridente, come segno divino che rischiari e allieti la sua anima, e la luna ancora una volta non le nega l’ aiuto:
“D’un tratto mi sorridi e
brilli più fulgida che mai
vicina a me e vicina alla mia casa” .
E’ il segno della vita che torna a brillare, a infondere speranza, fiducia, gioia, nel cuore delle persone pie che guardano il cielo, nelle anime di tutti i figli della luce.
Poi il segno si eclissa:
“Presto mi affaccio, ti cerco,
di nuovo
sei svanita lontana e grigia.” (vv. 19-21)
Ma il segno forte c’è stato, ed è stato il segno della vita.
“Appena un attimo la tua luce,
Così è la vita” (vv. 22-23)

Giovanni Ghiselli


[1] Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, v. 2
[2] Leopardi, Op. cit., v. 38.
[3] Leopardi, Op. cit., vv. 61-62
[4] Leopardi, Op. cit., v. 99.
[5] Leopardi, Alla luna, v. 1.
[6] Dante, Paradiso, XXIII, 15,
[7] Cfr. ancora il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “Somiglia alla tua vita/la vita del pastore” (vv. vv. 9-10)

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