giovedì 28 novembre 2013

L'assimilazione della donna alla terra e della terra alla donna

fotografia di Anna Ådén

Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni scrive: "L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"1 .
A sostegno di questa affermazione vengono citati tre testi .
Nel quarto stasimo dell’Edipo re di Sofocle, il Coro domanda: "pw'" poq j aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde;", vv. 1211-1213, come mai i solchi paterni2 poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in silenzio?
Nelle Trachinie (vv.30 e sgg.) Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno3 .
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, Eliade ricorda il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto: "La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa: "Le ragazze hanno il campo nel loro corpo".

A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in quella maschile.
Eschilo ne I sette a Tebe (vv.751 e sgg.) dice, riferendosi a Laio, che egli generò il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;" aJgna;n-speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh, 752-753), e la pazzia unì gli sposi dementi.
Euripide nelle Fenicie ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse a Laio: "mh; spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18), non seminare il solco dei figli a dispetto degli dèi.

Oreste euripideo per attenuare la colpa del matricidio dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la madre non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha preso il seme da un altro: "to; sperm j a[roura paralabous j a[llou pavra" (v. 553).
La stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi di Eschilo (vv. 658 e sgg.) per minimizzare il delitto del matricida.
Tra gli autori latini Lucrezio , forse sotto la scorta di Euripide4 interpreta la deum mater (II,659), come la divinizzazione della terra5.
Shakespeare paragona la giovanissima Marina, vergine e onesta, a della terra non dissodata. Parlano una mezzana e un ruffiano che vorrebbero trarre profitto dalla prostituzione della ragazza: “Crack the glass of her verginity, and make the rest malleable”, rompi il vetro della sua verginità e rendi il resto malleabile dice il ruffiano.
E la mezzana risponde: “An if she were a thornier piece of ground than she is, she shall be ploughed ” (Pericle principe di Tiro, IV, 4), anche se fosse un pezzo di terra più spinoso di quello che è, verrà arata.

Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi autori moderni.
Kierkegaard nel Diario del seduttore indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura:"Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"6 .
Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht, che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale... Platone nel Menesseno dice: "Non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra-"7.
Nel Menesseno Platone scrive (precisamente): "ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei ajlla; gunh; gh'n" (238a) infatti non la terra ha imitato nella gravidanza e nel parto la donna, ma la donna la terra 8. Nel Menone, del resto, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa (th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh" ,81d), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.

Questa teoria, espressa con benevolenza verso le femmine umane dal filosofo danese e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore austriaco" le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"9, e, più avanti10 : "L'uomo è forma, la donna è materia... La materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".

Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, nel romanzo L'uomo senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio: 'Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere - egli spiegò - Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici'"11.

Concludo citando D'Annunzio: in Il Piacere Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi neutri" aprile e settembre preferisce il secondo in quanto "più feminino... E la terra? - aggiunge - Non so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una bella donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco, sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una campagna di settembre!"12. Infine in Il Fuoco l'amante non più giovane viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"13
 
Giovanni ghiselli


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1 P. 265.
2 Cioè già seminati dal padre, da Laio.
3 VV. 30 ss.
4Cfr. Baccanti, vv.275-276:" Dhmhvthr qeav-gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e le Fenicie, vv.685-686: "Damavtar qeav,-pavntwn a[nassa, pantwn de; Ga' trofov"",  la dea Demetra, signora di tutti, la Terra di tutti nutrice.
5Per tutto l'episodio cfr. De rerum natura, II, 600-660.
6 P. 138.
7Trad. it. , antologica, Il potere femminile, pp.76-77)
8 “At the Thesmophoria they tried to persuade the Earth to imitate them” (Dodds, The ancient concept of progress, p. 147), alle Tesmoforie le donne cercavano di persuadere la Terra a imitare loro.
9 P. 293
10 P. 296.
11 P. 279.
12 P. 169
13 P. 306.

2 commenti:

  1. Non so voi, ma a me questa assimilazione della donna alla terra, alla terra arata anche, piace molto e mi sembra particolarmente azzeccata. mi capita talora di sognare grandi solchi in campi arati e io li percorro o mi ci adagio e sento una grande pace e felicità, quasi tornassi al tepore nel grembo materno.
    Bello vedere che dall'antichità a oggi tanti letterati hanno colto questo!
    Maddalena

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  2. Condivido pienamente, la donna e la terra sono assimilate da sempre. La grande madre terra è il simbolo della fertilità in tante religioni primitive perché la vita è ricca di fascino e di mistero, di misteri irrisolvibili...la scienza tenta di spiegare i meccanismi, ma il nucleo filosofico della nostra presenza e della nostra permanenza su questa terra è irrisolto. Mentre la donna trova nella maternità la sua identità e si assimila alla madre terra l'uomo non può che accettare il mistero. Trovo che la donna come campo da arare soddisfi molto più di tante immagini scientifiche l'ansia sia maschile che femminile rispetto al mistero della vita. L'uomo e la donna sentono fortemente il bisogno di specchiarsi in un elemento divino antropomorfo ,ecco ,credo che la grande madre terra rappresenti tutto ciò. Da sempre l'uomo è combattuto tra la sfida della fertilità della terra e della donna e il desiderio di sostituirsi a Dio nella creazione. Una scienza mostruosa che genera mostri ,o al contrario sta uccidendo la capacità di riprodursi ...la donna sterile è un sepolcro imbiancato perché terra siamo e terra ritorneremo. Anche nella morte la donna è terra. Terra che torna al suo stato di fertilità secondo natura, e in questo l'uomo e la donna sono infine riconciliati e riplasmati in un ciclo infinito: la Grande Madre Terra. Giovanna Tocco

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