martedì 26 gennaio 2016

La Commedia antica. Aristofane. VIII parte

Scena di scuola in un vaso attico del V sec. a.C.

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Comincia a parlare il Discorso Giusto spiegando
"com'era l'educazione antica"(961).
Allora la giustizia fioriva e
"Il ritegno (swfrosuvnh) era tenuto di conto.
In primo luogo non si doveva sentire il ragazzo bisbigliare anche una sola parola/
poi dovevano marciare in ordine nelle vie verso la casa del maestro di cetra/
tutti quelli del quartiere, nudi anche se veniva giù la neve come farina da uno staccio"(963 - 965).
Sembra che Aristofane sia nostalgico di un'educazione di tipo spartano che inculcava nei giovani la disciplina e il sacrificio, valori caduti in disuso e destinati a non risollevarsi, visto che Demostene li rimpiangerà ancora parecchi decenni dopo quando, cercherà di spingere gli Ateniesi a difendere la libertà da Filippo di Macedonia.

 La gioventù del buon tempo antico dunque "si stava in pace sobria e pudica" per usare parole di Dante (Paradiso, XV, 99) che esprime una nostalgia del genere per la Firenze dell'avo Cacciaguida.

I ragazzi ateniesi degli anni di Maratona erano rispettosi e riservati:
"nessuno, modulando mollemente la voce, si avvicinava
all'amante facendosi con gli occhi ruffiano di se stesso"(979 - 980). La musica insegnata era semplice e manteneva gli accordi tramandati dai padri.
Questa affermazione (v. 968) contiene l'idea sviluppata poi da Platone che le melodie diano un ritmo all'anima degli ascoltatori e che la musica pertanto non deve essere troppo sofisticata, sdolcinata o drogata come è quella che secondo filosofo deve essere bandita bandirsi (Repubblica, 607).
Fu questo sistema educativo, continua il Giusto, che educò "gli eroi di Maratona"(986), e conclude esortando il ragazzo a seguire quei buoni princìpi seguendo lui, il discorso più forte:
"così imparerai a odiare la piazza e a tenerti lontano dai bagni
e a vergognarti delle cose vergognose e, se qualcuno ti canzona, ad avvampare,
e ad alzarti e a cedere il posto se arriva un vecchio,
e a non essere sgarbato con i tuoi genitori, e a non fare
niente di turpe, tu insomma devi compiere l'immagine del pudore;
e non lanciarti da una ballerina perché non accada che mentre stai a bocca aperta davanti a queste cose
colpito con una mela dalla puttanella tu non venga infamato,
e non devi contraddire tuo padre, né chiamandolo Giapeto
rinfacciare l'età a un vecchio dal quale sei stato allevato come un pulcino"(991 - 999).

La mela cotogna veniva offerta come segno di intenzione amorosa, e Giapeto, com'è facile comprendere, corrisponde al Matusalemme biblico.

Se il giovane eviterà l'impudicizia e la dissolutezza potrà crescere bene frequentando le palestre, evitando la piazza, schivando i tribunali e correndo veloce
"sotto gli olivi sacri incoronato di verde canna con un compagno per bene
odoroso di smilace e di tranquillità e di bianco pioppo dalle foglie tremule
lieto nel tempo di primavera, quando il platano sussurra con l'olmo"(1006 - 1008). La vita in mezzo alla natura dunque è contrapposta a quella guastata dalla corruzione e dall'intrallazzo. Se darà retta al Discorso Giusto, Fidippide verrà su sano e robusto tanto fisicamente quanto moralmente, altrimenti andrà in rovina.
Il coro approva gli argomenti sentiti, quindi dà la parola al Discorso Ingiusto. Il quale si autoproclama "discorso debole"(1038) e si appiglia a un particolare di quanto ha ascoltato per porre una domanda:
"con quale ragione tu biasimi i bagni caldi? "(1045).
Per il fatto che "rendono molle l'uomo" risponde l'avversario (1046). Allora l'Ingiusto pone una domanda capziosa:
"dimmi, tra i figli di Zeus, quale ritieni l'eroe più grande
per coraggio e che ha compiuto le fatiche più egregie? (1048 - 1049).
 La risposta è obbligata: non può essere che Eracle. Ebbene i bagni di Eracle non sono mai stati freddi (1050). L'ingiusto dunque segna un punto a suo vantaggio con l'uso sofistico e spregiudicato della mitologia. Anche la poesia del resto gli dà ragione: Omero elogia Nestore come arguto "agoreta"[1], ossia capace di persuadere parlando nell'agorà; allora cosa c'è di male se un giovane frequenta la piazza?

C’è però un equivoco: il Giusto biasima l'andare a chiacchierare in piazza, mentre Omero approva Nestore quale bravo parlatore nell'assemblea: l'Ingiusto dunque gioca sul doppio senso per fare un altro punto.
 Anche l'elogio della castità viene confutato con la mitologia: il casto Peleo venne piantato da Tetide:
"infatti non era sfrenato
né era piacevole passarci tutta la notte sotto le coperte.
La donna invece gode di essere sbattuta; e tu sei un vecchio ronzino"(1068 - 1070).

Un'eco seria e moderna di questa buffoneria antica si trova in Otto Weininger: la donna "non pretende dall'uomo bellezza ma pieno desiderio sessuale. Su di essa non fa mai impressione l'elemento apollineo nell'uomo (e perciò neppure quello dionisiaco), ma quello faunesco nella sua massima estensione; mai l'uomo, ma sempre il maschio"[2].

L'Ingiusto quindi si volge a Fidippide e lo invita a non pregiare la temperanza che priva di tutti i piaceri ( fanciulli, donne, giochi, leccornie, bevute, risate) senza i quali non vale la pena vivere (1074).

Se sottolineiamo l'aspetto sessuale del godimento, possiamo ricordarci di Mimnermo quando domanda, retoricamente, quale vita, quale piacere può esserci senza l'aurea Afrodite (fr. 1D).

Il Socrate di Platone, che qui fa da padrino al discorso dell'ingiustizia e della dissolutezza, nel Gorgia viceversa raccomanda la giustizia e la temperanza: "chi vuole essere felice evidentemente deve seguire ed esercitare la temperanza e scappare a gambe levate davanti alla sfrenatezza ( cercal 507d)... non deve lasciare che le sue passioni siano sfrenate né mettere mano a soddisfarle, male immedicabile, vivendo una vita da predone"(507e).

 Ma torniamo al cattivo maestro di Aristofane.
Se vuoi fare i tuoi comodi, continua l'Ingiusto, vieni a scuola da me: ti insegnerò a parlare in modo da avere sempre ragione:
"se vieni sorpreso in adulterio, rispondi al marito
che non hai fatto niente di male: quindi devi imputarne la colpa a Zeus, /
anche lui è sottomesso all'amore e alle donne;
e allora tu che sei mortale, come potresti essere più forte di un dio? "(1079 - 1082).

Una menzione ridicola del dongiovannismo di Zeus, e di Poseidone, si trova anche negli (Uccelli del 414):
"bisogna proclamare la guerra santa contro Zeus e impedire agli dèi/
di andare e venire per la vostra terra a cazzo ritto
(toi`si qeoi`sin ajpeipei`n ejstukovsi, da stuvw, ho un’erezione, 557)
come una volta quando scendevano a sedurre le Alcmene
le Alopi e le Semele"(vv. 556 - 559).
Prima di sacrificare un montone a Zeus, gli uomini dovranno sacrificare allo scricciolo (ojrcivlo~ o[rni~) un moscerino coi coglioni (sevrfon ejnovrchn, v. 569).
 Si noti la paronomasiva, il bisticcio, fondata sul termine o[rci~ (testicolo)

L'Ingiusto prosegue facendo battute sulla omosessualità di avvocati, tragediografi, uomini politici e perfino degli spettatori, chiamati tutti "culi aperti"(1100).
Il Giusto, non riuscendo a dimostrare che c'è qualcosa di male nell'essere tali, esclama:
"siamo vinti o culi rotti"(1103) ed entra nel pensatoio.

Quindi le nuvole pronunciano la seconda Parabasi (1114 - 1130) e promettono interventi mirati: favorevoli per chi aiuterà questa commedia della quale sono eponime, malevoli e distruttivi per chi non la approverà.

Poi si presenta Strepsiade che bussa al pensatoio cui ha affidato il figlio il quale si affaccia trionfante gridando:
"Viva la Frode, regina di tutto il mondo!"(1150).
Il padre ne è compiaciutissimo e già canta vittoria pensando di non pagare i creditori:
"piangete oh usurai,
voi e i capitali e gli interessi degli interessi!
Voi non potete più farmi male,
tal figlio ho fatto crescere
in questa casa,
fulgido di lingua a due tagli,
difesa mia, salvatore della casa, rovina per i nemici,
dissolvitore dei grandi affanni paterni!"(1155 - 1163).

Quindi il ragazzo scende condotto per mano da Socrate, e Strepsiade, vedendolo da vicino, è ancora più contento poiché Fidippide ha preso anche l'aspetto malsano dei socratici:
"come sono contento vedendo quel colore!
Ora davvero solo a vederti sei negatore
e contenzioso"(1171 - 1172).
 Ecco dunque che il ragazzo ha preso quell'aria faziosa tipica dei fannulloni filosofeggianti, pieni di pretese e privi di merito.
Bene fa il ragazzo secondo il padre ad
"avere l'aria di essere offeso mentre offende e compie mascalzonate, "(1174 - 1175).

Vengono in mente alcune parole degli Scritti corsari di Pasolini(1975): " i ragazzi brutti, pallidi, nevrotici, hanno rotto l'isolamento cui li condannava la gelosia dei padri, irrompendo stupidi, presuntuosi e ghignanti nel mondo di cui si sono impadroniti, e costringendo gli adulti al silenzio o all'adulazione"(p. 181).


continua



[1] Iliade, I, 248
[2] Sesso e carattere, p. 258.

1 commento:

  1. Concordo che l'educazione debba essere giustamente severa,ma non umiliante. I ragazzi vanno educati alla cose belle e nobili,non ammaestrati come scimmie attraverso la violenza.
    Giovanna Tocco

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