mercoledì 15 novembre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. XI parte

Orfeo e gli animali
Mosaico romano di età imperiale. Palermo, Museo archeologico

Eschilo interviene dicendo che quell’ippogallo era shmei'on ejn tai'ς nausivn (933), un emblema nelle navi.
Dioniso dice che credeva fosse Erissi, un ateniese brutto con una zazzera bionda.
Eschilo chiede a Euripide che cosa abbia scritto lui di buono
Euripide: non ippogalli né caprocervi (iJppalektruovnaς, tragelavfouς), ma come ricevetti la tua tevcnhn oijdou'san, l’arte gonfia, di smargiasserie e parole pesanti, i[scnana[1] me; n prwvtiston aujthvn, l’ho snellita e le ho tolto pesantezza (kai; to; bavroς ajfei'lon) con paroline e raggiri (ejpullivoiς kai; peripavtoiς) e con bietoline bianche (dall’effetto lassativo) e un decotto filtrato dai libri[2], poi con una cura ricostituente di monodie, e un pizzico di Cefisofonte, che sarebbe stato suo collaboratore e amante della moglie.
Queste ultime parole sono state attribuite a Eschilo da Marzullo.
Quindi, sicuramente Euripide: All’inizio del dramma mettevo un prologo espositivo.
Facevo parlare tutti: hJ gunhv, cwj dou'loς oujde; n h|tton, cwj despovthς chj parqevnoς chj grau'ς. Agivo da democratico per Apollo 951

Lascia andare questo tou'to me; n e[ason, dice Dioniso, forse alludendo al fatto che nel 408 Euripide si rifugiò in Macedonia ospite del re Archelao, dove morì nel 406.

Poi Euripide indica il pubblico e dice: lalei'n ejdivdaxa (954) ho insegnato la chiacchiera.
Eschilo risponde che doveva crepare prima di insegnarla.
Euripide: ho insegnato a pensare, a vedere, capire, raggirare (strevfein cfr. Strepsiade delle Nuvole), amare, ingannare, sospettare, considerare ogni cosa.
Ho portato sulla scena cose familiari, quelle che usiamo. Tutti le conoscono e tutti possono criticarmi. Io non impedivo di ragionare inventando Cicni e Mèmnoni su cavalli bardati di sonagli. Lo spettatore sulla scena e l’antimitologia

E' la critica della scissione tra letteratura e vita che si ritrova in Marziale: "Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit " (X, 4, 9-10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.

I discepoli di Eschilo sono stolti, bellicosi e superbi, gente che piega i pini con il sarcasmo, trombettieri con lancia e mustacchiI; i miei sono Clitofonte (un sofista amico di Trasimaco. Dà il nome a un breve dialogo platonico sulla Giustizia) e Qhramevnhς oJ komyovς, l’elegante
Dioniso definisce Teramene un uomo sofovς e deinovς, capace di saltare fuori da tutti i guai (968-970). Si tratta del Coturno.
Euripide rivendica il fatto di avere introdotto nell’arte logismovn kai; skevyin, il ragionamento e l’esame. Ora tutti indagano.
A proposito della sintonia di Euripide con Socrate sbandierata da Nietzsche, Platone fa dire al suo maestro: oJ de; ajnexevtastoς[3] bivoς ouj biwto; ς ajnqrwvpw/ (Apologia 38a), la vita senza indagine non è vivibile per l’uomo. I due secondo Nietzsche avrebbero ucciso la tragedia.
Dioniso conferma: una volta uno rientrava in casa e non si accorgeva delle fregature: gli Ateniesi erano mammavkuqoi, nascosti[4] nel seno della mamma per tutta la vita; ora invece, diventato malizioso, l’uomo quando torna a casa grida ai servi: pou' jstin hJ cuvtra; dov’è la marmitta? Chi ha rosicchiato la testa della sardella? E il piatto dell’anno scorso? E l’aglio di ieri? (to; skovrodon to; cqizinovn) e le olive chi le ha mangiate?
Il Coro aspetta la risposta di Eschilo citando un verso dei suoi Mirmidoni: “Tu vedi questo, inclito Achille!”
Lo esorta a tenere a bada lo qumovς che non lo porti ejkto; ς tw'n ejlaw'n, fuori dagli olivi che fiancheggiavano il percorso delle gare.
Il corifeo poi chiama Eschilo in gara, come colui che per primo ha elevato torri di parole venerande prw'toς purgwvsaς rJhvmata semnav (1004) e ha adornato il linguaggio tragico kai; kosmhvsaς tragiko; n lh'ron. Dunque avanti qarrw'n, con coraggio.

Eschilo dice: le viscere mi si rivoltano ta; splavgn j ajganaktei' a dover rispondere a Euripide (1006)
Comunque gli chiede per quale motivo (tivnoς ou[neka) si deve ammirare un poeta (crh; qaumavzein a[ndra poihthvn).
Euripide risponde o{ti beltivouς te poiou'men tou; ς ajnqrwvpouς ejn tai'ς povlesin (1009).
Eschilo: tu invece li hai resi da buoni e nobili, scelleratissimi mocqhrotavtouς (1011) e meriti…la morte conclude Dioniso.
Eschilo: io te li avevo lasciati valorosi e forti, alti 4 cubiti (un metro e ottanta), non scansafatiche e chiacchieroni, linguacciuti, mascalzoni, ma guerrieri.
Dioniso gli chiede come abbia fatto.
 “dra'ma poihvsaς [Arewς mestovn” (1021). E’ il giudizio di Gorgia (fr. 27 D. -K) sui Sette a Tebe, un dramma pieno di Ares.
Chiunque l’avesse visto desiderava diventare un combattente hjravsqh davioς ei\nai.
Dioniso prende questo in malam partem: così hai fatto del male: hai reso i Tebani più valorosi in guerra. E vuole picchiarlo. Tebe chiese la distruzione di Atene dopo Egospotami.
Eschilo: alla guerra ho educato prima voi con i Persiani (del 472). Vi ho insegnato a voler vincere i nemici. Tutti i poeti hanno insegnato cose utili: Orfeo teletavς, i riti sacri, e ad astenerci dal sangue fovnwn ajpevcesqai.
  
Per Orfeo maestro dei vegetariani cfr. l’Ippolito di Euripide dove Teseo dice al figlio: prendendo Orfeo come signore, vantati con i tuoi cibi per la dieta vegetariana (di’ ajyuvcou bora'ς, 952).



CONTINUA



[1] ijscnaivnw, termine del lessico ippocrateo, come se la poesia di Eschilo, gonfia e malata, avesse bisogno di cure
[2] Euripide aveva una ricca biblioteca
[3] ejxetavzw, esamino
[4] keuvqw, celo, to hide, to cover

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