domenica 26 novembre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. XIV parte


Es poi fa una parodia di canti di Euripide. Ne ridicolizza i vocalizzi con un dittongo ei ripetuto 6 volte eiJeieieiei-eilissete daktuvloiς favlaggeς vovo vo vo volgete con le dita le falangi (trame al telaio?). Segue un centone privo di senso.
Poi apostrofa il rivale dicendo che compone i canti imitando le dodici posizioni di Cirene, una famosa cortigiana[1].
Quindi Eschilo fa la parodia di un canto “a solo ” una monodia. Euripide ne faceva uso molto più di Eschilo e Sofocle. Lo stile vuole essere solenne mentre la situazione è futile: una ragazza sogna orrori e si sveglia terrorizzata: allora si accorge che una vicina gli ha rubato un gallo e pure un gomitolo filato per venderlo al mercato. La ladra poi è volata via sull’agile vigore delle ali. Quindi la ragazza invoca truppe cretesi e Artemide ed Ecate con le cagne per una perquisizione.
E’ una ragazza povera cui non si addice tale preghiera (cfr. l’elogio della ramazza da parte di Ione nello Ione di Euripide (vv. 112 ss. “o splendido virgulto di alloro, mia ramazza con cui spazzo il suolo del dio”)
Dioniso non ne può più. Allora Es dice che vuole portare Eur alla bilancia ejpi; to; n staqmo; n ga; r aujto; n ajgagei'n bouvlomai (1365) per misurare to; bavroς tw'n rJhmavtwn[2]. Eschilo sa bene che le sue parole sono più pesanti.
Dioniso fa una battuta: dei' me ajndrw'n poihtw'n turopwlh'sai tevcnhn (1369) devo vendere come il formaggio l’arte dei poeti.
Al coro questa trovata pare un prodigio (tevraς)
I due rivali si avvicinano ai piatti della bilancia e ognuno recita un verso.
Euripide il primo della sua Medea con il verbo diaptavsqai (diapevtomai, passo a volo)
Eschilo dal suo Filottete cita “fiume Spercheio e pascolo di buoi” che pesa di più. Dioniso spiega a Eur perché. Tu hai messo un verso alato (tou[poς ejpterwmevnon[3]), mentre Es ha inzuppato con l’acqua del fiume la lana del suo verso.
Eur ne recita un altro dalla sua Antigone: “oujk e[sti Peiqou'ς iJero; n a[llo plh; n lovgoς” (1391)
Ed Es: “Solo Morte tra gli dèi non ama i doni”
Dioniso fa vincere Eschilo poiché Qavnatoς (oJ) è baruvtatoς kakw'n (1394)
Mentre Peiqwv (hJ) è cosa leggera (kou'fon) e non ha senso.
Eur deve trovare un peso grosso.
Eur “prese con la destra un legno appesantito dal ferro (sidhrobriqe; ς xuvlon).
Ed Es: carro su carro e morto sopra morto
Dioniso dà ancora la vittoria a Eschilo: oud j eJkato; n Aijguvptioi neppure cento Egizi potrebbero alzare due carri e due morti.

Erodoto nel secondo libro (124) racconta l’immenso lavoro compiuto da centinaia di migliaia di Egiziani per costruire la piramide di Cheope.
Eschilo propone che sulla bilancia salgano Euripide, i figli, la moglie e Cefisofonte, l’amante della moglie
Dioniso è incerto: uno è bravo, l’altro mi piace,
Dice ai due che è sceso in cerca di un poeta perché la città salva celebri le sue feste J i{n hJ povliς swqei'sa tou; ς corou; ς a[gh/
Dice che Atene ama e odia Alcibiade e comunque lo vuole[4] e chiede l’opinione dei due poeti sul politico.
Alcibiade era stato attaccato da Eupoli nei Battezzatori e negli Adulatori (421) dove faceva la parte del damerino in casa del ricco Callia.

Euripide dice: odio il cittadino che si mostra lento nel giovare alla patria bradu; ς wjfelei'n pavtran, rapido nel danneggiarla molto megavla de; blavptein tacuvς (1428), ricco di risorse per se stesso, privo di mezzi per la patria.
Eschilo dice “non bisogna allevare in città un cucciolo di leone ouj crh; levontoς skuvmnon ejn povlei trevfein.[5]
Euripide corregge che non bisogna proprio allevare un leone (forse il padre di Alcibiade, Clinia)
Eschilo aggiunge parole che saranno ripetuto da Valerio Massimo: ma se sia stato allevato bisogna piegarsi alle sue abitudini toi'ς trovpoiς uJphretei'n.
Dioniso rimane incerto duskrivtwς e[cw (1433): uno ha parlato sofw'ς, l’altro safw'ς. Chiede ai due come si possa salvare la città.
Eur dice che se verranno muniti di ali Cleocrito con Cinesia[6] li venti li solleveranno sul mare.
E’ un nonsense che Dioniso non capisce. Euripide ne infila altri e Dioniso gli chiede di parlare ajmaqevsteron più da ignorante kai; safevsteron e più chiaramente
Euripide continua con i sofismi (diffidare di chi ci fidiamo e viceversa)
Allora Dioniso dice eu\ g j w\ Palavmhdeς, w] sofwtavth fuvsiς (1451), bravo Palamede, che natura ingegnosa! Ma l’hai trovata tu questa o Cefisofonte?
Eur risponde con un altro nonsense: io solo, le acetiere Cefisofonte.
Es e Dioniso concordano che la città odia gli uomini per bene
Es fa la sua proposta: gli Ateniesi devono considerare come propria la terra nemica e nemica la propria, povron de; ta; ς nau'ς e come risorsa le navi (1465) e difficoltà le risorse (forse per le tasse, ma lo stile è oracolare).
Ricorda il responso dell’oracolo che prima di Salamina consigliò agli Ateniesi di rifugiarsi nelle mura di legno (cfr. Erodoto, VII, 141). E anche quanto dice Pericle in Tucidide I, 143.


CONTINUA




[1] Nelle Tesmoforiazuse (del 410) il parente di Euripide quando vede comparire Agatone vestito da femmina dice: io non vedo nessun uomo, vedo solo Cirene (Kurhvnhn d’ oJrw', 98). 
[2] Nell’Iliade XXIII, 209 Zeus pesa i destini di Achille e di Ettore. 
[3] pterovw
[4] Echeggia un verso di Ione di Chio (I difensori, fr. 44)
[5] Nell’Agamennone di Eschilo è Elena assimilata a un cucciolo di leone (vv. 717ss,). Valerio Massimo scrive che Aristofane rappresentò in una sua commedia Pericle che vaticinava non oportere in urbe nutriri leonen, sin autem sit altus, obsequi ei convenire (VII, 2, stran. 7) 
[6] Cinesia era un ditirambografo magrissimo, Cleocrito era pesante (cfr. Uccelli 878 dove è invocata la potente Struzza-Cibele madre di Cleocrito

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