venerdì 10 novembre 2017

I classici in Thomas Mann. "La montagna incantata". III parte


IV Si cimenta nella conversazione in francese (153)

IV Politicamente sospetta! (159)
S. Disse che non gli piaceva ascoltare la musica a comando e quando puzzava di farmacia e veniva inflitta per ragioni sanitarie.- La musica è qualcosa di non completamente articolato, di ambiguo, di irresponsabile, di indifferente. Nutro nei confronti della musica un’avversione politica: l’ho in sospetto di quietismo. S è un cultore della parola doppiamente articolata in significanti e significati.
S: la musica deve essere preceduta dalla letteratura. Da sola è pericolosa e non fa progredire il mondo. E’ ambigua e politicamente sospetta
Può fare l’effetto degli oppiacei che provocano servile ristagno.

Cesare sospetta di Cassio, è troppo magro, ha l’aria smunta e affamata : would he were fatter!; inoltre non ascolta la musica. “he loves no plays, as thou dost, Antony; he hears no music” (Giulio Cesare, II, 1). Vedi la musica e il quietismo
Del resto Platone nella Repubblica sostiene che l’educazione deve constare di ginnastica e musica perché il ragazzo non rimanga più molle o più rozzo del necessario. (tou' devonto").

Hans intanto osservava i giovani malati e spensierati.

Nel III libro di Il mondo come volontà e rappresentazione Schopenhauer distingue la musica come linguaggio del sentimento e della passione, dalla parola come lingua della ragione. La musica è l’immagine della volontà.

Nelle Considerazioni di un impolitico Mann attribuisce alla civilizzazione il culto della parola. Vedi apollineo e dionisiaco.

IV Hippe (167)
Hans è stufo dello stile di vita orizzontale: ha bisogno di muoversi
Andò a passeggiare da solo, in salita. Cantava a voce alta. Se l’attacco era troppo alto se la cavava cantando di testa, in falsetto.
Cantò fino allo sfinimento e passò dalla esaltazione alla disperazione
Riprese a camminare Ebbe un’emorragia nasale e si sentì placato da quell’abbondante salasso.
Si sentì rapito in un’epoca lontana.
Aveva 13 anni, faceva la terza ginnasio con i pantaloni corti, si trovava a conversare nel cortile della scuola con un coetaneo, Hippe Pribislav di nome. Aveva un nome e un aspetto un po’ esotico. Rappresentava il tipico prodotto di un’antica mescolanza di razze, una fusione di sangue germanico e slavo-sorabico. Biondo, occhi tra il grigio e l’azzurro avevano il colore indistinto di una montagna lontana. Gli occhi avevano un taglio sottile e zigomi sporgenti e molto pronunciati. La sua fisionomia era molto attraente ma i compagni lo avevano soprannominato “chirghiso”. Hans lo aveva scelto nel brulichio della scuola. Gli occhi quando guardavano di lato in certo modo che non serviva a guardare, parevano liquefarsi e ammantarsi di un velo notturno.
Gli piaceva ma non sapeva perché. Quelle sensazioni possedevano vitalità e Hans le coltivava silenziosamente in sé per la fedeltà e costanza del suo carattere.
 Fedeltà era però anche un certo torpore, una certa lentezza e inerzia della sua indole. Situazioni e realtà vitali gi apparivano tanto più rispettabili quanto più a lungo duravano. p. 176
Amava le emozioni che Hippe gli dava, anche quelle negative.
Quando Hippe era assente, allora il cortile della scuola gli appariva desolato e la giornata diventava insipida, ma la speranza tenace rimaneva
Poi quella figura era come svanita nella nebbia.
Ricordò che aveva chiesto una matita a Hippe. Gliela diede dicendo che doveva restituirla e di non romperla. Fu felice di quel momento.
Poi spalancò gli occhi e si chiese se avesse sognato.
Si disse che assomigliava alla Chauchat. Si mosse con grande fatica. Si fece dare un passaggio da un carrettiere
Entrò nella sala della conferenza già iniziata.

L’amore suscitato dal ricordo.
Nel secondo discorso di Socrate del Fedro di Platone l’amore nasce dal ricordo dell’idea del bello, il bello in sé, suscitato dalla visione di una persona bella che spinge alla creazione nel bello secondo l’anima e secondo il corpo: tovko" ejn kalw'/ kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn" (206 b)
  
IV Analisi 181
Un posto d’angolo, vicino alla porta ammiccava libero.
Hans era pallido e sporco di sangue, ma non gli badarono. Solo la Chauchat voltò la testa e lo riconobbe con una specie di irritazione. Questo poneva nuove esigenze al suo cuore e l’avrebbe tenuto col fiato sospeso
L’aveva guardato proprio con gli occhi di Pribislav. In modo indiscreto e senza troppi riguardi, come si addice a una che sbatte le porte.
Cfr. Properzio: Si nescis, oculi sunt in amore duces[1],

IV Dubbi e riflessioni 190

IV Conversazioni a tavola p. 195
Fa le palline con la mollica la sua Clawdia, disse Hans, non è una gran finezza.
Dipende da chi lo fa. A Clawdia dona” disse la commensale p. 203
Relativismo estetico. Per il relativismo, cfr. Erodoto e i costumi babilonesi p. e.
Hans si sentiva vivo durante i pasti che avvenivano ogni due o tre ore. Il resto erano solo intervalli
Tra un pasto e l’altro c’era l’aspettazione della Chauchat.

IV Angoscia crescente. Dei due nonni e della gita in barca nel duplice chiarore. (205)
La Chauchat poteva essere solo un’avventura estiva che non doveva trovare approvazione davanti al tribunale della ragione: era una donna ammalata, fiacca, febbricitante e bacata nell’animo, circostanza connessa con gli aspetti equivoci della sua esistenza complessiva.
Per questo Hans provava anche sentimenti di prudente distacco (cfr. Catullo. amo et odi, amare e bene velle)
L'ossimòro condensa la contraddizione lacerante del poeta che dissocia l'amare dal bene velle: la componente sensuale da quella affettiva, come chiarisce bene il distico finale del carme 72 :"Qui potis est?, inquis. Quod amantem iniuria talis/ cogit amare magis, sed bene velle minus "(vv. 7-8), come può essere?, chiedi. Poiché una tale offesa costringe l'amante ad amare di più ma a voler bene di meno.
nel c. 85 l'antitesi fra bene velle e amare si condensa nell'ossimorico odi et amo
Vita aperta al contrasto: nell'Orestea di Eschilo Divka Divkai (xymbaleî ) "Dika si scontrerà con Dika"[2]

Quando la vedeva faceva finta di non averla vista e di condurre la sua personale esistenza vigorosa e imperturbabile.

Cfr. quod sequitur fugio, quod fugit ipse sequor (Ovidio, Amores, 2, 20, 36)
E' questo il tovpo" dell'amore che insegue chi fugge e scappa da chi lo insegue. Tale locus ha un' ampia presenza nella poesia amorosa e, probabilmente, pure nell'esperienza personale di ciascuno di noi: Teocrito nel VI idillio paragona Galatea che stuzzica Polifemo alla chioma secca che si stacca dal cardo quando la bella estate arde:"kai; feuvgei filevonta kai; ouj filevonta diwvkei" (v. 17), e fugge chi ama e chi non ama lo insegue. Nell'XI idillio lo stesso Ciclope si dà il consiglio di non inseguire chi fugge ma di mungere quella presente (75), femmina ovina o umana che sia.
Settembrini: L’Europa era la terra della ribellione, della critica e dell’attività trasformatrice, mentre il continente orientale incarnava l’inerzia e la quiete inattiva (229).
Bisognava colpire a Vienna, nel suo vitale ganglio di resistenza, il principio asiatico e servile della conservazione.
L’umanesimo era amore per l’umanità[3] e perciò era anche politica, L’umanesimo aveva coltivato anche la bella forma solo per amore della dignità umana, in splendido contrasto con il Medioevo, sprofondato nella misantropia e nella superstizione e in un’ esecrabile incuranza della forma.
L’umanesimo aveva propugnato gli interessi terreni, ritenendo che il cielo potesse essere lasciato ai passeri (p. 231).
"il realismo, in arte, è greco; l'allegorismo è ebraico", ebbe a scrivere Pavese[4].


CONTINUA



[1] Properzio, II 15, 12. Se non lo sai, gli occhi nell’ amore sono gli occhi a dirigere
[2]Coefore 461:" [Arh" [Arei xumbalei', Divka/ Divka".
[3] Cfr. Sofocle, Antigone, v.523: “Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore".- E' questo un verso chiave della tragedia. 
[4]Il mestiere di vivere , 29 settembre 1946.

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