venerdì 15 febbraio 2019

Le "Troiane" di Euripide. Traduzione


Troiane di Euripide (415 a. C.)

Traduzione di Gianni Ghiselli

Prologo 1 - 152 Prima scena

Poseidone 1 – 47
Sono giunto qui, io Poseidone, lasciata la salsa
profondità Egea del mare dove danze di Nereidi
muovono in cerchio la bellissima orma del piede.
Da quando infatti intorno a questa terra troiana
Febo ed io alzammo tutt’intorno torri 5
di pietra con righe diritte, mai dall’animo
mio si è allontanata la benevolenza per la città dei Frigi
che ora va in fumo e muore devastata
dalla lancia Argiva: infatti il Parnasio focese Epeo
 messo insieme con gli artifici di 10
Pallade, un cavallo gravido di armi,
mandò dentro le mura turrite il funesto simulacro:
di qui dagli uomini futuri sarà chiamato
“Cavallo Lanceolato”, poiché copriva la lancia occulta.
Deserti i sacri boschi e i templi degli dèi
Grondano strage: sui gradini degli zoccoli dell’altare
Di Zeus Erceo è caduto Priamo mentre moriva.
E molto oro e Frigie spoglie
Vengono mandate alle navi degli Achei: e aspettano
Da poppa il vento favorevole, per tornare a vedere 20
Nel tempo della decima semina le spose e i figli, lieti
Quei Greci che portarono guerra a questa città.
E io - poiché sono vinto infatti dalla dea Argiva
Era e da Atena che insieme hanno distrutto i Frigi -
Lascio l’inclita Troia e i miei altari: 25
infatti quando la desolazione conquista, funesta, una città,
si inquina il culto degli dèi, né suole essere onorato.
E di molti gemiti di prigioniere che ricevono in sorte
I padroni echeggia lo Scamandro.
E alcune l’Arcade, altre il popolo Tessalo 30
Ha avuto in sorte e i figli di Teseo principi degli Ateniesi.
Quante tra le Troiane poi sono non sorteggiate, si trovano
Sotto queste tende qui, riservate ai capi
Dell’esercito, e con loro la Spartana figlia di Tindaro
Elena, considerata giustamente prigioniera di guerra. 35
E questa disgraziata qui, se qualcuno vuole vederla,
eccola, Ecuba che giace davanti alle porte.
Versando lacrime molte e per molte ragioni.
A lei è morta la misera figlia Polissena 40
tristemente sul monumento funebre del sepolcro di Achille;
se n’è andato anche Priamo e i figli; e la vergine che
il sire Apollo abbandonò al delirio profetico, Cassandra,
la prende con la violenza in un letto tenebroso Agamennone
messo via il rispetto del dio e ciò che è sacro.
Ma ora, città un tempo fortunata, addio 45
E levigata cinta di mura turrite; se non ti avesse distrutto
Pallade figlia di Zeus, saresti ancora sulle fondamenta.

Atena
E’ consentito che quella che ha dissolto l’inimicizia di prima
Rivolga la parola a chi è più vicino per parentela al padre
Grande dio e onorato tra gli dèi? 50

Poseidone
E’ consentito. Infatti le relazioni familiari,
Atena sovrana, sono un affetto non piccolo dell’anima.

Atena
Lodo la mite disposizione; porto tra noi discorsi
Di interesse comune, a me e a te, sire.

Poseidone
Mi annuncerai forse un nuovo consiglio da parte di uno degli dèi 55
O di Zeus o di uno dei demoni?

Atena
No, ma è per Troia, dove ora ci muoviamo,
che sono venuta alla tua potenza, per prenderla come alleata

Poseidone
Forse, messa da parte l’inimicizia di prima,
Ti sei mossa a compassione di lei, ora che è stata incenerita dal fuoco? 60

Atena
Torna prima al punto: condividerai i miei disegni
E ti accorderai sulle cose che voglio fare?

Poseidone
Certamente; ma voglio conoscere anche il tuo piano:
per gli Achei sei venuta o per i Frigi?

Atena
I Troiani prima odiosi voglio allietarli, 65
e invece sull’esercito degli Achei scagliare un amaro ritorno

Poseidone
Ma perché salti così da un orientamento all’altro
E odi smisuratamente e ami chi ti capita?

Atena
Non sai che sono stata oltraggiata io e i templi miei?

Poseidone
Lo so, quando Aiace trascinava via Cassandra con violenza 70

Atena
Appunto e nulla subì da parte degli Achei né udì i loro biasimi

Poseidone
Eppure distrussero Ilio con la tua forza

Atena
Perciò con il tuo aiuto voglio fargli male

Poseidone
Quanto sta in me è pronto per quello che tu vuoi. Ma che cosa farai?

Atena
Voglio gettargli addosso un ritorno che non ritorna. 75

Poseidone
Quando sono ancora sulla terra o sul salso mare?

Atena
Quando da Ilio vadano verso casa per mare.
E Zeus manderà pioggia e grandine
Infinita, e tenebrose bufere di vento
E promette che mi darà il fuoco del fulmine 80
Per colpire le navi achee e incendiarle col fuoco
Tu poi, è la tua parte, rendi il loro passaggio sull’Egeo
Fremente di ondate enormi e di vortici marini,
e riempi di cadaveri il cavo fondo dell’Eubea,
affinché per l’avvenire imparino gli Achei 85
a rispettare i miei templi, e a venerare gli altri dèi.

Poseidone
Sarà così: poiché il favore non ha bisogno di lunghi
Discorsi: sconvolgerò l’immensa distesa del mare Egeo.
Le alte coste di Dicono e gli scogli di Delo
E Sciro e Lemno e il promontorio Cafereo 90
Avranno i corpi di tanti cadaveri di annegati
Avanti, vai sull’Olimpo e, presi dalle mani del padre
I dardi delle folgori, fai attenzione
A quando l’armata Argiva scioglie gli ormeggi
E’ stolto tra i mortali chi devasta le città,
consegnando al deserto templi e tombe, luoghi sacri 95
dei morti: egli stesso dopo è già morto.

Ecuba
Sollevati, disgraziata, alza dal suolo
La testa, il collo: non è più Troia
questa e non siamo più regnanti di Troia. 100
La fortuna è mutata, rassegnati.
Naviga secondo la rotta, naviga secondo fortuna,
e non rivolgere la prua della tua vita
contro l’onda, mentre navighi con il destino.
Ahi, ahi! 105
Che cosa c’è infatti da non piangere accanto a me infelice,
cui la patria va in malora e i figli e lo sposo? a
O grande vanto umiliato
Degli avi, come davvero eri un nulla!
Che cosa devo tacere? Che cosa non tacere? 110
E su che cosa levare un canto di dolore?
Sventurata me per l’opprimente
Piegamento delle membra, come sono mal messa,
il dorso disteso su duro giaciglio.
Ahimé la testa, ahi le mie tempie 115
E i fianchi, come ho il desiderio di girare
E stendere il dorso e la spina dorsale
Su ambedue i fianchi,
secondo i perpetui lamenti del pianto.
Poesia è anche questa per gli infelici 120
Far risuonare le sciagure prive di danze.
Prore di navi che
Con veloci remi andando
Attraverso il mare purpureo e
I porti della Grecia dai buoni ormeggi 125
All’odioso peana dei flauti
E alla voce di armoniosi zufoli
Legaste l’intrecciata
arte d’Egitto
ahi ahi, nei golfi di Troia 130
per inseguire di Menelao
l’odiosa sposa, vergogna per Castore
e disonore per l’Eurota.
Lei che immola
Il seminatore di cinquanta figli 135
Priamo, e me sciagurata Ecuba
Ha fatto arenare in questa sventura.
Ahimè, su quali seggi seggo,
posti vicino alle tende di Agamennone:
da schiava vengo portata via 140
vecchia dalle mie case
miseramente devastata
nel capo luttuoso.
Orsù spose infelici dei Troiani dalle aste di bronzo,
e fanciulle mal sposate,
bruciaTroia, piangiamo. 145
Come una madre agli alati
Uccelli, così io intonerò
un verso, un canto, non lo stesso
quale una volta
appoggiata allo scettro di Priamo 150
intonavo agli dèi della Frigia
con le battute ben risonanti del piede che guidava la danza.

Parodo 153 – 254

Semicoro A
Ecuba, perché gridi? E perché urli?
Dove vuole arrivare la tua parola?
Poiché attraverso le tende udivo i lamenti che ripeti. 155
E nei petti si avventa la paura
sulle Troiane che dentro queste dimore
lamentano la schiavitù

Ecuba
O figlie, verso le navi degli Achei già
Si muove la mano che ha impugnato il remo. 160

Semicoro A
Ahimé, che cosa vogliono? Forse oramai mi
Sulla nave mi porteranno via dalla patria terra?

Ecuba
Non lo so, ma congetturo sventura.

Semicoro A
Ahi, ahi
Infelici Troiane
Per prestare orecchio alle sventure
Venite fuori dalle tende:
gli Argivi preparano il ritorno.

Ecuba
Ahi, ahi,
no, davvero, la sconvolta Cassandra 170
non conducetemi fuori,
vergogna davanti agli Argivi,
la menade, che su dolore io non patisca dolore.
Ahi
Troia Troia sventurata, vai in malora,
sventurati quelli che devono lasciarti
vivi e morti. 175

Semicoro B
Ahimé, tremante ho lasciato queste
Tende di Agamennone per ascoltare
Te, regina: è forse già deciso
Il parere degli Argivi di ammazzare me infelice?
Oppure sulle poppe già i marinai 180
Si preparano a muovere i remi?

Ecuba
O figlia, tieni desta l’anima tua.

Semicoro B
Sono venuta colpita da orrore
E’ giunto già un araldo dei Danai?
A chi sono assegnata come schiava infelice? 185

Ecuba
Sei vicina al sorteggio, credo.

Semicoro B
Ahi ahi
Chi mi condurrà nella terra degli Argivi
O degli Ftioti o in una insulare
Infelice, lontano da Troia? 190

Ecuba
Ahi, ahi
A chi io infelice
In quale parte della terra farò la serva vecchia
Come fuco, la disgraziata,
forma cadaverica,
immagine inconsistente del mondo dei morti
ahi
facendo la guardia presso le porte
o nutrice di bambini, io che a Troia
 avevo onori regali?

Coro
Ahi ahi , con quali lamenti
Tu piangi la tua sciagura;
non sui telai dell’Ida
volgerò la spola facendola girare. 200
Per l’ultima volta fisso lo sguardo sui corpi dei figli,
per l’ultima volta; io avrò pene maggiori,
o messa vicino ai letti dei Greci
 - maledetta sia quella notte e quella sorte -
Oppure obbligata ad attingere 205
Misera serva le sacre acque di Pirene.
Oh se giungessimo all’inclita
Felice terra di Teseo!
No di certo ai vortici dell’Eurota.
Odiosissima dimora di Elena,
dove inontrerò da serva Menelao,
il distruttore di Troia.

La veneranda terra del Peneo.
Base bellissima dell’Olimpo 215
Ho sentito dire che è colma di prosperità
E di florida fertilità;
in queste regioni come seconde dopo la sacrs
divina terra di Teseoi giungere, mi tocchi di giungere.
Anche l’etnea terra di Efesto 220
Posta di fronte alla Fenicia,
madre dei monti siculi, sento
che viene celebrata per le corone del valore,
e la terra prossima
alla corrente Ionia del mare, 225
che il Crati bagna il più bello.
Lui che tinge di rosso la bionda chioma
E con sacre acque nutre
E allieta una terra di uomini forti

Ed ecco qui dall’esercito dei Danai 230
Un araldo. Dispensiere di novi discorsi
Avanza compiendo rapida traccia.
Che cosa porta? Che cosa dice? Infatti già schiave
Siamo della dorica terra.

Primo episodio 235 – 510

Ecuba, certo tu sai che io sono venuto a Troia, 235
con frequenti viaggi dall’esercito acheo come araldo,
e sono dunque già conosciuto da te, donna,
sono Taltibio giunto per annunciare una nuova notizia.

 Ecuba
Ahimé , questo
Questo, care Troiane era da tempo l’oggetto della paura. 240

Taltibio
Siete state già sorteggiate, se questa era la vostra paura.
Ecuba
Ahi, quale
Città della Tessaglia o della Ftiotide
O della terra di Cadmo hai intenzione di dire?

Taltibio
Avete avuto in sorte ciascuna un uomo e non insieme

Ecuba
Chi dunque ha avuto in sorte chi? Quale delle Troiane attende
Una caduta benigna? 245

Taltibio
Lo so; ma domandami una cosa per volta, non tutte insieme.

Ecuba
Chi dunque ebbe in sorte
Mia figlia, dimmi, l’infelice Cassandra?

Taltibio
La prese senza sorteggio il sire Agamennone

Ecuba
Come serva alla sposa 250
spartana? Ahimé

Taltibio
No. Ma come tenebrosa sposa del letto.

Ecuba
Davvero, la vergine di Febo, cui il dio dai capelli d’oro
Diede in dono una vita senza nozze?

Taltibio
Amore della ragazza ispirata lo colpì con le frecce 255

Ecuba
Getta via, figlia, le chiavi del dio
E dal corpo i sacri ornamenti
Delle bende che indossi.

Taltibio
Perché, non è grande cosa per lei ottenere il letto del re?

Ecuba
Ma che ne è della figlia che mi avete portato via poco fa, dov’è? 260

Taltibio
Polissena hai detto o di quale chiedi?

Ecuba
Questa: a chi l’ha aggiogata la sorte?

Taltibio
Le è stato imposto di servire alla tomba di Achille

Ecuba
Ahimé: serva a una tomba l’ho messa al mondo 265
Ma quale costume è questo
o quale rito dei Greci, amico?

Taltibio
Considera felice la figlia tua: sta bene. 268

Ecuba
Che cosa significa questo tuo proclama: mia figlia vede il sole?

Taltibio
La tiene un destino, così che si è liberata dalle pene. 270

Ecuba
Che ne è della sposa di Ettore dal carattere d’acciaio,
l’infelice Andromaca, quale sorte ha?

Taltibio
Anche questa senza sorteggio: l’ha presa il figlio di Achille

Ecuba
E io a chi
Sarò serva, io che ho bisogno di un bastone 275
In mano come terzo piede per il vecchio capo?

Taltibio
Odisseo signore di Itaca ebbe in sorte di avere te come schiava

Ecuba
Ahi, ahi.
Percuoti il capo raso,
lacera con le unghie entrambe le gote. 280
ahimé ahi!
Di un uomo abominevole, perfido, ho avuto in sorte di essere serva,
uno nemico di giustizia, a un mostro contrario alla legge,
uno che tutti i fatti di lì, qui stravolge, 285
e questi poi all’incontrario là con bifida lingua
rendendo ostili gli affetti prima cari di tutti.
Piangetei, o Troiane.
Sono finita, disgraziata, sono perduta.
Infelice sono caduta 290
Nella sorte più sventurata.

Coro
Tu almeno conosci, signora, il tuo destino, ma la mia sorte
Chi degli Achei e degli Elleni la possiede?

Taltibio
Andate, servi. Bisogna portare qua Cassandra
Al più presto, perché dopo averla consegnata nelle mani 295
Del capo dell’esercito io conduca
anche agli altri quelle assegnate delle prigioniere.
Oh! Quale bagliore di torcia arde lì dentro?
Danno fuoco - o che fanno - le Troiane agli interni.
Poiché stanno per essere portate via da questa terra 300
Verso Argo e bruciano i loro corpi
Per desiderio di morte? Certo, credimi, un essere libero
In casi del genere, porta i mali sul collo con sofferenza.
Apri, apri, perché ciò che conviene a queste,
ma odioso agli Achei non getti un’accusa conto di me. 305

Ecuba
Non è così, non danno fuoco, ma mia figlia
Furente si precipita qui di corsa, Cassandra.

Cassandra
Solleva, porgi.
Porta la torcia, oh: io venero illumino - ecco, ecco -
Con fiaccole questo tempio.
O Imeneo signore: 310
beato lo sposo;
e beata me per il letto regale
io che ad Argo sarò sposa.
Imene, o Imeneo signore.
Mentre tu, o madre, tra lacrime e 315
Gemiti stai lamentando il padre
Morto e la cara patria,
io invece per le mie nozze
accendo la luce del fuoco 320
per splendore, per bagliore,
consacrando, o Imeneo, a te,
consacrando, o Ecate, la luce
per le nozze delle vergin
come funziona il rito.
Agita il piede 325.
Guida l’eterea danza, evoè, evoè. ;
come negli eventi più felici
del padre mio
la danza è santa.
Guidala tu, Febo, ora: nel tuo tempio
Tra i lauri compio sacrifici 330
Imene, o Imeneo, Imene.
Danza, madre, alza il piede tuo
Volteggia qua e là, accordando con me
la cadenza assai amabile dei piedi.
Invocate Imeneo, oh!
Con canti di felicità
E clamori in onore della sposa.
Su, o ragazze Frigie
Dai bei pepli, cantate lo sposo mio
Destinato al letto 340
Delle mie nozze

Coro
Regina, non tratterrai la delirante ragazza,
perché non sollevi agile il passo verso l’esercito degli Argivi?

Ecuba, tu porti le torce nelle nozze dei mortali,
ma è funesta questa fiamma che attizzi
fuori dalle grandi speranze. Ahimé, figlia, 345
poiché non avrei mai immaginato che tu sotto spinta di lancia
né per un’asta argiva, ti saresti sposata con uno sposalizio siffatto.
Dai la luce a me: infatti non in modo retto tu porti il fuoco
Da menade agitata, né gli eventi, figlia,
ti hanno reso assennata, ma ancora rimani nello stesso stato. 350
Portate via le fiaccole, e versate lacrime in cambio
Dei canti nuziali di questa, Troiane.

Cassandra
Madre, cingi il capo mio vittorioso
E rallegrati per le mie nozze regali ;
e guidami, e se per te i miei movimenti non sono bene animati, 355
sospingimi a forza. Se infatti il Lossia c’è,
sposerà me con nozze più amare di quelle di Elena,
l’inclito sire degli Achei, Agamennone.
Infatti lo ammazzerò, e devasterò a mia volta la sua casa
Prendendo le vendette dei fratelli e del padre mio. 360
Ma tralascerò alcuni orrori. Non canteremo la scure
Che sul collo mio verrà e pure di altri
E i matricidi agoni che le mie nozze
Metteranno in atto, e il crollo della casa di Atreo.
Farò vedere invece che questa città è più felice 365
Degli Achei, - posseduta dal dio, certo, ma tuttavia
Per il tempo necessario starò fuori dal delirio -
Costoro per una sola donna e una sola Cipride,
mentre andavano a caccia di Elena, ammazzarono innumerevoli persone.
E il comandante, il saggio, per scopi più odiosi 370
Mandò in rovina gli affetti più cari, sacrificando al fratello
Le gioie domestiche dei figli per una donna,
e questi obbrobri per una consenziente e non rapita per forza.
Quando poi giunsero alle rive dello Scafandro,
morivano, non perché privati dei confini della terra, 375
né della patria dalle alte torri. E quelli che Ares prendeva
non videro i figli, e non furono avvolti nei pepli
dalle mani della sposa, ma in terra straniera
giacciono. Gli eventi di casa loro poi accadevano simili a questi:
vedove morivano le donne, e gli uomini senza figli nelle case 380
dopo avere allevato i figli per altri; né sulle tombe
di quelli c’è chi donerà sangue alla terra.
Davvero una spedizione degna di questo elogio!
Tacere i turpi misfatti è meglio, né la mia musa
Diventi cantatrice che celebrerà i mali. 385
I Troiani invece, innanzi tutto, la gloria più bella,
per la patria morivano, e quelli che la lancia abbatteva,
portati morti nelle case dagli amici
nel suolo nativo della patria avevano la veste della terra,
composti dalle mani di chi si doveva; 390.
e quanti non morivano in battaglia dei Frigi,
sempre, giorno per giorno abitavano con la sposa
e i figli le cui gioie erano lontane dagli Achei.
La sorte di Ettore poi, secondo te amara, senti come sta:
se ne è andato, morto, reputato l’uomo più valoroso, 395
e questo glielo procura la venuta degli Achei.
Se fossero rimasti in patria, di sarebbe ignorato che era un prode.
Paride poi ha avuto in sposa la figlia di Zeus; se non l’avesse sposata,
avrebbe avuto nella sua casa un parentado di cui nessuno avrebbe parlato.
Deve dunque evitare la guerra chiunque abbia senno 400
Ma se uno vi giunge, è una corona non turpe per la città
Morire con nobiltà, senza nobiltà invece è infamante.
Per queste ragioni, non devi, madre, piangere questa terra,
non i miei letti, poiché con le mie nozze
distruggerò quelli che sono più odiosi a te e a me. 405

Coro
Come ridi con piacere dei mali domestici,
e canti quello che cantando forse dimostrerai non credibile.

Taltibio
Se Apollo non ti avesse riempito di furore la mente,
non faresti uscire i miei condottieri da questa terra
 con tali augùri senza pagarla. 410
Certo però che le maestà e i saperi apparenti
In niente sono superiori a quelli che erano considerati proprio nulla.
Infatti il più grande capo di tutti i Greci,
il caro figliolo di Atreo, si è assoggettato all’amore, che ha scelto,
di questa forsennata: io pure sono povero, certo, 415
ma non mi sarei procurato il letto di questa.
E quanto a te - non hai infatti la mente appropriata -
Gli oltraggi agli Argivi e gli elogi dei Frigi
Li do ai venti perché se li portino via; ma seguimi
Alle navicella sposa per il condottiero. 420
Tu poi, quando il figlio di Laerte voglia
Condurti via, seguilo: sarai serva di una donna
Equilibrata, come dicono quelli venuti a Troia.

Cassandra
Davvero terribile è il servo. Perché mai hanno il nome
“araldi”, un oggetto di odio comune a tutti i mortali, 425
questi servitori al seguito di tiranni e città?
Tu dici che mia madre andrà nella casa
di Ulisse? Dove sono le parole di Apollo,
a me rivelate che dicono che lei,
sarebbe morta qui? . . . il resto non lo rinfaccerò. 430
disgraziato, non sa quali sciagure da soffrire lo attendono,
come oro gli sembreranno un giorno le mie
e quelle dei Frigi; infatti compiuti dieci anni
oltre quelli di qui, arriverà da solo in patria…
dove abita lo stretto passaggio della rupe 435
la terribile Cariddi, e il Ciclope crudivoro che vaga
sui monti, e la tirrena Circe che trasforma
in porci, e i naufràgi nel salso mare,
e la passione del loto, le sacre vacche del Sole,
che un giorno lasceranno carne parlante, 440
amara voce per Odisseo. Per farla breve,
da vivo andrà nell’Ade e scampato all’acqua della palude
giunto a casa troverà sciagure infinite.
Ma perché prendo di mira le pene di Odisseo?
Vai avanti più in fretta che puoi, uniamoci a nozze con lo sposo nell’Ade. 445
Sì, infame, con infamia sarai sepolto di notte, non di giorno,
tu che credi di fare qualcosa di splendido, sovrano dei Danai.
E me, gettata via nudo cadavere, le gole
dove scorre acqua di piena, presso il sepolcro dello sposo,
daranno da lacerare alle fiere, me ministra di Apollo. 450
O bende del dio a me più caro, ornamenti dell’estasi
Addio: ho abbandonato le feste per le quali prima esultavo.
Andate via dal mio corpo a brandelli, perché, mentre sono ancora pura nel corpo,
io ti affidi alle brezze veloci da essere portate a te, o profetico sire.
Dov’è la nave del condottiero? Dove mai devo imbarcarmi? 455
Tu ora non puoi precedermi nell’aspettare la brezza per le vele,
poiché porterai via da questa terra una delle tre Erinni in me.
Addio madre mia! Non piangere più! O cara patria,
e voi fratelli che siete sotto terra, e tu, padre che ci hai generato,
non a lungo mi aspetterete: verrò tra i morti vittoriosa 460
dopo avere distrutto la casa degli Atridi, dai quali siamo stati mandati in rovina.

Coro
Custodi della vecchia Ecuba, non avete visto
La padrona come cade distesa e muta?
Non le darete aiuto? O abbandonerete, malvagie,
una vecchia caduta? Alzate il suo corpo, drizzatelo. 465

Ecuba
Lasciatemi - non è certo gradito quello che non piace, fanciulle -
Giacere caduta: infatti sono degni di cadute
I dolori che soffro e ho sofferto e soffrirò ancora,
o dei…certo, cattivi alleati invoco,
tuttavia ha una qualche bellezza invocare gli dèi, 470
quando uno di noi incappi in una sorte distorta.
Per prima cosa dunque mi sta a cuore cantare il bene;
nelle sventure infatti farò entrare maggior compianto.
Ero di famiglia regale e andai sposa in un palazzo reale,
e qui ho generato figli eccellenti, 475
non solo numero, ma egregi tra i Frigi;
quali una donna Troiana, né Greca né barbara
potrebbe vatarsi di averne mai partoriti.
E pure quelli vidi cadere sotto la lancia ellenica
E questi capelli ho tagliato sulle tombe dei morti, 480
E il generatore Priamo ho pianto non sentendo dire
Da altri, ma io stessa con questi occhi l’ho visto
 sgozzato sul focolare dell’altare domestico,
e la città presa. E le ragazze che allevai
per onore speciale degli sposi, 485
le ho allevate per altri e mi sono state strappate dalle braccia.
E non ho la speranza di essere viste da quelle,
né io le orivedrò mai più.
Infine, coronamento dei miei sciagurati mali,
io giungerò in Grecia vecchia donna schiava. 490
E ai servizi che sono i più nocivi per questa vecchiaia,
a questi mi assegneranno, o come serva di porte
a custodire le chiavi, io che ho generato Ettore,
o a preparare il pane, e ad avere un giaciglio sul suolo
per la schiena rugosa, dai letti regali 495
vestita sul lacero corpo di laceri cenci
di pepli, disdicevoli ad avere per chi è stato prospero.
Ahi me infelice, per un solo matrimonio di una sola
Donna quali sciagure mi sono toccate e quali mi toccheranno!
O figlia, Cassandra compagna degli dèi nel delirio bacchico, 500
per quali sventure hai dissolto la tua castità!
E tu, infelice, dove mai sei, Polissena,
come né prole maschile, né femminile,
con tanti che sono nati soccorre questa sventurata!
Perché dunque mi rialzate? Per quali speranze? 505
Il piede raffinato un tempo, a Troia,
ma che ora è schiavo, conducetelo a un giaciglio disteso al suolo
e a guanciali di sassi, affinché caduta sopra vi possa morire
consumandomi in lacrime. Dei felici
non ritenete di buona sorte nessuno, prima che sia morto 510

Primo Stasimo 511 - 567

Strofe 

Su Ilio, o Musa
Cantami un canto funebre di nuovi inni
Tra le lacrime;
ora infatti una melodia per Troia io intonerò,
come dal quadrupede carro
fui mandata in rovina disgraziata preda di guerra degli Argivi,
quando lasciarono il cavallo dagli aurei finimenti
che fremeva fino al cielo 520
pieno di armati sulle porte, gli Achei;
alto levò un grido il popolo
della Troade dritto in piedi dalla rocca;
“Su, voi che avete finito i travagli,
tirate su questo simulacro di legno levigato (cfr. xevw e v. 534) 525
per la vergine di Ilio nata da Zeus”.
Chi non venne delle fanciulle,
chi dei vecchi fuori dalle case?
Pieni di goia e con canti
Accolsero ingannevole rovina 530

Antistrofe 

Tutta la stirpe dei Frigi
Si precipitò sulle porte,
per offrire alla vista
il levigato agguato degli Argivi in pino montano
e rovina della terra di Dardano, 535
dono votivo della per la vergine dagli immortali corsieri.
Poi con giri di lino ritorto come nero
scafo di nave , lo posero
sulle sedi pietrose della dea Pallade, 540
suolo di sangue per la patria.
Poi, quando su fatica e gioia
incombeva la tenebra della notte,
il flauto libico risuonava
e canti Frigi, e le vergini
sull’aereo battere dei piedi
facevano risuonare un grido lieto, ma
nelle case il bagliore splendente
del fuoco diede al sonno
un oscuro fulgore. 550

Epodo 

Io allora nella casa celebravo con canti
E danze la vergine che vive
Sui monti; ma un grido sanguinoso
Lungo la città occupava 555
Le sedi di Pergamo; e bambini
cari alla madre gettavano mani
Atterrite ai pepli;
e dall’agguato usciva Ares, 560
opera della vergine Pallade.
Stragi di Frigi
Sugli altari, e nei letti
Desolazione che taglia la testa
Portava una corona di fanciulle
All’Ellade nutrice di giovani,
alla patria dei Frigi lutti

Secondo Episodio (568 - 798)

Coro in anapesti
Ecuba, vedi qui Andromaca
Trasportata su carro straniero?
Accanto al palpito dei seni si accompagna
Il suo caro Astianatte, figlio di Ettore.
Dove mai sei portata sul dorso del carro,
donna sventurata, seduta accanto alle armi
bronzee di Ettore e alle spoglie dei Frigi
predate della lancia
con le quali il figlio di Achille coronerà 575
i templi di Ftia al ritorno da Troia?

Dialogo lirico tra Ecuba e Andromaca

Andromaca
I padroni Greci mi portano via

Ecuba
Ahimé

Andromaca
Perché gemi il peana mio?

Ecuba
Ahi

Andromaca

Per questi dolori

Ecuba
O Zeus…

Andromaca
E la sventura.

Ecuba
Figli

Andromaca
Prima, una volta noi eravamo.

Ecuba
Se ne è andato il benessere, se ne è andata Troia.

Andromaca
Infelice

Ecuba
E la nobile razza dei miei figli

Andromaca
Ahi, ahi!

Ecuba
Ahi davvero per le mie

Andromaca
Sciagure.

Ecuba
Miserevole sorte 585

Andromaca
Della città

Ecuba
Che va in fumo

Andromaca
Potessi venire, o sposo, da me…

Ecuba
Tu invochi gridando il figlio mio
Che è nell’Ade, o infelice.

Andromaca
Sostegno della tua sposa. 590

Ecuba
E tu, onta per gli Achei,
signore dei miei figli,
antico Priamo,
fammi riposare nell’Ade.

Andromaca
Grandi sono questi rimpianti…

Ecuba
Infelice, questi dolori soffriamo.

Andromaca
Della città perduta…

Ecuba
Su dolori dolori si posano 595

Andromaca
Per la malevolenza degli dèi, da quando tuo figlio sfuggì all’Ade,
lui che per letti odiosi distrusse la rocca di Troia.
Insanguinati presso la dea Pallade sono stesi corpi
Di morti da prendere per gli avvoltoi: gioghi servili ha procurato a Troia. 600

Ecuba
O patria, o infelice…

Andromaca
Te piango abbandonata

Ecuba
Ora vedi la fine miseranda.

Andromaca
E la mia casa dove partorii.

Ecuba
O figli, la madre privata della città, si separa da voi,
quale lamento e quali lutti
Lacrime da lacrime sgorgano
Sulle nostre case: chi è morto però dimentica i dolori (senza lacrime).

Coro
Come dolci sono le lacrime per quelli che stanno male
E i lamenti dei compianti e la poesia che contiene dolori. 609

Andromaca
O madre dell’uomo che un tempo annientò con la lancia
Moltissimi tra gli Argivi, di Ettore, vedi tu questo?

Ecuba
Vedo questo degli dèi, come sollevano in alto
Quello che non vale nulla, mentre abbattono quelli che hanno reputazione.

Andromaca
Sono una preda tratta via con il figlio: la nobiltà
Si riduce a schiavitù, quando ha cambiamenti tanto grandi. 615

Ecuba
La forza della necessità è tremenda: ora da me
È andata via anche Cassandra, strappata a forza.

Andromaca
Ahi ahi
Un altro Aiace di tua figlia, come sembra,
un secondo è apparso. E tu soffri anche altri dolori.

Ecuba
Sì, di questi non c’è misura né numero per me; 620
infatti male con male viene a contesa.

Andromaca
Ti è morta la figlia Polissena sgozzata
Sulla tomba di Achille: dono a un morto senz’anima.

Ecuba
Ahi me infelice! Questo è quell’ enigma , che poco fa
Mi disse Taltibio non chiaramente, ora chiarito 625

Andromaca
L’ho vista io stessa. E scesa da questo cocchio
Ho coperto con pepli il suo cadavere e mi sono colpita

Ecuba
Ahi, figliola, per l’empio sacrificio
Ahi ancora una volta, come miseramente sei morta.

Andromaca
E’ morta come è morta; ma comunque è morta 630
Con un destino più fortunato di me che pure vivo.

Ecuba
Non è la stessa cosa, o figlia, morire e vedere la luce.
L’uno infatti è il nulla, nell’altro ci sono speranze.

Andromaca
O madre, tu che hai generato, ascolta un discorso
Bellissimo, perché ti infonda piacere nell’animo. 635
Il non nascere io dico è uguale al morire.
Ma è meglio morire che vivere miseramente.
Infatti nulla soffre chi non ha più percezione dei mali;
mentre chi ha avuto fortuna poi è caduto nella sventura
è privo nell’anima del precedente benessere. 640
Quella dunque, come se non avesse visto la luce,
è già morta e nulla sa dei propri mali.
Io invece che mirai alla buona fama
E l’ho colpita, tanto più ho fallito il bersaglio del destino.
Infatti i comportamenti giudiziosi inventati per le donne, 645
questi praticavo con fatica nella casa di Ettore.
Innanzitutto dunque, deponendo il desiderio di ciò
In cui – vi sia o no motivo di biasimo per le donne -
Questo già di per sé attira cattiva fama, se una
Non resta dentro, io rimanevo in casa; 650;
e dentro il palazzo non lasciavo entrare scaltre chiacchiere
di femmine, ma bastavo a me stessa,
avendo come buon maestro il senno mio.
E allo sposo offrivo silenzio di lingua e sguardo
Calmo; e sapevo in quali cose dovevo vincere lo sposo, 655
e in quali dovevo lasciare a lui la vittoria.
E la fama di questi comportamenti giunta all’esercito
Degli Achei mi ha rovinata: infatti dopo che fui catturata,
il figlio di Achille volle prendere me 660
come moglie; ma sarò serva in casa di assassini.
E se io, rimosso il caro capo di Ettore,
aprirò l’animo allo sposo presente,
spregevole apparirò nei riguardi del morto; ma d’altra parte
odiando questo, sarò odiata dai padroni della mia persona 665
Sebbene dicano che una sola notte attenua
L’avversione di una donna per il letto di un uomo,
io allontano con uno sputo quella che, buttato via
l’uomo di prima per nuovi letti, ama un altro;
anzi, neppure una puledra che venga divisa
da quella allevata con lei, tirerà facilmente il giogo. 670
Eppure le bestie sono per natura prive di parola
E non hanno l’uso dell’intelligenza e sono per natura inferiori.
In te, caro Ettore, avevo l’uomo che mi bastava,
grande per intelligenza, nobiltà, ricchezza e coraggio.
Vergine mi hai preso dalla casa del padre 675
E per primo aggiogasti il mio letto verginale.
E ora tu sei morto, e io vengo deportata per mare
In Grecia prigioniera di guerra, verso un giogo servile.
E non ha dolori minori dei miei mali
La morte di Polissena, che tu piangi? 680
In me infatti no c’è quello che resta a tutti
i mortali, la speranza, né mi illudo nell’anima
di ottenere qualche bene; eppure è dolce anche il credere.

Coro
Sei giunta allo stesso livello di sventura; e lamentando
La tua, mi insegni in quale situazione di sciagura mi trovo. 685

Ecuba
Io ancora non sono salita su uno scafo di nave,
ma avendola vista dipil’acqnta e sentendone dire, conosco.
I marinai di fatto, se devono sopportare una tempesta moderata,
impiegano zelo per salvarsi dalle difficoltà
uno andato al timone, un altro alle vele, 690
un altro togliendo l’acqua dalla sentina della nave; ma se prende il sopravvento/
il mare grosso e sconvolto, cedendo alla sorte
sogliono abbandonarsi alla corsa dei flutti
Proprio così anche io che ho molte sciagure
Sono muta e cedendo rinuncio a parlare ; 695
Mi vince infatti la funesta tempesta scatenata dagli dèi.
Ma tu, figlia cara, la sorte di Ettore
Lasciala perdere; tanto le tue lacrime non possono salvarlo.
Mostra rispetto invece per il tuo padrone presente,
dando all’uomo l’amabile esca delle tue inclinazioni. 700
Se fai questo, rallegrerai insieme gli amici
E potresti allevare questo figlio di figlio,
per Troia grandissimo vantaggio, affinché - se mai -
figli nati da te vengano a popolare Ilio
di nuovo, e la città possa esserci ancora. 705
Ma poiché da un discorso viene fuori un altro discorso,
chi è questo servitore degli Achei che ho già visto
venire avanti, messaggero di nuove decisioni?

Taltibio
Sposa di Ettore, una volta, tempo fa, il più valoroso tra i Frigi,
non odiarmi: non di mia volontà infatti ti annuncerò 710
messaggi comuni dei Danai e dei Pelopidi.

Andromaca
Che c’è? ahimé, come dai inizio a un preludio di mali.

Taltibio
E’ stato deciso che questo bambino…come riferire l’ordine?

Andromaca
Forse che non avrà lo stesso nostro padrone?

Taltibio
Nessuno degli achei sarà mai il padrone di questo 715

Andromaca
Ma come, di lasciarlo qui, relitto dei Frigi?

Taltibio
Non so come annunciarti in modo accettabile le tue sciagure

Andromaca
Approvo il tuo ritegno, a meno che tu dica cose belle.

Taltibio
Uccideranno tuo figlio, perché tu sia informata sulla grande sciagura

Andromaca
Ahimé, come sento questa sciagura, più grande delle mie nozze 720

Taltibio
Prevale Odisseo tra tutti i Greci dicendo.

Andromaca
Ahi ahi davvero: infatti non hanno misura le sciagure che soffriamo

Taltibio
Ha già detto di non far crescere il figlio di un padre valorosissimo

Andromaca
In tal modo possa prevalere riguardo ai suoi

Taltibio
Che bisogna scagliarlo giù dalle torri di Troia. 725
Avanti, così sia e tu apparirai più saggia
Non rimanere attaccata a lui, ma soffri nobilmente le sciagure,
e non credere di essere forte tu che non hai nessun potere.
Infatti da nessuna parte hai difesa. E’ necessario considerare:
la città è perita e il tuo sposo, tu di certo sei vinta, 730
e noi di combattere contro una donna sola
siamo ben capaci. Per questi motivi non consento che tu aspiri
allo scontro, né faccia alcuna cosa vergognosa, né ostile,
e nemmeno che ti scagli maledizioni sugli Achei.
Se infatti dirai qualcosa per cui l’esercito si adirerà, 735
Non sarebbe sepolto questo bambino né otterrebbe compianto.
Tacendo invece e procurandoti bene la tua sorte
Non lasceresti insepolto il cadavere di questo
E tu stessa troveresti gli Achei più benigni.

Andromaca
O carissimo, o figlio straordinariamente onorato, 740
morirai per mano di nemici, lasciando la madre disgraziata,
ti ucciderà la nobiltà del padre
che per gli altri è salvezza,
ma il valore del padre non è arrivato al tempo opportuno per te.
O letto mio sventurato e anche le nozze, 745
per le quali venni un giorno alla casa di Ettore,
non a partorire un figlio mio vittima per i Danai
ma come signore dell’Asia molto ferace.
O figlio, tu piangi: ti accorgi dei tuoi mali?
Perché mi hai afferrata con le mani e ti tieni stretto alle vesti, 750
Come un uccellino rifugiandoti nelle mie ali?
Non verrà Ettore afferrata la gloriosa lancia
Uscito dalla terra per portarti salvezza,
né la parentela del padre, né la forza dei Frigi,
ma precipitando in un rovinoso balzo dall’alto 755
 a capofitto, spietatamente spezzerai il tuo respiro.
O tenero abbraccio carissimo alla madre,
o dolce respiro della carne: invano dunque
in fasce ti nutrì questo seno,
invano mi affaticavo e mi logorai nei travagli. 760
Ora - non più un’altra volta - abbraccia tua madre
Stringiti a chi ti ha partorito, e avvolgi le braccia
Intorno alle mie spalle e accosta la bocca.
O Greci inventori di barbari orrori.
Perché ammazzate questo fanciullo che non ha nessuna colpa? 765
O germoglio di Tindaro, tu non sei mai di Zeus,
ma da molti padri dico che tu sei nata,
da Demone vendicatore prima di tutto, poi da Odio,
da Assassinio, e da Morte e quanti orrori nutre la terra.
Infatti non credo alla presunzione che Zeus abbia generato te 770
Rovina per molti barbari e Greci.
Che tu possa morire: poiché dai tuoi bellissimi occhi
Hai mandato turpemente in malora le gloriose pianure dei Frigi.
Avanti, portatelo via, trascinatelo, gettatelo, se vi sembra bene gettarlo;
divoratene le carni. Perché per volere degli dèi 775
noi siamo annientati, e al figlio mio non potremmo
evitare la morte. Coprite il mio misero corpo
e gettatelo sulle navi: infatti a belle nozze
io vado, dopo avere perduto la creatura del mio stesso ventre.

Coro
Infelice Troia, hai perduto innumerevoli vite 780
Per una sola donna e un letto odioso.

Taltibio
Avanti bambino, lasciato il caro abbraccio
Della madre infelice, sali sugli alti
fastigi delle torri degli avi, là dove per te
è stata decretata la decisione che tu lasci la vita. 785
Prendetelo. Ma ordini del genere
Dovrebbe notificarli uno che sia spietato
E incline all’implacabilità
Più del mio animo.

Ecuba
O creatura, o figlio di figlio infelice 790
Siamo derubate della tua vita ingiustamente
Tua madre e io. Che cosa devo soffrire? Che cosa posso fare io
Per te, sventurato? Questi colpi ti
Offriamo sul capo e percosse sul petto:
poiché su questi noi abbiamo potere. Ahimé per città, 795
ahimé per te; quale sciagura infatti non abbiamo’
quale ci manca per procedere
impetuosamente attraverso la completa rovina?

Secondo Stasimo vv. 799 – 856

Strofe

O re di Salamina nutrice di api, Telamone, 800
che hai abitato la sede dell’isola cinta dai flutti
inclinata verso i colli sacri , dove Atena
fece conoscere il primo ramoscello di lucente olivo,
celeste diadema e ornamento per la splendida Atene,
venisti, venisti a compiere atti di valore insieme
con il figlio di Alcmena armato di arco, 805
per distruggere Ilio, Ilio città nostra
allora quando venisti dalla Grecia.

Antistrofe

Quando Eracle, sdegnato per i puledri, condusse
per la prima volta il fiore dell’Ellade, e sul Simoenta dalla bella corrente
fermò il remo che aveva varcato il mare e legò le gomene di poppa
ed estrasse dalle navi la buona mira della mano,
morte per Laomedonte: e abbattute le mura ben squadrate
di Febo con la purpurea vampa del fuoco, del fuoco
devastò la terra di Troia:
due volte allora con due assalti ripetuti l’insanguinata punta della lancia
abbatté le mura intorno alla Dardania, 820

strofe

Invano dunque, o tu che vai e vieni delicatamente tra le brocche d’oro,
figlio di Laomedonte,
hai il riempimento delle coppe di Zeus, bellissimo servizio;
mentre la terra che ti ha generato è arsa dal fuoco; 825
e le coste marine
risuonavano come un uccello
grida per i suoi figli,
alcune (piangendo) gli sposi, altre i figli,
altre le vecchie madri.
E i freschi tuoi lavacri
E le piste dei ginnasi
Sono andati via, tu invece il volto
Giovane sereno e bello nutri di grazia
Presso il trono di Zeus; e intanto la greca lancia
Ha distrutto la terra di Priamo.

antistrofe

Eros, Eros che un giorno venisti alle case di Dardano,
quando stavi a cuore ai celesti,
come allora grandemente elevasti le torri di Troia, annodando
parentela con gli dèi. Non dirò più
insulti contro gli dèi;
ma la luce del giorno dalle bianche ali
cara ai mortali, funesta vide la terra,
vide la rovina delle rocche,
pur avendo nel talamo uno sposo
di questa terra, padre dei suoi figli,
che una cocchio d’oro a quattro destrieri rapì
e trascinò tra le stelle,
grande speranza per la patria terra: ma gli amori
degli dèi per Troia sono svaniti 859

Menelao
O magnifica luce del sole, splendore di questo giorno
Nel quale riavrò nelle mani la moglie mia
Elena; Infatti sono Menelao che molto
Ha sofferto io e l’esercito Acheo
Sono venuto a Troia non come credono di me
Per una donna, ma contro un uomo che dalle mie 865
Case, traditore dell’ospite, portò via la mia sposa
Quello dunque grazie agli dèi ha pagato il fio
Lui e pure la terra caduta per lancia greca.
E sono venuto qui per condurre via la sciagurata
- perché non dico con piacere il nome della sposa che una volta fu mia - 870
Infatti dentro queste tende per le prigioniere
È stata annoverata con le altre Troiane.
Infatti quelli che hanno penato per lei con la lancia
L’hanno data a me da uccidere, o senza ucciderla
Se la volessi riportare nella terra Argiva.
Ma a me è sembrato bene di lasciare sospesa la sorte
Di Elena a Troia e di condurla con il remo che spinge la nave
Alla terra Greca, e poi là darla da uccidere
Come prezzo pagato a quelli i cui cari sono morti a Ilio. 879
Ma via, andate nelle tende, voi del seguito,
e portatela trascinandola per la chioma efferatissima;
quando siano giunti venti favorevoli, la manderemo in Grecia.

Ecuba
O sostegno della terra e che sulla terra hai sede,
chiunque mai tu sia, difficile a fare congetture conoscitive, 885
Zeus, sia necessità di natura, sia mente dei mortali,
a te ho rivolto una preghiera: infatti procedendo
per un cammino silenzioso, tutte le cose mortali guidi secondo giustizia.

Menelao
Che cosa c’è? Come rivolgi insolite preghiere agli dèi!

Ecuba
Ti lodo, Menelao, se ucciderai la tua sposa. 890
Ma evita di rivedere costei, perché non ti prenda con il desiderio.
Infatti cattura gli occhi degli uomini, distrugge le città,
incendia le case; tali ammaliamenti possiede.
Io la conosco, anche tu, e quelli che hanno sofferto

Elena
Menelao, proemio ben degno di timore 895
È questo; poiché nelle mani dei tuoi servi
A forza sono tratta fuori davanti a queste tende.
Dunque io so più o meno di esserti odiosa,
comunque voglio domandarti: quali intenzioni
avete tu e i Geci, riguardo alla mia vita? 900

Menelao
Non sei arrivata a qualcosa di preciso. Ma l’intero esercito
Ti ha data da uccidere a me, che tu offendevi.

Elena
E’ possibile almeno rispondere a questa sentenza con un discorso
Che non giustamente, se muoio, morrò?

Menelao
Non sono venuto per discorsi, ma per ammazzarti 905

Ecuba
Ascoltala, perché non muoia priva di questo diritto,
Menelao, e concedi le parole di replica
a noi contro di lei: poiché dei mali di Troia
nulla tu sai. L’intero discorso messo insieme
la annienterà così che in nessun modo trovi uno scampo. 910

Menelao
Di ozio è la concessione; ma se vuole parlare,
ne ha facoltà. Per le tue parole - perché lo sappia -
le concederò questo; non farò concessioni per compiacere costei

Elena
Probabilmente, se io sembri parlare a ragione e se a torto,
non mi risponderai, poiché mi consideri una nemica 915
Io tuttavia, per le accuse che credo mi muoverai
Procedendo con le parole, risponderò contrapponendo
Alle tue imputazioni le mie.
Innanzitutto il principio delle sciagure lo generò costei,
generando Paride; in secondo luogo mandò in rovina 920
Troia e me il vecchio non uccidendo il neonato,
amara immagine di un tizzone, un giorno Alessandro.
Ascolta quindi come sta il resto.
Costui giudicò il triplice gruppo delle tre dèe:
e il dono di Pallade per Alessandro era 925
di devastare la Grecia a capo dei Frigi,
Era invece promise che avrebbe avuto in signoria l’Asia
E i confini dell’Europa, se Paride l’avesse scelta;
Cipride invece, ammirando il mio aspetto,
promise di fargliene dono, se avesse superato le dèe 930
in bellezza. Considera come va il seguito del mio discorso.
Vince Cipride le dèe, e così le mie nozze
Giovarono alla Grecia: voi non siete dominati dai barbari,
né costretti alle armi, né alla tirannide.
Mentre la Grecia in questo ebbe una buona sorte, io fui perduta 935
Venduta per la bellezza, e vengo vituperata
Per quelle cose per cui dovrei ricevere una corona sul capo.
Dirai che io non parlo ancora delle cose presenti,
come mi allontanai dalla tua casa di nascosto.
Venne avendo co sé una non piccola dea 940
Il demone nato da costei, sia che tu lo voglia chiamare
Con il nome di Alessandro, sia Paride;
che tu, o pessimo, lasciato nel tuo palazzo,
partisti da Sparta con la nave per la terra di Creta.
E sia.
Non a te, ma a me stessa voglio fare una domanda a questo proposito : 945
A che cosa pensando dal palazzo mi accompagnai
allo straniero, tradendo la patria e la famiglia mia?
Puniscu la dèa e diventa più forte di Zeus,
che ha potere sulle altre divinità,
ma di quella è schiavo: ci sia comprensione per me. 950
Da qui potresti avere contro di me un argomento plausibile:
quando Alessandro morì e giunse nelle profondità della terra,
io avrei dovuto, quando i miei letti preparati dagli dèi non c’erano,
andare alle navi degli Argivi, lasciato il palazzo.
Mi davo da fare proprio per questo: testimoni per me 955
Sono i guardiani delle porte delle torri e le vedette delle mura
Che spesso mi sorpresero mentre dai bastioni
Con funi calate a terra cercavo di sottrarre questo corpo.
(ma questo nuovo sposo che con la violenza
Deifobo mi teneva come moglie contro il volere dei Frigi) 960
Come dunque ancora potrei essere messa a morte secondo giustizia, o sposo, /
da te giustamente, io che quello costringe al matrimonio,
e quelle mie risorse invece di venire premiate
si sono amaramente asservite? Se poi tu vuoi prevalere sugli dèi,
questo tuo desiderio è stolto 965

Coro
Regina, difendi i tuoi figli e la patria
Demolendo la capacità persuasiva di costei, poiché parla
Bene pur essendo malefica: tremendo dunque è questo.

Ecuba
Per prima cosa diverrò alleata delle dèe
E dimostrerò che costei non dice il giusto. 970
Io infatti non credo che Era e la vergine Pallade
Siano giunti a stoltezza tanto grande
Che l’una vendeva Argo ai barbari,
Pallade Atene ai Frigi perché li servisse un giorno,
se per gioco e per vanità fossero andate sull’Ida 975
a gara di bellezza. Infatti per quale motivo una dea,
Era, avrebbe avuto tanto grande desiderio di bellezza?
Forse per prendere uno sposo migliore di Zeus?
O era Atena che andava caccia del matrimonio con quale degli dèi,
lei che per sé chiese al padre la condizione di vergine 980
schivando i letti? Non fare stolte le dèe
per imbellettare la tua malvagità, non credo che tu possa convincere i savi.
Hai detto che Cipride - e questo è di fatto molto ridicolo -
Andò con mio figlio al palazzo di Menelao.
Non avrebbe potuto condurti a Ilio con la stessa Amicle
Rimanendo tranquilla in cielo? 985.
Assolutamente straordinario era mio figlio per bellezza
e la tua mente vedendolo si fece Cipride:
tutte le follie infatti sono Afrodite per i mortali,
e il nome di afrosyne[1] comincia giustamente come quello della dea. 990
E tu vedendolo nelle vesti straniere
Raggiante d’oro impazzisti nell’anima.
In Argo infatti ti aggiravi con poca roba,
e allontanandoti da Sparta sperasti di sommergere
nelle spese la città dei Frigi che ridondava 995
d’oro: non ti bastava il palazzo di Menelao
per trasmodare nelle tue lussuose dissolutezze.
Via! Poiché tu dici che mio figlio ti portò con sé a forza:
chi tra gli Spartani se ne accorse? O quale grido
levasti, mentre il giovane Castore
e il gemello erano ancora vivi, non ancora tra gli astri? 1000
Quando poi giungesti a Troia e gli Argivi sulle tue
Orme, e c’era la lotta di lance latrici di morte,
se ti si annunziavano i successi di questo,
esaltavi Menelao, perché mio figlio si affliggesse 1005
di avere un antagonista grande in amore;
se invece avevano successo i Troiani, questo non era niente.
Guardando alla fortuna questo perseguivi,
di andare dietro a lei. Con la virtù invece non volevi.
E poi dici che sottraevi il tuo corpo calandolo 1010
Con delle funi giù dalle torri, come se rimanessi contro voglia?
Dove mai sei stata presa o ad appendere lacci
O ad affilare una spada, atti che una donna nobile
Compirebbe se rimpiangesse lo sposo di prima?
Eppure io ti ammonivo spesso con molte parole:
“O figlia, parti: i miei figli sposeranno
Altre spose, ti manderò alle navi achèe
Aiutandoti a rimanere nascosta. E fai smettere la battaglia
Tra i Greci e noi. Ma per te questo era amaro.
Nel palazzo di Alessandro infatti eccedevi 1020
E volevi essere venerata dai barbari.
Grandi cose infatti erano queste per te. E dopo questo sei venuta
Tutta agghindata nella persona e hai rivolto lo sguardo
Allo stesso cielo dello sposo, o esecrabile essere:
tu che avresti dovuto venire umiliata in cenci di pepli 1025
tremante di paura, col capo rasato,
avendo per i falli passati
modestia più che impudenza.
Menelao, perché tu sappia dove concluderò il discorso,
onora la Grecia ammazzando costei 1030
in maniera degna di te, e stabilisci questa norma per le altre
donne: che muoia qualunque tradisca il marito.

Coro
Menelao, punisci la moglie in modo degno degli avi tuoi
E della casa, e cavati il biasimo di effeminatezza
Da parte dei Greci, mostrandoti nobile verso i nemici 1035

Menelao
Ti sei incontrata con me nella medesima opinione
Che costei sia passata di sua volontà da casa mia
A letti stranieri: e Cipride per millanteria
È stata inserita nelle parole. Vai dai lapidatori
E paga in un momento le lunghe pene dei Greci 1040
Morendo, perché tu impari a non disonorarmi.

Elena
No, per le tue ginocchia, non uccidermi, attribuendo a me
Il male degli dèi, ma comprendimi

Ecuba
Non tradire gli alleati che costei fece morire
Io te ne prego per quelli e per i figli. 1045

Menelao
Smettila, vecchia: di costei io non mi curo
Dico ai servi di condurla alle poppe
Delle navi dove navigherà

Ecuba
Non entri allora nello stesso scafo con te.

Menelao
Perché? Ha maggior peso di prima? 1050

Elena
Non è amante quello che non ama sempre.

Menelao
Secondo come riesce l’animo degli amati
Comunque sarà come tu vuoi: infatti non salirà sulla nave
Nella quale noi: di fatto non parli male;
arrivata ad Argo, come si merita, male
la malvagia morirà e alle donne tutte
insegnerà ad avere giudizio. Non è facile questo:
tuttavia la morte di costei getterà nello spaventoso
la loro follia, anche se fossero pure più odiose 1060

III Stasimo (1060 - 1117)

Strofe

Così il tempio di
Ilio e il profumato altare
Hai consegnato a tradimento agli Achei,
o Zeus, e la fiamma delle offerte sacrificali
e il fumo dell’eterea
mirra e Pergamo sacra 1065
e le boscose valli dell’Ida, dell’Ida fertili di edera
irrigati da neve sciolta nei fiumi
e la vetta colpita per prima dal sole,
la luminosa sacra dimora. 1070

antistrofe

Sono finiti per te i sacrifici e i santi
Canti dei cori e nella
Tenebra le veglie per gli dèi
E le immagini dei simulacri d’oro
E le sacre lune dei Frigi 1075
Dodici in tutto.
Mi preme, mi preme se tu consideri queste sciagure, signore
Tu mentre sali sul trono celeste
E nell’etere, ed è morta la città
Che l’avvampante assalto del fuoco ha distrutto 1080

Strofe

O caro, o sposo mio,
tu morto vai errando
senza tomba, senza lavacri. Me invece uno scafo marino 1085
avventandosi con le ali trasporterà
ad Argo nutrice di cavalli, dove le ciclopiche
mura di pietra si levano al cielo.
Una moltitudine di bambini sulle porte,
Geme sospesa tra le lacrime. 1090
Grida grida:
Madre, ahimé, ecco sola gli Achei
Mi portano lontano dai tuoi occhi
Su una nave oscura
Con i remi nel mare 1095
O a Salamina sacra
O alla punta dai due accessi
Dell’istmo, dove hanno
Porte le sedi di Pelope

Antistrofe

Oh se mentre il vascello di Menelao
Procede in mezzo al mare
Egeo, il sacro fuoco splendente come folgore
Scagliato con due mani si abbattesse in mezzo ai remi,
quando mi esilia da Ilio 1105
dalla mia terra tra molte lacrime serva alla Grecia,
mentre la figlia di Zeus
si trova ad avere aurei specchi,
gioia delle fanciulle.

Né mai possa lui giungere alla terra spartana e alla 1110
Sede paterna del focolare,
né al borgo di Pitane
e alla dea dalle porte di bronzo,
poiché ha preso vergogna di nozze funeste
per l’Ellade grande 1115
e sciagurate sofferenze
per le correnti del Simoenta

Esodo 1118 – 1332

Ecuba, un solo remeggio di nave rimasto
Sta per trasportare le rimanenti prede
Del figlio di Achille alle coste di Ftia: 1125
Lui, Neottolemo, è già salpato, siccome ha sentito
Delle nuove sventure di Peleo, che Acasto,
il figlio di Pelia lo ha cacciato dalla sua terra.
Perciò, più in fretta del piacere che aveva di rimanere,
è partito, e con lui Andromaca, che molte 1130
facendomi versare molte lacrime, quando si allontanava da questa terra,
mentre piangeva la patria e parlava con la tomba
di Ettore. E gli chiese
di seppellire questo cadavere che precipitato dalle mura
ha lasciato la vita, il figlio del tuo Ettore; 1135
e la paura degli Achei, questo scudo dal dorso
di bronzo, che il padre di questo agitava intorno ai fianchi,
che non lo portasse al focolare di Peleo,
né nella stessa stanza dove andrà sposa
la madre di questo morto, Andromaca, pena a vedersi, 1140
ma di seppellire in questo il fanciullo
invece che in legno di cedro e involucri di pietra; e di consegnarlo
nelle tue braccia, perché tu lo ricopri di pepli
e corone, per quanto potere ne hai, secondo il tuo stato;
poiché è partita, e la fretta del padrone 1145
le impedì di consegnare lei stessa il figlio al sepolcro.
Noi dunque, una colta che tu abbia onorato il morto,
dopo averlo coperto di terra, leveremo la nave;
tu al più presto fai quello che ti è stato ordinato.
Da una fatica almeno ti ho liberata: 1150
Attraversando infatti queste correnti dello Scafandro
Ho lavato il cadavere e ne ho deterso le ferite
Ma ora vado a scavargli una fossa profonda,
perché in breve tempo le azioni mie e le tue
concorrendo allo stesso scopo, spingano il remo verso casa. 1155

Ecuba
Ponete a terra lo scudo rotondo di Ettore,
dolorosa vista e non gradita a guardarsi per me.
O voi che maggior vanto di spada che di senno,
che cosa temendo da questo bambino, Achei,
avete compiuto un assassinio inaudito? Che un giorno 1160
avrebbe raddrizzato Troia caduta? Nulla dunque eravate,
dal momento che, avendo Ettore successo nei combattimenti
 noi perivamo, e c’era un’altra innumerevole schiera,
mentre ora che la città è stata presa e i Frigi distrutti,
avete avuto timore di un bambino così: non approvo la paura, 1165
 di chiunque ne abbia senza passarci attraverso con la ragione.
O carissimo, come a te giunse sventurata la morte!
Se infatti fossi morto per la città, dopo avere ottenuto giovinezza
nozze e e potere degno di un dio
saresti stato felice, se una di queste è cosa felice. 1170
Ora invece non sai di averlo visto e conosciuto nella tu vita,
figlio, e pur avendoli in casa non ne hai goduto per niente.
Infelice, come miseramente le patrie mura, la cinta turrita del Lossia,
ti hanno reciso i ricci del capo 1175
che tanto tua madre ha curato
e coperto di baci; da questo ora esce stridendo, tra le ossa spezzate
 il sangue, per non dire di altri orrori.
O mani, come conservate la dolce figura
del padre, ma nelle giunture giacete dissolte davanti a me.
O cara bocca che spesso lanciavi vanterie, 1180
sei morta, mi mentisti, quando gettandoti sulle mie vesti
“o madre - dicevi - certo per te una folta ciocca
Dei riccioli mi taglierò, e sulla tomba condurrò
Cortei di compagni, dandoti il caro saluto.
Invece non tu me, ma io te più giovane, 1185
Io vecchia senza più polis né figli seppellisco un misero cadavere.
Ahimé, i molti abbracci e le mie cure
E quei sonni sono passati per me, Che cosa mai
Potrebbe scrivere di te sulla tomba un poeta?
‘questo bambino lo uccisero un giorno gli Argivi 1190
Per paura’ disonorevole epigrafe per l’Ellade.
Ma almeno, pur non avendo ottenuto i beni paterni avrai tuttavia
Lo scudo di vimine dal dorso di bronzo in cui sarai sepolto.
O tu che proteggevi il braccio bello
Di Ettore, hai perduto il tuo miglior custode. 1195
Come dolce resta l’impronta nella tua imbracciatura
E sugli orli ben torniti del bordo il sudore
Che Ettore spesso tra le fatiche stillava
Dalla fronte avvicinandoti al mento.
Portate qua l’ornamento per il misero cadavere, 1200
da quanto ci avanza: Infatti il destino non dà
condizioni per la bellezza. Ma di quante cose io ho, le riceverai.
Stolto tra i mortali è chi credendo di stare bene
Senza mai scivolare, gioisce: infatti le sorti con i suoi versi
Come un uomo capriccioso, saltano ora qua 1205
Ora là, e nessuna stessa persona rimane mai fortunata.

Coro
Ecco, queste donne ti portano un ornamento di spoglie
Frigie pronto da mettere al morto con le tue mani.

Ecuba
O figlio, non a te dopo che hai vinto i compagni con i cavalli
Né con l’arco, usi che i Frigi 1210
Onorano, senza ricercarli fino alla sazietà,
la madre del padre tuo ti mette gli ornamenti
che una volta erano tuoi; ora Elena l’odiosa agli dèi
 te li ha portati via, inoltre la tua vita
ha ucciso e tutta la casa ha mandato in rovina 1215

Coro
Ahi, ahi, il cuore
Hai toccato, hai toccato: o tu che per me una volta eri il grande
Signore della città.

Ecuba
Questi ornamenti di pepli Frigi che tu durante le nozze
dovevi indossare sul corpo sposando tra le donne dell’Asia
la più nobile, lo pongo io sopra il tuo corpo. 1220
E tu arma delle belle vittorie di un tempo,
sei stata madre di innumerevoli trofei, caro scudo di Ettore ,
sii incoronato, tu infatti senza essere morto morirai con il cadavere.
Poiché ha molto più valore onorare te che le armi
Dell’astuto e malvagio Odisseo. 1225

Coro
Ahi, ahi, amaro pianto…
La terra, o figlio, ti accoglierà
Gemi, madre

Ecuba ahi!

Coro
Ahimé davvero per i tuoi mali insopportabili

Ecuba
Con pezzi di tela le piaghe ti curerò io,
pezzente medico solo di nome, nei fatti no;
ad altre cure penserà il padre tuo tra i morti 1234

Coro
Percuoti, percuoti il capo
Dando colpi di mano,
ahimé, ahimé.

Ecuba
O carissime donne…

Coro
Ecuba, parla alle tue amiche: quale parola dici?

Ecuba
Non c’era proprio altro negli dèi che le mie pene 1240
E Troia è odiata più di tutte le città,
e invano facevamo sacrifici di buoi. Però se un dio
non avesse rovesciato trascinando in basso ciò che stava in alto,
noi rimanendo oscuri non saremmo stati celebrati
dando motivi di canto alle muse dei mortali dopo di noi. 1245
Andate, seppellite nella misera tomba il cadavere;
ha infatti le corone dei defunti quali si devono.
Ma credo che per i morti fa poca differenza,
se uno otterrà onori funebri:
vano orgoglio dei vivi è questo (1250) .

Coro
Ahi, ahi:
infelice madre che le grandi
speranze della vita vide in te lacerate.
Ritenuto molto felice siccome da padri
 nobili nascesti,
di tremenda morte sei morto
oh! oh!
Chi vedo in queste cime di Ilio
Agitare le mani fiammeggianti
di torce? Sta per aggiungersi
una nuova sciagura a Troia.

Taltibio
Reco l’ordine a voi comandanti di compagnie, che avete avuto l’ordine di incendiare/ 1260
Questa città di Priamo, di non tenere più inoperosa la fiaccola
In mano, ma di gettare il fuoco dentro,
perché, dopo avere raso al suolo la città di Ilio,
possiamo partire lieti da Troia verso casa.
E voi, perché il medesimo discorso abbia due aspetti, 1265
figlie dei Troiani, andate alle navi degli Achei, quando
i capi dell’esercito avranno dato l’alto suono della tromba,
perché siate portate via da questa terra.
E tu, o vecchia sventuratissima donna,
seguili. Questi vengono in cerca di te da parte 1270
di Odisseo cui il sorteggio ti manda schiava lontano dalla patria.

Ecuba
Ahimé infelice: questo di certo è l’estremo
E il colmo di tutti i mali già miei.
Vado via dalla patria, e la città è data alle fiamme.
Su, vecchio piede, affrettati con fatica, 1275
Perché io saluti l’infelice città.
O tu che un tempo spiravi grandezza tra i barbari
Troia sarai privata del nome glorioso presto.
Bruciano te, e noi portano via dalla terra
Schiave. Ah dei! E perché invoco gli dèi? 1280
Anche prima infatti non ascoltarono sebbene invocati
Su, corriamo al rogo: siccome la cosa più bella per me
È morire con questa patria che brucia.

Taltibio
Deliri, infelice, per le tue sciagure.
Su portatela via, non abbiate riguardo. Bisogna consegnarla
Alle mani di Ulisse e mandargli il bottino.

Ecuba
Ahi, ahi, ahi, ahi.
O Cronide, signore della Frigia, progenitore
Padre, hai visto quali mali soffriamo
Indegni della stirpe di Dardano? 1290

Coro
Le ha viste, ma la grande città
Non più città è morta, non c’è più Troia.

Ecuba
Ahi, ahi, ahi, ahi.
Manda luce Ilio, e la rocca
Di Pergamo è arsa dal fuoco
E la città
E le cime delle mura.

Coro
Come fumo con ala celeste
Caduta per la lancia la terra va in rovina.
Dimore devastate dal fuoco 1300
E dalla lancia nemica.

Ecuba
Ahi terra nutrice dei miei figli

Coro
Ahi, ahi

Ecuba
O figli, udite, apprendete il grido della madre.

Coro
Con un lamento tu chiami i morti

Ecuba
Mentre piego al suolo le vecchie membra 1305
E con le due mani faccio risuonare la terra.

Coro
Ti seguo nel porre a terra il ginocchio
Chiamando da laggiù i miei
Sposi infelici.

Ecuba
Siamo condotte siamo portate via…

Coro
Dolore dolore tu gridi. 1310

Ecuba
Sotto un tetto servile

Coro
Lontano dalla mia patria

Ecuba
Ahi
Priamo Priamo, tu morto
Senza tomba senza cari
Non vedi la mia sciagura.

Coro
infatti ti velò gli occhi nera 1315
la morte, pia con empia uccisione

Ecuba
Ahi dimora degli dèi e città cara.

Coro
Ahi, ahi

Ecuba
Subìte la fiamma micidiale e la punta della lancia

Coro
Presto cadrete senza nome nella nostra terra

Ecuba
E la polvere uguale al fumo alato verso l’etere 1320
Mi porrà fuori dalla vista delle case.

Coro
Il nome delle terra sparirà, una cosa scompare
 in un modo, un’altra in un altro, e non c’è più
l’infelice Troia.

Ecuba
Avete appreso? Avete sentito?

Coro
Sì il fragore di Pergamo

Ecuba
Una scossa una scossa tutta…

Coro
Sommergerà la città

Ecuba
Ahi!
Tremanti membra, sorreggete il mio passo;
andate, misere,
verso il giormo servile della vita.

Coro
Ahi misera città, ma in ogni modo
Spingi il piede alle navi degli Achei 1332


Fine
Bologna 14 febbraio 2019 giovanni ghiselli




[1] Stoltezza.

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