martedì 26 febbraio 2019

Rapporto tra Dioniso (vino) e Afrodite (sesso) nelle "Baccanti" e in altri testi



Euripide, Baccanti  Primo episodio vv. 215-225.

Parla Penteo , il tenebroso puritano (the dark puritan, Dodds, Euripides Bacchae, p. 97)
Traduco questi versi e commento gli ultimi cinque

Presenterò questa tragedia di Euripide a Faenza e a Perugia, nel mese di marzo

Mentre mi trovavo a essere lontano da questa terra,  215
sento dire di nuovi  mali che incombono su questa città,
che le donne nostre hanno abbandonato le case
per baccanali finti, e che negli ombrosi
monti vagano frenetiche, onorando con danze
il demone appena arrivato, Dioniso, chiunque egli sia;                              
e che crateri pieni stanno  in mezzo
alle congreghe, e che appartandosi in solitudine,
una qua una là, prestano servizio ai letti dei maschi,
pretestuosamente come Menadi celebranti,
ma è Afrodite che preferiscono a Bacco. 225

Una riflessione sugli effetti erogeni del vino si trova ne L'asino d'oro di Apuleio. Il curiosus protagonista Lucio, preparandosi a un incontro amoroso con  l'ancella Fotide, ricevuta in dono un'anfora di prezioso vino invecchiato, vini cadum in aetate pretiosi,  invita l'amante a bere insieme il liquido di Bacco elogiandolo come il miglior viatico per percorrere una lunga rotta sulla barca di Venere:"Ecce-inquam,-Veneris hortator et armĭger Liber advenit ultro! Vinum istud hodie sorbamus omne, quod nobis restinguat pudoris ignaviam et alacrem vigorem libidinis incutiat. Hac enim sitarchĭa navigium Veneris indĭget sola, ut in nocte pervigili et oleo lucerna et vino calix abundet " (II, 11), ecco, dico, che stimolatore e armigero di Venere arriva Libero spontaneamente ! Beviamocelo tutto oggi questo vino che spenga in noi la viltà del pudore e susciti un focoso vigore di libidine. In effetti la barca di Venere ha bisogno soltanto di questo approvvigionamento in modo che, durante la notte di veglia, la lucerna sia piena d'olio e la coppa di vino.

Liber viene interpretato quale dio gioioso anche da Tacito che contrappone i riti bacchici a quelli dei Giudei: “ Quippe Liber festos laetosque ritus posuit, Iudaerom mos absurdus sordidusque” (Historiae, V, 5), certamente da noi Libero ha istituito riti festosi e lieti, mentre il costume dei Giudei è sgradevole e sporco.

Il nesso vino-Venere viene ricordato controvoglia da Leena, la vecchia ubriaca del Curculio di Plauto che deve offrire un goccio del suo tesoro liquido, com'è consuetudine, alla dea dell'amore:"Venus, de paullo paullulum hic tibi dabo hau lubenter./ Nam tibi amantes propitiantes vinum dant potantes/omnes…" (vv. 123-125), Venere, del poco che c'è qui darò un pochino a te non volentieri. Infatti tutti gli amanti facendo un brindisi ti offrono del vino per propiziarti.

Il portiere del castello di Macbeth, una specie di portiere dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea[1], disquisisce,  intorno agli effetti del bere sulla libidine: la provoca e la disfa; provoca il desiderio ma ne porta via l'esecuzione. " Therefore, much drink may be said to be an equivocator with lechery ", perciò bere molto si può denominare colui che rende equivoca la lascivia: la crea e la distrugge; la spinge innanzi e la tira indietro; la persuade e la scoraggia; "makes him stand to, and not stand to", la mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col sonno e dandole una smentita la pianta (Shakespeare, Macbeth, II, 3).

Secondo Leopardi, il vino può essere uno stimolante anche per l’intelligenza: “Il vino (ed anche il tabacco e simili cose) e tutto ciò che produce uno straordinario vigore o del corpo tutto o della testa, non pur giova all’immaginazione, ma eziandio all’intelletto, ed all’ingegno generalmente, alla facoltà di ragionare, di pensare, e di trovar delle verità ragionando (come ho provato più volte per esperienza) all’inventiva ec.”[2]

Euripide aveva fama di denunciare, tra gli altri difetti delle donne, l’ubriachezza. Sentiamo come se ne lamenta una nelle  Tesmoforiazuse: “pou` d’ oujci; diabevblhc j, o{pouper e[mbracu-eijsi;n qeatai; kai; tragw/doi; kai; coroiv,-ta;~ moicotrovpou~, ta;~ ajndrerastriva~ kalw`n,-ta;~ oijnopivpa~, ta;~ prodovtida~, ta;~ lavlou~,-ta;~ oujde;n uJgiev~, ta;~ mevg j ajndravsin kakovn ;” (vv. 390-394), dove non ci ha calunniato (Euripide) , dovunque ci siano un po’ di spettatori e poeti tragici e cori, chiamandoci le inclini all’adulterio, le amanti degli uomini, le ubriacone, le traditrici, le chiacchierone, le nulla di buono, quelle che sono un grande male per gli uomini?   




[1] Egli esordisce dicendo: questo si chiama bussare per davvero! Se un uomo fosse portiere dell'inferno (if a man were porter of hell-gate) avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non "possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il portiere dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità" (Bradley, op. cit., p. 424).
[2] Zibaldone, 3552.

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLII. Una lettera supplichevole e una canzoncina irrisoria

  Martedì 7 agosto andai a lezione, poi a correre, quindi in piscina a leggere, nuotare, abbronzarmi, e mi recai anche a comprare un d...