Krivsi~ (Krísis) in greco significa
“giudizio”. Si tratta dunque anche di un’opportunità per riflettere, per
giudicare (krivnein krínein). Uno dei “giudizi” più ricordati è quello sulle armi di
Achille che spettavano ad Aiace, ma siccome questo guerriero, secondo soltanto
al fatato Pelide, era incapace di parlare, il linguacciuto Odisseo convinse i
capi dell’esercito ad attribuire la prestigiosa armatura a lui, ingiustamente.
Nella Nemea VIII, Pindaro ricorda il torto subito dal
grande guerriero a[glwsso~ (v. 24), privo lingua eloquente: sicché
l’invidia poté mordere il suo valore e prevalse l’odioso discorso ingannevole
dell’Itacese.
Il Telamonio allora impazzì e si uccise, come racconta la cara
tragedia di Sofocle a lui intitolata. Prima di gettarsi sulla spada, l’eroe che
aveva recuperato il senno ma credeva di avere perso l’identità di secondo
dell’armata ellenica, dice: “ il nobile deve vivere con stile, o con
stile morire” (v.479).
Comunque alla fine Aiace ebbe giustizia: “a’ generosi/giusta di
glorie dispensiera è morte;/né senno astuto, né favor di regi/all’Itaco le
spoglie ardue serbava,/ché alla poppa raminga le ritolse/l’onda incitata
dagl’inferni Dei” (Dei Sepolcri, vv. 221-225). Questo è il giudizio di
Foscolo.
Ebbene, ora siamo in crisi, si dice. Credo che questo
impoverimento di noi tutti ci offra davvero l’occasione per fare alcune
riflessioni e dare qualche giudizio nostro. Un’occasione che va acciuffata
poiché essa, come sappiamo, è ben chiomata davanti, ma del tutto calva di
dietro.
La prima considerazione è che siamo stati governati a lungo, pur
troppo a lungo, da persone inette, ossia inadatte a dirigere una grande nazione:
incapaci di prevedere, incapaci di rimediare. Hanno mostrato di avere l’unica
capacità di arraffare per sé. Ora è giunto il momento della krivsi~ ( krísis),
del giudizio sul loro operato. Il giudice sarà il popolo italiano chiamato a
votare: saremo noi tutti, e non dobbiamo astenerci, non dobbiamo sbagliare,
altrimenti saremo ancora danneggiati e penalizzati da altri, o dagli stessi
personaggi che imperversano sulla scena politica da troppo tempo recitando la
farsa di governare e amministrare i beni pubblici.
La seconda opportunità offerta dalla crisi è quella di riflettere
se rinunciare ad alcuni consumi sia davvero un male e un danno. E’ certamente
male non potersi curare la salute, istruire, nutrire, riscaldare e soddisfare
tutte quelle esigenze, materiali e spirituali, che Epicuro chiama “desideri
necessari e naturali”.
Ma poi ci sono i cosiddetti “desideri vuoti”, ossia c’è lo spreco
di chi sente il bisogno di riempire un vuoto interiore con un eccesso di cibo e
bevande, con tanti telefonini, televisori, automobili e così via. L’ideologia
vigente, la più diffusa, se non addirittura l’unica, è che il valore dei
valori, il valore che avvalora tutti gli zeri successivi è il denaro. Quello
che Shakespeare chiama la "maledetta mota,
comune bagascia del genere umano"[1] riceve un vero e proprio culto. La cosa
triste è che i sacerdoti più intransigenti di questa orrenda superstizione,
quelli costantemente genuflessi davanti all’empio tabernacolo delle banche, gli
adoratori più acritici dell’obeso idolo sporco dello spreco, sono i quasi
poveri che si vergognano della loro situazione sociale e vogliono apparire
ricchi, e imitano i ricchi, e votano i politici al servizio dei ricchi.
Si indebitano per mandare i figli a scuola, di vela magari, come
pensano che facciano i figli dei “signori”.
Conosco persone, dei poveretti, che lamentano di non avere denaro
per i libri, per il ticket dei farmaci e per il cinema, però hanno tre
telefonini e due televisori. E fanno i mutui per comprare orrende automobili
vistose.
Don Milani ha scritto parole sante :"la pubblicità si
chiama persuasione occulta quando convince i poveri che cose non necessarie
sono necessarie"[2].
E Zafón"Il sistema migliore per rendere inoffensivi i poveri
è insegnare loro a imitare i ricchi"[3].
Questa smania consumistica inoculata nei più come un germe
patogeno letale, è arrivata a inficiare perfino l’istinto più forte di noi
umani.
Il calo demografico non è solo un tramontare delle nascite, ma un
declino dell’amore, nel senso di intesa tra un uomo e una donna e nel senso di
desiderio. Quello che era, doveva essere, l’eterno richiamo dei sessi, ora ha
bisogno del viagra. Provate a pensare che cosa significa! Vuol dire andare
contro natura.
Il problema di fondo, e questo è il mio giudizio, la mia krivsi~ ( krísis),
è che la maggior parte degli italiani manca di educazione e istruzione: la
scuola non funziona, o funziona male; la televisione non informa e non educa
come potrebbe fare. Pasolini parlò addirittura di “genocidio culturale” in un
contesto più ampio che opponeva lo sviluppo materiale, ancora in corso
nel 1975, al progresso culturale, estetico, morale, già allora
inesistente:"E' in corso nel nostro paese…una sostituzione di valori e di
modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa
e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi
siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande
strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati,
un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di
genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani"[4].
Pasolini aveva capito e “sapeva”. Sapeva tante cose scomode al
potere: per questo l’anno ammazzato quella lugubre notte di novembre.
Ora è un vecchio che scrive, un vecchio che da giovane ha visto
uno dei suoi maestri fisicamente disfatto dai sicari di un potere furente.
La maggior parte della gente non legge, e, pertanto, ha la mente
infarcita dei luoghi comuni della pubblicità che incita al consumo di oggetti
per lo più inutile se non anche dannosi, allo spreco, e insegna con metodo
criminale, il disprezzo di chi non è bello, non è giovane, non è ricco. Molte
persone, troppe, hanno messo il cervello in soffitta. Lo stile volgare della réclame è stato assunto, per ignoranza, dagli
sprovvisti di buone letture, e, maliziosamente, dai politici che li
assecondano. Imperversano i luoghi comuni che hanno esautorato la capacità
critica, di giudizio.
Faccio un esempio: i partiti si vantano di avere messo in lista le
donne e i giovani, o, unificando le due categorie, tante giovani donne. Ora,
criticamente, chiedo: non sarebbe necessario per lo meno aggiungere “oneste,
preparate, capaci”? Che siano giovani e belle non guasta, per carità, ma
non è necessario per governare un popolo.
Nel governo Berlusconi e nei consigli regionali abbiamo
visto giovani donne che magari erano bellocce ma non avevano particolari
talenti per dirigere una nazione o amministrare una regione. Certamente i De
Gasperi, i Moro, i Berlinguer, sebbene maschi, sebbene attempati, erano più
adatti a farlo. Da questi, quando ero bambino, poi da ragazzo, da adulto,
ho imparato qualche cosa; dalle giovani donne, da Maria Stella Gelmini, e, a fortiori, da Nicole Minetti
non ho imparato niente, niente di buono. Un politico, dico, deve essere anche
un saggio e un educatore. Un uomo e una donna devono essere delle persone, con
delle qualità, delle capacità, dell’umanità, prima che dei personaggi, delle
maschere da commedia.
Una donna compiuta, una persona dalla quale mi sarei sentito
onorato di essere governato, o di essere invitato a cena, era Rita Levi
Montalcini.
Questo è un giudizio modesto, da persona qualunque, eppure i
pifferai di tutti i partiti incantano le teste vuote soffiando nel piffero
delle banalità e delle menzogne. La più grossa di tutte, continuamente
sbandierata, è che siamo stati salvati dal baratro. Io personalmente, e come me
tante persone, la stragrande maggioranza di noi Italiani, gente brava ma a volte
ingenua e credulona, siamo stati impoveriti e non di poco. Ora in conclusione,
siamo più poveri in molti, noi sfortunati molti, sventurati troppi, mentre gli
speculatori delle banche, della finanza, i padroni del mercato, si
arricchiscono a dismisura, e i loro cani, sciacalli e iene da guardia, cui
gettano gli ossi del banchetto trimalcionesco , se la ridono, alle
nostre spalle. E magari si credono pure il sale della terra.
[ Errete, andate in malora voi, prole
funesta dell’avidità, della malizia e dell’ignoranza, prima di mandare
del tutto in rovina questa nostra bella terra così sinistramente sconciata dai
vostri innumerevoli misfatti!
Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it
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