Passato del tempo da questo successo, non poco tempo,
siccome Edipo in seguito al suo trionfo ha sposato la regina vedova Giocasta e
ha avuto quattro figli da lei, due ragazze e due ragazzi, dopo una ventina di
anni dunque, tornano i lutti.
Una peste odiosissima, loimo;" e[cqisto", (v.28) flagella la povli", la quale si consuma (fqivnousa, vv.25 e v. 26) nella malattia e nella sterilità,
svuotandosi di vita. Il re che ha già salvato la città si sente in dovere e si
sente in grado di farlo ancora: egli è convinto che la sua intelligenza possa
risolvere un’altra volta la situazione critica:” Io, Edipo, che non sapevo
nulla, la feci cessare/ azzeccandoci con l'intelligenza e senza avere imparato
nulla dagli uccelli (vv. 397-398)". Queste parole da laico vengono gettate
in faccia con iattanza al sacerdote Tiresia che invece consulta gli oracoli e
osserva il volo degli uccelli. Questi non è che sappiano gli esiti delle
situazioni difficili, ma li conoscono gli dèi che indirizzano i loro voli.
Ebbene i segni divini interpretati dal pio profeta dicono che Tebe è infettata da un mivasma, da una contaminazione che
proviene da un crimine: l’assassinio di Laio, il re precedente. Edipo
aggredisce Tiresia credendo che abbia ordito una congiura contro di lui, in
combutta con Creonte, il fratello di Giocasta, ma vuole comunque indagare chi è
l’autore del regicidio. L’indagine viene portata avanti fino alla soluzione e
si scopre che il mivasma, la fonte del male, l’agente
patogeno, è Edipo stesso il quale, durante un viaggio, ha ucciso Laio a un
trivio [2] senza sapere che era re di Tebe e
che era, per giunta suo padre. Poi aveva sposato Giocasta, non sapendo che era
sua madre
Infatti i
genitori l’avevano esposto appena nato e il bambino era stato salvato da un pastore. Dunque
il successore di Laio ha ucciso l’uomo che lo ha generato, ha sposato la donna
che lo ha partorito ed è l’homo
piacularis, la vittima umana espiatoria, l'a[go", la macchia che insozza la città.
Quindi deve essere allontanato quale farmakov~, capro espiatorio, medicina umana.
Solo con la sua cacciata, la polis tornerà a vivere.
Perché racconto questa storia che già molti conoscono ?
Per dire che mi è
venuta in mente la mattina del cinque febbraio quando, nella prima pagina del
quotidiano “l’Unità” ho letto: “Berlusconi parla, le borse cadono”.
“Dunque”, mi sono detto, “Berlusconi viene identificato con
la fonte di ogni male. Si vuol fare credere che se non fosse per lui, se non ci
fosse lui, se fosse per Monti che, dicono e ripetono, ci ha salvati dal
baratro, tutto filerebbe liscio”.
Ora dalla tragedia passo un momento alla commedia di Aristofane
che impiega la figura del capro espiatorio in modo diverso, quasi opposto: il
coro delle Rane dice che il popolo
ateniese è talmente pervertito che maltratta i cittadini conosciuti per essere
di buona razza, giusti, equilibrati, per bene, ben formati fisicamente e
mentalmente, mentre impiega per tutte le funzioni dei mascalzoni deformi che
una volta la città non avrebbe usato nemmeno come vittime espiatorie (oujde; farmakoi`sin…ejcrhvsat j a[n (v. 732).
E concludo con un paio di domande retoriche: c’è un solo farmakov~ tra i nostri politici? Non siami noi Italiani un poco come gli
Ateniesi redarguiti da Aristofane? Pensaci, lettore.
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