Scrivo questo pezzo per onorare la scelta nobile e cristiana di Joseph Ratzinger che si è tolto di dosso il potere, eJkwvn, di sua volontà, rivelandosi quale vero vicario di Cristo. Ci sono stati papi come Alessandro Borgia, come Karol Woytila o come Giovanni XXIII, ebbene nessuno di loro ha capito in tempo, nel tempo di loro vita mortale che il potere è una sorgente di male, inconciliabile con chi è chiamato a essere successore e imitatore di Cristo. Bisogna risalire a Francesco di Assisi quale imitator Christi, per trovare il rifiuto del denaro e del potere.
Il Vangelo di Matteo denuncia il potere come nucleo di male: Satana mostra a Gesù Cristo omnia regna mundi (pavsa~ ta;~ basileiva~, 4, 4, 8), tutti i regni del mondo e glieli offre: “Haec omnia tibi dabo, si cadens adoraveris” (tau`tav soi pavnta dwvsw) , te li darò tutti, se tu prostrandoti mi adorerai.
Ebbene, come avrebbe potuto fare tale offerta il diavolo, se tutti i regni del mondo non fossero stati suoi?
Papa
Benedetto è stato capace di descendere ex
illo fastigio prima di precipitarvi come succedeva agli antichi tiranni
che, saliti magari su quell’alto seggio legittimamente e con il consenso del
popolo, dopo una permanenza più o meno lunga, perdono il senso della misura e
della propria umanità e si macchiano di u{bri~.
il secondo stasimo dell’Edipo re canta : "la prepotenza fa
crescere il tiranno (u{bri~
futeuvei tuvrannon),
la prepotenza/ se si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono opportuni
e non convengono/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità
scoscesa/dove non si avvale di valido piede"(vv. 873-879).
L’uomo di potere infatti prima o poi si azzoppa
e diventa come Edipo-Piedone o come il lamely
Riccardo III[1].
“Sono
rari i sovrani che apprendono la saggezza nella sovranità. Al contrario,
l’occupazione del potere suscita un delirio di potenza, e la sete di potere
suscita il più delle volte ambizioni smisurate. Così intorno al potere si
moltiplicano colpi di stato, assassini, fratricidi, patricidi, così ben
descritti da Eschilo, Sofocle, Euripide, Shakespeare, mentre la follia insita
nel potere è stata mirabilmente mostrata da Calderón de la Barca ne La vita è sogno. Minacciati da rivali o
da pretendenti, i despoti diventano patologicamente diffidenti di tutto”[2].
Più di ogni altro, il vicario di Cristo deve escludersi dal
potere la cui logica esclude la pietas.
Lo dichiara Agamennone nell’Aiace di Sofocle: “tov toi tuvrannon eujsebei'n ouj rJa/dion” (v. 1350), non è facile che un
tiranno sia anche una persona pia.
Tra gli scrittori latini, Seneca, il fallito educatore di
Nerone, maledice costantemente il potere. Ne sapeva qualcosa.
Il regnum secondo il filosofo è un fallax bonum del
quale non c'è da gioire: copre grande quantità di mali sotto un aspetto
seducente:" Quisquamne regno gaudet? O fallax
bonum/quantum malorum fronte quam blanda tegis"(Oedipus,vv.7-8), qualcuno gode del regno? O bene ingannevole,
quanti mali copri sotto una facciata così lusinghiera! Sono parole di Edipo che
dà inizio al dramma descrivendo l'infuriare della pestilenza nella sua terra.
Il tema fondamentale
di tutto il teatro senecano è che potere e regno oincidono con la frode, con
l'Erinni familiare, con il furor mentre l'unica salvezza è la obscura
quies [3],
la serenità del proprio cantuccio, l'esser parte indistinguibile della folla.
L'avversione al regno ha come aspetto complementare l'esaltazione della
tranquillità di ogni piccolo uomo, uno qualsiasi della massa silenziosa: felix
mediae quisquis turbae, come canta un coro dell' Agamennone (v.
103). Liceat in media mihi/latere turba (Thy. 533 sg,) afferma
Tieste prima di cadere nelle lusinghe del potere e nella trappola tesagli da
Atreo.
Il secondo coro
del Thyestes formato da vecchi micenei contrappone al tiranno crudele e
avido un'immagine della regalità interiore:"rex est qui posuit metus/et
diri mala pectoris,/quem non ambitio impotens/et numquam stabilis favor/vulgi
praecipitis movet,/non quidquid fodit Occidens,/aut unda Tagus aurea/claro
devehit alveo" (vv. 348-355), è re chi ha deposto le paure e le
cattive passioni dell'animo crudele, quello che l'ambizione sfrenata non tocca
e l'instabile favore del volgo precipitoso, né tutto quello che l'Occidente
scava, o il Tago trasporta nel letto lucente con l'onda ricca d'oro.
Manzoni riprende
il tovpo" del disvalore del potere nell' Adelchi quando il protagonista ferito consola il
padre, il re longobardo sconfitto e
detronizzato :"Godi che re non sei; godi che chiusa/all'oprar t'è ogni
via: loco a gentile,/ad innocente opra non v'è: non resta/che far torto, o
patirlo. Una feroce/ forza il mondo possiede, e fa nomarsi/Dritto.." (V,
8). E' il diritto del più forte.
Utilizzerei questi versi per dire a Ratzinger, se ce ne
fosse bisogno: “godi che papa non sei!”
Manzoni
presenta come vero cristiano il cardinale Federigo Borromeo che cercava di
scansare “le dignità”:" egli,
persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar
con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non
in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle" ( I Promessi Sposi, cap. XXII).
Ratzinger è stato più bravo:
è riuscito a scansarle acquistando con la sua rinuncia al potere una dignità
più alta.
Alla fine del dibattito costituzionale
raccontato da Erodoto, il nobile persiano Otane non entrò in lizza per
diventare re, dicendo parole belle assai, una specie di manifesto
dell'antisadismo:"ou[te
ga;r a[rcein ou[te a[rcesqai ejqevlw" (III, 83, 2), infatti non voglio
comandare né essere comandato[4].
Credo di avere riconosciuto un’eco di
questa splendida affermazione nel film di
Chaplin The great dictator (1940): il
barbiere, sosia di Hynkel-Hitler, scambiato per il grande dittatore, deve fare
un discorso che legittimi ed esalti la prepotenza del tiranno, presentato alla
folla come il futuro imperatore del
mondo dal ministro della propaganda Garlitsch-Goebbels. Ebbene il barbiere non rispetta
la parte che gli hanno assegnato e dice: “I’m
sorry, but I don’t want to be an emperor. That’s not my business. I don’t want
tu rule or conquer anyone”, mi dispiace, ma io non voglio essere
imperatore, non è il mio mestiere, io non voglio governare o conquistare
nessuno.
E continua: “I should like to help everyone…greed has poisoned mens’s souls”, mi
piacerebbe aiutare tutti…l’avidità ha avvelenato le anime umane.
Sia onore dunque a Joseph Ratzinger il quale ha
fatto la scelta più bella, cristiana e umana nello stersso tempo, dando un
esempio ai miserabili e pezzenti mentali che intrallazzano, brigano, talora
rubano e uccidono per una poltrona o anche una poltroncina situata spesso in
ambienti simili alla corte di Macbeth dove ci sono pugnali perfino nei sorrisi degli uomini[5].
Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it
[1]
The bloody
king (IV, 3), il re sanguinario di Shakespeare, Riccardo III si
presenta dicendo di essere:"so
lamely and unfashionable/That dogs bark at me, as I halt by them "(I,
1), così claudicante e goffo che i cani mi latrano contro quando gli passo
vicino arrancando
[2]
E. Morin, L’identità umana, p. 164.
[3]
Fedra 1127.
[4] Diodoro Siculo racconta una cosa del genere a proposito
degli Indiani: essi hanno una bella usanza introdotto dai filosofi: non ci sono
schiavi e rispettano in tutti l’uguaglianza: “tou;~ ga;r maqovnta~ mhvq j uJperevcein mhvq j uJpopivptein a[lloi~ kravtiston e{xein bivon pro;~ aJpavsa~ ta;~
peristavsei~” (Biblioteca storica, 2, 39, 5), poiché quelli che hanno imparato a
non prevalere e a non sottomettersi ad altri avranno una vita migliore in tutte
le circostanze.
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