La persona dotata di spirito critico
trova abominevoli i luoghi comuni, almeno quelli della pubblicità che
vorrebbero negare bellezza e moralità con i decreti, i bandi e gli editti del
mercato. E se si fanno bene i conti, la pubblicità è ubìqua, è dappertutto.
Chi la scimmiotta, se lo fa convinto,
incarna una rozza forma di idiozia; chi echeggia in buona fede quello che “si
dice”, “si deve dire”, perché così fan tutti, è solo stupido.
Se invece uno ripete i luoghi comuni in
mala fede, per opportunismo, o per servilismo adulatòrio, in questo caso l’ybris
è un peccato di immoralità e disonestà.
Per luoghi comuni non intendo ovviamente
i loci, gli argumenta, i topoi della
letteratura e della filosofia che sono spesso segni di cultura, e sono forieri
di spirito critico. Questo breve scritto “lucianèo” intende denunciare le
sozzure inculcate troppo spesso dalla propaganda del mercato attraverso la
televisione e i suoi corifèi.
Si tratta di un repertorio di frasi,
motti, battute, o anche atteggiamenti e ammiccamenti che sono funzionali al
profitto degli speculatori e dei loro servi, e sono diretti a coltivare, con il
loro concime, l’ignoranza della gente che si lascia colonizzare da tale sapere odioso e falso.
Questo infama l’estetica e l’etica, è un
nulla versato nel vuoto della gente
espropriata di ogni cultura, e, mentre solletica la parte bestiale delle
persone, si spaccia per saggezza.
Particolarmente disgustoso in quanto più
pericoloso è il luogo comune irrazionale spacciato per “politicamente corretto”.
Per esempio: “non ci sono abbastanza donne nei
posti di potere”. Con spirito critico si può rispondere che, siccome i posti di
potere sono cloache[1] dove si fa del male,
le donne per bene se ne tengono volontariamente lontane.
Joseph Ratzinger, che pure non è una donna,
si è nobilmente allontanato dal soglio. Si
parva licet, quando potevo scegliere, non ho mai voluto fare il preside, né il
presidente né il vice presidente di alcuna commissione.
E nemmeno io sono una donna, ma le donne
mi piacciono molto, se non si fosse capito.
Altro luogo comune di gran moda: “i
giovani devono prendere il posto dei vecchi”. Si dovrebbe aggiungere, per lo
meno: “purché siano onesti, generosi, e capaci”. I giovani possono essere
disonesti e imbecilli quanto gli attempati. Sono comunque meno esperti, del
male e pure del bene.
Tutti i partiti dunque si vantano di
avere candidato parecchie giovani donne alle più alte cariche.
Ebbene, in televisione si vedono alcune
giovani, o che si atteggiano a giovani, portaborse e portavoce selezionate dai
caporioni proprio per la loro disponibilità a ripetere gli slogan del
partito. Io preferirei mille volte una
Rita Levi Montalcini a tali “ragazze” che, agghindate e affaccendate sulle
greppie del regime, ripetono e ruminano sfacciatamente parole dettate dai loro
mandanti. E hanno pure la sfrontatezza di
cominciare i discorsi non loro dicendo “io”.
Ancora un luogo comune: le invasioni
militari di paesi, dove di fatto si spara, si uccide e si muore, sono “missioni
di pace”. Oppure che gli Stati Uniti dove vige ancora la crudele e barbarica
pena di morte, dove i poveri sono lasciati morire per la strada, è la più
grande, bella e moderna democrazia del mondo. Perciò l’abbiamo presa a modello
e ora, intanto, anche da noi i figli
degli operai non possono più andare all’Università.
Quindi, secondo tale logica ribaltata,
sarebbe sacrosanto bombardare i paesi
“canaglia” dove si praticano riti e si conservano antichi costumi
diversi dai nostri.
Erodoto, diverse decine di secoli fa,
diceva che Cambise, il re persiano successore di Ciro, era completamente pazzo
poiché scherniva riti e usi stranieri[2] , nella fattispecie quelli degli
Egiziani dei quali il saggio Solone riconosceva la nobile antichità.
I luoghi comuni non vedono le situazioni
come problematiche.
“Molte sono le cose inquietanti e nessuna
è più inquietante dell’uomo” è lo squillo iniziale del primo stasimo
dell’Antigone di Sofocle.
Ebbene l’inquietudine per l’uomo deinov~
(terribile e meraviglioso) sparisce come per miracolo, se uno guarda la faccia
da finto tonto di Fazio, e nota le parole che dice, le mosse, i sorrisetti che fa.
Allude sempre a quello che è bene, che è giusto, che è bello avere in
testa, poiché tutti i buoni, quelli come lui, la devono pensare nella stessa
maniera. Se si diventa come è lui, rinunciando a se stessi, non c’è più niente
di problematico. Poi si diventa pure ricchi e famosi.
Chi ci casca, chi lo trova onesto e
simpatico, subisce una grossa presa in giro, per usare un eufemismo, perché
quell’uomo dal sorriso ambiguo, nemmeno fosse la Gioconda, è valutato e pagato
milioni dalla logica del mercato. Infatti lui ne raccomanda i decreti e ne
promuove i profitti facendosi vedere tanto, ma tanto buono: onesto, genuino e
buono come un maritozzo del Mulino Bianco. Così atteggiandosi, insegna a non
pensare, a non criticare, a essere prosseneti melensi, insomma a imitarlo per
avere successo e diventare come lui.
Se fosse una persona per bene, si
vergognerebbe assai della discrepanza immorale tra la sua spropositata mercede
e il sudato salario di un operaio. Si vergognerebbe, la denuncerebbe, la
rifiuterebbe. Qualcuno può pensare che queste parole siano suggerite da
invidia. Io in effetti ammiro e cerco di emulare quelli più capaci di me, nel
mio campo che è l’educazione dei giovani e dei non giovani attraverso la
parola.
Ma cosa sa fare colui? Accresce
culturalmente e moralmente chi lo guarda? Non credo
Infatti non fa che sorridere, dire mezze
parole con una maschera fissa da probo e moderato che copre una feroce
ingordigia di fondo. Del resto questa traspare dalla pancetta.
Quell’altra, la petulante e grossolana
scatologica[3] che gli fa da
spalla costituisce la falsa antitesi di
una tesi falsa: quei due adulatori sono il gatto e la volpe di Pinocchio e
fanno il loro esclusivo interesse[4].
Giovanni ghiselli
g.ghiselli@tin.it
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[1]Cfr. Dante, Paradiso, XXVVI, 25-26” Fatt’
ha del cimiterio mio cloaca/del sangue e della puzza”. E’ san Pietro che parla
della sede del suo martirio.
[2] Cfr
Erodoto III, 38: “pantach'/
w\n moi dh'lav ejsti o{ti ejmavnh
megavlw" oJ Kambuvsh"", da ogni punto di vista dunque per me è
evidente che molto matto era Cambise.
[3] Da skw`r-skatov~,
“escremento” e lovgo~ “discorso”.
[4] “Noi - riprese la Volpe - non
lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli
altri”
“Gli altri!” ripetè il Gatto.
“Che brave persone!” pensò dentro di sé
Pinocchio”
(Collodi, Pinocchio,XII capitolo)
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