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Terrò una conferenza su questa splendida donna ebrea il 26 marzo, alle 21
nell’ex cinema Castiglione di Bologna
Etty HillesumDIARIO 1941-43Adelphi, Milano, 1985
Le ultime parole del diario: “si vorrebbe essere un
balsamo per molte ferite”. Prima del misticismo “bisogna aver ridotto le cose
alla loro nuda realtà”Il realismo è greco. L’allegorismo è ebraico
(Pavese)Ebrea atipica. Il padre infatti insegnava lingue classiche.
Domenica 9 marzo 1941
Da un punto di vista erotico sono piuttosto raffinata, direi quasi
abbastanza esperta perché mi si consideri una buona amante: l’amore sembra
perfetto e invece rimane una Spielerei (passatempo) che gira
attorno alle cose essenziali, mentre qualcosa resta bloccato nel profondo di me
stessa, (p. 23)
“Il mondo rotola melodiosamente nelle mani di Dio” letto in Verwey. Anche
io vorrei p. 28.
Devi lavorare e basta…voglio spazzare bene il mio animo per far posto ai
miei studi, piccoli e grandi
Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco
meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non
si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero” p. 29)
Odiare è una malattia dell’anima (cfr. Ester biblica)
La vita non può essere rinchiusa in uno schema determinato.
Ls ossessività rispetto alle cose e alle persone è una forma di onanismo
Chi possiede la propria ricchezza interiore non vuole più possedere nulla.
Omnia mea mecum porto.
La letteratura e il teatro sono i campi in cui posso continuare a pensare.
La musica mi consente di abbandonarmi. Sento il desiderio dei classici puri e
sereni, non di questi tormentati moderni (cfr. Montale etc. autori che dicono
ogni male del mondo)
La "Classicità non è chiarezza sin dall'inizio, bensì contesa giunta
ad unità, discordia conciliata, angoscia risanata".1
Quando è in fase
positiva, le giornate si stendono davanti a lei come grandi, aperte
pianure che può attraversare liberamente, erano prospettive ampie e
sgombre.
“E ora mi
ritrovo in mezzo agli arbusti” (p. 39).
Ma a volte sente
il vuoto dietro le cose. Cfr. La noia
di Moravia.
Il mondo va in
pezzi ma dobbiamo tenerci in contatto con il mondo attuale
Mi sento così
ricca che questo vuoto non è entrato iu me
Mi sono
confrontata col dolore dell’Umanità e sono me stessa:” Etty
Hillesum, una laboriosa studentessa in una camera ospitale con dei
libri e con un vaso di margherite” (p. 48)-giugno-
La sorgente di
ogni cosa ha da essere la vita stessa, mai un’altra persona. Molti,
invece- soprattutto donne-attingono le proprie forze da altri: è
l’uomo la loro sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento
quanto mai distorto e innaturale” p. 50, 18 giugno)
A Deventer le mie
giornate erano come grandi pianure illuminate dal sole, ogni giornata
era un tutto ininterrotto, mi sentivo in contatto con Dio e con tutti
gli uomini-probabilmente, perché non vedevo quasi nessuno. C’erano
campi di grano che non dimenticherò mai, e dove mi sarei quasi
inginocchiata, c’era l’Ijssel, coi parasoli colorati, il tetto
coperto di canne, i pazienti cavalli. E poi il sole, che assorbivo da
tutti i pori” (p. 51)
Il grano che
nasce significa la resurrezione, come la morte è simboleggiata dal
taglio delle spighe. Giuliano Augusto nel 361 giunse ad Antiochia
quando si celebravano gli Adonēa,
le feste in onore di Adone “amato
Veneris, apri dente ferali deleto quod in adulto flore sectarum est
indicium frugum” (Ammiano
Marcellino, Storie,
XXII, 9, 15)
Altrove,
altrimenti, le giornate possono essere “fatte di mille pezzetti”
Dio essere sparito. Segno che non sto bene
“Devi strappare
ancora molto terreno alle onde arrabbiate, devi mettere ordine nel
caos” (p. 51)
“Forse, la
mancanza di donne importanti nel campo della scienza e dell’arte si
spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a
cui trasmettere poi tutta la propria conoscenza, calore, amore,
capacità creativa. La donna cerca l’uomo e non l’umanità” (p.
52, 4 agosto 1941)
A volte vorrei
essere nella cella di un convento, con la saggezza di secoli
sublimata sugli scaffali lungo i muri, e con la vista che spazia su
campi di grano-devono essere proprio campi di grano, e devono anche
ondeggiare al vento” (p. 53)
Devo avere il
coraggio di vivere la vita con la “carica di significato” che
essa pretende…e non devo considerare S. come un fine, ma come un
mezzo per continuare a crescere e maturare. Non devo cercare di
possederlo. E’ vero che la donna cerca la concretezza del corpo e
non l’astrattezza dello spirito. Per la donna il centro di gravità
è l’uomo singolo: chissà se la donna è in grado di spostare
questo centro senza violare se stessa, senza far violenza alla
propria natura?” p. 56
Sta di fatto che
devo vivere. A volte mi sento come un palo ritto in un mare
infuriato, fra le onde che lo battono da ogni parte. Ma io rimango
ben ferma e gli anni mi passano sopra” (p. 57, 4 agosto 1941)
Cfr. Edipo
a Colono Nel III Stasimo dell'ultima
tragedia di Sofocle, il coro, dopo un'affermazione di sapienza
silenica con relativo rifiuto di tutta la vita e della vecchiaia in
particolare, paragona l'anziano profugo cieco colpito da sciagure
terribili a una scogliera boreale che battuta dalle onde da tutte le
parti viene percossa d'inverno ( "pavntoqen
bovreio" w{" , ti" ajkta;-kumatoplh;x ceimeriva
klonei''''tai"
Edipo a Colono,
1240-1241).
Kafka, Diari,
5 dicembre 1914
“Una immagine
della mia esistenza, in questo riguardo, sarebbe una pertica inutile,
incrostata di brina e neve, infilata obliquamente nel terreno, in un
campo profondamente sconvolto, al margine d’una grande pianura, in
una buia notte invernale”
“Alle mie
sofferenze si accompagna sempre una curiosità oggettiva, un
interesse appassionato per tutto ciò che riguarda questo momdo , i
suoi uomini, i moti della mia anima”
“Qui è un
inferno. Per rappresentarlo, dovrei saper scrivere già molto bene.
In ogni caso, io vengo da questo caos, ed è mio compito portarmi più
in alto” (p. 57)
“Dentro di me
c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio.
A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta di pietre
e sabbia. Allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di
nuovo”. (p. 60)
“Devo proprio
diventare più semplice. Lasciarmi vivere un po’ di più. Non
pretendere di vedere già dei risultati. Ora conosco la mia cura:
accoccolarmi in un angolino e ascoltare quel che ho dentro,
“Ecco la tua
malattia: pretendi di rinchiudere la vita nelle tue formule, di
abbracciare tutti i fenomeni della vita con la tua mente, invece di
lasciarti abbracciare dalla vita” (p. 64, 9 settembre)
“Quel che ho di
veramente fisico è per molti versi incrinato e indebolito da un
processo di spiritualizzazione. E quasi me ne vergogno a volte. Le
cose veramente primordiali in me sono i sentimenti umani, una sorta
di amore e di compassione elementari che provo per le persone, per
tutte le persone. Non credo di essere adatta a un uomo solo. Non
potrei neppur essergli fedele , non per via di altri uomini, ma
perché io stessa sono composta di tante persone diverse” (p. 65,
6 ottobre)
“Sì, a volte
qualunque parola accresce i malintesi su questa terra troppo loquace”
(p. 67, 20 ottobre)
“21 ottobre,
dopo pranzo
La nascita di
un’autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo: è
la presa di coscienza che per te non esiste alcun aiuto o appoggio o
rifugio presso gli altri, mai. Che gli altri sono altrettanto
insicuri, deboli, indifesi. Che tu dovrai essere sempre la persona
più forte…Due vite non possono combaciare…Sola, Dio mio. E’
dura. Perché il mondo è inospitale. Ho un cuore molto appassionato,
ma mai per una persona sola: per tutte le persone. E’ un cuore
molto ricco, io credo
(Cfr. Don
Giovanni di Da Ponte: “Chi a una sola è fedele, con le altre è
crudele” ndr)
Ci si sente a
volte disperati, soli e impauriti, ma anche indipendenti e
orgogliosi. Sono affidata a me stessa e dovrò cavarmela da sola.
L’unica norma che hai sei tu stessa. E l’unica responsabilità
che puoi assumerti nella vita è la tua. Ma devi assumertela
pienamente. E ora si telefona a S.”
“stai cercando
di rinchiudere la vita in poche formule ma non è possibile, la vita
è infinitamente ricca di sfumature, non può essere imprigionata né
semplificata. Ma semplice potresti essere tu” (p. 69)
“Questo voler
ritornare al buio, al grembo materno, al collettivo; e d’altra
parte diventare autonoma, trovare la mia forma, strapparla al caos.
Sono tirata ora da un estremo ora dall’altro.
“Non bisogna
sempre pretendere dei grandi risultati, ma bisogna credere in quelli
piccoli. Sono già due giorni che lavoro senza lasciarmi andare ai
miei umori.
Brava ragazza!
(p. 69)
“Sei sanissima,
stai crescendo in direzione di te stessa, stai diventando autonoma. E
ora al lavoro” (p. 70)
Rapporto con il
cibo
Mangiare troppo è
un fatto simbolico. Vedeva mangiare troppo sua mamma “uno
spettacolo terribilmente triste e bestialmente disgustoso…Era come
se temesse che le sarebbe venuto a mancare qualcosa nella vita…Con
quella paura che nella vita ti sfugga qualcosa finisci per perdere
tutto, per mancare la realtà.”” (p. 71). E’ mancanza di
controllo.
“Questa vasta
giornata è tutta mia: scivolerò in essa molto dolcemente, senza
nervosismo e senza fretta…chiarezza e pace e fiducia in me stessa.
Come se, trovandomi in un fitto bosco, d’un tratto io giunga a un
luogo aperto, in cui possa coricarmi sulla schiena a riposare e a
guardare il cielo” (p. 74) Cercherò di irraggiare un po’ di
quell’amore che sento per gli uomini…Devi aver misura. E tu sola
puoi essere misura a te stessa.
Dobbiamo renderci
liberi dagli altri e nello stesso tempo lasciarli liberi, evitando di
farcene un’idea predeterminata nella nostra fantasia.
Egoismo e
avarizia del tempo- “Che è poi usato per pompare ancora un po’
di sapienza libresca nella tua testa già abbastanza confusa” p. 79
O si trova un
proprio pezzo di terreno e lo si difende, o si precipita nel caos
Però: perché le
persone si danno così ridicolmente da fare? P. 80
Si sente
minacciata dal caos.
Teme di essere
incinta: “non voglio prendermi la responsabilità di aumentare il
numero degli sventurati” p. 82
Devi studiare
pazientemente l’Idiota di
D. da cima a fondo. Come se fossi un salariato.
Ha più uomini:
“sono fedele a tutti”, nel cuore
Un aborto: Non ti
posso certo trasmettere forze sufficienti, troppi germi di malattie
ereditarie si aggirano nella mia famiglia” Il fratello Mischa è
stato portato a forza in una casa di cura mentale.
“Sento di
essere tutt’uno con la vita” Il mio cervello è piacevolmente
stanco. Se dai troppo importanza a te stessa ti agiti e fai chiasso,
allora ti sfugge l’eterna corrente della vita.
Non importa se
studio una pagina in più o in meno. “Purché tu viva dando ascolto
al ritmo che ti porti dentro-a ciò che sale dal fondo di te
stessa…l’unica sicurezza su come tu ti debba comportare ti può
venire dalle sorgenti che zampillano dal profondo di te stessa.” P.
87
I genitori hanno
lasciato troppa libertà ai figli: non li hanno aiutati a trovare una
forma poiché non ne avevano una loro.
31 dicembre 1941
un anno buono “per la mia grande presa di coscienza. Il che
significa poter disporre delle mie forze più profonde…non
lasciarsi più guidare da quello che si avvicina da fuori, ma da
quello che s’innalza dentro” (p. 93)
Una testa
sarcastica da Mefistofele (cfr, Travaglio)
“Pare che io
sia in un periodo di grande fioritura, irradio luce in tutte le
direzioni” (p. 97, 11 gennaio 1942)
L’unica lezione
di questa guerra: vediamo il marciume negli altri e dobbiamo
strappare via quello che è in noi. Non la vendetta: “vivere solo
in funzione di quell’unico sentimento di vendetta: questo non ci
interessa proprio” (p. 100, 19 febbraio)
Devo andare con
S. alla Gestapo ma trovo ugualmente bella la vita, p. 100 25
febbraio.
“Quel che un
uomo ha in mano è il proprio orientamento interiore verso il
destino” ducunt volentem fata,
nolentem trahunt (Seneca Epist.
107, 2).
Prima trova
ridicolo un ragazzo della Gestapo che bercia, poi prova pena per lui.
Non sono capace di odiare. “Quel che fa paura è che certi sistemi
possano crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti
in una morsa diabolica, gli autori come le vittime” (p. 102, 27
febbraio)
Se tu vivi
interiormente, forse non c’è neanche tanta differenza tra essere
dentro o fuori di un campo. ..Si ha la sensazione di avere un destino
in cui i fatti si innescano in una successione ricca di
significato…la vita è davvero bella” (p. 105, 12 marzo).
Pedala la
bicicletta e sente la primavera e la ama e si sente amata
Torna spesso la
bicicletta: chi la ama, ama l’amore, il sesso e la vita.
Sulle piante del
Wandelweg è scritto “vietato agli Ebrei” che non possono
passeggiare in quel luogo. Cartelli che diventano sempre più
numerosi
“ e ciò
nonostante, quanto spazio in cui si può ancora stare e essere lieti
e far musica e volersi bene!” p. 107
Sente il bisogno
di inginocchiarsi quando teme di precipitare nel caos
18 maggio 1942
Le minacce e il
terrore crescono di giorno in giorno…Etty alza un muro e costruisce
una cella con le preghiere
Michelangelo e
Leonardo. Anche loro sono nella mia vita e la riempiono. Dostoevskij
e Rilke e Sant’Agostino E gli Evangelisti. Frequento un’ottima
società (p. 112)
“Io guardo il
tuo mondo in faccia, Dio, e non sfuggo alla realtà per rifugiarmi
nei sogni…e continuo a lodare la tua creazione, malgrado tutto
Osservazione
della natura: le giovani foglioline verdi che coprono i rami nudi:
“un vello di riccioli sui loro nudi e duri corpi di asceti” (p.
114)
Sento la vita che
mi abbraccia e protegge e non credo che la guerra o altre insensate
barbarie umane potranno cambiarvi qualcosa.
Mi pacerebbe
dipingere poche parole su uno sfondo muto, parole organicamente
inserite in un gran silenzio e non parole che esistono solo per
coprirlo e disperderlo.
Divieti agli
Ebrei: entrare nei negozi di frutta e verdura, tenere le biciclette
che dovranno consegnare, salire sui tram, uscire di casa dopo le otto
di sera. Ma conta più il sentimento interiore che le circostanze
esteriori
Le disposizioni
minacciose devono andare a schiantarsi contro la mia sicurezza e
fiducia interiori. Gli impedimenti non devono diventare paralizzanti:
devo acclimatarmi alla mia condizione quotidiana.
Obbligo morale
del lavoro (studio) con sufficiente concentrazione e intensità. Le
disposizioni fastidiose non devono dare umiliazione a chi le subisce.
“Ma sopra
quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il
cielo, tutto quanto…Possono renderci la vita un po’ spiacevole,
possono privarci di qualche bene materiale, o di un po’ di libertà
di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze
migliori col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci
perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e con la
millanteria che maschera la paura…siamo soprattutto noi stessi a
derubarci da soli. Trovo bella la vita e mi sento libera. I cieli si
stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e
oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è
grave…Una pace futura potrà essere veramente tale…se ogni uomo
si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza
o popolo” (p. 127)
Guardare il cielo
Guardare il cielo
apre gli occhi dell’anima a Bill Loman, il figlio di Willy Loman,
il commesso viaggiatore di Arthur Miller.
Il padre,
infuriato in seguito a un aspro diverbio, gli dice: “E allora
impiccati! Fammi quest’ultimo dispetto! Impiccati!” e il giovane
risponde: “No, Willy, nessuno s’impicca! Oggi mi sono precipitato
per dodici piani con una penna in mano. E tutt’a un tratto mi sono
fermato, capisci? In mezzo alle scale mi sono fermato e ho visto il
cielo. Ho visto le cose che mi piace fare a questo mondo. Lavorare e
mangiare e sdraiarmi, fumare una sigaretta. E stavo lì con questa
penna in mano e mi sono detto: ma che Cristo l’ho rubata a fare?”.
Baccanti vv.
1263-1268 sticomitia
Agave non
capisce cosa ci sia che non va.
Cadmo le
chiede di guardare il cielo
“Perché?”
Domanda la figlia
“Ti sembra
immutato o in via di cambiamento?”
“Più
luminoso di prima”
“Sei ancora
fuori di te?
Agave risponde
con due trimetri giambici (1269-1270)
“Non capisco
bene ma sto tornando in me”
Agave
Che cosa c'è che
non va bene in questo o che cosa porta pena?
Cadmo.
Per prima cosa
lascia il tuo occhio aperto qua al cielo. Euripide, Baccanti,
1264
“dobbiamo
affrancarci dalle cose materiali ed esteriori a un punto tale che lo
spirito possa continuare comunque il suo cammino, e il suo lavoro. E
dunque: niente cioccolata, ma latticello” (p. 128)
Orrori della
guerra e dei campi di sterminio: “Eppure trovo questa vita bella e
ricca di significato. Ogni minuto” (p. 134)
Preghiera:
“Signore, ti prego, rendimi un po’ più semplice” (p. 134)
59. 1. Amiamo il
bello con semplicità. Tucidide. Paideia è formazione (Bildung)
non solo scolastica ma anche politica dell’individuo. Marco Lodoli:
la semplicità è complessità risolta, non facilità. Gončarov: la
semplicità significa intelligenza ed è differente dall’astuzia.
Ezra Pound e l’America. Plutarco: Solone e la meschinità di Creso.
Luciano (Come si deve scrivere la
storia) e l’ajpeirokaliva
che induce alla micrologica ciancia. Nigrino
e il cattivo gusto degli arricchiti romani che sfoggiano porpore e
anelli. Bertolt Brecht: la semplicità difficile a farsi. Euripide:
Polinice nelle Fenicie
(semplicità e verità), Achille nell’
Ifigenia in Aulide (semplicità e
pietà).
Nelle Fenicie
di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la
giustizia e con la verità:"aJplou'"
oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva"
e[fu,-kouj poikivlwn
dei' ta[ndic'
eJrmhneuavtwn" (vv.
469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme
a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate.
Invece l' a[diko"
lovgo" , il discorso
ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici
scaltri:"nosw'n
ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n"
(v. 472).
Chirone,
dikaiovtato"
Kentauvrwn,
il più giusto dei Centauri, "nodrì Achille"
insegnandogli quella naturalezza e semplicità di costumi che è la
quintessenza dell'educazione nobile. Il figlio di Peleo nell'Ifigenia
in Aulide riconosce
tale alta paideia all'uomo piissimo che l'ha allevato insegnandogli
ad avere semplici i costumi:"ejgw;
d j, ejn ajndro;" eujsebestavtou trafei;"-Ceivrwno",
e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein"
(vv. 926-927).
In
tal modo il figlio di Peleo si abituò a
scartare gli usi degli uomini malvagi (v. 709).
Winckelmann: la
nobile semplicità e la quieta grandezza dei capolavori greci.
Leopardi: la semplicità è naturalezza, mancanza di affettazione.
Schopenhauer: contro i vuoti ghirigori della filosofia hegeliana.
Lucrezio e gli stolidi
che ammirano le parole contorte. Cicerone: quae
sunt recta et simplicia laudantur.
Orazio: simplex munditiis.
Marziale (prudens
simplicitas)
e il Nuovo Testamento (prudentes
sicut serpentes et simplices sicut columbae)
. Ancora Tucidide: la semplicità è il nutrimento dell’anima
nobile che viene derisa dalla volgarità della guerra civile.
Nietzsche: il desiderio della semplicità inattuale.
“Io credo in
Dio anche se tra breve i pidocchi mi avranno divorata in Polonia”
(p. 136)
Sono accanto agli
affamati, ai maltrattati, ai moribondi, ogni giorno, ma sono anche
vicina al gelsomino e a quel pezzo di cielo dietro la mia finestra,in
una vita c’è posto per tutto “ (p. 136)
La maggior parte
degli occidentali non capisce l’arte del dolore. Si può soffrire
in modo degno o indegno dell’uomo
La stanchezza, il
dolore, la stessa morte fanno parte della vita
“Se dobbiamo
andare all’inferno, sia con la maggior grazia possibile!” (p,
138, 3 luglio 1942)
“Ho il dovere
di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino
all’ultimo respiro” (p. 139)
Cfr. La morte di
Polissena nell’Ecuba e il commento su quella di Cleopatra
La principessa
troiana Polissena nella tragedia Ecuba
di Euripide dice alla madre: per chi non è abituato a mali
oltraggiosi è meglio morire: "to;
ga;r zh'n mh; kalw'" mevga" povno""
(v.378), infatti vivere senza bellezza è un grande tormento.
La
bellezza e la dignità della morte vengono anteposte alla
degradazione della vita da Cleopatra, l'ultima dei Tolomei: lo
capisce l'ancella Carmione la quale, al soldato che, vedendo il
cadavere della regina, le ha domandato : "kala;
tau'ta Cavrmion ;" è bello
questo?, risponde con il suo ultimo fiato: "kavllista
me;n ou\n kai; prevponta th'/ tosouvtwn ajpogovnw/ basilevwn"
(Plutarco, Vita di Antonio,
85, 8), è bellissimo e si confà a una donna che discende da re
tanto grandi. Lo stesso personaggio dell'Antonio
e Cleopatra di Shakespeare,
all'ottuso guardiano (First Guard)
che le ha posto la medesima domanda retorica (Charmian,
is this well done?) , replica : "It
is well done, and fitting for a princess-Descended of so many royal
kings. Ah, soldier! (5, 2)", è
ben fatto e adatto a una sovrana discesa da tanti nobili re. Ah
soldato!
La prospettiva
della morte può anche arricchire la vita di significati.
Ogni giorno ci si
libera di qualche piccolezza.
Ricorda un
soldato tedesco kasher,
per bene, il quale soffre anche lui
“Non ci sono
confini tra gli uomini sofferenti, si patisce sempre da una parte e
dall’altra e si deve pregare per tutti” (p. 142, 3 luglio)
“Un barlume di
eternità filtra sempre più nelle mie piccole azioni e percezioni
quotidiane. Io non sono sola nella mia stanchezza malattia tristezza
o paura, ma sono insieme con milioni di persone di tanti secoli:
anche questo fa parte della vita che è pur bella e ricca di
significato nella sua assurdità, se la si sente come un’unità
indivisibile” (p, 143)
Cfr. Il pianto
dei bambini di Medea e quello che il Coro evoca dal fondo dei secoli.
Cfr. Ama il prossimo tuo perché è te stesso.
Un precedente del
crimine di Medea: quello di Ino figlia di Cadmo. Un altro è quello
di Procne.
Quinto Stasimo
Seconda antistrofe ( Medea
di Euripide, vv. 1282-1292)
Di una sola sento
raccontare, una sola donna
tra quelle del
passato che avventò le mani sui propri figli,
Ino resa pazza
dagli dèi, quando la moglie
di Zeus la cacciò
di casa per vagabondaggi;
e la disgraziata
precipita in mare per l'empia
uccisione dei
figli,
tendendo il piede
oltre il promontorio marino,
e muore portando
con sé nella morte i due figli.
Che cosa dunque
potrebbe accadere ancora di terribile? o
letto delle donne
pieno di
affanni, quanti mali hai già
procurato ai
mortali! 1292.
Il pianto di
morte dei figli di Medea non è più un grido udito nella stanza
accanto. E’ l’eco di molti pianti di bambini dall’inizio del
mondo, bambini che ora sono in pace e la cui sofferenza antica è
diventata in parte mistero, in parte musica. La Mermoria-quella
Memoria che era la madre delle Muse- ha compiuto la sua opera. Noi
vediamo qui la giustificazione dell’alto formalismo e delle
convenzione della tragedia greca. Essa può toccare, senza
indietreggiare qualunque orrore di vita tragica, senza mancare di
sincerità e senza guastare la sua normale atmosfera di bellezza.
Essa porta le cose sotto la grande magia di qualche cosa cui è
difficile dare un nome, ma che io ho tentato di indicare in queste
pagine; qualche cosa che noi possiamo pensare come eternità o
l’universale o forse perfino come Memoria. Perché Memoria, usata
in questo modo, ha un potere magico.
Torniamo
a Etty
La vita va
accettata come unità indivisibile. Non deve perdere la sua
globalità.
La vita nelle
difficoltà si fa più povera ma anche più ricca perché ogni
piccola cosa diventa un dono insperato che riempie di riconoscenza.
“Riconoscere le
proprie debolezze non significa lamentarsene: questa sì che sarebbe
una miseria, anche per gli altri” (p. 145)
Molti si
lamentano delle ingiustizie solo quando toccano a loro, “quindi non
è un’indignazione veramente radicata e profonda”.
Conta che le cose
buone ci siano, non che tocchino proprio a me-
Una risposta
tagliente è riservata alle persone di spirito
“Non ho nessun
bisogno di fare una figura coraggiosa, ho la mia forza interiore e
questo mi basta, il resto è irrilevante” (p. 147)
Alle nostre
spalle una vita sregolata di molti amori trascorsi in molti letti.
“Che forza
primordiale vien fuori dall’Antico Testamento e che radice
‘popolare’ anche. Magnifiche figure, forti e poetiche, vivono in
quelle pagine” (p. 149)
La forza
autentica, primaria, non è quella materiale, ma consiste nel fatto
che pure se si soccombe miseramente, fino all’ultimo si sente che
la vita è bella e ricca di significato, che si è realizzato tutto
quanto in noi stessi, e che la vita era buona”.
“Il mio
destino, con tutte le minacce insicurezze fede e amore, mi andava a
pennello come un vestito che fosse stato cucito appositamente per me”
p. 152)
7 luglio 1942
“Persino dalla sofferenza si può attingere forza…Nella generale
rovina delle cose, in tutta la mia stanchezza, sofferenza e così
via, rimane pur sempre la mia gioia, la gioia dell’artista
nell’osservare le cose, e nel traformarle nel suo spirito in
un’immagine sua” (p. 157)
La mandano a
lavorare in una fabbrica di munizioni
“Se il nostro
odio ci fa degenerare in bestie come sono loro, non servirà più a
nulla” (p. 157)
“Dobbiamo osare
il gran salto nel cosmo, e allora sì che la vita diventa
infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi
dolori” (p. 158)
Vuole portarsi
dietro Rilke, Il libro d’ore
e Lettere a un giovane poeta,
poi l’Idiota
di Dostoevskij.
“Si deve
diventare così semplici e senza parole come il grano che cresce, o
la pioggia che cade” (p. 160)
“Una volta è
Hitler; un’altra è Ivan il Terribile…quel che conta è se si
riesce a mantenere intatto un pezzo della propria anima” (p. 161)
Si dovrebbe
parlare di questioni gravi e importanti solo quando le parole ci
vengono semplici e naturali come l’acqua che sgorga da una sorgente
(p. 163)
11 luglio 1942
“Se i tratti
del mio viso diventeranno brutti e sconvolti dalla sofferenza e dal
lavoro eccessivo, allora tutta la vita del mio spirito potrà
concentrasi negli occhi” (p. 165)
C’è lo sdegno
morale per un regime che tratta così gli esseri umani, ma le cose
che accadono sono troppo grandi, troppo diaboliche perché si possa
reagire con un rancore e con un’amarezza personali (p. 167)…e mi
sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi. Quella di
ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un “destino
di massa”
Se non potrò
sopravvivere, si vedrà chi sono da come morirò
“E se Dio non
mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio” (p. 163, 10
luglio 1942)
“Cercherò di
aiutarti perché tu non venga distrutto dentro di me,” (p- 169)
siamo noi a dover aiutare te. Possiamo salvare un piccolo pezzo di te
in noi stessi, mio Dio. Ci sono persone che mettono in salvo
aspirapolvere, invece di salvare te, mio Dio. O vogliono salvare il
proprio corpo. Ma non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è
nelle tue braccia (p. 170)
14 luglio 1942
Se si teme troppo
per il nostro corpo, lo spirito viene dimenticato, s’accartoccia e
avvizzisce in qualche angolino. ((p. 172)
“L’uomo
occidentale non accetta il ‘dolore’ come parte di questa vita:
per questo non riesce mai a cavarne fuori delle forze positive” (p.
173)
Parole
appassionate che spesso erano fuochi di paglia
Non mi succederà
nulla quando riceverò l’ordine di partenza-“tanto, oramai, avevo
già vissuto e sofferto anticipatamente ogni cosa- (p. 174) Cfr. il
Tiresia di Eliot: io ho presofferto tutto.
Il doloroso grido
"io ho presofferto tutto" sarà ricorrente nella
letteratura europea: dall'Eneide
dove il pio eroe risponde così alla Sibilla che gli ha preconizzato
disgrazie:"non ulla laborum,/o
virgo, nova mi facies inopinăve surgit;/omnia praecepi atque animo
mecum ante peregi "(VI,
103-105), nessun aspetto delle fatiche, vergine, mi si presenta nuovo
o inaspettato: io ho presofferto tutto e ho compiuto in anticipo
dentro di me con la mente.
In Curzio Rufo
Dario dice all’eunuco che gli portava la brutta notizia della morte
della moglie Statira: “ cave miseri
hominis auribus parcas: didici
esse infelix, et saepe calamitatis solacium est nosse sortem suam”
(4, 10, 26), non risparmiare le orecchie di un pover’uomo.
Infine il
Tiresia di Eliot:"and I Tiresias
have foresuffered all ", ed io
Tiresia ho presofferto tutto (La
terra desolata , 243).
T.
S. Eliot in una nota al v. 218 The
Waste Land
scrisse: " Tiresia, benché sia semplicemente uno spettatore e
non un 'protagonista', è però il personaggio più importante del
poema, poiché unisce tutti gli altri...e i due sessi si incontrano
in Tiresia. Ciò che Tiresia vede
infatti è la sostanza del poema". Il veggente cieco nel poema
eliotiano rivela la propria sapienza con queste parole:"Io,
Tiresia, ho presofferto tutto (v.243)...Io che sedetti sotto Tebe
presso le mura/ e camminai tra i più bassi dei morti"(vv.245-246).
“L’Infermo di
Dante è davvero un’operetta frivola al confronto”
Il 15 luglio Etty
ottiene un impiego nell’Ufficio per gli Affari Culturali del
Consiglio Ebraico. “Vittima” del favoritismo. E’ successo un
miracolo e anche questo deve essere accettato e sopportato” (p.
178)
19 luglio 1942
22 luglio
Seguo la mia via
interiore che è lastricata di benevolenza e di fiducia
23 luglio
Vado avanti e
imparo sempre qualcosa dagli uomini.
24 luglio
“Se tutto
questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più
umani liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa
vita, è stato inutile” (p. 185)
25 luglio
Il mio silenzio
profondo viene lambito da tante parole che stancano perché non
dicono nulla,
“Una rosa
gialla s’è schiusa al massimo e mi fissa, grande e spalancata (p.
187)
27 luglio
Un malumore mi
avverte ogni volta che ho preso una strada sbagliata (p. 189)
28 luglio
Ho camminato
lungo i canali come se avessi marinato la scuola
C’è differenza
fra temprato e indurito.
Lo amo, ma
sposarlo non vorrei. E’ troppo vecchio. “Infinite coppie si
formano all’ultimo momento, per disperazione. Preferisco esser sola
e per tutti” (p. 191)
“Sono certa che
ci sarà continuità tra questa vita e quella che ora verrà. Perché
è una vita che si svolge interiormente e lo scenario esteriore ha
sempre meno importanza” (p. 192)
Tra il 29 luglio
e il 5 settembre non ci sono pagine. Etty nel frattempo è partita
per il campo e Spier è morto.
15 settembre
1942, Etty è malata. Ha ricevuto il permesso di tornare ad Amsterdam
per alcuni giorni
“Il tuo “tu”
è stato per me una delle parole più carezzevoli che mi siano mai
state dette da un uomo –e sai bene che ero abituata a sentirne
tante.
Hören
Sie mal! Stia un po’ a sentire
17 settembre
Riposare in se
stessi, io riposo in me stessa, la parte più profonda e ricca di me
io la chiamo Dio 201 Amare è hineinhorchen
ascoltare dentro se stessi, gli altri, il contesto di questa vita.
“In fondo, la
mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri,
Dio., in realtà è Dio che ascolta dentro di me” (p. 202)
“Molti uomini
sono ancora geroglifici per me, ma pian piano imparo a decifrarli. E’
la cosa più bella che conosca: leggere la vita degli uomini” (p.
204)
Parlo sempre
ancora in modo più espressivo e lucido di quanto non sappia scrivere
“Si è a casa
sotto il cielo. Si è a casa dovunque su questa terra, se si porta
tutto in noi stessi” (p. 206)
Vorrei proprio
vivere come i gigli del campo (p. 207)
23 settembre
Non si combina
niente con l’odio.. non dovremmo arrivare al punto di odiare i
nostri cosiddetti nemici. Siamo ancora abbastanza nemici fra noi.
Ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per
cui ritiene di dover distruggere gli altri…ogni atomo di odio che
aggiungiamo al mondo lo rende ancora più inospitale
Matteo 6, 33 il
mio arricchimento. S. era “l’ostetrico della mia anima”.
Oltre i discorsi
vuoti e infiammati di uomini intimoriti, esiste anche la realtà del
ciclamino rosso-rosa e del grande orizzonte che si può scoprire
dietro il chiasso e la confusione di questo tempo” (p. 215)
25 settembre
Matteo, 5, 23.
Riconciliati con tuo fratello prima di portare un’offerta
all’altare
Rilke è stato
uno dei miei grandi educatori
28 settembre
Audi et
alteram partem
Aprirci un varco
fino alle sorgenti originarie che abbiamo dentro, che io chiamo Dio.
Matteo 6, 34 Non
affannatevi per il domani. A ciascun giorno basta la sua pena.
Non siate
inquieti per il domani, perché il domani avrà le sue inquietudini;
a ciascun giorno basta la sua pena (p. 221))
“In fondo, il
nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste
aree di tranquillità, di sempre maggior tranquillità, finché si
sia in grado di irraggiarla anche sugli altri.
Questo chiasso
sterile che si diffonde come una malattia contagiosa cfr. la
pubblicità
Si lamentano
delle privazioni le vite impoverite, le vite povere
30 settembre
Ho delle
responsabilità verso quelli che vorrei chiamare i miei talenti, Devo
rimanere fedele a tutti ma devo anche essere fedele al mio talento
“Da qualche
parte di me c’è un’officina in cui dei titani riforgiano il
mondo” (p. 223)
L’idea del
dolore va distrutta, mentre il dolore vero può essere fruttuoso e
può rendere la vita preziosa.
“E se si
distruggono i preconcetti che imprigionano la vita come inferriate,
allora si libera la vera vita e la vera forza che sono in noi” p.
224, 30 settembre)
“La morale
moderna consiste nell’accettare i luoghi comuni della nostra epoca,
ed io credo che per un uomo colto l’accettare i luoghi comuni della
propria epoca sia la più rozza forma di immoralità”.
Quando si ha
bisogno di tante argomentazioni c’è qualcosa che non va (p. 224)
Aspetto ancora un
tuo cenno, mio Dio.
Non provocare a
bella posta gli dèi che ti hanno organizzato meravigliosamente ogni
cosa, non distruggere il tuo lavoro
Fiorire e dare
frutti in qualsiasi terreno si sia piantati
Gli uomini
cercano negli altri uno strumento per coprire la propria voce
interiore. Se ascoltassimo solo un po’ di più questa voce…quanto
meno caos ci sarebbe.
8 ottobre 1942
Rileggerò
sant’Agostino. E’così austero e così ardente. In fondo quelle a
Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono
presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona
sola?
L’idea che per
tutta la vita si debba amare sempre e soltanto una persona mi sembra
infantile. Può impoverire e inaridire parecchio.
L’amore per la
persona reca più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso
12-10-42
Le mie
impressioni sono sparse come stelle sfavillanti sullo scuro velluto
della memoria (p. 236)
“Credo che
l’anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa
età non cambi più” (p. 236)
S. diceva sempre:
“Chi mi dice che la sua anima non sia più vecchia della mia” (p.
236)
Lettere da
Westerbork
3 luglio 43 a
Jopie e Klaas, cari amici pp. 243-247
Nelle grandi
baracche si vive come topi in una fogna.
Possiamo soffrire
ma non dobbiamo soccombere.
Il nostro nucleo
interiore diventa sempre più forte
10 luglio ‘43
Maria, ciao
La maggior parte
delle persone non è in grado di sopportare il proprio destino.
“Non bisogna
lasciarsi consumare dal dolore e dalle preoccupazioni per la famiglia
al punto di non provare più interesse e amore per il prossimo. Sono
sempre più convinta che l’amore per il prossimo, per qualsiasi
creatura a somiglianza di Dio, debba stare più in alto dell’amore
per i parenti” (p. 248)
Il sole dà
spettacolo ogni sera con un tramonto diverso.
Il mondo è bello
anche nei luoghi descritti come desolati. Del resto la maggior parte
dei libri non vale nulla e dovremmo riscriverli.
11 agosto 1943
(p. 250)
Qui è una
situazione disperata se non guardi alle apparenze come a pittoreschi
accessori che non intaccano il grande splendore che può essere una
parte inalienabile della tua anima.
Mi dicono “tu
volgi proprio tutto in bene”. E’ un’espressione priva di
coraggio. Le cose sono dappertutto completamente buone e, al tempo
stesso, completamente cattive. Così si bilanciano. Io non ho mai la
sensazione che devo volgere qualcosa in bene, tutto è sempre e
completamente un bene così com’è. Ogni situazione è qualcosa di
assoluto e contiene il bene come il male
L’espressione
“volgere qualcosa in bene” mi disgusta (p. 253)
Westerbork, 18
agosto
A Tideke
Mi hai resa così
ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani.
Lacrime di riconoscenza sgorgano da una profonda emozione e
riconoscenza
21-8-1943
Ci sono bambini
anche neonati
6-7-9 ‘43
Scritta da Jopie
agli amici di Etty
Etty è partita
Ho con e i miei diari, la mia piccola Bibbia, la mia grammatica
russa, Tolstoj e non so quante altre cose
Mille abilitati
alla deportazione anche i genitori e il fratello
Era anche un po’
contenta di vivere il destino a lei riservato
giovanni ghiselli
Appendice
Seneca invece
dice che dio ha creato il mondo perché è buono.
Quaeris quod
sit propositum deo? Bonitas. Ita certe Plato ait: “quae deo
faciendi mundum fuit causa? Bonus est: bono nulla cuiusquam boni
invidia est; fecit ita quam optimum potuit”
(Ep.
65, 10)
E in Ep. 95: “Vis
deo propitare? onus esto. Satis illos coluit quisquis imitatus est”
Tale
imitari
è
quella che Socrate chiama oJmoivwsi~
qew`/
, un farsi simile a dio. Questa
oJmoivwsi~
è una fuga (fughv)
dal mondo dove si aggira il male. E questo fuggire per andare lassù
è assimilarsi a Dio il più possibile, ossia acquistare giustizia,
santità e sapienza per divenire giusto e pio con sapienza ( fugh;
de; oJmoivwsi~ qew`/ kata; to; dunatovn: oJmoivwsi~ de; divkaion
kai; o{sion meta; fronhvsews genevsqai”
Teeteto,
176a -b).
Seneca ricorda
Platone il quale nel Timeo
ha scritto che il mondo è bello e il suo artefice è a[risto"
(28a-29a).
Vediamo meglio:
“eij me;n dh;
kalov" ejstin o[de oJ kovsmo" o{ te dhmiourgo;"
ajgaqov", dh'lon wJ" pro" to ajivdion e[blepen
(29a), se è bello questo mondo e l’artefice è buono, è chiaro
che guardò al modello eterno, se no, ma questo non è neppure lecito
(qevmi")
dirlo, egli guardò a un modello nato. Ma è chiaro che guardò a
quello eterno, e siccome il cosmo è kavllisto"
tw'n gegonovtwn, il più bello
dei nati, il demiurgo è a[risto"
tw'n aijtivwn, è
il migliore degli autori.
29a
L’artefice
dunque era buono ajgaqo;"
h\n (29e) e in uno buono non
nasce mai nessuna invidia oujdei;"
fqovno" ajgaqw' ejggivgnetai.
Immune
dall’invidia, l’artefice volle che tutte le cose diventassero
simili a lui il più possibile
30 a Poi, volendo
che tutte le cose fossero buone (ajgaqa;
pavnta) e nessuna priva di valore
(flau'ron de;
mhde;n ei\nai) per quanto
possibile. Prese quanto c’era di visibile (pa'n
oJratovn) e non stava quieto
(oujc hJsucivan
a[gon) ma si agitava senza
regola e ordine (ajlla;
kinouvnenon plhmmelw'" kai; ajtavktw"),
lo ridusse dal disordine all’ordine eij"
tavxin aujto; hgagen ejk th'" ajtaxiva".
Insomma non è lecito all’artefice ottimo fare altro che la cosa
più bella.
In conclusione si
deve dire dei'
levgein, kata; lovgon, che questo
cosmo è una creatura animata e intelligente tonde
to;n kovsmon zw'on e[myucon e[nnoun e
davvero generato
dalla provvidenza di Dio
te th'/ ajlhqeiva/ dia; th;n tou' qeou' genevsqai provnoian
(30b)
E’ Timeo che
parla
Giovanni Ghiselli
23 marzo, Bologna
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