14 settembre 2016, Festa dell'Unità, Bologna (il 2° da sinistra) |
Poi iniziò la decadenza: l'età argentea presentò le stagioni: non più
il ver aeternum (v. 107) ma una primavera abbreviata, quindi gli inverni
gelati, le aride calure estive e gli autunni incostanti. Intanto la violenza
cominciò ad esercitarsi sugli animali: i buoi gemettero oberati dal giogo (v.
124). L'età del bronzo non era ancora del tutto malvagia, comunque: "saevior
ingeniis et ad horrida promptior arma" (v. 126), più crudele nei
caratteri e più disposta alle armi raccapriccianti, non scelerata tamen (v. 127), però non criminale.
Segue l’ultima età prima del diluvio[1]: “de
duro est ultima ferro” (v. 127), l’ultima è di duro ferro.
E' l' età non più redimibile, quella del male integrale, quando omne nefas
, ogni empietà, irrompe nel genere umano:"fugitque pudor verumque
fidesque[2];/in quorum subiere locum fraudesque[3] dolusque/insidiaeque et vis et amor
sceleratus habendi[4]/…effodiuntur opes, inritamenta malorum;/
iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum[5]/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat
utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma./ Vivitur ex rapto; non
hospes ab hospite tutus,/non socer a genero, fratrum quoque gratia rara
est./Imminet exitio vir coniugis, illa mariti;/lurida terribiles miscent
aconita novercae;/filius ante diem patrios inquirit in annos./Victa iacet
pietas, et Virgo caede madentis,/ultima caelestum, terras Astraea[6] reliquit" (I, 129 - 131 e 140 - 150) e fuggì il pudore la sincerità, la
fiducia; e al posto di questi valori subentrarono le frodi, gli inganni, le
insidie e la violenza e l'amore criminale del possesso… si estraggono dalla
terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[7] e, più funesto del ferro, l'oro[8] era venuto alla luce : venne alla luce la
guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote
ordigni che scoppiano. Si vive di rapina; l'ospite non è al riparo dall'ospite,
non il suocero dal genero, anche l'accordo tra fratelli è poco frequente. Il
marito minaccia di rovina la moglie, questa il marito; mescolano squallide pozioni
velenose le terrificanti matrigne; il figlio scruta la morte anzi tempo negli
anni del padre. Giace sconfitta la carità e la Vergine Astrèa ,
ultima dei celesti, ha lasciato le terre sporche di strage.
Altra
età dell’oro in Ovidio: quella moderna
Ovidio nell'Ars amatoria[9] rovescia
la concezione topica dell'età dell'oro. "La trattazione del libro dedicato
alle donne", il terzo, "incomincia, dopo il lungo proemio, con una
specie di inno al cultus (Ars III 101 - 128). Il passo è
celebre...Senza cultus non avremmo i
frutti della terra, il vino e le messi. La forma,
la bellezza, è dono divino; è il cultus che
dà la bellezza anche a chi non l'ha. Si obietta che le donne dei tempi
antichissimi non ricorsero al cultus:
è perché i mariti, duri soldati, erano rozzi, senza gusto. La rudis simplicitas caratterizzò la Roma arcaica; ma nunc aurea Roma est (v. 113), e alla splendida Roma di
oggi, coi suoi superbi edifici, corrisponde meglio il cultus. Si colloca qui la più esplicita professione di modernità
lanciata da Ovidio (121 sg.): Prisca
iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis
"[10], le
anticaglie piacciano agli altri, io mi compiaccio di essere nato solo ora:
questa è l'età adatta ai miei gusti. Ovidio è il primo scrittore latino che osa
negare apertamente il mito del buon tempo antico per affermare la superiorità
della Roma moderna.
E' un
ribaltamento del mito dell'età dell'oro: il presunto "paese guasto" è
più piacevole e gradito del "mondo casto"[11].
Nella letteratura rinascimentale
c’è pure una antiutopia che deriva anch’essa dalla tradizione classica.
Odisseo ha trovato un’Arcadia
inospitale e montagnosa abitata dai Ciclopi nel IX dell’Odissea.
Odisseo dovrebbe essere il patrono
degli antropologi moderni: spinto dalla curiosità, vuole imparare. Omero è
certo che una società priva di leggi e di vita politica non è aurea. Platone lo
ribadirà nel mito di Prometeo nel Protagora.
C’è la natura pura dell’Arcadia
utopica e anche quella depravata dei cannibali: Ciclopi e Lestrigoni.
Gonzalo, conclusa l’utopia, si
stende sull’erba lussureggiante (lusty
grass) e green. Ma poco dopo, se
non intervenisse Ariel, succederebbe un fratricidio. La storia dunque distrugge
il mito.
Niente sovranità auspica Gonzalo,
ma in questa isola ci sono un padrone e uno schiavo e sussistono il meum e il tuum.
Caliban
chiama Prospero tyrant: “I am subject to
a tyrant” (III, 2)
Il brave new world si rivela quale ripetizione dei crimini e delle
follie del vecchio mondo. L’Utopia si è rivelata impossibile.
Nei masque rappresentati alla corte
degli Stuart, in occasione dei matrimoni aristocratici, le dee scendevano dalle
nubi a benedire gli sposi, mentre i cortigiani, vestiti da pastori arcadici,
celebravano l’avvento dell’età dell’oro. Ma il masque per celebrare le nozze
della Tempesta viene interrotto come succede per le nozze di Enea e Didone.
Il Rinascimento vedeva nel IV libro
dell’Eneide la tragedia passionale
della vedova Didone
Re Lear,
Macbeth
e Amleto sono più crudeli della Tempesta ma questo è il più amaro dei
drammi shakespeariani e la sua amarezza riflette le speranze perdute del
Rinascimento. Prospero vede le lacrimae
rerum.
Prospero è pius come Enea se pietas
è l’accettazione del destino.
Del resto non gli manca la
spietatezza di Enea.
And my ending is despair, a meno di essere soccorso da una preghiera
che muova la misericordia divina e le faccia perdonare le colpe (Epilogo)
Le tre ore del purgatorio
L’ora viene ricordata diverse
volte, è importante.
Il tempo della Tempesta si svolge tra la terza e la sesta ora
I tempi: Sycorax era incinta di
Caliban quando giunse nell’isola. Dodici anni dopo erano sbarcati Prospero e
Miranda; altri dodici anni dopo c’è la tempesta. Lo zodiaco si compone di 12
segni e per i neoplatonici il 12 era il segno dell’ordine cosmico e della
salvezza.
Due volte nella Tempesta viene rappresentata la scena
del regicidio: la prima come un dramma pieno di orrore, la seconda come farsa
beffarda: Calibano dice all’ubriaco e al buffone di fare in fretta ad ammazzare
Prospero, altrimenti se si sveglia riempirà la nostra pelle di pizzichi he’d fill our skun with pinches (IV, 1)
dalla punta dei piedi alla testa from toe
to crown.
Alla fine tutto torna come era 12
anni prima: Calibano re dell’isola, Prospero duca di Milano, e Ariel tornerà a
congiungersi con gli elementi. La clessidra misura il tempo ed è l’immagine del
tempo che si ripete e ritorna.
Nell’Eneide, a Cartagine Enea vede raffigurate le battaglie di Troia e
vede se stesso principibus permixtum
achivis (I, 488).
E’ stato scoperto il principio del flashback come ritorno drammatico e
spettacolare del passato. E un gran gemito gli scoppiò nel cuore. Nell’Eneide l’essenza della storia è nelle
città distrutte; nella tragedia scespiriana sono i regicidi.
Nell’Ade dove è sceso (sic!) Ulisse
non esistono castighi se non per quelli che hanno insultato gli dèi. Le teste
svigorite dei morti vagano per questa prigione frigorifero.
L’Ade di Omero è solo l’ombra del mondo (cfr.
Platone il “non greco”).
Nell’Ade virgiliano appaiono invece i giardini
del paradiso, l’inferno dei tormenti e il purgatorio (cfr. Platone, Fedone)
Nell’Eneide, Anchise mostra i futuri eroi di Roma da Silvio, figlio di
Enea, ad Augusto.
Nel Macbeth le tre sorelle profetiche fanno sfilare davanti a Macbeth
otto futuri re (V, 1)
Il fatum che spinge Enea a lasciare Didone è inexorabile (Georgica II,
491) e ineluctabile (Eneide, VII, 434)
Nella Tempesta c’è il crudele fatum
elisabettiano: Antonio, l’usurpatore, convince Sebastiano a ripetere la storia
dei sovrani assassinati e dice che quello che è avvenuto, proviene by destiny, dal destino che li invita a
recitare un dramma di cui il passato è il prologo e il futuro è a discrezione
vostra e mia.
Ma nella Tempesta c’è pure un altro
fatum: Miranda chiede: come
approdammo a riva? E Prospero risponde: by
Providence divine (I, 2)
Questa provvidenza è il matrimonio
dinastico che riconcilierà tutti
Ferdinando
dice di Miranda: “she is mortal, but by
immortal Providence she is mine” (V, 1)
Si presentano a Miranda tre
canaglie: Antonio, Alonso e Sebastiano. Ed ella dice: “O
wonder!, How many goodly creatures are there here!
How beatous mankind is! O brave new world, that has
such people in ‘t
E Prospero:
“’Tis new to thee (V, 1)
Prospero
seppellisce il suo libro di magia in fondo al mare più a fondo di quanto mai
scandaglio sia giunto (deeper than did
ever a plummet sound V, 1)
Le stesse parole
aveva usato Alonso per dire che il corpo di Ferdinando era deeper than a plummet sound in III, 3.
Qui tutto si ripete ma niente si purifica.continua
[1]
“L’età ferrea non siamo noi, data che questa umanità sarà poi cancellata dal
diluvio (cfr. v. 188: diversamente Esiodo,
Op. 175). L’effetto di romanizzazione è accompagnato dall’eco di un passo
del carme 64 di Catullo (397 sgg.) sulla decadenza che segue all’età eroica e
da echi più generici della tematica delle guerre civili e delle proscrizioni a
Roma. I tempi narrativi accompagnano questa illusione di “presentizzazione” del
mito, dato che a partire dal v. 140 una sequenza di perfetti e piuccheperfetti
cede il passo a un blocco di verbi al presente; cfr. Landolfi 1996, pp. 84 e 88
sg. Nonostante tutti questi indizi concomitanti, il poeta non dice, come
Esiodo, di vivere nell’età ferrea, mentre più tardi ammetterà di essere parte
della razza “pietrosa”, iniziata dopo il diluvio (cfr. v. 414 sg.)”, Alessandro
Barchiesi (a cura di) Ovidio Metamorfosi,
volume I, p. 172.
[2]
E’ l’ultima virtù che lascia la terra, ed è un valore di base della civiltà
latina. Cicerone nel De officiis (del 44 a. C.) dà una definizione della fides
" Fundamentum autem est iustitiae fides, id est dictorum
conventorumque constantia et veritas " (I, 23), orbene la fides è il fondamento della giustizia,
cioè la fermezza e la veridicità delle parole e dei patti convenuti.
[3]
E’ il primo vizio che subentra ed è l’antitesi della fides. Nel mondo rovesciato
dei servi plautini al posto del valore forte della fides, fondamento
della giustizia, troviamo quello della perfidia:" Perfidiae
laudes gratiasque habemus merito magnas" (Asinaria, v. 545),
abbiamo ragione di elogiare e ringraziare assai la Malafede , dicono due di
loro.
[4]
“Allude alla versione del mito in Virgilio, Aen.
VIII 327 amor succesit habendi”
(Alessandro Barchiesi, a cura di, Ovidio Metamorfosi,
volume I, p. 173.
[5]
“L’enfatica menzione dell’oro nell’aetas
ferrea, opposta alla perduta aetas
aurea, crea volutamente un certo disagio tra le forme tradizionali (vedi
l’insistenza di Esiodo sul bronzo come unica e universale materia usata dagli
uomini dell’età bronzea, Op. 144 - 151).
Ovidio modernizza il mito delle età inserendo l’oro come motore della degenerazione
morale: l’età del ferro, oltre che sulla guerra, ha un’economia basata sull’oro
e sullo scambio. Nella società romana, il nesso fra guerra e ricchezza è
particolarmente esplicito, per la sistematica pratica del saccheggio e per il
rapporto fra economia monetaria e servizio militare: la moneta statale è, in
primo luogo, paga del soldato” ” (Alessandro Barchiesi, a cura di, Ovidio Metamorfosi, volume I, p. 174.
[6]
“Accenno al mito di Dike, la vergine Astrea, che salendo in cielo va a formare
la costellazione della Vergine. La fonte principale è Arato, 96 sgg: la dea
della Giustizia nell’età del bronzo prima si ritira sulle colline e poi, ultima
divinità a lasciare la terra, si rifugia in cielo; ved. anche la versione di
Cicerone, Aratea, frr. 17 - 9
Soubiran…. Virgilio, Geor. II 473 - 474.
In Esiodo, Op. 197 sgg., nell’età
ferrea la terra era abbandonata da Aijdwv~
e Nevmesi~ (Rispetto e Punizione),
che scelievano di vivere presso gli dèi” (Alessandro Barchiesi, a cura di,
Ovidio Metamorfosi, volume I, p. 175.
[7]Ho
già citato l’episodio delle Storie di
Erodoto, I, 68) che si
conclude con la condanna della scoperta del ferro. Euripide nelle Fenicie attribuisce
alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwn…fovno"
" (vv. 672 - 673).
[8]
Di nuovo un oro nero; noi anzi possiamo pensare addirittura al petrolio per il
quale si è versato tanto sangue. Che il ferro e l'oro creino discordia tra gli
uomini portando differenziazioni economiche e sociali lo afferma anche Platone
nelle Leggi (679b).
[9]
Il III libro risale allo stesso periodo (verso l'1 d. C.) dei Medicamina
faciei cui Ovidio accenna ai vv. 205 e sgg.
[11]Cfr.
Dante, Inferno, XIV, 94 e 96.