Emily Balivet, Eris |
Nell'Orlando furioso (1532)
troviamo echi di questo risentimento contro le donne, messi in bocca
al personaggio di Rodomonte, scartato da Doralice.
Prima
il"Saracin" biasima l'instabilità e la perfidia delle
donne:" Oh feminile ingegno,-egli dicea-/come ti volgi e muti
facilmente1,/contrario
oggetto a quello della fede!/Oh infelice, oh miser 2
chi ti crede!" (27, 117).
Quindi
Rodomonte aggiunge il motivo esiodeo della femmina umana imposta come
punizione all'umanità maschile:"Credo che t'abbia la Natura e
Dio/produtto, o scelerato sesso, al mondo/per una soma, per un grave
fio/de l'uom, che senza te saria giocondo:/come ha prodotto anco il
serpente rio/e il lupo e l'orso, e fa l'aer fecondo/e di mosche e di
vespe e di tafani,/e loglio e avena fa nascer tra i grani" (27,
119). Infine l'amante infelice rimprovera la Natura, come Ippolito e
Giasone, poiché costringe gli uomini a mescolarsi con le donne per
la riproduzione:"Perché fatto non ha l'alma Natura,/che senza
te potesse nascer l'uomo,/ come s'inesta per umana cura/l'un sopra
l'altro il pero, il sorbo e 'l pomo?/Ma quella non può far sempre a
misura:/anzi, s'io vo' guardar come io la nomo,/veggo che non può
far cosa perfetta,/poi che Natura femina vien detta"(27, 120).
Questo desiderio del maschio
deluso è stato realizzato per sé dal Dio biblico che crea il mondo
senza alcuna presenza femminile, come fa notare Fromm:"Il
racconto non ha inizio con le parole:" In principio era il caos,
in principio era l'oscurità", bensì, "In principio Dio
creò...."-dunque lui solo, il dio maschile, senza intervento né
partecipazione da parte della donna-cielo e terra. Dopo
l'interruzione di una frase in cui risuonano ancora le antiche
concezioni, il racconto prosegue:"E dio disse:"sia la
luce", e la luce fu (Gn. 1, 3). Qui in tutta chiarezza
compare l'estremo della creazione solamente maschile, la creazione
per mezzo esclusivo della parola, la creazione attraverso il
pensiero, la creazione attraverso lo spirito. Non si ha più bisogno
del grembo materno per generare, non più della materia: la bocca
dell'uomo che pronuncia una parola ha la capacità di creare la vita
direttamente e senza bisogno d'altro (...) Il pensiero che l'uomo sia
in grado di creare esseri viventi soltanto con la sua bocca, con la
sua parola, dal suo spirito, è la fantasia più contronatura che sia
immaginabile; essa nega ogni esperienza, ogni realtà, ogni
condizione naturale, spazza via ogni vincolo posto dalla natura per
raggiungere quell'unico scopo: rappresentare l'uomo come
assolutamente perfetto, come colui che possiede anche la capacità
che la vita sembra avergli negato: la capacità di generare"3.
E meno male che poi "il
Signore Dio disse:"Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio
fare un aiuto che gli sia simile" (Genesi, 2, 23).
Alonge denuncia l'invidia del
ventre femminile da parte dei maschi nei drammi di Ibsen, in
particolare in Il costruttore Sollness del 1892:"L'uomo
odia la donna, la odia perché ha invidia del suo ventre…
Non ci
sono donne nella religione del capitale. Il dio padre
corrisponde esattamente al dio creatore. Il Figlio discende
direttamente e misteriosamente dal Padre. Nell'olimpo cristiano la
Vergine tenta di nascondere a malapena un evidente processo di
partenogenesi maschile"4.
L’antifemminismo auspica la
sottomissione della donna per il bene della pace tra l'uomo e la sua
compagna che non deve essergli ostile.
Il
giovane Stephen Dedalus dell’Ulisse di Joyce sostiene che l'opera
di Shakespeare è imperniata su rapporti familiari dolorosi e
scellerati, in particolare quelli tra padri-figli e tra fratelli: "il
tema del fratello traditore o usurpatore o adultero o tutti e tre in
una volta è per Shakespeare quello che non è il povero, cioè
sempre vicino al suo cuore. La nota dell'estraniamento, estraniamento
dal cuore, estraniamento da casa sua, risuona ininterrottamente dai
Due Gentiluomini di Verona in avanti fino al punto in cui
Prospero rompe la verga, la nasconde un certo numero di tese sotto
terra e affonda il libro" 5.
Eros
si associa a Eris. La gelosia
Eros si associa a Eris
(contesa:"Militat omnis amans, et habet sua castra
Cupido;/Attice, crede mihi, militat omnis amans "(Amores,
I, 9, 1-2), è un soldato ogni amante; anche Cupido ha il suo campo
di guerra; Attico, credimi, ogni amante è un soldato.
La guerra all’interno della
coppia in quanto insaziabile si può collegare al tarlo edace della
gelosia, definita da Shakespeare : "il mostro dagli occhi verdi
che deride il cibo di cui si pasce"6.
Swann di Proust la sentiva "quasi che questa avesse avuto una
vitalità indipendente, egoistica, vorace di tutto quanto
l'alimentasse"7.
Essa era "come una piovra che getta un primo, poi un secondo,
poi un terzo tentacolo" (p. 301). La gelosia è cieca ed è
incurabile :"La gelosia, avendo gli occhi bendati, non solo è
incapace di scoprire alcunché nelle tenebre onde è avvolta; è,
inoltre, uno di quei supplizi nei quali si è costretti a
ricominciare senza posa il proprio lavoro, come quello d'Issione o
delle Danaidi"8.
La
zoppia del tiranno, la tirannide come monarchia claudicante.
Shakespeare, Sofocle, Erodoto, Pindaro. Il monosandalismo di Giasone
e gli affreschi dei Carracci a palazzo Fava
Zoppicante
come Edipo è the bloody
king (IV, 3), il re
sanguinario di Shakespeare, Riccardo
III il quale si
presenta dicendo di essere:"so
lamely and unfashionable/That dogs bark at me, as I halt by them
"(I, 1), così claudicante e goffo che i cani mi latrano contro
quando gli passo vicino arrancando.
E'
questa una zoppia che rende malata tutta la sua terra secondo il
tovpo" che risale a Omero
ed Esiodo: un cittadino dice che il Duca di Gloucester è
pericolosissimo come i figli e i fratelli della regina e se costoro
non governassero ma fossero governati "this sickly land might
solace as before " (II, 3), questa terra malata9
potrebbe avere ristoro come prima.
Macbeth
di Shakespeare inciampa nel meccanismo del potere che è una scala i
cui gradini sono vite umane da calpestare:"That
is a step/On which I must fall down, or else o'erleap
/ For in my way it lies
" (I, 4), questo
è un gradino sul quale devo cadere oppure scavalcarlo poiché si
trova sulla mia strada.
Il despota teme chi gli sta
sopra10
anche solo fisicamente: "
Edipo uccide il padre che, dall'alto del suo carro, precipita allo
stesso suo livello (...) Come Edipo che colpendo Laio con il suo
bastone lo fa cadere dall'alto del suo carro a terra, ai suoi piedi,
Periandro falcia e abbatte tutti coloro la cui testa supera di poco
quella degli altri. E in secondo luogo le donne. La tradizione greca
fa di Periandro, modello del
tiranno, un nuovo Edipo. Egli avrebbe, in segreto, consumato l'unione
sessuale con la madre Krateia11(...)
Ma la tirannide, sovranità claudicante, non può procedere a lungo
nel suo successo. L'oracolo, che aveva dato via libera a Cipselo per
aprirgli la porta del potere, aveva fissato, fin dall'inizio, il
termine al di là del quale la discendenza di Labda, non diversamente
da quella di Laio, non avrebbe avuto il diritto di perpetuarsi.
"Cipselo, figlio di Eezione, re dell'illustre Corinto"
aveva proclamato il dio; ma per aggiungere subito:"lui e i suoi
figli, ma non più i figli dei suoi figli"12.
Alla terza generazione, l'effetto della "pietra rotolante"
uscita dal ventre di Labda non si fa più sentire 13.
Per la stirpe dei claudicanti, istallati sul trono di Corinto, è
venuto il momento in cui il destino vacilla, precipita, sprofonda
nella sventura e nella morte"14.
A
proposito della zoppìa del tiranno, Periandro era figlio di Cipselo,
nato da una Bacchiade zoppa (cwlhv,
V, 92 b),
Labda, che nessun membro di questa oligarchia dominante Corinto
voleva sposare. La sposò invece uno di origine Lapita, Eezione il
quale, siccome non nascevano figli, andò a interrogare l'oracolo di
Delfi. La Pizia rispose che Labda era già incinta e avrebbe
partorito un masso rotondo che si sarebbe abbattuto sui governanti
punendo Corinto..
Diversi
tiranni in conclusione hanno qualche cosa di zoppo: Cipselo e
Periandro in quanto discendenti da Labda, Edipo poiché ha avuto i
piedi perforati15.
Anzi, se consideriamo con attenzione la prima antistrofe del secondo
stasimo dell'Edipo re
vediamo che tutte le
tirannidi sono zoppe: "la prepotenza fa crescere il tiranno, la
prepotenza/ se si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono
opportuni e non convengono (mhde;
sumfevronta)16/salita
su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si
avvale di valido piede" e[nq
j ouj podi; crhsivmw/-crh'tai
"(vv. 873-879).
Del
resto il nome Hinkfuss, il regista che vuole assoggettare gli attori
in Questa sera si
recita a soggetto 17
significa "piè zoppo". Il dramma potrà procedere solo
quando la compagnia avrà conquistato la sua libertà interpretativa.
Anche
Giasone, il seduttore punito da Medea, si presentò con un solo
sandalo18,
al sacrificio in onore di Nettuno celebrato dal figlio del dio,
Pelia, lo zio usurpatore, e questa asimmetria, in qualche modo fa
zoppicare: “L’arrivo del vendicatore preannunciato da un oracolo
e segnato da un marchio che lo rende riconoscibile alla sua vittima è
un tema mitico e narrativo largamente diffuso nei racconti
folklorici: un uomo fatale segnato da un marchio fu pure Edipo,
“l’uomo dai piedi gonfi”, destinato da una profezia a uccidere
il padre…Più complesso è il segno di Giasone e il tratto che
distingue la sua missione, vale a dire il monosandalismo:
evidentemente il monosandalismo è una forma simbolica di marchio
fisico e una forma attenuata di zoppia; d’altro lato, l’uso di
indossare un solo calzare è un elemento che s’inserisce in un
complesso sistema rituale”19.
Ma questa altra parte non riguarda il nostro discorso.
I tre Carracci, i fratelli
Agostino e Annibale che con il cugino Ludovico affrescarono il piano
nobile di palazzo Fava a Bologna (1583-1584) mettono in rilievo
l’unico piede nudo di Giasone che arriva alle spalle di Pelia il
quale si volta dissimulando a stento l’angoscia.
continua
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2Questo
miser risale alla letteratura latina nella quale, a partire
da Catullo, dicono alcuni, assume il significato di persona infelice
per l'amore non contraccambiato. In realtà se ne trovano già
diversi esempi in Plauto. Qui ne do un paio:"miseriorem ego
ex amore quam te vidi neminem" dice l'anziano Alcesimo al
vecchio amico Lisidamo innamorato di Casina (v. 520), non ho
mai visto uno più infelice, per amore, di te. Più avanti lo stesso
innamorato conferma:"Neque est neque fuit me senex quisquam
amator adaeque miser" (685), non c'è e non c'è stato un
vecchio innamorato infelice quanto me.
3E.
Fromm, Amore sessualità e matriarcato , trad. it. Mondadori,
Milano, 1997. p. 104 e 105.
4R.
Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, Guida Editori,
Napoli, 1983, p. 139.
5Ulisse,
p. 290.
6Otello
, III, 3.
7La
strada di Swann, p. 300.
8Proust,
La prigioniera,
p. 151.
9Cfr
la scheda “Dalla salute del re dipende quella del suo
popolo e della sua terra”, dopo il v. 16.
10Cfr.
" formidolosum… supra principem attolli " di
Tacito (Agricola, 39 già citato).
11Diogene
Laerzio, I, 96.
12Erodoto,
V, 92, e 8-9.
13Erodoto,
V, 92, e 2. Così le streghe
del Macbeth promettono il regno al signore di Glamis, ma la
successione ai figli di Banquo (I, 3).
14Vernant
e Vidal-Naquet, Mito e tragedia due , pp. 39, 48 e 49.
15Edipo
re , 1034, e Rane , 1192.
16Queste
parole possono smontare l’utile perseguito da Giasone.
17Terza
commedia (del 1929) della Trilogia del teatro nel teatro di
Pirandello. Le altre due sono i Sei personaggi in cerca d'autore
(del '21) e Ciascuno a suo modo (del '24).
18Cfr.
Pindaro, Pitica IV e Igino, Miti, 12 e 13.
19Giulio
Guidorizzi, a cura di Igino, Miti, p. 200.
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