NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 2 settembre 2016

Shakespeare e la letteratura antica. I parte

William Shakespeare
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Percorso preparato per una relazione che terrò alla Festa dell’Unità di Bologna

14 settembre mercoledì
ore 20,30 Libreria della Festa, Parco Nord
Shakespeare-Eduardo. Le tempeste teatrali”
La tempesta” tradotta da Eduardo De Filippo
Interventi di Gianni Ghiselli, Giuseppe Spano,
Carlo Cammuso, presiede Federico Diamanti


Shakespeare e la letteratura antica
Ricavato dalla mia Introduzione alla tragedia greca


Catarsi e mimesi nell’Amleto di Shakespeare.
l’Amleto di Shakespeare dice: “I have heard-that guilty creatures, sitting at a play,-have, by the very cunning of the scene,-been struck so to the soul that presently-they have proclaim’d their malefactions” (Hamlet, II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite, dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.
Non molto diversamente Aristotele nella Poetica
"La tragedia è dunque imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/)…di attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28.
Più avanti anche la teoria della mimesi è espressa dall’Amleto di Shakespeare: egli definisce “the purpose of playing”, lo scopo dell’arte drammatica, “ whose end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere, the mirror up to nature” ( Hamlet, III, 2), il cui fine, all’inizio come ora, è sempre stato quello di reggere, per così dire, lo specchio alla natura.
Secondo Aristotele l'arte è essenzialmente mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo il teatro ne costituisce la quintessenza.

Per quanto riguarda l’etica, L’Etica Nicomachea di Aristotele e il De officiis di Cicerone sono i testi fondamentali dell’etica rinascimentale.
Amleto è il falso sciocco, come Bruto
Cfr. Bettini su Bruto, poi anche Freud su Amleto.
Schopenhauer: "Shakespeare è molto più grande di Sofocle. In confronto all'Ifigenia di Goethe si potrebbe trovare quasi rozza e volgare quella di Euripide. Le Baccanti di Euripide sono un indegno pasticcio in onore dei sacerdoti pagani. Molti drammi antichi non hanno alcuna tendenza tragica; come l'Alcesti e l'Ifigenia fra i Tauri di Euripide; alcuni hanno motivi repellenti, o perfino nauseanti; come l'Antigone e il Filottete. Quasi tutti mostrano il genere umano sotto l'orribile dominio del caso e dell'errore, ma senza la rassegnazione da ciò provocata e di ciò redentrice. Tutto questo perché gli antichi non erano giunti ancora al sommo ed al fine della tragedia, anzi della concezione dell vita in generale(…) Quindi l’esortazione alla rinunzia della volontà alla vita rimane la vera tendenza della tragedia1" .

La confusione come male e camuffamento dei mali. La confusione portata dal denaro latore anche di guerre.
Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi…Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
Ancora a proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare2 scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"3.
Ancora Shakespeare: nel Romeo e Giulietta il protagonista, comprando un veleno, afferma che l'oro, preso in cambio dallo speziale, è "worse poison", un veleno peggiore, per l'anima degli uomini. Esso "commette in questo odioso mondo più assassinî, che non queste povere misture che tu non puoi vendere; io vendo a te del veleno, tu non ne hai venduto a me" (V, 1).
Tibullo (1, 10, 9) attribuisce la colpa della guerra alla brama dell'oro.
Sebbene comporti le proprie determinazioni, le proprie logiche, le proprie razionalità, la Storia è anche irrazionale perché comporta rumori e furori, disordini e distruzioni. Si dovrebbero far copulare Marx e Shakespeare. In effetti i tragici greci, gli elisabettiani e, in particolare Shakespeare, hanno mostrato che le tragedie del potere erano tragedie della passione, dell’incoscienza, della dismisura umana”4.


continua



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1 A. Schopenhauer, Supplementi, p. 113.
2 Il quale nel Timone d'Atene chiama l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea" (IV, 3)
3 Manoscritti economico-filosofici del 1844, p. 154.

4 E. Morin, L’identità umana, p. 207.

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