William Shakespeare |
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Percorso preparato per una relazione che terrò alla Festa dell’Unità di Bologna
Percorso preparato per una relazione che terrò alla Festa dell’Unità di Bologna
14
settembre mercoledì
ore
20,30 Libreria della Festa, Parco Nord
“Shakespeare-Eduardo.
Le tempeste teatrali”
“La
tempesta” tradotta da Eduardo De Filippo
Interventi
di Gianni Ghiselli, Giuseppe Spano,
Carlo
Cammuso, presiede Federico Diamanti
Shakespeare e la letteratura
antica
Ricavato dalla mia Introduzione
alla tragedia greca
Catarsi e mimesi nell’Amleto
di Shakespeare.
l’Amleto di Shakespeare dice: “I
have heard-that guilty creatures, sitting at a play,-have, by
the very cunning of the scene,-been struck so to the soul that
presently-they have proclaim’d their malefactions” (Hamlet,
II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma,
sono state colpite, dall’abilità della scena, fin dentro l’anima,
in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.
Non molto diversamente Aristotele
nella Poetica
"La tragedia è dunque
imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~
pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa
estensione e con parola ornata
(hJdusmevnw/ lovgw/)……di
attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà
e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di
j ejlevou kai; fovbou peraivnousa
th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28.
Più avanti anche la teoria della
mimesi è espressa dall’Amleto di Shakespeare: egli definisce “the
purpose of playing”, lo scopo dell’arte drammatica, “ whose
end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere, the
mirror up to nature” ( Hamlet, III, 2), il cui fine,
all’inizio come ora, è sempre stato quello di reggere, per così
dire, lo specchio alla natura.
Secondo Aristotele l'arte è
essenzialmente mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo
il teatro ne costituisce la quintessenza.
Per quanto riguarda l’etica,
L’Etica Nicomachea di Aristotele e il De officiis di
Cicerone sono i testi fondamentali dell’etica rinascimentale.
Amleto è il falso sciocco, come
Bruto
Cfr. Bettini su Bruto, poi anche
Freud su Amleto.
Schopenhauer: "Shakespeare è
molto più grande di Sofocle. In confronto all'Ifigenia di
Goethe si potrebbe trovare quasi rozza e volgare quella di Euripide.
Le Baccanti di Euripide sono un indegno pasticcio in onore dei
sacerdoti pagani. Molti drammi antichi non hanno alcuna tendenza
tragica; come l'Alcesti e l'Ifigenia fra i Tauri di
Euripide; alcuni hanno motivi repellenti, o perfino nauseanti; come
l'Antigone e il Filottete. Quasi tutti mostrano il
genere umano sotto l'orribile dominio del caso e dell'errore, ma
senza la rassegnazione da ciò provocata e di ciò redentrice. Tutto
questo perché gli antichi non erano giunti ancora al sommo ed al
fine della tragedia, anzi della concezione dell vita in generale(…)
Quindi l’esortazione alla rinunzia della volontà alla vita rimane
la vera tendenza della tragedia1"
.
La confusione come male e
camuffamento dei mali. La confusione portata dal denaro latore anche
di guerre.
Nelle
Anime morte
di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per
rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere,
confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi
estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si
raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si
raccapezzi…Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima
cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così
bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
Ancora
a proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare2
scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la
divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche
umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e
l'universale rovesciamento delle cose"3.
Ancora
Shakespeare: nel Romeo e
Giulietta il protagonista,
comprando un veleno, afferma che l'oro, preso in cambio dallo
speziale, è "worse
poison", un veleno
peggiore, per l'anima degli uomini. Esso "commette in questo
odioso mondo più assassinî,
che non queste povere misture che tu non puoi vendere; io vendo a te
del veleno, tu non ne hai venduto a me" (V, 1).
Tibullo
(1, 10, 9)
attribuisce
la colpa della guerra alla brama dell'oro.
“Sebbene
comporti le proprie determinazioni, le proprie logiche, le proprie
razionalità, la Storia è anche irrazionale perché comporta rumori
e furori, disordini e distruzioni. Si dovrebbero far copulare Marx e
Shakespeare. In effetti i tragici greci, gli elisabettiani e, in
particolare Shakespeare, hanno mostrato che le tragedie del potere
erano tragedie della passione, dell’incoscienza, della dismisura
umana”4.
continua
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2
Il
quale nel Timone
d'Atene chiama
l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale
mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello
che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea" (IV, 3)
3
Manoscritti
economico-filosofici del 1844,
p. 154.
4
E. Morin, L’identità umana, p. 207.
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