giovedì 22 settembre 2016

Jan Kott, "Arcadia amara. 'La Tempesta' e altri saggi Shakespeariani". Parte I


Seconda parte del percorso preparato per una relazione tenuta alla Festa dell’Unità di Bologna
il 14 settembre 2016, ore 20,30 Libreria della Festa

“Shakespeare - Eduardo. Le tempeste teatrali”
“La tempesta” tradotta da Eduardo De Filippo
Interventi di Gianni Ghiselli, Giuseppe Spano,
Carlo Cammuso, presiede Federico Diamanti


Jan Kott
Arcadia amara “La Tempesta” e altri saggi Shakespeariani


La tempesta o la ripetizione, p. 57

Esploratori e colonizzatori vissero l’esperienza come una ripetizione dei viaggi di Ulisse e di Enea, o di Giasone delle Argonautiche.
Il Nuovo Mondo è nuovo ma anche una ripetizione trasfigurata di quello antico. Una trasformazione purificata o corrotta,
I miti antichi erano localizzati per lo più nel Mediterraneo; nella geografia mitica del Rinascimento l’oceano Atlantico diventa il nuovo Mediterraneo.

L’isola di Prospero si trova sulla rotta dei viaggi di Enea, tra Cartagine - Tunisi e Cuma - Napoli, ma è anche intorno alle Bermuda.
Come nel’Eneide ha fatto Eolo per volontà di Giunone, Ariele ha disperso la flotta di Alonso per ordine di Prospero.
Ferdinand emerge dal mare come l’Odisseo nudo di Omero e Miranda come fa Nausicaa lo guarda quasi fosse un dio: I might call him/ a thing divine (I, 2)
La musica di Ariel attira Ferdinand come il canto delle Sirene (I, 2
I poteri magici di Prospero ricordano quelli di Medea nelle Metamorfosi di Ovidio, Sycorax risente di Circe.
Caliban deve il suo nome al saggio di Montaigne Des cannibales (1570 peraltro vi troviamo il relativismo culturale di Erodoto)
Calibano è lo schiavo deforme e selvaggio (a savage and deformed slave), spropositato dispropotion’d nello stile e nell’aspetto (V, 1)

Il mostro è spesso ibrido: Calibano è una cosa di tenebra (this thing of darkness V, 1) e del diavolo che l’ha generato con una strega depravata. "Nella mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di appartenenza a un mondo primitivo"[1].
Nell’Eneide l’ibrido è il Minotauro Minotaurus inest, Veneris mo -
numenta nefandae (VI, 26)
Di là, elevata sul mare, corrisponde la terra di Cnosso:
qui l’inumano amore del toro e postasi sotto furtivamente
Pasife e la razza mista e la prole bimembre
il Minotauro c'è, ricordo di una Venere infame (VI, 23 - 26)
E’ un’ejkfrasiς: descrizione delle scene scolpite sulle porte del tempio di Cuma.
Calibano è pesante e si muove come una tartaruga (I, 2); Ariel è leggero e fluttua nell’aria. Calibano è tellurico: “tu, terra!”, gli fa Prospero.
L’arte di Prospero si impone sul selvaggio che dice: “I must obey: his Art is of such power” (I, 2). Ma Prospero si è imposto con la forza poiché Caliban non è educabile: “on whose nature, Nurture can never stick. (IV, 1), dice Prospero che ha provato a umanizzare Caliban ma invano.
 You taught me the language (I, 2) dice Caliban, ma poi lo maledice poiché ha imparato a maledire appunto.
Trinculo, il buffone, quando vede Caliban pensa di presentarlo nelle fiere.
Gli inglesi non darebbero un soldo per aiutare a lame beggar, ma pagheranno per vedere un indiano morto.
Caliban è half a fish and half a monster (III, 2)
Perfino la dolce Miranda lo tratta come thing most brutish (I, 2)

Sh trasforma l’isola in una colonia del nuovo mondo. Cronisti del Cinquecento descrivevano i selvaggi come creature subumane
Gonzalo vorrebbe far rivivere l’età dell’oro nell’isola se fosse una sua colonia (plantation, un neologismo che risale a mezzo secolo prima della Tempesta). All’esperienza storica subentra il mito virgiliano - ovidiano.
Prospero ricrea il paradiso terrestre nel suo masque per gli sposi novelli.
Le utopie rinascimentali invero avevano un luogo: nelle isole del nuovo mondo.
Nel 1506 Tommaso Moro colloca la sua utopia su un’isola vicina all’arcipelago delle Indie occidentali scoperto da Vespucci.
Gli abitanti delle utopie rinascimentali non conoscono proprietà, né legge (magistrate), né ricorrono alla violenza, né al commercio traffic), riches, poverty, service, servitù, contract, succession, confini, vincoli, non metalli, grano, olio, vino, lavoro, all men idle, tutti gli uomini in ozio, and women too, ma innocenti e pure, nessuna sovranità (II, 1)
 L’età dell’oro è fatta di negazioni degli usi delle civiltà corrotte, Gonzalo riprende il brano delle Metamorfosi di Ovidio sull’età dell’oro: niente giudici, guerre, lavoro: la terra produceva tutto da sola.


Le Metamorfosi[2] di Ovidio
Tradizionale è la visione dell'età dell'oro nelle Metamorfosi: "Aurea prima sata est aetas quae vindice nullo/sponte sua, sine lege fidem rectumque colebat " (I, 89 - 90), per prima fiorì l'età aurea che, senza alcuna repressione, spontaneamente, senza legge, onorava la lealtà e la giustizia.
 Ovidio afferma che durante l'età dell'oro non c'erano le navi che solcavano i mari:"nullaque mortales praeter sua litora norant"
(Metamorfosi, I, v. 96), i mortali non conoscevano altri lidi che i propri.
Cfr. il secondo e il terzo coro della Medea di Seneca
In questo primo libro del poema troviamo un collegamento esplicito tra la decadenza della storia umana, l'avidità di ricchezze, e la guerra. Durante
 l'aurea età :"nondum praecipites cingebant oppida fossae,/non tuba directi, non aeris cornua flexi,/non galeae, non ensis erant: sine militis usu/mollia securae peragebant otia gentes " (I, 97 - 100), non ancora fosse a precipizio cingevano i castelli, non c'era tromba di bronzo diritto, non corni di metallo piegato, non elmi, non spade, e, senza la pratica militare, le genti prive di affanni passavano la vita in dolce pace.



continua



[1]K. Kerényi, Miti e misteri, p. 45.
[2] Poema epico di quindici libri in esametri. Narra la storia del mondo dall'origine all'età contemporanea attraverso racconti che hanno in comune il tema della metamorfosi. Fu composto fra l'1 e l'8 d. C.

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