NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 8 settembre 2016

Shakespeare e la letteratura antica. V parte

Elisabetta I d'Inghilterra

E’ il “darsi animo”, l'atteggiamento che Eliot individua nello stoicismo romano, rappresentato da Seneca, in Shakespeare e in Nietzsche:"Nietzsche è il più cospicuo esempio moderno del darsi animo. L'attitudine stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"1.
T. S. Eliot trova delle analogie tra i personaggi di Seneca e quelli di Shakespeare precisamente in questo loro arroccarsi nella proprio individualità:"Nell'Inghilterra elisabettiana si hanno condizioni in apparenza affatto diverse da quelle di Roma imperiale. Ma era un'epoca di dissoluzione e di caos; e in tale epoca, qualsiasi attitudine emotiva che sembri dare all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto l'attitudine di "io sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho appena bisogno di segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come l'elisabettiana, l'attitudine senechiana dell'orgoglio, l'attitudine montaigniana dello scetticismo, e l'attitudine machiavellica del cinismo giunsero a una specie di fusione nell'individualismo elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio d'orgoglio, fu, necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità drammatiche... Antonio dice "Sono ancora Antonio 2" e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "3; avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto Medea superest ?"4.
Questa battuta di Medea ha un’eco anche in Il rosso e il nero di Stendhal: la giovinetta Mathilde de La Mole, innamorata di Julien Sorel è combattuta da dubbi atroci, come la Medea delle Argonautiche, e pensa: “ Quali non saranno le sue pretese, se un giorno avrà il diritto di esercitare intero il suo potere su di me? Ebbene, dirò come Medea: in mezzo a tanti pericoli, mi resto Io!
Subito dopo c’è anche il “darsi animo” di Medea: “In quegli ultimi momenti di dubbio atroce scesero in campo dei sentimenti di orgoglio femminile. “Tutto deve essere straordinario nel destino di una ragazza come me” esclamò Matilde, snervata dal suo ragionare. L’orgoglio, che le avevano instillato fin dalla nascita, si mise in lotta contro la virtù”5.
La barbara di Euripide reagisce all'umiliazione subìta affermando con forza la propria identità attraverso l'assassinio, rivendicato nel finale in quanto strumento per fare soffrire Giasone:"sev ge phmaivnous' " (v. 1398), volendo proprio addolorare te, risponde all'ex marito che le ha domandato come ha potuto ammazzare i figli "fivltata" (1397) carissimi.

Vediamo l’Edipo di Seneca che si dà animo: l'accusa di paura non lo riguarda poiché ha la grande benemerenza di avere affrontato e confutato la Sfinge :"Nec Sphinga coecis verba nectentem modis/fugi " (v. 92) io non sono fuggito davanti alla Sfinge che intricava le parole in ciechi stilemi


Antifemminismo. Shakespeare, Paolo di Tarso
Nel Cimbelino , Postumo Leonato che si crede tradito da sua moglie Imogene impreca contro le donne e la necessità di mettere al mondo i figli con loro: “Is there no way for men to be, but women-Must be half-workers?We are all bastards,-And that most venerable man, which I-Did call father, was I know not where-When I was stamp’d” (II, 5), non c’è modo per gli uomini di esserci, senza che le donne facciano metà del lavoro? Noi siamo tutti bastardi, e quell’uomo rispettabilissimo che io chiamavo padre, era chissà dove, quando io fui coniato.
Leonato continua maledicendo le donne e attribuendo loro tutti i vizi: “ That tends to vice in man, but I affirm- It is the woman’s part: be it lying, note it,-The woman’s: flattering, hers; deceiving, hers:-Lust, and rank thoughts, hers, hers; revenges, hers;-Ambition, covetings, change of prides, disdain,-Nice longing, slanders, mutability;-All faults that name, nay, that hell knows, why, hers-In part, or all: but rather all.” Quello che spinge l’uomo al vizio, io affermo, deriva solo dalla donna: sia esso il mentire, notate, è della donna: la lusinga è sua, l’inganno è suo: la lussuria, i pensieri immondi, suoi, suoi; le vendette, sue; ambizione, bramosie, superbie variabili, disprezzo, bizzarri desideri, calunnie, volubilità; tutte colpe che hanno un nome, anzi che l’inferno conosce, ebbene sono sue, in parte o in tutto: ma piuttosto in tutto.

Nell'ultimo atto della commedia The Taming of the Shrew (1594) ambientata tra Padova e Verona, , la bisbetica, infine domata, proclama: l'obbedienza che un suddito deve al suo re, la donna deve a suo marito. Quindi, del tutto pentita, aggiunge:"I am ashamed that women are so simple/To offer war where they should kneel for peace,/Or seek for rule, supremacy, and sway,/When they are bound to serve, love, and obey", mi vergogno che le donne siano così sciocche da offrir guerra mentre dovrebbero chiedere la pace in ginocchio; o cerchino il governo, la supremazia, il predominio, quando sono destinate a servire, ad amare e a ubbidire"6. Shakespeare forse risente di una prescrizione dell'apostolo Paolo:"wJ" ejkklhsiva uJpotavssetai tw'/ Cristw'/, ou{tw" kai; aiJ gunai'ke" toi'" ajndravsin ejn pantiv" (Epistola agli abitanti di Efeso , 5, 22), come la Chiesa è soggetta a Cristo, così anche le mogli ai mariti in ogni cosa. Cfr. Andromaca nelle Troiane e nell’Andromaca di Euripide.

Vediamo alcune espressioni della fantasia, contraria alla natura, di generare figli senza l'unione tra l'uomo e la donna. L’amore etero e omosessuale
Euripide, Milton, Curzio Rufo, Platone, Ariosto, Fromm, Ibsen, Joyce.

Sentiamo innanzitutto Giasone nella Medea di Eiripide :"Crh'n ga;r a[lloqevn poqen brotou;"-pai'da" teknou'sqai, qh'lu d j oujk ei\nai gevno": -cou{tw" a]n oujk h\n oujde;n ajnqrwvpoi" kakovn" (vv. 573-575), bisognerebbe in effetti che gli uomini da qualche altro luogo/generassero i figli e che la razza delle femmine non esistesse:/e così non esisterebbe nessun male per gli uomini.
Insomma il male è la femmina.
Un motivo presente anche nel Paradise Lost (1658-1665) del "puritano d'incrollabile fede"7 John Milton (1608-1674). In questo poema Adamo si chiede perché il Creatore, che ha popolato il cielo di alti spiriti maschili, ha creato alla fine sulla terra questa novità, questo grazioso difetto di natura ( this fair defect 8 of Nature ) e non ha riempito subito il mondo con uomini simili ad angeli senza il femminino, o non ha trovato un altro modo per generare l'umanità ("or find some other way to generate Mankind? ", X, 888 e sgg.).

Nell'Ippolito il protagonista, sdegnato con la matrigna, è talmente disgustato e terrorizzato dalle donne, ingannevole male per gli uomini (" kivbdhlon ajnqrwvpoi" kakovn ", v. 616), male grande ("kako;n mevga", v. 627), creatura perniciosa, o, più letteralmente, frutto dell'ate9 ("ajthrovn10...futovn", v. 630), che auspica la loro collocazione presso muti morsi di fiere (vv. 646-647) e la propagazione della razza umana senza la partecipazione delle femmine umane.
Traduco alcune parole del "puro" folle che dà in escandescenze:
"O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini (kivbhdlon ajnqrwvpoi~ kakovn) ? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne , ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (vv. 616-626).

Nelle Baccanti di Euripide il coro delle menadi durante il secondo stasimo ricorda la nascita di Dioniso dalla coscia di Zeus:“ Figlia di Acheloo,/maestosa e bella vergine Dirce,/tu infatti una volta nelle tue acque/accogliesti il figlio di Zeus,/quando Zeus il genitore lo sottrasse/con la coscia al fuoco immortale/gridando così :/Vieni, Ditirambo, entra/in questo mio maschio grembo” (vv. 519-527).
Un mito del quale Curzio Rufo denuncia la falsità quando racconta che Alessandro Magno giunse a Nisa, tra i fiumi Cofen e Indo. Dopo un breve assedio, i Nisei, che asserivano di discendere dal padre Libero, capitolarono. "Sita est <urbs>sub radicibus montis quem Meron incolae appellant; inde Graeci mentiendi traxēre licentiam Iovis femine Liberum Patrem esse celatum (Historiae Alexandri Magni, 8, 10, 12), la città è situata sotto il monte che gli abitanti chiamano Meros; di lì i Greci si presero la libertà di inventarsi che il Padre Libero era stato nascosto nella coscia di Giove
Nelle Questioni d'amore dello Pseudo- Luciano il personaggio di Caricle corinzio che propugna l'amore eterosessuale afferma che nessun uomo può vantarsi di essere nato da un uomo: "oujdei;~ d j ajnh;r ajp j ajndro;~ aujcei' genevsqai" (19).

Nel Simposio di Platone, Pausania intende correggere il precedente discorso encomiastico di Fedro nei confronti di Eros, facendo una distinzione tra due forme di Amore e due varietà di Afrodite. La più antica (presbutevra) e nobile, Urania, è figlia del Cielo (Oujranou' qugavthr) ed è nata senza madre (ajmhvtwr, 180 d), la più recente è figlia di Zeus e Dione e noi la chiamiamo Volgare, Usuale (Pavndhmon kalou'men, 180 e). Così gli Amori, figli di Afrodite, sono due: uno celeste, come la madre, e uno volgare al pari della madre sua. Dunque bisogna elogiare (dei' ejpainei'n) solo Eros figliolo di Afrodite Urania. Infatti l'altro Eros, quello nato da Afrodite Volgare, è veramente volgare e agisce a casaccio, e questo è l'amore che prediligono oiJ fau'loi (181 b), gli uomini dappoco. Costoro infatti amano le donne non meno dei ragazzi, amano i corpi più delle anime e amano le persone che siano il più possibile prive di intelligenza, mirando ad avere relazioni sessuali (pro;~ to; diapravxasqai movnon blevponte~). Afrodite Celeste dunque non partecipa della natura femminile, e gli uomini ispirati da Eros Celeste, figlio di tale madre, si rivolgono ai maschi che sono più forti e intelligenti delle donne.


continua

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1Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
2"I am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del 1606-1607) , III, 13.
3Da La duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580-1625).
4Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot Opere , p. 800..
5Stendhal, Il rosso e il nero (del 1830) in Stendhal Romanzi e racconti, vol. I, , trad. it. Sansoni, Firenze, 1956, p. 594
6W. Shakespeare, La bisbetica domata, V, 2.
7C. Izzo, Storia della letteratura inglese, p. 517.
8Cfr. questo nesso ossimorico con kalo;n kakovn, bel malanno, sempre riferito alla donna da Esiodo nella Teogonia ( v. 585). Ci torneremo più avanti.
9L'accecamento mentale, una smisurata forza irrazionale.

10La protagonista dell'Andromaca fa l'ipotesi:" eij gunaikev~ ejsmen ajthro;n kakovn "(Andromaca, v. 353), se noi donne siamo un male pernicioso.

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