Elisabetta I d'Inghilterra |
E’ il “darsi
animo”, l'atteggiamento che Eliot individua nello stoicismo romano,
rappresentato da Seneca, in Shakespeare e in Nietzsche:"Nietzsche
è il più cospicuo esempio moderno del darsi animo. L'attitudine
stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"1.
T. S. Eliot trova delle analogie
tra i personaggi di Seneca e quelli di Shakespeare precisamente in
questo loro arroccarsi nella proprio individualità:"Nell'Inghilterra
elisabettiana si hanno condizioni in apparenza affatto diverse da
quelle di Roma imperiale. Ma era un'epoca di dissoluzione e di caos;
e in tale epoca, qualsiasi attitudine emotiva che sembri dare
all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto l'attitudine di
"io sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho appena
bisogno di segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come
l'elisabettiana, l'attitudine senechiana dell'orgoglio, l'attitudine
montaigniana dello scetticismo, e l'attitudine machiavellica del
cinismo giunsero a una specie di fusione nell'individualismo
elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio d'orgoglio, fu,
necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità
drammatiche... Antonio dice "Sono ancora Antonio 2"
e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "3;
avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto
Medea superest ?"4.
Questa battuta di Medea ha un’eco
anche in Il rosso e il nero di Stendhal: la giovinetta Mathilde de La
Mole, innamorata di Julien Sorel è combattuta da dubbi atroci, come
la Medea delle Argonautiche, e pensa: “ Quali non saranno le
sue pretese, se un giorno avrà il diritto di esercitare intero il
suo potere su di me? Ebbene, dirò come Medea: in mezzo a tanti
pericoli, mi resto Io!
Subito dopo c’è anche il “darsi
animo” di Medea: “In quegli ultimi momenti di dubbio atroce
scesero in campo dei sentimenti di orgoglio femminile. “Tutto deve
essere straordinario nel destino di una ragazza come me” esclamò
Matilde, snervata dal suo ragionare. L’orgoglio, che le avevano
instillato fin dalla nascita, si mise in lotta contro la virtù”5.
La barbara di Euripide reagisce
all'umiliazione subìta affermando con forza la propria identità
attraverso l'assassinio, rivendicato nel finale in quanto strumento
per fare soffrire Giasone:"sev ge
phmaivnous' " (v. 1398), volendo proprio addolorare te,
risponde all'ex marito che le ha domandato come ha potuto ammazzare i
figli "fivltata"
(1397) carissimi.
Vediamo
l’Edipo di Seneca che si dà animo: l'accusa di paura non lo
riguarda poiché ha la grande benemerenza di avere affrontato e
confutato la Sfinge :"Nec
Sphinga coecis
verba nectentem modis/fugi "
(v. 92) io non sono fuggito davanti alla Sfinge che intricava
le parole in ciechi stilemi
Antifemminismo. Shakespeare, Paolo
di Tarso
Nel
Cimbelino , Postumo Leonato che si crede tradito da sua moglie
Imogene impreca contro le donne e la necessità di mettere al mondo i
figli con loro: “Is there no way for men to be, but women-Must
be half-workers?We are all bastards,-And that most venerable man,
which I-Did call father, was I know not where-When I was stamp’d”
(II, 5), non c’è modo per gli uomini di esserci, senza che le
donne facciano metà del lavoro? Noi siamo tutti bastardi, e
quell’uomo rispettabilissimo che io chiamavo padre, era chissà
dove, quando io fui coniato.
Leonato
continua maledicendo le donne e attribuendo loro tutti i vizi: “
That tends to vice in man, but I affirm-
It is the woman’s part: be it lying, note it,-The woman’s:
flattering, hers; deceiving, hers:-Lust, and rank thoughts, hers,
hers; revenges, hers;-Ambition, covetings, change of prides,
disdain,-Nice longing, slanders, mutability;-All faults that name,
nay, that hell knows, why, hers-In part, or all: but rather all.”
Quello che spinge l’uomo al vizio, io affermo, deriva solo
dalla donna: sia esso il mentire, notate, è della donna: la lusinga
è sua, l’inganno è suo: la lussuria, i pensieri immondi, suoi,
suoi; le vendette, sue; ambizione, bramosie, superbie variabili,
disprezzo, bizzarri desideri, calunnie, volubilità; tutte colpe che
hanno un nome, anzi che l’inferno conosce, ebbene sono sue, in
parte o in tutto: ma piuttosto in tutto.
Nell'ultimo
atto della commedia The Taming of the Shrew (1594) ambientata
tra Padova e Verona, , la bisbetica, infine domata, proclama:
l'obbedienza che un suddito deve al suo re, la donna deve a suo
marito. Quindi, del tutto pentita, aggiunge:"I am ashamed
that women are so simple/To offer war where they should kneel for
peace,/Or seek for rule, supremacy, and sway,/When they are bound to
serve, love, and obey", mi vergogno che le donne siano così
sciocche da offrir guerra mentre dovrebbero chiedere la pace in
ginocchio; o cerchino il governo, la supremazia, il predominio,
quando sono destinate a servire, ad amare e a ubbidire"6.
Shakespeare forse risente di una prescrizione dell'apostolo
Paolo:"wJ" ejkklhsiva
uJpotavssetai tw'/ Cristw'/, ou{tw" kai; aiJ gunai'ke"
toi'" ajndravsin ejn pantiv" (Epistola agli
abitanti di Efeso , 5, 22), come la Chiesa è soggetta a Cristo,
così anche le mogli ai mariti in ogni cosa. Cfr. Andromaca nelle
Troiane e nell’Andromaca di Euripide.
Vediamo alcune espressioni della
fantasia, contraria alla natura, di generare figli senza l'unione tra
l'uomo e la donna. L’amore etero e omosessuale
Euripide, Milton, Curzio Rufo,
Platone, Ariosto, Fromm, Ibsen, Joyce.
Sentiamo innanzitutto Giasone
nella Medea di Eiripide :"Crh'n
ga;r a[lloqevn poqen brotou;"-pai'da" teknou'sqai, qh'lu d
j oujk ei\nai gevno": -cou{tw" a]n oujk h\n oujde;n
ajnqrwvpoi" kakovn" (vv. 573-575), bisognerebbe in
effetti che gli uomini da qualche altro luogo/generassero i figli e
che la razza delle femmine non esistesse:/e così non esisterebbe
nessun male per gli uomini.
Insomma il male è la femmina.
Un
motivo presente anche nel Paradise Lost (1658-1665) del
"puritano d'incrollabile fede"7
John Milton (1608-1674). In questo poema Adamo si chiede perché il
Creatore, che ha popolato il cielo di alti spiriti maschili, ha
creato alla fine sulla terra questa novità, questo grazioso difetto
di natura ( this fair defect 8
of Nature ) e non ha riempito subito il mondo con uomini simili
ad angeli senza il femminino, o non ha trovato un altro modo per
generare l'umanità ("or find some other way to generate
Mankind? ", X, 888 e sgg.).
Nell'Ippolito il
protagonista, sdegnato con la matrigna, è talmente disgustato e
terrorizzato dalle donne, ingannevole male per gli uomini ("
kivbdhlon ajnqrwvpoi" kakovn
", v. 616), male grande ("kako;n
mevga", v. 627), creatura perniciosa, o, più
letteralmente, frutto dell'ate9
("ajthrovn10...futovn",
v. 630), che auspica la loro collocazione presso muti morsi di fiere
(vv. 646-647) e la propagazione della razza umana senza la
partecipazione delle femmine umane.
Traduco alcune parole del "puro"
folle che dà in escandescenze:
"O Zeus perché ponesti
nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini
(kivbhdlon ajnqrwvpoi~ kakovn)
? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario
ottenere questo dalle donne , ma bastava che i mortali mettendo in
cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero
discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e
vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando
dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la
prosperità della casa" (vv. 616-626).
Nelle Baccanti di Euripide
il coro delle menadi durante il secondo stasimo ricorda la nascita di
Dioniso dalla coscia di Zeus:“ Figlia di Acheloo,/maestosa e bella
vergine Dirce,/tu infatti una volta nelle tue acque/accogliesti il
figlio di Zeus,/quando Zeus il genitore lo sottrasse/con la coscia al
fuoco immortale/gridando così :/Vieni, Ditirambo, entra/in questo
mio maschio grembo” (vv. 519-527).
Un mito del quale Curzio Rufo
denuncia la falsità quando racconta che Alessandro Magno giunse a
Nisa, tra i fiumi Cofen e Indo. Dopo un breve assedio, i Nisei, che
asserivano di discendere dal padre Libero, capitolarono. "Sita
est <urbs>sub radicibus montis quem Meron incolae
appellant; inde Graeci mentiendi traxēre licentiam Iovis femine
Liberum Patrem esse celatum (Historiae Alexandri Magni, 8,
10, 12), la città è situata sotto il monte che gli abitanti
chiamano Meros; di lì i Greci si presero la libertà di inventarsi
che il Padre Libero era stato nascosto nella coscia di Giove
Nelle Questioni d'amore
dello Pseudo- Luciano il personaggio di Caricle corinzio che propugna
l'amore eterosessuale afferma che nessun uomo può vantarsi di essere
nato da un uomo: "oujdei;~ d j
ajnh;r ajp j ajndro;~ aujcei' genevsqai" (19).
Nel
Simposio di Platone, Pausania intende correggere il precedente
discorso encomiastico di Fedro nei confronti di Eros, facendo una
distinzione tra due forme di Amore e due varietà di Afrodite. La più
antica (presbutevra) e nobile,
Urania, è figlia del Cielo (Oujranou'
qugavthr) ed è nata senza madre (ajmhvtwr,
180 d), la più recente è figlia di Zeus e Dione e noi la chiamiamo
Volgare, Usuale (Pavndhmon kalou'men,
180 e). Così gli Amori, figli di Afrodite, sono due: uno celeste,
come la madre, e uno volgare al pari della madre sua. Dunque bisogna
elogiare (dei' ejpainei'n) solo
Eros figliolo di Afrodite Urania. Infatti l'altro Eros, quello nato
da Afrodite Volgare, è veramente volgare e agisce a casaccio, e
questo è l'amore che prediligono oiJ
fau'loi (181 b), gli uomini dappoco. Costoro infatti amano le
donne non meno dei ragazzi, amano i corpi più delle anime e amano le
persone che siano il più possibile prive di intelligenza, mirando ad
avere relazioni sessuali (pro;~ to;
diapravxasqai movnon blevponte~). Afrodite
Celeste dunque non partecipa della natura femminile, e gli uomini
ispirati da Eros Celeste, figlio di tale madre, si rivolgono ai
maschi che sono più forti e intelligenti delle donne.
continua
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1Shakespeare
e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
2"I
am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del 1606-1607)
, III, 13.
3Da
La duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580-1625).
4Shakespeare
e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot Opere , p. 800..
5Stendhal,
Il rosso e il nero (del 1830) in Stendhal Romanzi e racconti,
vol. I, , trad. it. Sansoni, Firenze, 1956, p. 594
6W.
Shakespeare, La bisbetica domata, V, 2.
7C.
Izzo, Storia della letteratura inglese, p. 517.
8Cfr.
questo nesso ossimorico con kalo;n
kakovn, bel malanno,
sempre riferito alla donna da Esiodo nella Teogonia
( v. 585). Ci torneremo più avanti.
9L'accecamento
mentale, una smisurata forza irrazionale.
10La
protagonista dell'Andromaca fa l'ipotesi:" eij
gunaikev~ ejsmen ajthro;n kakovn "(Andromaca,
v. 353), se noi donne siamo un male pernicioso.
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