NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 29 luglio 2018

Twitter, CCCXXVI sunto. Il declino e la caduta ritmica delle civiltà

Venere callipigia

La distruzione della scuola quale mezzo di elevazione riporta a una condizione simile a quella del basso impero e della prima società feudale con la sparizione delle classi medie. Restano i re con i loro cortigiani da una parte e una massa povera, ignorante dall'altra
Il popolo allora venne ridotto alla condizione di servitù della gleba.
 In questo ritorno epocale della barbarie, la massa degli ignoranti, privata della scuola e della cultura, viene ridotta alla servitù del mercato, della droga, dei luoghi comuni menzogneri, della paura, della violenza

Gli uomini finiscono con il confliggere brutalmente tra loro quando si sentono abbandonati dalla Giustizia, la divina e l' umana, dalla Politica, dall'Amore, dagli Affetti, dalla Lealtà, dalla Generosità, dalla Cortesia, dall'Educazione quella familiare e quella scolastica.

Non basteranno i Salvini né i Di Maio a risolvere questa situazione di sospetto, diffidenza, odio tra la maggior parte delle persone, perfino tra i sessi. Simbolo di questo è l'uso continuo, antiumano del cellulare da parte dei più. Ci vorrebbe l'intervento di un deus ex aethere

Le vacanze mi si addicono solo per studiare, andare in bicicletta e correre a piedi con maggiore disponibilità di tempo. In genere faccio questo da solo. Mi preparo per i prossimi incontri con gente del mio stampo cui voglio donare una mente ben coltivata  (la mia) e un aspetto decente.

Ieri, 28 luglio, per festeggiare il primo anniversario dell'operazione alla prostata e rendere grazie agli dèi, sono andati in bici alla Pantana di Tavullia sul mezzogiorno, a Fano al pesce azzurro correndo a piedi verso il tramonto e sulla Panoramica in bici a mezzanotte.
A cosa pensavo?. Soprattutto a una callipigia vista supina sul mio lettino. Purtroppo solo quello del mare, ma anche in questo campo non dispero.
Baci a chi mi vuole bene

Ogni atto di cultura della mente (studio, conferenze attive e passive, cinema, teatro) e pure di coltura del corpo (bici, corsa, nuoto nel mio caso) è insieme un atto intellettuale, fisico e pure un rito religioso. Non si limita al visibile e al toccabile: giunge all'intelligibile.
 Ci metto anche l'adorazione del sole della sua luce e del caldo. L’aria condizionata a raggelarsi è un sacrilegio, un’empietà.

giovanni ghiselli

sabato 28 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 7


Tuttavia lo scopo ancora non lo avevo raggiunto, il bersaglio cui miravo con la tensione massima dell’anima mia e pure con quella del corpo, non lo avevo centrato. Per coglierlo in pieno, ripetei la mossa astuta e poco nobile del gioco di scacchi che aveva funzionato tanto bene con Elena un anno prima. Infatti tendo a ritualizzare per lustri gli atti della mia vita, quando hanno successo. Bonis successibus instruor(4).
Dunque le dissi: “Kaisa, questa serata è la più bella della mia vita, ma ora dobbiamo tornare: devo studiare fino all’alba la letteratura greca per l’esame di abilitazione che mi aspetta in autunno. Devo superarlo a pieni voti se voglio passare dalle medie al liceo, e lo voglio soprattutto per diventare non del tutto indegno di te. Questa notte verserò il sangue, non di animali come fece Odisseo(5), ma proprio il mio, per evocare e fare parlar le ombre grandi di Eschilo, Sofocle, Euripide. Non potranno negarsi”.

Non raccolse o finse di non avere colto l’allusione ai nostri autori e rispose soltanto “D’accordo, torniamo. Niente è importante quanto studiare”.
Ma si vedeva che ci era rimasta male. Ebbi paura che la mia mossa fosse stata controproducente e che Kaisa potesse prendermi per uno sgobbone, un pedante dall’anima curva, un umbraticus doctor, insomma quasi il contrario di quello che ero. Sicché aggiunsi un corollario:
“No, tu sei molto più importante per me, ma devo imparare dell’altro e progredire nel lavoro per essere, lo ripeto, quasi degno di te”.
Sembrava poco convinta, però non disse niente. In fondo avrebbe fatto una carriera scolastica e accademica molto più consistente della mia.
Qualche giorno più tardi, disse che quella sera, tornata in collegio, aveva provato una paura tremenda di non vedermi mai più.
Il giorno dopo, terminate le lezioni di lingua ungherese, la incontrai nel secondo collegio dove, come ogni anno, alloggiavo.
 Quando arrivai in fondo alle scale, la vidi nell’atrio solitamente frequentato a quell’ora meridiana da gente che andava e veniva parlando di lingua o di letteratura ungherese(6), oppure si fermava in attesa del pranzo auspicando un incontro, o quanto meno sperava di trovare una lettera, come avrei fatto io nel 1979 tutti i giorni, invano. Ifigenia mi aveva promesso un espresso che mai mi mandò. Ma questa è storia di sei anni più tardi e devo raccontarla più avanti.

Kaisa dunque aveva in mano una busta piena di fogli: li stava leggendo. Doveva essere la prima lettura. La posta infatti non la portavano nel collegio dei Finnici, ma la lasciavano tutta lì, nell’atrio del nostro, in una cassetta di legno aperta davanti, formata da tanti scompartimenti, uno per nazione.
Mentre la ragazza sposata leggeva, attendevo con impazienza che non davo a vedere, ma temevo che quella lunga lettera, probabilmente del marito, forse nemmeno uno scimunito data la moglie bella e fine che aveva trovato, la riconducesse al loro connubio mandando in malora il mio piano condotto con tanta abnegazione.
Quando alzò gli occhi colore di viola e mi guardò, le domandai a bruciapelo: “Ciao, novità? ”
Intendevo tra noi. Kaisa piegò i fogli adagio adagio, li ripose nella busta che mise dentro la borsa portata a tracolla e rispose: “no, potrei incartarci le noccioline o forse gli sgombri(7)”.
“Meno male, è cacata carta, pensai. Questa sera faremo il massimo”
Quindi le dissi: “Mi fa molto piacere trovarti qui. Stavo venendo a cercarti”.
“Anche io” fece lei, e andammo a bere l’aperitivo, un quartino di sangue di toro, al “Palma”, un Eszpresszó contiguo alla piscina. Il luminoso fiume della vita ci bagnava già i piedi. Eravamo tutti contenti, non c’è bisogno di dirlo. Ma la contentezza è un dono di Dio e ricordarla fa bene, fa solo bene. Anche a te che mi leggi, credo, poiché ti vengono in mente i successi raggiunti e le gioie da te stesso provate in questa vita mortale.

Torniamo al maestro irlandese
Il capocronista (dayfather) an old man bowed curvo, occhialuto, grembialuto. Persona quadrata e seria con un gruzzoletto in banca. Wife a good cook and washer La figlia lavora a macchina nel salottino. Giovannina la brutta, senza fole per la testa. La gente presunta normale. L’antitesi di Bloom e Molly. 170-109
Bloom ha la moglie bella, ma non torna a casa per paura di trovare l’amante con Molly nel suo letto: guai a te se le scopri con le mutande abbassate
In una stanza dove Bloom entra per telefonare e ottenere dalla ditta Keyes il rinnovo dell’annuncio pubblicitario, c’è un professore di latino MacHugh che si scaglia contro gli inglesi. Poi c’è un avvocato senza cause, dal pallore cadaverico, il colore di uno che è spacciato. Ha i giorni contati.. Ma una voce ipocrita gli fa: you’ re looking extra 1173-112
Bloom nota l’ipocrisia, la retorica di questi pseudo intellettuali: “vesciche piene d’aria” (172)
Crawford, il direttore gracchia con voce stridula e tenendo il viso scarlatto levato in alto My Ohio 176
Il professore grida a pefect cretic! Long short and long 114.
Bloom esce per andare alla ditta e gli altri lo vedono dalla finestra seguito da una fila di ragazzini che saltellano, l’ultimo dei quali faceva zigzagare nella brezza un bizzarro aquilone bianco. Sono forse strilloni. Una scena che fa pensare a un film di Totò. Gli osservatori lo deridono e Lehan dice che fanno il verso ai piedi piatti. Porta scarpine strette il chiappalodole Steal upon larks- 179-116. Invece è l’unica scena ricca di vita e speranza in tutto il capitolo. Bloom che non cerca di mascherare la sua debolezza è l’unico a mostrare qualche cosa di umano e di vivo.
Imperium romanum disse gentilmente O’ Molloy, l’avvocato senza cause.
It sounds nobler than British or Brixton. The word reminds one somehow of fat in the fire (181-117), un qualche cosa come lo sfrigolio del grasso nel fuoco.
Crawford il direttore del giornale disse: noi siamo il grasso.
You and I are the fat in the fire.

Ma il professor MacHugh tese braccia elocutorie fuori dai polsini, macchiati e sfilacciati, mentre faceva una pausa-he extended elocutionary arms from frayed stained shit-cuffs, pausing.
What was their civilisation? Vast, I allow: but vile, vasta, lo concedo, ma volgare. Cloacae, sewers, fogne. I Giudei dicevano: Qui star conviene, costruiamo un altare a Geova. Il Romano e l’Inglese che ne ha seguito le ormeq hanno portato su ogni nuovo lido only his coacal obsession.
Qui star conviene, costruiamo un water closet.
Molloy menziona il diritto romano, Roman law.
Sì e Ponzio pilato è il suo profeta, replicò MacHugh
  
Entrano Burke, un altro giornalista e Dedalus
Li saluta Lenehan, il giornalista sportivo. Dedalus porta l’articolo che il preside Deasy gli ha chiesto di raccomandare. Si autodefinisce il bardo bazzicabovi, che è amico dei manzi bullockbefrieding bard (182-118)
Crawford il direttore menziona la moglie del preside Deasy, una sanguinaria vecchia barbara. Del resto aggiunge a woman brought sin into the world. For Helen, the runaway wife of Menelaus, ten years the Greeks 118-182.
Il professore dice I teach the blatant Latin language, insegno la ruggente (rumorosa) lingua latina
La lingua di una razza the acme of whose mentality is the maxim time is money. Material domination, Dominus, Lord! Where is spirituality? 119
But the Greek: Kyrie Eleison! Un sorriso di luce gli illuminò gli occhi nerocerchiati e allungò le sue lunghe labbra 183.
Kyrios! Shining word, fulgida parola! Vocali che il semita e il sassone non conoscono. I ought to profess Greek, the language of the mind.
The (water) closemaker and the cloacamaker will never be the lords of our spirit
Non siamo sudditi dell’imperium che affondò con le flotte ateniesi a Egospotami that went under with the Athenian fleets at Aegospotami (119) yes, yes,. They went under. Pirro ingannato da un oracolo fece un ultimo tentativo di salvare la Grecia. Loyal to a lost cause
Lehenan pianse con un po’ di rumore Boohoo! Owing to a brick received in the latter half of the matinée.. Poor, poor Pyrrus! (Plutarco, Vita di Pirro, 34) Morì nel 272 a. C..
Poi Lehenan sussurra un limerick nell’orecchio a Dedalus con canzonatura del professore un pedante mezzo orbo che porta occhiali blu ma vede storto. Perché li porta?
Poi Mulligan dice in mourning for Sallust whose mother is beastly dead
In lutto per Sallustio. Burke nomina Madam Bloom The vocal Muse. Dublin’s prime favouirite (120) la prima favorita di dublino.
Il direttore incoraggia Dedalus a scrivere per il giornale: “you can do it!”. Ci metta qualcosa che abbia del mordente!
Il professore va a rispondere al telefono: la pelle flaccida del collo gli tremava come dei bargigli (188-122)

Al telefono è Bloom che cerca il direttore. Tell him go to hell, the editor said promptly.
Poi parlano della decadenza dell’Irlanda, della cultura della stampa. Fanno citazioni da Shakespeare, Dante e battute varie.



CONTINUA

martedì 24 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 6

Odissea Libro I: Atena e Telemaco

Odissea I
Atena travestita da Mente re dei Tafi si reca da Telemaco per farlo crescere e indurlo a cercare il padre mentre la sua casa è occupata e saccheggiata dai proci, i pretendenti superbi mnhsth're" ajghvnore".
Corrispondono agli inglesi che mangiano il rostbeef fatto con la carne degli animali irlandesi
I proci e[donte" fqinuvqousin oi\kon, mangiando mandano in rovina la casa (250). Atena consiglia il ragazzo di andare prima a Pilo per interrogare il saggio Nestore, poi a Sparta, para; xanqo; n Menevlaon.
Gli dice che non deve fare il bambino poiché non ne ha più l’età. La dea fa al ragazzo l’esempio di Oreste.
Anche Dedalus dipende dalla madre, pur morta
Telemaco, dopo le ammonizioni ricevute, trova il coraggio di opporsi alla madre la quale vorrebbe impedire a Femio di cantare i nostoi che la fanno soffrire. Ma Telemaco le dice: lascialo fare siccome ajoidh; neotavth è il più apprezzato dagli uomini. Penelope stupefatta dal coraggio del figlio tornò nelle sue stanze. Dedalus invece per ora non cresce.

Eolo il giornale pp. 162-204- 104- VII capitolo
In the Heart of Hibernian metropolis
Detto ironicamente. Before the Nelson’s pillar, davanti alla colonna di Nelson trams slowed i tram rallentavano e i furgoni postali di sua Maestà portavano sui fianchi E. R. le iniziali regali. Segni della dominazione inglese. Siamo nella redazione di un giornale, Freeman’s Journal. Cupi tonfi dei barili di Guinness rotolati fuori dai magazzini poi cupi tonfi delle macchine thumping thump. Machines smash fracassano-a man to atoms if they got him caught. Rule the world today, oggi governano il mondo 165-106.

Bloom cerca di procurare inserzioni pubblicitarie al giornale. Le macchine sembrano avere preso la mano all’uomo. Un settimanale si regge sulle inserzioni pubblicitarie e sulle notizie accessorie, non sulle notizie stantie della gazzetta ufficiale 165
Its the ads and side features sell- fa vendere un settimanale- a weekly. 106
Ancora thump, thump thump delle macchine. Se a quello che le controlla prende un colpo, continuerebbero a sferragliare lo stesso a stampare di qua e di là, su e giù print it over and over and up and back 107. Want a cool head, ci vogliono nervi saldi. Bloom viene umiliato e offeso. Vide il volto giallastro del proto, mi pare che abbia un po’ di itterizia. Intanto la macchina sferraglia clink it. clank it. Chilometri di carta. Impacchetteranno la carne.
Cfr. Catullo 95, 7-8
at Volusi annales Paduam morientur ad ipsam
 et laxas scombris saepe dabunt tunicas.
Ma gli Annali di Volusio morranno lì a Padova e forniranno larghi involucri per incartocciare gli sgombri
Mi permetto di segnalare un riuso da me fatto di questi versi


La lettera del marito, utile per incartare le noccioline o, forse, gli sgombri

Poi continuai: “Kaisa volentieri(1) morirei, piuttosto che rinunciare a te”.
Intanto stavo seduto con il braccio destro, ingessato, che pendeva verso il pavimento. Con quel gesto di resa volevo mimare la desolazione di un topos ricorrente nelle arti figurative: risale a un sarcofago romano con la morte di Meleagro e viene riusato da Raffaello nella Deposizione dove si vede il braccio esanime del Cristo defunto, abbandonato nell’impotenza della morte, e il tenero atto pietoso della Maddalena che tiene nelle proprie mani la mano di Gesù(2). Ero deciso a recitare un’altra volta la commedia della simulazione di credere che la bella immacolata non potesse essere disposta a commettere il delitto erotico dell’infedeltà coniugale. Dovevo anche dissimulare il fatto che ero convinto del contrario, senza farle escludere del tutto, però, che lo speravo ardentemente.
Sicché dissi queste parole quasi ridicole;
“Ti parlerò in modo ardimentoso ma sempre pieno del rispetto dovuto alla tua persona. Ho riflettuto mentre scendevo e salivo le scale. Una catabasi non proprio infernale e un’anabasi per tornare alla luce, ossia a te, amore mio.
Ho elaborato con il pensiero le percezioni impresse sui sensi.
Tu, come un angelo mandato da Dio, hai risuscitato la mia vita mortificata, e ora quest’anima appena risorta non può procedere senza di te, ma rischia di tornare ad aggirarsi confusa, svigorita, esangue, in un labirinto buio come il Tartaro, compiendo, per il tempo che mi resta da vivere, nient’altro che una sinistra e inconcludente congerie di gesti insensati.
 Eppure credo sia meglio soffocare nel petto questo sentimento d’amore, povero amore mio chiuso nell’animo senza speranza, piuttosto che fare torto alla tua immagine, senza dubbio sacra, di madre e sposa buona, premurosa, fedele, cara al marito, al figlio, al padre, a chiunque ti veda e ti conosca. A me più di tutti”.
 Così la adulavo senza decenza. E data la sua attenzione, non smettevo, anzi rincaravo la dose fino al ridicolo pieno, e oltre.
La provocavo per vedere se a un certo punto si sarebbe messa a ridere o se mi avrebbe chiesto di non canzonarla più. Ma Kaisa mi guardava con gli occhi spalancati, un lieve sorriso, e non parlava. Finché lei stava zitta, io non dovevo smettere.
“Sì, preferisco fare del male a me stesso: soffocare la felicità immaginata solo guardando i tuoi occhi pieni di vita, inebriandomi con i profumi esalati dai tuoi capelli luminosamente neri, piuttosto che fare torto alla tua purissima immagine di donna maritata cui devo non solo ogni rispetto umano, ma una venerazione speciale, religiosa, quella riservata alle spose sante. Io santo purtroppo non sono: prima di incontrarti sono stato piuttosto un satiro veneratore di Priapo e di Dioniso, ho gridato evoè più spesso di quanto abbia sussurrato amen, insomma ho menato una vita da briccone coribantico, ma, da quando ti ho vista, sono diventato un pentito, un penitente, un convertito dalla carne allo spirito, dal naturale al soprannaturale del quale vedo un riflesso chiaro, meraviglioso nella tua icona veneranda”.

Quasi credevo a quanto dicevo recitando forse neanche male. E quasi piangevo. O per lo meno gli occhi mi si velavano di un liquido equivoco tra il sentimentale, rossa umidità di cuore, e l’umidità fremente della libidine che, dentro di me, nera, pelosa e massiccia, scalpitava davvero con furia impudica (3) e tirava forte verso la pelle bianchissima, liscia di lei.
Certo è che Kaisa lo capiva e la cosa non le dispiaceva, anche perché celebrando la sua fedeltà, le toglievo comunque ogni timore di essere importunata: se avesse risposto che il marito faceva bene a fidarsi di lei, poiché la amava del tutto riamato, la preda agognata e mancata mi avrebbe fatto fuggire con la coda tra le gambe e le orecchie abbassate. Siccome un cagnaccio pieno di zecche, bastonato e sciancato.
Invece disse: “Tu non mi fai torto, Gianni, non mi fai torto per niente”.
E mi accarezzò la mano destra. “Forse - aggiunse - mi fai complimenti così sperticati perché fino ad ora non hai trovato una donna del tuo stampo, della tua levatura, capace di respirare il bello e l’arte, come sei solito fare tu”.
“Ce l’ho fatta”, pensai e dissi:
“Infatti sentivo questa mancanza prima di incontrarti. Un deficit che solo tu potresti colmare. Tu respiri il bello e me lo ispiri”. E aggiunsi: “se solo guardo te, tutto il resto del mondo che vedo diviene più ricco di significato e mi riempio di gioia”.
La commedia funzionava perché era fatta non solo di calcoli, pose e citazioni, ma anche e soprattutto di simpatia autentica, forte, reciproca.



CONTINUA

domenica 22 luglio 2018

Twitter, CCCXXV sunto. Al ritorno dalla Grecia

Al ritorno dalla Grecia

Come nell'epoca tardo-imperiale di Roma, oggi è in vigore l'eliminazione dei migliori, in una specie di selezione naturale a rovescio.

Le classifiche sul benessere gerarchizzano tutta la vita in una prospettiva economica, in quella bassa dei miseri quattrini.
Torno da un giro ciclistico nel Peloponneso (solo 600 km). Ho visto il Pluto di Aristofane a Epidauro.
Molti Greci sono poveri anche più dei nostri poveri, eppure sono meno tristi e mortificati.

Agli heredipetae che mi voglio bene come gli avvoltoi amano i cadaveri quando li puntano per la gioia del pasto, ai cacciatori di eredità che per giunta moriranno prima di me, anzi sono già morti nell'anima, dico che morirò senza un soldo, e verrò sepolto con il denaro raccolto dagli amici conlaticia stipe humabor.

Sono a Pesaro dove vedo borghesi e proletari obesi, e tanti poveri affamati. Ci sarà presto l'assalto ai forni: nescit plebes ieiuna timere" (Lucano, Pharsalia, III, 56-58), la folla digiuna non ha paura di rivoltarsi. Ho fame soprattutto di bellezza, sono un mendicante della bellezza, ma starò dalla parte degli affamati di pane.

Certe frenesie sono molto più sagge della saggezza della gente usuale. Il Socrate di Platone vuole dimostrare, a proposito della pazzia amorosa, che tale follia concessa dagli dèi è la nostra più grande fortuna (Fedro, 245c). Io amo con apparente follia le donne lo studio il sole la bici il cinema

venerdì 20 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 5

George Lucy Good
Nelson prima della battaglia di Trafalgar

M Chiede a D di portare i soldi della scuola: oggi i bardi devono bere e sollazzarsi Today bards must drink and junket.
Poi cita Nelson a Trafalgar, mutatis mutandis: in questa giornata l’Irlanda si aspetta che ognuno faccia il suo dovere. Nelson disse l’Inghilterra ovviamente.
M dice di D l’immondo bardo si picca di farsi il bagno una volta al mese, the unclean bard makes a point of washing once a month.
 E D disse: tutta l’Irlanda è bagnata dalla corrente del Golfo, facendo gocciare il miele su una fetta di pane.
Poi dice Angebite of inwit (15), rimorso di coscienza, Coscienza (titolo di un trattato sui sette peccati mortali di Northgate-XIV sec), poi Macbeth: c’è ancora una macchia qui (Lady Macbeth, Yet here’a spot V, 1, 35).
Quello sullo specchio incrinato di una serva come simbolo dell’arte irlandese è maledettamente buono.
M biasima lo schifoso sogghigno e i lugubri scherzi da gesuita di D. Poi si tolse la vestaglia e disse: ecco M rispogliato dei suoi paramenti Mulligan is stripped of his garments 16-23.

M disse a Haines che loro pagavano 12 sterline d’affitto per la torre
H dice al ministero della guerra e aggiunge che deve essere desolata d’inverno.
Cfr. Gerontion: my house is a decayed house (7), è una casa in rovina.
M: l’ha fatta costruire Billy Pitt quando i francesi correvano il mare (1805-6). Ma la nostra è l’ojmfalovς.
Haines chiede a D quale idea abbia di Amleto. M li blocca dicendo che si sono svezzati da Wilde e dai paradossi-we have grown out of Wilde and paradoxes. Comunque aggiunge che D dimostra con l’algebra che il nipote di Amleto è il nonno di Shakespeare e “lui stesso” è il fantasma di suo padre-he proves by algebra that Hamlet’s grandson is Shakespear’s grandfather and that he himself is the ghost of his own father.
 Haines chiede se “lui stesso” sia D.
Ma D troncò il discorso.
Ha bisogno della sacra pinta per parlare, fa M.
Del resto - aggiunge Haines - questa scogliera e questa torre ricordano un po’ Elsinore that beetles o’er his base into the sea (Hamlet, I, 4, 71) che strapiomba sulla sua base nel mare
D vide la propria immagine in misere polverose gramaglie tra i loro vestiti vivaci Stephen saw his own image in cheap dusty mourning between their gay attires.
 Mulligan irride ancora la religione: citando quasi alla lettera La ballata di Gesù giullare di Gogarty
Oliver Joseph St. John Gogarty (Dublino, 17 agosto 1878 – New York, 22 settembre 1957) è stato un medico, poeta e scrittore irlandese, ricordato fra i più importanti intellettuali di Dublino. Oliver St. John Gogarty è stato a lungo negli Stati Uniti, ma sempre vicino alla sua patria e vicino ai nazionalisti irlandesi.

Ho per mamma un’ebrea, per babbo un’uccelletto My mother’s a jew, my father a bird,
Per Beppe il falegname son di parer contrario, perciò beviamo a tutti, discepoli e Calvario
Poi
a chi non crede ancora nell’esser mio divino
non darò a bere gratis quando farò del vino
ma dovrà bere l’acqua, e chiaro gli sarà
che faccio, quando il vino in acqua tornerà
Qui ci sono Cristo e Dioniso ndr
Addio cari scrivete quel che ho raccontato
E dite a Tom, Dick, Harry che son resuscitato
Data la mia ascendenza credo che volerò anche io
E sul monte Oliveto c’è vento, addio, addio

M saltava giù per il balzo dei 40 piedi sventolando le mani come ali, mentre il pètaso di Mercurio palpitava nella brezza

Haines lo trova blasfemo, ma la sua allegria, dice, toglie malizia
E’ La ballata di Gesù giullare, fa D.
H fa domande a D su cosa creda e D risponde con ostico disgusto: lei contempla in me un orribile esempio di libero pensiero you behold in me, Stephen said with grim displeasure, a horrible example of three thought

Però poi D aggiunge accendendosi in volto: “sono servo di due padroni un inglese e una italiana: il governo imperiale britannico e la santa chiesa cattolica apostolica romana”.
H ammette che gli inglesi hanno trattato male gli irlandesi we feel in England that we have treated you rather unfairly, ma la colpa è della storia It seems history is to blame 19-29.
 A D viene in mente la Messa di Papa Marcello (1567) di Pierluigi da Palestrina con i canti degli apostoli e il cantico dell’Angelo.
Poi gli vengono in mente diversi eresiarchi: Fozio, Ario, Valentino, Sabellio.
Pensa che le canzonature di M siano vane idle mockery: il vuoto incombe su coloro che tessono il vento the void awaits surely all them that weave the wind (20-29), e gli angeli, l’oste armata di Michele, disarma e sconfigge i tessitori del vento.
Nel secondo capitolo, Nestore la scuola, Dedalus tiene una lezione di storia a ragazzi disattenti. E riflette: “Se Pirro non fosse caduto ad Argo per mano di una vecchiaccia, o Giulio Cesare non fosse stato ucciso a coltellate. Cose che non si possono abolire col pensiero…O fu possibile soltanto ciò che avvenne? Tessi, tessitore del vento”[1]. Weave, weaver of the wind (23)

Haines teme che l’Inghilterra cada nelle mani di ebrei tedeschi.
Mulligan sente parlare di una ragazza rossa e dice: le rosse di pelo cozzano come capre redhead women buck like goats 21-31.
Poi si tasta il petto e dice che la sua dodicesima costola è scomparsa. Kinch (D) lo sdentato e io siamo i superuomini Toothless Kinch and I, the supermen.
M chiede la chiave a D che si avvia, poi due pence per una pinta. Quindi fa un’altra battuta parodia: chi ruba (invece di dona) al povero presta al Signore (Bibbia, proverbi XIX, 17). Poi Così parlò Zarathustra. M si tuffa, D si avvia. Al Ship a mezzogiorno e mezzo urla M.
D si sente chiamare dal mare da una voce dolce canora, una testa bruna, liscia di foca, al largo, tonda. Usurpatore (Haines?)


CONTINUA


[1] Ulisse, p. 35.

martedì 17 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 4


Oltre il polsino sfrangiato Dedalus vedeva il mare, la fosca massa verde di liquido. La associa alla verde bile vischiosa dentro il bacile di bianca porcellana -. Veniva dal vomito con il quale la madre espelleva pezzi di fegato in putrefazione she had torn up from her rotting liver.
D è povero: ha brache di seconda mano- the secondhand breeks. “Che ne è?” chiese M.
“Mi vanno bene” disse D - they fit well enough, Stephen answered.
M: “si dovrebbe dire di seconda gamba. Dio sa quale sifiletilico li ha messi”.
Secondleg they should be god knows what poxy-impestato- bowsy left them off. (6).
Io ne ho un bel paio con righine grigie. Tu farai un figurone.
D: non li posso portare se sono grigi.
M disse alla propria faccia allo specchio: l’etichetta è l’etichetta. Ammazza la madre ma non può portare pantaloni grigi. Etiquette is etiquette. He kills his mother but can’t wear grey trousers (6)
D guardò quella faccia paffuta dai mobili occhi azzurro fumo the plump face with its smokeblue mobile eyes.
M disse: guardati, o tremendo bardo[1] look at yourself, you dreadful bard.
D si guarda nello specchio incrinato si vede con i capelli ritti e fa: “chi mi ha scelto questa faccia? Questo corpo di un cane da spidocchiare this dogsbody to rĭd of vermin 6-liberare dai vermi. Lo domanda anche a me.
M ha pizzicato lo specchio nella stanza della sguattera scelta brutta dalla zia che tiene sempre serve brutte per Malachi-Lead him not into temptation 6- Si chiama Orsola-Ursula-.
Oh, rabbia di Calibano- The rage of Caliban at not seeing his face in a mirror, he (M. ) said. If Wilde were only alive to see you. (6) nel non vedere la sua faccia nello specchio (10)

 Wilde nella prefazione a Il ritratto di Dorian Gray scrive: “il risentimento del XIX secolo per il Realismo è la rabbia di Calibano che vede il proprio volto riflesso in uno specchio”
L’avversione per il Romanticismo invece è la rabbia di Calibano che non riesce a vedere il proprio volto in uno specchio.

D: è il simbolo dell’arte irlandese. Lo specchio incrinato di una serva.
It is a symbol of Irish art. The cracked lookingglass of a servant (6)
Vanno a passeggiare.
M: se io e te lavorassimo insieme, potremmo fare qualcosa per la nostra isola: ellenizzarla. God, Kinch, if you and I could only work together we might do something for the island: hellenize it (7)
Per noi neopaganesimo onfalo To ourselves new paganism omphalòs (7).
Guardano il capo smussato di Bray head[2] che si stendeva sull’acqua come il grugno di una balena addormentata like the snout of a sleeping whale.

D ricorda che M disse alla propria madre a proposito di Stephen che andato da loro: è soltanto D cui è morta bestialmente la madre O, it’s only Dedalus whose mother is beastly dead (8).
M risponde che la morte è una cosa bestiale e nient’altro e lui ne vede tante in ospedale. Rinfaccia a D il fatto che non si è inginocchiato “perché c’è in te quella maledetta vena di gesuita, solo che è stata iniettata a rovescio” because you have the cursed jesuit strain in you, only it’s injected the wrong way (8)
Poi si scusa e conclude “piantala Loyola”.
Haines il sassone The Sassenach reclama le sue fette mattutine di bacon. Io parlo a vanvera. Desisti da codeste ruminazioni.
Cita Yeats[3], parole del dramma The Countess Cathleen (1899): “non appartarti più per ruminare/sull’amaro mistero dell’amore”
Ma ricordi assalivano il cervello di Dedalus rimuginante. Il forte respiro rauco rantolante di orrore. Gli vengono in mente parole
De Sacramento Extremæ Unctionis:
 liliata rutilantium te Confessorum turma circumdet: iubilantium te Virginum chorus excipiat.
Poi però pensa: mamma lasciami stare, lasciami vivere- No, mother, Let me be and let me live. 10
M: lo chiama con affetto, e D: mi pagano stamattina.
M: quel casino di scuola? 4 sterline?
Prestacene una.
Se ti serve
Faremo una grandiosa bevuta da stupire i druidici druidi. [4]
D ricorda quando serviva la messa e pensa di essere rimasto il servitore di un servo-So I carried the boat of incense then at Congowes. I am another now and yet the same. A servant too. A server of a servant (11) portava il turibolo.
 Intanto aleggiavano vapori di grasso fritto.
Poi mangiano: il rancio è pronto. M mette la frittata sul piatto dicendo in nominePatris el Filii et Spiritus Sancti. Poi nomina le fatali sorelle (cfr. Macbeth) di Yeats che fondarono una casa editrice e stamparono i suoi libri.
Arriva la vecchia con il latte.
The woman is coming up with the milk 12
 Dedalus la guarda e osserva il pingue latte bianco, non il suo, rich white milk, not hers. vecchie mammelle avvizzite old shrunken paps
 Maybe a messenger (13) Forse una messaggera. Accoccolata presso una vacca all’alba, strega sul fungo velenoso, dita grinzose, alacri sui capezzoli sprizzanti. Messaggera del segreto mattino, se per servire o per rampognare non sapeva, ma sdegnava di sollecitarne i favori but scorned to beg her favour.
Cerca e vede simboli ovunque.
Mulligan: se potessimo vivere di cibo come questo, non avremmo il paese pieno di denti guasti e budella marce the country full of rotten teeth and rotten guts 13
Si vive in una palude infetta, si mangia cibo ordinario con strade lastricate di polvere, merda di cavallo e sputi di tisici p. 20
Stephen listened in scornful silence 14, ascoltava in sdegnoso silenzio 14
La vecchia dà maggiore importanza a M che a D: il suo conciaossa (bonesetter), il suo stregone (medicineman), me mi sdegna me she slights.. Dà importanza alla voce di quello che la confesserà e che ungerà per la tomba tutto quel che resta di lei salvo i lombi immondi di donna but her woman’s unclean loins, di carne non fatta a somiglianza di Dio.
M dice che l’irlandese è una lingua meravigliosa e loro dovrebbero parlarla.
 Poi paga parte del conto alla vecchia: Non mi chieda più altro tesoro, tutto quello che posso darle, le do Ask nothing more of me, sweet. All I can give you, I give (14- 22)
C’è tempo disse la vecchia tendendo la mano passiva
Poi M cita ancora versi di Swinburne
Cuor del mio cuore, se più ce ne fosse
Più ne sarebbe messo ai tuoi piedi (The oblation, 1871) 22-15



CONTINUA


[1] Antico poeta-cantore dei popoli celti, dedito all'esaltazione della stirpe dal punto di vista religioso e politico. estens.
Poeta che esalta le aspirazioni o le tradizioni del suo popolo.
[2] Bray Head (Irish: Ceann Bhré) is a 241 m (791 ft) hill and headland promontorio located in northern County Wicklow, Ireland, between the towns of Bray and Greystones
[3] William Butler Yeats (Dublino, 13 giugno 1865Roccabruna, 28 gennaio 1939) è stato un poeta, drammaturgo, scrittore e mistico irlandese. Spesso indicato come W. B. Yeats, fu anche senatore dello Stato Libero d'Irlanda negli anni venti.
[4] Il druida o druido (pl. druidi; nei testi classici non è attestato il singolare e compaiono solo i plurali greco druidai e latini druidae e druides) è il dignitario appartenente ad una classe dirigente sacerdotale, al quale competevano, tra i Celti della Gallia e delle isole Britanniche, l'adempimento di riti di culto comprendenti anche il sacrificio umano, l'interpretazione degli auspici, la conservazione e la trasmissione del sapere tradizionale, la presidenza delle assemblee religiose, l'arbitrato nelle controversie tra tribù e l'amministrazione della giustizia civile e criminale (in particolare nei casi di assassinio)

lunedì 16 luglio 2018

L’"Ulisse" di Joyce. 3


Nel marzo del 1918 il primo capitolo comparve nella Little Review di NewYork. La direzione della rivista fu condannataa interrompere le pubblicazioni e a pagare una multa di 50 dollari per l’episodio di Nausicaa.
Sylvia Beach volle stampare il libro a Parigi e chiese a uomini di cultura di prenotare il volume. Aderirono Yeats, Gide, Churcill, mentre B Shaw scrisse che si trattava di un documento rivoltante ma veritiero di una fase disgustosa della civiltà. Gli sembrava odiosamente realistico. E non aderì. Scrisse che un irlandese non è mai disposto a pagare 150 franchi per un libro. Joyce volle che uscisse il giorno del suo quarantesimo compleanno il 2 febbraio 1922. Mille copie esaurite in poche settimane. T. S Eliot nel suo saggio Ulysses, Order and Myth approfondì i parallelismi omerici minimizzati da Pound.
In una famosa recensione[1] all'Ulisse di Joyce, T S. Eliot definiva il metodo mitico, in opposizione a quello narrativo, come il modo di controllare, di dare una forma e un significato all'immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. "Instead of narrative method, we may now use the mythical method ", invece del metodo narrativo possiamo ora avvalerci del metodo mitico. Questo implica la conoscenza della tradizione e di non poche fasce della letteratura europea.

Virginia Woolf scrisse: è il lavoro di uno studentello malaticcio che si gratta i brufoli. A Hemingway piacque, mentre Gide lo definì un finto capolavoro. Pound scrisse che J era l’erede di Flaubert e che l’Ulisse era un romanzo realista per eccellenza
Lawrence lo accusò di artefazione e mancanza di spontaneità.
 Il mondo anglosassone manteneva un atteggiamento censorio. Jung scrisse a J che aveva compiuto un’impresa da giganti dalla quale aveva imparato molto. Nel 1933 il libro venne assolto negli USA In Italia uscì tradotto nel 1960.

È sicuramente vero che Joyce, scrivendo l’Ulisse, avesse un’ambizione totalista, quella di rendere un mito universale “sub specie temporis nostri”.

Eliot e Joyce rappresentanti del modernismo

L’unico modo per comprendere la tecnica narrativa di questi due autori, il costante riferimento al mito e la complessità quasi inaccessibile del linguaggio, è guardare al contesto in cui Eliot e Joyce scrivevano. Come tutte le avanguardie di inizio secolo, i modernisti (e in particolare quelli più “militanti”, come Ezra Pound) si proponevano un radicale rinnovamento dell’arte e della letteratura, perché percepivano scomode e inadeguate le forme che avevano caratterizzato l’epoca vittoriana.
Rispondendo al richiamo di Pound “Make it New”, i giovani autori dell’epoca, spesso culturalmente “esuli” in quanto non inglesi – Eliot era americano, Joyce irlandese – andarono in cerca di nuove forme per adeguare la letteratura ai rapidissimi cambiamenti del primo Novecento.
Il modernismo fu, però, un’avanguardia diversa da quelle continentali: pur avendo avuto contatti con il contemporaneo futurismo, che stava avendo successo anche sul suolo britannico, i modernisti non interruppero mai un dialogo con la tradizione.
Esempio lampante è il lavoro saggistico di Eliot, che mira non a distruggere, bensì a rileggere e valutare con occhi nuovi la letteratura inglese, “detronizzando” i despoti romantici e dando nuovo lustro agli autori secenteschi, i metafisici, che secondo l’autore erano dotati di un’intelligenza più acuta ed analitica, molto più adeguata alla nuova realtà storica.

I capitolo Telemaco la torre
Vediamo il primo episodio Telemaco la torre (p. 5-32)
Buck Mulligan, studente di medicina si fa la barba: leva alto il bacile e intona: introibo ad altare dei. E’ una specie di parodia della messa. Comunque c’è il tema della religione. Poi fa a Dedalus “Vieni su pauroso gesuita” Come up, you fearful jesuit (3).
 Dedalus è Telemaco, e Mulligan fa parte dei proci come altri personaggi poco intelligenti e malfidi. Mulligan traccia croci nell’aria-made rapid crosses in the air- e mostra schegge d’oro trai denti bianchi. Crisostomo, bocca d’oro.
San Giovanni Crisostomo fu uno dei padri della Chiesa greca[2] (IV secolo)

M dice a D: quel tuo nome assurdo da greco antico, che canzonatura, disse gaio.
The mockery of it, he said faily. Your absurd name, an ancient Greek (4). Anche io ho un nome assurdo Màlachi Mùlligan due dattili My name is absurd too: Malachi Mulligan, two dactyls. But it has a Hellenic ring, hasn’t it?
E ha un certo timbro ellenico (malakiva, mollezza).
Dobbiamo andare ad Atene. Irride la religione che per D invece è cosa seria da seguire o da combattere. “Verrà lo sparuto gesuita? ” Will he come? The jejune jesuit.
 Nel Dedalus il giovane dice di avere perso la fede ma che non si comunica perché teme che nell’ostia ci sia davvero il corpo di Cristo.
Poi c’è Haines, l’inglese, l’usurpatore, uno dei proci, più di Mulligan il quale chiama D lama di coltello (the knifeblade, 4) con riferimento alla sua volontà di usare il freddo acciaio della penna come un coltello per fare piazza pulita dei luoghi comuni.
 D ha paura di Haines: non sono un eroe. Poi M prende un moccichino dalla tasca di D e dice “ il moccichino del bardo, nuovo colore pittorico per i nostri poeti irlandesi. verde moccio sembra quasi di assaggiarlo, no? snotgreen, you can almost taste it, can’t you? ” 5- Realismo estremo, fino allo scatologico, come nel Satyricon o in Aristofane.
 Anche il mare è verde moccio ed è la madre, “una dolce madre grigia- a grey sweet mother, come dice Alg”, citando Algernon Swinburne[3] ( in The triumph of Time), tornò alla grande dolce madre, madre ed amante degli uomini, il mare.
 The snotgreen sea, the scrotum tightening sea, 5 ( tight cfr. dicht)
Il mare verde moccio, il mare scrotocostrittore-
 ejpi; oi[nopa ponton (Od III, 286)
Ah Dedalus i Greci, ti devo erudire. Li devi leggere nell’originale Thalatta, Thalatta. La nostra grande dolce madre (p. 8)
Dedalus ha un grande rimorso verso la madre.
M: la zia pensa che hai ucciso la madre The aunt thinks you killed your mother said, per questo non vuole che io abbia qualche cosa a che fare con te
E Dedalus: qualcuno l’ha uccisa, Someone killed her, Stephen said gloomily con tristezza 8-5.
M gli ricorda che non si è inginocchiato e non ha pregato con la madre morente quando lei gli chiedeva di farlo con il suo ultimo respiro with her last breath..
C’è qualcosa di sinistro in te There is something sinister in you 5-8
D soffriva.
 Guardava il polsino sfrangiato. Una sofferenza che non era ancora la sofferenza amorosa gli rodeva il cuore fretted is heart 5
Aveva sognato la madre morta, con il corpo consunto, mute reproachful, muta ma rampognante (cfr. lo schiaffo del padre morente di Zeno) con un leggero odore di ceneri bagnate- a faint odour of wetted ashes


CONTINUA


[1]Ulysse, Order and Myth, "The Dial", nov. 1923.
[2] Giovanni Crisostomo, o Giovanni d'Antiochia (Antiochia, 344/354Comana Pontica, 14 settembre 407), è stato un arcivescovo e teologo bizantino. Fu il secondo Patriarca di Costantinopoli. È commemorato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa e venerato dalla Chiesa copta; è uno dei 36 Dottori della Chiesa. La sua eloquenza, le sue doti retoriche nell'omiletica gli valsero l'epiteto Crisostomo (in greco antico: χρυσόστομος, chrysóstomos), letteralmente «bocca d'oro». Il suo zelo e il suo rigore furono causa di forti opposizioni alla sua persona. Scrisse delle omelie antigiudaiche utilizzate nei secoli come pretesto per le discriminazioni e persecuzioni contro gli ebrei. Dovette subire un esilio e durante un trasferimento morì
[3] Algernon Charles Swinburne (Londra, 5 aprile 1837Putney, 10 aprile 1909) è stato un poeta inglese, di epoca vittoriana. Attivo nella cerchia estetista, romantica e poi decadente, conobbe Oscar Wilde e altri celebri intellettuali e artisti dello stesso ambiente. Personalità con un forte gusto della provocazione artistica, ispirata da letterati come il Marchese de Sade, Percy Bysshe Shelley e Charles Baudelaire, ai suoi tempi la sua poesia fu molto controversa, per via dei suoi temi (sadomasochismo, pulsione di morte, lesbismo, irreligiosità). Dal 1903 al 1909 fu costantemente candidato al Premio Nobel per la Letteratura. [1]

sabato 14 luglio 2018

Edipo a Colono. Parte 2. FINE

Jean-Antoine Theodore Giroust, Edipo en Colonos


Un' espressione di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono: "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura mezza distrutta come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande: "kaiv s j oijktivsa"-qevlw &perevsqai[1], duvsmor& Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t& e[cwn", vv. 556-558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui. Poi significa ascoltare e comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io-dice il re di Atene al mendicante cieco-sono stato allevato fuggiasco come te"(vv.562-563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567-568).
“Teseo arriva ben disposto verso Edipo, di cui conosce la sorte e compiange la miseria-in questo modo connotandosi sin dall’inizio come il rappresentante dei valori civili (pietà, benevolenza verso lo straniero, accoglimento delle suppliche), tipicamente ateniesi, in contrapposizione con la feroce Tebe, che non rinuncia a perseguitare Edipo anche in esilio, ed è espressione di crudeltà e inciviltà, come appare dai suoi rappresentanti, Creonte e Polinice, che compariranno successivamente sulla scena”[2].-
cfr. Edipo a Colono: “qeoi; ga;r eu\ me;n, ojye; d j eijsorw`s j ” (v. 1536), gli dèi vedono bene, ma tardi.“E’ un tema tradizionale della teodicea greca: gli dèi vedono tardi ma vedono bene. Il motivo era presente in Euripide (Bacch. 882 sgg.; ved. anche Sesto Empirico, adv. Math I 287 “i mulini degli dèi macinano tardi (ojyev) ma macinano bene”. L’idea che sta alla base di questa riflessione è che il tempo degli dèi è diverso fa quello degli uomini, e che il loro operare risponde alla legge dell’infallibile inesorabilità, non dell’istaneità della punizione: questo motivo teologico arcaico è ripreso e ampiamente sviluppato nel de sera numinis uindicta di Plutarco (549d)”[3].-
nell’Edipo a Colono è Antigone che suggerisce al padre di attenersi all’uso dei cittadini: “ajstoi`~ i[sa crh; meleta`n” (v. 171), in maniera forse sorprendente rispetto alla protagonista del dramma Antigone.

“Questi versi costituiscono una sorta di “a parte” tra Edipo e Antigone. E’ quasi sorprendente trovarsi in questo caso davanti a un’Antigone conformista, nel suo predicare la necessità di adeguarsi alla morale comune (per una massima di questo genere ved. Euripide, Bacch. 890-3…”non bisogna cercare o praticare nulla che vada al di là delle leggi”). Sofocle vuole presentare un’altra sfaccettatura del personaggio…Sofocle sceglie quindi di fare di Antigone nell’Edipo a Colono non l’inflessibile portatrice di valori assoluti dell’Antigone, ma la mediatrice, un ruolo che assumerà anche in seguito (vv. 1181-203), quando otterrà con le sue preghiere che Edipo riceva l’aborrito figlio Polinice.
Guidorizzi commenta il silenzio (siwphv, Edipo a Colono, v. 1623) nel quale Sofocle fa risuonare e risaltare la voce del dio che chiama Edipo: “La voce divina non può essere inquinata dal lamento funebre, che si colloca nella sfera della morte. C’è bisogno di una pausa di silenzio, un silenzio sacro in cui tutto tace e si manifesta una presenza sovrannaturale, che fa sobbalzare di religioso terrore tutti i presenti, a cui si rizzano in testa i capelli. E’ la stessa situazione, al contempo psicologica e rituale, descritta in Euripide, Andr. 1147 quando una voce si leva dall’interno del tempio delfico di Apollo, poco prima che gli abitanti di Delfi aggrediscano Neottolemo: ti~ ajduvtwn ejk mevswn ejfqevgxato deinovn ti kai; frikw`de~, “qualcuno parlò dai recessi del tempio con voce terribile, che faceva rabbrividire”; in Bacch. 1084 Dioniso parla dal cielo alle Baccanti nel silenzio del monte. In questi casi, la presenza divina che si manifesta con le parole mantiene un contorno indistinto (specifico è l’uso del pronome indefinito ti~), anche se si può intuire chi sia la divinità che parla (Apollo nell’Andromaca, Dioniso nelle Baccanti). Il favete linguis crea uno spazio rituale in cui il sacro fa irruzione nello spazio umano e la voce del dio può in questo silenzio essere intesa”[4].-
L’odio tra Tebani e Ateniesi è riscontrabile in diverse tragedie: in primis l’Edipo a Colono di Sofocle e le Baccanti di Euripide che raffigurano una città malata, un paese guasto.
“Dopo la battaglia di Egospotami il tebano Erianto avrebbe persino proposto di radere al suolo Atene (Plutarco, Lys. 15)”[5].
Plutarco racconta che il tebano Erianto suggerì di radere al suolo la città e abbandonare la campagna come pascolo alle pecore Ma Euripide, che pure era già morto da un paio di anni, salvò Atene; durante un convito un focese cantò alcuni versi della parodo dell’Elettra (167ss. “Figlia di Agamennone, sono giunta nella tua rustica casa”). A sentire questa poesia tutti i comandanti si intenerirono e sembrò troppo crudele distruggere una città così illustre che produceva uomini tanto grandi.

FINE




[1]ejperevsqai: infinito aoristo di ejpeivromai, domando.
[2] Avezzù-guidorizzi, Edipo a Colono, p. 272.
[3] Avezzù-Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 365
[4] Guido Avezzù, a cura di, Sofocle Edipo a Colono, p. 377.
[5] Avezzù Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 319.