Metodologia 66. La confusione è la quintessenza del male e piace ai malvagi.
Solone: la ricchezza dei prepotenti non arriva con ordine. Aristofane e Cleone mescola-fango. Seneca (Medea ). Eschilo (Persiani). Erodoto: il discorso di Temistocle dopo Salamina. Bettini: incesto, arcobaleno, enigma e peste. Gogol’: la prima cosa è confondere dice un farabutto in Anime morte. Shakespeare e Marx sul denaro che provoca confusione universale.
La quintessenza di molti mali è spesso il disordine che provoca confusione: Solone nell’ Elegia alle Muse ditingue due tipi di plou'to":“La ricchezza che danno gli dèi, è solida/per l'uomo dall'ultimo fondo alla cima;/ quella cui vanno dietro gli uomini spinti dalla prepotenza, non arriva/con ordine (ouj kata; kovsmon-e[rcetai), ma siccome obbedisce alle azioni ingiuste,/segue di malavoglia, e presto vi si mescola l'acciecamento” (fr. 13 W. vv. 9-13).
Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane Cleone-Paflagone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola-fango; egli si comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
Quello della confusione è un tema ricorrente nella Medea di Seneca. La navigazione ha unito, confondendo, parti che dovevano restare separate e distinte. Così si sono guastati i candida…saecula (Medea, 329) dei padri. "Bene dissaepti foedera mundi/ traxit in unum Thessala pinus,/iussitque pati verbera pontum/partemque metus fieri nostri/mare sepositum" ( Medea, vv. 335-339), la nave tessala unificò le parti del cosmo ben separate da un recinto di leggi, e ordinò che il ponto patisse le frustate dei remi; e che il mare lontano divenisse parte della nostra paura.
Il rischio è quello del ritorno al magma indifferenziato del caos. Infatti “il pretium huius cursus [1], il risultato del caos cosmico provocato dalla prima nave è Medea, emblema del caos etico "[2]. Il mondo pervius ha aperto la via alla "confusion delle persone"[3]
E' la stessa u{bri" di Serse il quale, lo abbiamo già ricordato (cap. 27), tentò di trattenere con vincoli la sacra corrente dell'Ellesponto e di unificare ciò che deve restare diviso ( Eschilo, Persiani, vv. 745-750).
Questo discorso viene richiamato, nelle Storie di Erodoto, da Temistocle il quale, dopo la vittoria sui Persiani, afferma:"Poiché questa impresa non l'abbiamo compiuta noi, ma gli dèi e gli eroi i quali non permisero che un uomo solo, per giunta empio e temerario, regnasse sull'Asia e sull'Europa, uno che teneva in egual conto le cose sacre e profane, incendiando e abbattendo i simulacri degli dèi, uno che fece frustare e incatenare anche il mare"(VIII, 109)[4]. Un atto disperato compiuto nel buio e nella confusione da chi voleva congiungere entità che non possono esserlo (sunavyai ajduvnata[5]): culture, abitudini, norme, di popoli diversi, o anche soltanto i caratteri di due persone incompatibili.
M. Bettini in un suo articolo su "Dioniso" indica delle analogie tra l'incesto, l'arcobaleno, l'enigma e la peste. Sono intrecci, tutti presenti nell'Oedipus, i quali mescolano e confondono entità diverse, ruoli che dovrebbero rimanere divisi :"Effetto della malattia è appunto quello di confondere, di identificare quello che altrimenti dovrebbe restare diviso. Non c'è più distinzione di età o di sesso: i giovani muoiono contemporaneamente ai vecchi, i figli contemporaneamente ai padri. Nella descrizione della peste, Seneca sembra dunque applicare lo stesso principio codificato altrove da Aristotele per l'enigma: sunavyai ajduvnata. Come l'incesto ovviamente, come l'arcobaleno"[6].
Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi…Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
Ancora a proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare[7] scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"[8].
Oggi la confusione è rilevabile nel linguaggio sgangherato e nella pronuncia incomprensibile, insomma nel parlare oscuro e pure nel cerchiobottismo che unifica e confonde tutte le posizioni.
Il discorso di fine anno 2024 di Mattarella è piaciuto a maggioranza e opposizione. Questo non è un buon segno poiché alla maggior parte del popolo italiano che non si reca a votare non va bene il governo né l’opposizione. Ma il cerchiobottismo del tutto va ben se ne frega.
Bologna primo gennaio 2024 p. s.
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[1] Cfr. Medea di Seneca, vv. 360-361 (n.d.r.)
[2]G. Biondi, Il mito argonautico nella Medea. Lo stile 'filosofico' del drammatico Seneca, "Dioniso" 1981, p. 428-429 e 435. G. Biondi, ibid., p. 435.
[3] “Sempre la confusion delle persone/principio fu del mal della cittade” ( Paradiso , XVI, 67-68).
[4] Proust ricorda questo episodio in La prigioniera e lo applica al suo sermo amatorius:" Eppure, non mi rendevo conto che già da un pezzo avrei dovuto staccarmi da Albertine, giacché era entrata per me in quel periodo miserando nel quale un essere disseminato nel tempo e nello spazio non è più per noi una donna, ma una serie di eventi sui quali non possiamo far nessuna luce, una serie di problemi insolubili, un mare che, come Serse, cerchiamo inutilmente di fustigare per punirlo di tutto quello che ha ingoiato” (p. 103).
[5] Cfr. Aristotele, Poetica 1458a.
[6] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, p. 148.
[7] Il quale nel Timone d'Atene chiama l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea" (IV, 3)
[8] Manoscritti economico-filosofici del 1844, p. 154.
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