Il 10 luglio amoreggiammo a qualche chilometro dalla spiaggia di Pesaro.
Eravamo stesi in un moscone che scintillava sull’acqua. C’era la grande luce del cielo sopra di noi sfavillante e moltiplicata in sorrisi innumerevoli dal tremolare dall’acqua marina, c’erano i raggi santi del primo tra tutti gli dèi che accarezzavano e colorivano l’incarnato dei nostri corpi più sani e snelli che mai mentre due farfalle bianche ci svolazzavano intorno festose.
Ifigenia era così bella che le mie parole scritte sarebbero meschine in confronto alle forme del suo corpo.
Ma l’amore era prossimo a terminare. Era quasi trascorso il tempo concesso dal fato. Dopo quasi nove mesi non stava nascendo l’amore come intesa profonda, e la stessa passione dava già segni di decadenza.
Nessuno dei due aveva mai preso in considerazione l’altro quale persona intera.
Eravamo rimasti associati solo nel letto.
.
La ragazza insicura del proprio ruolo vedeva in me l’uomo che poteva aiutarla finché ce ne sarebbe stato bisogno, io ero interessato soltanto alla bellezza delle sue membra e al piacere che potevo trarne. Del resto non ammiravo il suo stile, spesso neanche lo approvavo e nemmeno il suo volto, il suo sguardo mi piaceva del tutto. “Si nescis, oculi sunt in amore duces " [1]
Insomma non c’è mai stata tra noi la reciproca trasfusione delle anime che eleva il contatto delle epidermidi a intesa profonda.
Bologna 27 marzo 2024 ore 11, 27 giovanni ghiselli
p. s.
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