Fare un lavoro generoso, quindi umano.
Prima di ogni conferenze ne preparo il testo (inventio) raccogliendo il materiale dagli autori studiati, gli do ordine (dispositio) e penso a come presentarlo e commentarlo con chiarezza non priva di eleganza (elocutio), quindi imparo le pagine preparate (almeno trenta per un’ora, cinquanta per due): devo leggerne il meno possibile e raccontarle senza perdere la mia dignità professionale e recitativa (actio).
Se il materiale è già pronto, lo rileggo tutto comunque e faccio delle aggiunte, magari attualizzandolo con gli ultimi eventi se questi sono prefigurati dagli autori lungimiranti come spesso capita.
Se conosco il pubblico che ho già incontrato, aggiungo quanto ho capito che potrà interessare chi mi ascolta. Viceversa lascio perdere gli argomenti che non hanno suscitato un vivo interesse. Se è successo questo significa che avevano annoiato anche me e li avevo presentati senza energia. Annoiare è un crimine diffuso tra gli imbecilli. L’ammaestramento senza tracce dello spirito non ravviva bensì mortifica
E’ giunto il momento di una citazione intelligente autorevole e pertinente. Serve a suscitare l’attenzione e ad autorizzare quanto ho detto: Nel Faust di Goethe Mefistofele dice al Doktor " Che è questo luogo di martirio? E che vita è questa che consiste nell'annoiare sè e i giovani?" (Parte prima, Studio, II, vv. 1836- 1837)
Se non facessi ogni volta tutto questo, dovrei guardarmi allo specchio e dire: “diem perdidi” vergognandomi.
Perché il lavoro no nasca per i piedi bensì per la testa, devo sentirmi vivo mentre lo faccio: gli autori che interrogo, i miei padri spirituali “per loro umanità mi rispondono”; e per diverse ore “non sento alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro”, nel testo che reciterò e nel pubblico che mi ascolterà.
Bologna 2 marzo 2024 ore 17, 14 giovanni ghiselli
p. s
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