venerdì 15 marzo 2024

Est modus in rebus. La via di mezzo nel cultus, la cura della persona.

 

Ovidio "si ferma alla proposta di un cultus  misurato che eviti gli eccessi del lusso e, nello stesso tempo, di una raffinatezza troppo costosa.

Per l'uomo egli rifiuta un trattamento dei capelli e della pelle che lo renda simile agli eunuchi servitori di Cibele (Ars  I 505 sgg.): l'ideale virile è un equilibrio fra la mundities  e la robustezza data dagli esercizi del Campo Marzio (ibid. 513 sg.): Munditiae placeant, fuscentur corpora Campo;/sit bene conveniens et sine labe toga. Dunque, né rusticitas  né effeminatezza"[1].

L'eleganza piaccia, siano abbronzati i corpi al Campo Marzio; la toga stia bene e sia senza macchie (vv. 511-512).

Inoltre i denti siano senza tartaro (careant rubigine dentes, Ars I, 513), i piedi abbiano calzari della loro misura[2], il taglio di barba e capelli sia buono, le unghie siano ben limate e senza sporcizia (Et nihil emineant et sint sine sordibus ungues, 517), non ci siano peli nella cavità delle narici, non ci siano cattivi odori nel fiato né addosso alla persona. "Cetera lascivae faciant concede puellae/et si quis male vir quaerit habere virum " (521-522), il resto lascia che lo facciano le ragazze lascive e chi, uomo presunto, desidera possedere un uomo. 

Il poeta Peligno sconsiglia vesti sfacciatamente lussuose alle donne eleganti (Ars  III 169 sgg.): Quid de veste loquar? Nec nunc segmenta requiro/nec quae de Tyrio murice, lana, rubes./Cum tot prodierint pretio leviore colores,/ quis furor est census corpore ferre suos? " , che devo dire della veste? Io non chiedo le frange d'oro, né te, lana, che rosseggi per la porpora di Tiro. Dal momento che sono venuti fuori tanti colori a prezzo più basso, che pazzia è portare sul corpo il proprio patrimonio?

Potremmo rispondere che l'esibizione maleodorante di soldi è il furor tipico del liberto arricchito scandalosamente, come Trimalchione, il quale viene descritto al suo ingresso nella sala del banchetto con indosso un pallio scarlatto e un fazzoletto orlato di rosso, da senatore, intorno al collo con frange pendenti da una parte e dall'altra

" Habebat etiam in minimo digito sinistrae manus anulum grandem  subauratum  " (Satyricon  , 32), inoltre portava al mignolo della mano sinistra un grosso anello indorato, da cavaliere; nell'ultima falange del dito seguente un altro anello tutto d'oro ma cosparso come da stelline di ferro "et ne has ostenderet tantum divitias, dextrum nudavit lacertum armilla aurea cultum et eboreo circulo lamina splendente conexo ", e per non mettere in mostra soltanto queste ricchezze, denudò il braccio destro ornato da un braccialetto d'oro e da un cerchio d'avorio intrecciato con una lamina brillante, "deinde pinna argentea dentes perfōdit " (33), quindi si stuzzicò i denti con una stecca d'argento.

Ho detto e scritto più volte che l’eleganza aristocratica rifugge dallo sfoggio della ricchezza, anzi tende a presentarsi con sovrana neglegentia, la spezzatura di chi non tiene conto del giudizio altrui, di chi non vuole apparire come gli altri né superiore agli altri perché sa di esserlo.

Testimoniano questo Tacito a proposito di Petronio e Nerone, poi Manzoni, Proust e Musil. Se ci saranno domande su questo durante le conferenze, risponderò

 

Bologna 15 marzo 2024 ore 9, 41 giovanni ghiselli

p. s.

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[1]A. La Penna, Fra teatro, poesia e politica romana , p. 201.

[2] Nec vagus in laxa pes tibi pelle natet " (v. 514), Mentre l' a[groiko" del IV dei Caratteri di Teofrasto è un tipo capace di portare la scarpa più larga del piede:" a[groiko" toiou'tov" ti" oiJ'o" meivzw tou' podo;" ta; uJpodhvmata forei'n.

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