Questo è il link per seguire online l'incontro dell'8 aprile sulla seconda parte del romanzo di T. Mann La Montagna incantata https://meet.google.com/dtq-ssvm-ewv?authuser=0
Parti del Quinto capitolo.
Da Capricci di Mercurio V, 4 a Notte di Valpurga (V, 9)
I tisici dissoluti. Le storie d’amore erano attraenti in quanto avventurose.
Quando si aspetta. il tempo è un ostacolo. Chi vuole essere amato fa aspettare
Settembrini se la prende con l’inattività asiatica. Vorrebbe erigere nell’atrio un altare a Pallade Atena contro l’asiatismo presente nel sanatorio.
Cfr. Simmaco e l’altare della Vittoria nel senato (IV secolo d. C.)
Nel sanatorio prevale l’Asia. Claudia è Circe. Entrambe di provenienza asiatica (Circe maga figlia del sole, sorella del re Eeta della Colchide sotto il Caucaso)
Settembrini suggerisce di onorare la bellezza e la felicità del corpo umano, e invece disprezzarne la gravità e l’inerzia, aborrirne la malattia e la morte.
Il ritratto di Claudia fatto da Radamanto ingelosisce Hans e gli fa dire che la medicina è una disciplina umanistica. Cfr. Carlo Flamigni.
Per imparare le discipline umanistiche, aggiunge Hans, bisogna studiare le lingue antiche che curano l’elemento formale. Il latino è contro l’incuria.
Claudia indossava costumi che richiamavano quelli del mugik russo, armonizzati con la sua fisionomia tartara e i suoi occhi da lupo della steppa. La posizione degli occhi era finnico-mongolica.
Hans e Joachim fanno i Samaritani. Visite da fratelli di carità ai malati gravi. Buffa la cosiddetta Strapiena stupida moribonda e allegra. Quasi bella del resto. Nelle malattie non manca un aspetto comico.
La notte di Valpurga un capitolo chiave (V, 9). E’l’ultima notte di carnevale del 1908
Settembrini manda a Hans versi del Faust di Goethe
Come vede Claudia con le braccia scoperte delicate e fresche, di un bianco straordinario, Hans ne rimane sconvolto e mormora “Oh mio Dio!” p. 479
Settembrini lo mette in guardia da quella Lilith, la prima moglie di Adamo poi cacciata secondo una leggenda rabbinica, ma il giovane va dall’amata a chiederle in prestito una matita.
Corteggiamento da vedere tutto pagine 42-49 nei miei appunti
Claudia è ritrosetta come la giovinetta Andalusa di cui si canta nella Traviata di Verdi-Piave ma Hans, pur follemente innamorato, non è da meno
del personaggio
“Piquillo un bel gagliardo
biscaglino mattador:
forte il braccio, fiero il guardo,
delle giostre egli è signor”.
Claudia attribuisce ai tedeschi maggior riguardo per l’ordine che per la libertà ma Hans replica in maniera geniale: “ Ciò che tutta l’Europa chiama libertà è forse qualcosa di piuttosto pedante e borghese, se lo si confronta con il nostro bisogno di ordine”.
Hans dice all’amata che starle vicino è come un sogno.
Claudia Chauchat dice a Hans che la corteggia che è un borghese, umanista e poeta: è il tedesco come si deve.
Hans le contrappone la qualifica ricevuta da Settembrini “non siamo per niente come si deve. Siamo forse, assai semplicemente, riottosi figli della vita”.
Post
L’artista rischia l’inumanità.
Tonio Kröger di T. Mann quale “borghese sviato”.
Quando è arrivato poco oltre la trentina Tonio si reca a Monaco trovare un’amica coetanea: Lisaveta Ivanovna.
L’uomo indossava un abito di singolare accuratezza e solida semplicità e i lineamenti dal taglio meridionale apparivano già profondamente marcati.
Tonio dice all’amica: “E’ necessario essere qualcosa di extraumano , di inumano, bisogna trovarsi in una situazione stranamente lontana e neutrale, per essere in grado, per essere anche solo tentati di rappresentarlo, per raffigurarlo con gusto ed efficacia.
Parole citate da un personaggio di Rainer Werner Fassbinder non ricordo in quale film.
Ma torniamo a Tonio Kröger: “Ve l’assicuro, spesso mi sento mortalmente stanco di rappresentare l’umano senza prendervi parte. C’è da chiedersi se l’artista sia un uomo (…) la letteratura non è affatto una vocazione; è una maledizione. Uno comincia a sentirsi segnato, a rendesi conto di essere in incomprensibile contrasto con gli altri, con la gente ordinaria, sempre più a fondo si scava l’abisso d’ironia, di incredulità, di opposizione, di lucidità, di sensibilità che lo separa dagli uomini; la solitudine lo inghiotte e da quel momento non c’è più possibilità d’intesa (…) Lisaveta, io amo la vita. Il possedere un amico tra gli uomini mi renderebbe orgoglioso e felice. Ma finora ho avuto amicizie soltanto tra demoni e coboldi, creature sotterranee e fantasmi ammutoliti dal conoscere: ossia, fra i letterati. Ho errato nel credere che si potesse cogliere anche una sola foglia di alloro senza pagarla con la vita.
Lisaveta lo ascolta poi gli dice. “Sie sind ein Bürger”, voi siete un borghese, un borghese sviato- ein verirrter Bürger” (T. Mann, Tonio Kröger, capitolo IV)
La vita borghese insomma è diversa e lontana da quella dell’ artista, eppure questo deve arrivare a conciliarsi, a un compromesso con l’ordinaria vita umana per non cadere nella disumanità.
Nel IX e ultimo capitolo Tonio scrive a Lisaveta: Io ammiro quelli che, impassibili e fieri vivono di avventure sui sentieri della grande e demoniaca bellezza-der groben, der demonischen Schönheit e che disprezzano l’uomo, ma non li invidio. Perché se c’è qualcosa che è in grado di fare di un letterato un poeta, -einen Dichter zu machen-questo è il mio amore borghese- meine Bügerliebe- per tutto ciò che è umano, vivo, ordinario. Da esso deriva ogni calore, ogni bontà e ogni sorridente affetto, e io credo quasi che sia quello stesso amore di cui è stato scritto che se uno parlasse con tutte le voci degli uomini e degli angeli ma ne fosse privo, altro non sarebbe che un vibrar di metallo e un tintinnar di sonagli” (Rizzoli, 2009, p. 213)
Le ultime parole ricordano un periodo della Lettera ai Corinzi I di Paolo(13):" jEa;n tai'" glwvssai" tw'n ajnqrwvpwn lalw' kai; tw'n ajggevlwn, ajgavphn de; mh; e[cw, gevgona calko;" hjcw'n h] kuvmbalon ajlalavzon", se parlo in tutte le lingue degli uomini e degli angeli ma non ho l’amore, sono diventato un bronzo che riecheggia o un cembalo che risuona.
Si linguis hominum loquar et angelorum, caritatem autem non habeam, factus sum velut aes sonans aut cymbalum tinniens.
Analoghi problemi, ostacoli alla vita vissuta sente Trigorin il letterato e scrittore del dramma Il gabbiano (1895) di Čechov: “Che ha di bello la mia vita? (…) Giorno e notte sono posseduto da un unico pensiero ossessionante: devo scrivere, devo scrivere, devo scrivere, devo, devo (…) C’è un profumo di girasole. Subito faccio un nodo al fazzoletto “Profumo caramelloso, fiore vedovile, ricordarsene per un tramonto d’estate”. Annoto, annoto. Prendo appunti. Sto con fucile puntato, acchiappo al volo, pesco da voi, da me, ogni frase, ogni parola, e corro immediatamente a chiudere tutte queste frasi nella mia cassaforte letteraria: chi sa, possono servire!” Vero è che questo scrittore ha un certo successo e trova il tempo di approfittarne per sedurre e poi lasciare una ragazza portandola via a un giovane, Kostantin che aspirava anche lui a diventare uno scrittore di successo ma si uccide perché fallisce e constata che “le donne non perdonano l’insuccesso. Ho bruciato fino all’ultimo foglio” e alla fine si spara.
Claudia gli dà del piccolo sognatore abbastanza speciale e annuncia la sua partenza per il giorno dopo.
Poi l’amata rintuzza la gelosia di Hans dicendo che la morale non va cercata nella virtù, nella ragione, nella disciplina, nei buoni costumi ma nel peccato, nell’abbandonarsi al pericolo che ci distrugge. E’ più morale perdersi che conservarsi. I grandi moralisti sono uomini che si sono avventurati nel male, grandi peccatori che hanno imparato e insegnano a inchinarsi verso la miseria.
Un giorno lontano l’amica Antonia mi predisse che dopo tanto libertinaggio sarei diventato santo come Agostino. Credo anche io che per superare davvero il male, per ripudiarlo, bisogna conoscerlo.
Hans insiste a darle del tu. Dare del lei gli sembra la quintessenza della pedanteria.
Finalmente Claudia si scioglie. Gli fa: “sei un ragazzo per bene dai modi attraenti”.
Hans dice che la sua febbre, il cuore accelerato e il tremito delle sue membra sono i sintomi dell’amore che sente per lei da quando l’ha vista e riconosciuta.
Amare, come ho già detto, è riconoscere e ricordare. Abbiamo nella mente e nel cuore della figure archetipiche simboli di amore, oppure odio, o paura.
Siccome il simbolo è la metà di un contrassegno, come vediamo l’altra metà lo completiamo e riconosciamo.
Hans le dice che aveva già amato l’immagine di lei quando l’aveva vista in un compagno di scuola, Hippe Pribislav al liceo, uno mezzo slavo, con gli occhi da Kirghiso anche lui.
“Io ti amo da sempre”.
“Piccolo borghese, davvero mi ami tanto?” e gli accarezza i capelli sulla nuca.
Hans esaltato da quel contatto fa un’apoteosi del corpo umano, della sua bellezza, della sua simmetria. Amarlo è una tendenza estremamente umanitaria, una potenza educativa più che tutta la pedagogia. Descrive di fatto il corpo femminile con le floride mammelle e il sesso oscuro fra le cosce.
Quindi la preghiera finale: “lascia che io posi devotamente la mia bocca sull’Arteria femoralis che batte sulla parte anteriore della tua coscia per diramarsi più in basso nelle due arterie della tibia! Lascia che io senta il profumo che esala dai tuoi pori e sfiori la tua peluria umana immagine di acqua e di albumina destinata all’anatomia della tomba e lascia che muoia le mie labbra sulle tue!”
A questo punto Claudia lo incoraggia e infine lo invita in camera sua
“Sei un tipo galante che sa fare la corte in maniera approfondita, proprio alla tedesca”. Poi mise sulla testa il cappellino di carta che si era tolta e aggiunse
“Addio mio principe Carnevale Le predìco che stasera avrà qualche brutta linea di febbre”
Si avviò verso la porta e con la mano sullo stipite disse N’oubliez pas de me rendre mon crayon”
Bologna 31 marzo 2024 ore 18, 15 giovanni ghiselli
p. s.
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