Sto rivedendo la commedia di Plauto Aulularia che dovrò presentare all’ARCI di Cento in aprile.
L’avaro Euclione dice a Megadoro che se loro due si imparentassero, il ricco maltratterebbe il povero.
Il ricco è Megadoro il povero, un falso povero, Euclione stesso che in realtà tiene nascosto in una pentola sotterrata un tesoro costituito da chili di oro.
L’anziano Megadoro hia chiesto la mano della giovane figlia di Euclione il quale avverte il pretendente della ragazza: “At nihil est dotis quod dem” (238), ma non ho nulla da dare in dote!”
Megadoro allora ribatte :
"Ne duas.Dum modo morata recte veniat, dotata est satis "(239), non darla. Purché venga con buoni costumi (mores) ha già una bella dote.
Questo verso smentisce chi presenta Plauto come un fantasioso motteggiatore del tutto impolitico.
E’ sicuramente politico anteporre i costumi- mores- la dote intellettuale e morale a quella costituita dai miseri quattrini.
Credo che non solo le donne dovrebbero venire apprezzate più quando sono moratae, fornite di boni mores che se sono dotatae di denaro o di potere.
Quando penso alle mie amiche e alle amanti, e anovero con simpatia quelle moratae, capisco, con il senno di oggi, che solo un cinque per cento erano fornite di boni mores.
Tra i conoscenti maschi frequentati a lungo la percentuale dei morati è altrettanto esigua.
In giugno dovrò votare a Pesaro per il sindaco e pure per il parlamento europeo. Lo farò soltanto se potrò ravvisare politici davvero tali, cioè donne e uomini che si prendono cura più dell’interesse pubblico che del proprio “particulare” privato.
Questi devono essere i mores del politico: l’attenzione prevalente al bene della polis.
Bologna 23 marzo 2024 ore 11, 29 giovanni ghiselli
p. s.
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