domenica 17 marzo 2024

Ifigenia CIX . La commedia di Misano. Prima parte


 

Domenica primo luglio le zie mi aspettavano a Pesaro, Ifigenia a Misano.

Partìi da Bologna assai presto per l’impazienza di vedere non tanto le due aspre vegliarde mie benefattrici del resto, quanto la giovane amante e collega. Sapevo che a tutte e tre mancava la mia presenza ed ero sicuro di essere accolto bene. Le zie erano contente del mio ritorno a Pesaro: mi avevano aiutato come fossi stato il figlio che non avevano avuto, un nipote e pure figlio adottivo di cui erano compiaciute perché simile a loro nel prendere sul serio la scuola; Ifigenia mi gradiva quale maestro che le indicava un metodo per procedere sulla via della vita.

Mi ero svegliato presto: la novità della situazione, degli ambienti dove avremmo recitato per diversi giorni le nostre scene mi infondeva emozioni diverse e indefinite. Non mi erano chiari i sentimenti delle tre donne nei miei confronti, né i miei verso di loro. Le zie erano benefiche ma volevano condizionarmi, limitare la mia libertà; Ifigenia voleva essere amata e pure utilizzarmi. Non era del tutto gratuita come Elena che voleva solo essere amata e amarmi per un mese in tutto. Non voleva prendere e darmi altro che amore fatto del resto anche di parole ornate e intelligenti.

 Questa è sempre rimasta per me la donna e la condizione ideale.

Partìi da Bologna che erano solo le sette ma il cielo era già bello e pieno voli.

L’appartamento preso in affitto da Ifigenia era al piano terreno: la piccola porta d’ingresso e le anguste finestre erano oscurate da una  scala a due rampe  addossate alla facciata verde della casetta: il sole nel mese di luglio, nei primi giorni di luglio, si affacciava con stento all’interno soltanto dalle dieci alle due del pomeriggio.

Gli odiatori della luce, dato che le loro opere sono malvagie, penseranno che quel buio era una fortuna d’estate; io invece vi lessi un triste annunzio di prossimi danni e ne fui rattristato. Il mio amore poteva appunto intristirsi in quell’ombra. Pensai che non l’avremmo fatto lì dentro.

Il fatto è che quella donna non mi convinceva.

 Ifigenia mi invitò a enrare nella camera dove si stese su un letto. Prese in mano un bambolotto, lo accarezzò e disse: questo non è Cicciotello ma  il supplente che ha sostituito la tua presenza in questi giorni. Ma ora tu sei qui grazie a Dio”. Dicendo questo lanciò lontano il pupazzo  e alzò un  trillo di gioia, poi mi baciò. Mi strinse le spalle, appoggiò una mano mia sul petto suo per farmi sentire il palpitare affrettato del cuore, come del resto faceva ritualmente ogni volta che ci incontravamo dopo una separazione anche breve.

Bologna 17 febbraio 2024 ore 10, 37 giovanni ghiselli  

p. s.

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