martedì 5 marzo 2024

L’auspicio della concordia.


 

Nell’Ippolito di Euripide –del 428- il coro di donne di Trezene prega Eros che stilla desiderio povqon – 526 sugli occhi di non  arrivare recando il male, con ritmo discorde  a[rruqmo~- rispetto ai passi della loro danza. – mh; moi pote su;n kakw`/ faneivh~ - mhd j a[rruqmo~ e[lqoi~ (secondo stasimo, vv. 528- 529)

Premetto queste parole della cara tragedia che verrà rappresentata a Siracusa per introdurre un mio parere “politicamente scorretto”.

Non credo che la discordanza di ritmo tra le persone, soprattutto tra quelle di genere diversi, femmine e maschi dico, sia da festeggiare.

Forse vero non è, però io ho sempre saputo che la generazione dei figli e il prosieguo di quasi tutte le specie, compresa la nostra, dipende dall’accoppiamento tra un maschio e una femmina. Forse vero non è, ripeto, ma io credo che nella maggior parte dei casi vada così. Credo pure che la buona riuscita della famiglia si fondi sull’accordo tra l’uomo e la donna. Al disaccordo è preferibile la solitudine e la rinuncia alla procreazione.

In un’altra tragedia, le Eumenidi di Eschilo, il dio Apollo difende il matricida Oreste affermando davanti ai giudici dell’Areopago che bene ha fatto il figlio ad ammazzare la madre Clitennestra vendicando così il padre Agamennone tradito e ucciso dalla moglie in combutta con l’amante.

 le Erinni invece accusano il matricida Oreste in quanto  ha versato nel suolo il sangue della madre che scorre anche in lui "(vv. 653-654).

Il difensore Apollo risponde con una affermazione di patriarcato e di antifemminismo estremo. Vale la pena riferirla per quanto è fuori moda adesso:"La cosiddetta madre non è la generatrice del figlio (tevknou tokeuv~ ), ma la nutrice (trofov~) del feto appena seminato: genera (tivktei) il maschio che la monta; colei  come un ospite con un ospite salva il germe (e[rno~), per quelli ai quali gli dèi non l’abbia distrutto"(vv. 658-661).

 

In un’altra tragedia di Euripide, l’Oreste del 409,   il matricida, per scagionarsi,  utilizza il medesimo argomento della generazione patrilinea.

Infatti dice al nonno materno Tindaro che lo ha accusato di spietatezza, siccome non si è fermato nemmeno davanti al seno della madre: “path;r me;n ejfuvteusen me, sh; d j e[tikte pai'~,-to; spevrm j a[roura paralabou's j a[llou pavra:-aneu de; patro;~ tevknon oujk ei[h pot j a[n” (vv. 552-554), il padre mi ha generato, tua figlia mi partoriva,/un campo ha preso il seme da un altro:-senza il padre non ci sarebbe mai un figlio.

 

Ebbene ora si giunge all’estremismo opposto sostenendo che la nascita del figlio deve dipendere solo della madre.

Concludo dicendo che l’argomento mi sta a cuore perché una donna che amavo, riamato, abortì una bambina concepita con me. Non è stata una festa per lei né per me, bensì un evento triste che ha segnato di tristezza le nostre vite. Eravamo giovani (30 anni io, 24 lei)  e abitavamo a grande distanza l’uno dall’altro. Quindi delle regioni per non lasciare nascere la creatura c’erano. La giovane donna decise e io non mi opposi. La raggiunsi ma non le chiesi di partorire. Pensavamo entrambi che era tutto troppo difficile. Ma è stata comunque una tragedia. Allora dico che si deve fare di tutto per non arrivare a quel passo. Da allora ho sempre usato il preservativo con le donne che non prendevano la pillola. Capisco che in ceti casi abortire sia bene per la donna in attesa e per il figlio, capisco che la donna ha maggior rilievo nella nascita, nell’allevamento e nell’educazione dei figli.

Cito l’Ulisse di  Joyce : Amor matris: subjective and objective genitive. With her weak blood and whesourmilk she had fed him and hid from sight of others his swadding bands, amor matris genitivo soggettivo e oggettivo. Con il suo debole sangue e il latte sieroso ella l’aveva nutrito e aveva nascosto agli occhi degli altri le sue fasce  (secondo episodio, Nestore –la scuola)

Ricordo spesso queste parole perché sono convinto che la sopravvivenza della nostra specie dipenda dalle donne: madre, zie, nonna, sorella.

Faccio il mio caso in quanto non credo che sia il solo né che sia raro.

Tuttavia non credo che la figura paterna vada abolita e considerata del tutto insignificante o ininfluente, innecessaria se non come male.

Tale la considera Stephen Dedalus che nel IX episodio dell’Ulisse (Scilla e Cariddi-La biblioteca)   dice: “ il padre è un male necessario,  A father is a necessary evil;  poi Paternity may be a legal fiction 186  paternità  magari è una finzione legale.

Possono anche piacermi come fatto letterario queste parole ma non credo che significhino la realtà naturale. Ho fatto da padre spirituale a tanti giovani e credo di non avere fatto male nella maggior parte dei casi

 

Bologna 5 marzo 2024 ore 11, 11 giovanni ghiselli

p. s

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