NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 6 marzo 2024

Una forma di umanesimo è evitare l’eccesso.


 

Parto dai versi molto noti, quasi proverbiali  di Orazio.

Est modus in rebus, sunt certi denique fines,

Quos ultra citraque nequit consistere rectum (Orazio, Satira I, 106-107)

 

Nella Fedra di Seneca la nutrice  commenta la dira libido  la brama terribile della regina associandola alla  sorte socialmente elevata (magnae comes fortunae, Fedra, v. 206).

 Viceversa una sancta Venus habitat in tectis (v. 211) ed è il medium vulgus  la classe media ad avere sanos affectus (v. 212) sentimenti sani. I ricchi e i potenti regnanti sono insaziabili: plura quam fas est petunt (v. 214) vogliono avere più del lecito. La sentenza finale è: “Quod non potest vult posse qui nimium potest” (v. 215), chi è troppo potente vuole potere ciò che non può 

 

 Cfr. la Teoria della classe media nelle Supplici e nell’ Oreste di Euripide

 

All’idea della misura è collegabile  la teoria della classe media.  La troviamo nelle Supplici [1] di Euripide. Qui Teseo[2] non è il vile seduttore di Arianna, ma l'eroe patrio garante dei valori della povli", il fondatore della democrazia e la prefigurazione di Pericle. I fautori della tirannide invece sono personaggi negativi.

Teseo si oppone all'araldo tebano il quale sostiene il vantaggio di una città governata da un solo uomo ( che poi è Creonte) ponendo, tra l'altro, una domanda retorica:" Come potrebbe il popolo, che non ragiona rettamente, reggere uno Stato?" (vv. 417-418).

Il capo degli Ateniesi "non controbatte  l'araldo per quel che riguarda la critica ai demagoghi"[3], ma propugna  la teoria della classe media.

Tre sono le classi dei cittadini: i ricchi sono inutili e desiderano avere sempre di più, quelli che non hanno mezzi di sussistenza sono temibili ("deinoiv", v. 241) poiché si lasciano prendere dall'invidia e, ingannati dalle lingue dei capi malvagi, lanciano strali contro i possidenti.

Questa parte della teoria che vede nei poveri dei potenziali  delinquenti si trova anche nella Costituzione degli Ateniesi dello Pseudo Senofonte. L’anonimo autore chiamato  “il vecchio oligarca”, da August Boeck identificato con Crizia, cervello e capo politico dei “Trenta tiranni”, sostiene che nel popolo c’è il massimo di ignoranza , di disordine e malvagità: la povertà infatti spinge piuttosto alle turpitudini, come la mancanza di educazione e l’ignoranza che in alcuni nasce dall’indigenza (1, 5).

In conclusione:"Triw'n de; moirw'n hJ  jn mevsw/ sw/zei povlei"-kovsmon fulavssous j o{ntin j  a]n tavxh/ povli"",  ( Supplici, vv. 244-245), delle tre parti quella che sta in mezzo salva le città, custodendo l'ordine che essa dispone. Anche Plutarco nella Vita di Teseo mette in rilievo la cura del figlio di Egeo per l’ordine: egli unificò la popolazione e fondò la democrazia dell’Attica ma non permise che questa, risultante da una massa indistinta riversatasi là, fosse disorganizzata e confusa (ouj mh;n a[takton oujde; memeigmevnhn periei'den, 25, 2).  

 La teoria della bontà della via di mezzo e della classe media si ripropone  negli  anni successivi.  Nell'Elettra[4] di Euripide Oreste considera la ricchezza un giudice cattivo, ma, aggiunge, la povertà ha una malattia:"didavskei d ' a[ndra th'/ creiva/ kakovn "(v. 375), nel bisogno insegna all'uomo a fare il male

 Concludo con l’Oreste  (del 408).  “Euripide  vede negli aujtourgoiv, nei lavoratori in proprio, coloro che soli sono in grado di salvare la polis . Il v. 920 dell'Oreste - "un lavoratore in proprio, di quelli che appunto sono i soli a salvare la patria"[5]-ricorda da vicino Suppl. 244:"delle tre parti quella che sta in mezzo salva le città". La classe media era quindi per Euripide costituita essenzialmente dai contadini che lavorano il fondo di loro proprietà"[6].-

 


 

 

Cfr. la Nutrice della Medea di Euripide negli ultimi versi del prologo:

“Terribili sono le volontà dei potenti e poiché di rado 119

come che sia, sottostanno, e spesso spadroneggiano,

difficilmente elaborano le ire- calepw'" ojrga;" metabavllousin-

(cfr. la pessima traduzione recitata a Siracusa : e non cambiano mai opinione dove la parola chiave ojrga;" non è tradotta)

Infatti essere abituati a vivere in condizione di uguaglianza,

 è meglio: a me dunque sia concesso invecchiare,

fuori dalla grandezza,  in stato di sicurezza appunto. 124

In primo luogo infatti già dire il nome della misura metrivwn tou[noma nika'/

è un successo, farne uso poi è di gran lunga

la cosa migliore per i mortali; invece quello che eccede ta; de; ujperbavllont j

non significa nessuna occasione buona ai mortali,

anzi ripaga con più gravi sciagure

quando insorge l'ira di un dio contro una stirpe”. 130

 

Nulla di troppo.

 

Più avanti,  nella prima strofe ( Medea, vv. 627-635) del  Secondo Stasimo (vv. 627-662)  il coro delle donne corinzie canta

 

Gli Amori che oltrepassano il troppo non procurano

buona reputazione né virtù agli uomini: e[rwte" uJpe;r me;n a[gan -ejlqovnte" oujk eujdoxivan-oujd j ajreta;n parevdwkan-ajndravsin

ma se Cipride

giungesse a quanto basta, eij d j a{li" e[lqoi Kuvpri"

 nessun'altra dea sarebbe così gradevole-oujk a[lla qeo;" eu[cari" ou{tw" (631).

 Non scagliare mai, o signora, contro di me dal tuo arco d'oro

il tuo dardo inevitabile dopo averlo intinto nel desiderio.

La classe media si è molto ridotta e tende a sparire. La scuola un tempo la riforniva agendo da acensore sociale del proletariato. Ora i buchi causati dal calo demografico non si colmano più. Del resto il proletario degradato a sottoproletario non pone alcuna speranza nella scuola e la diserta. Il piccolo borghese vuole distinguersi da proletariato e sottoproletariato, perciò invece di far studiare i figli li riempie di oggetti inutili che dissimulino e mascheribo la sua personata paupertas, scarsità mascherata appunto

 

Bologna 6 marzo 2024 ore 18, 55 giovanni ghiselli.

 

p. s.

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[1] Del 422 a. C.

[2] Alcuni personaggi del mito, come Teseo appunto, o Eracle, possiedono una pluralità di significati. Più avanti vedremo lo stesso di Orfeo.

[3]V. Di Benedetto, Euripide: teatro e società , p. 180.

[4] Probabilmente degli anni intorno al 415.

[5]Aujtourgo;", oiJvper kai; movnoi sw/zousi gh'n.

[6]Di Benedetto, op. cit., p. 208.

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