Una colonna dell’umanesimo è il rispetto: quello delle persone, della natura, della verità. Rispettare significa osservare (cfr. latino respicio) senza volere sottomettere, impossessarsi, sfruttare, umiliare la persona o la cosa osservata.
Per quanto riguarda la verità questa in greco è ajlhvqeia cioè “non latenza” e pure “non dimenticanza” –lanqavnw significa “rimango nascosto” e lanqavnomai “mi dimentico”. Oggi la tendenza è quella dell’occultamento della verità, attraverso la reticenza di essa o addirittura il suo rovesciamento nella menzogna dichiarata.
Il panegirico del Festival di Sanremo presentato come un trionfo è un inganno
Non l’ho guardato per un mio preconcetto che da molto tempo considera queste serate sanremesi una consacrazione dell’ignoranza, della volgarità, o per lo meno della inessenzialità.
Già la parola festival non si confà a questi giorni di massacri.
Non c’è niente da festeggiare. Penso alla bambina palestinese Hind Rajab uccisa con i suoi 5 parenti dentro l’automobile crivellata di colpi. Onore a lei e a tutti i bambini uccisi: palestinesi, israeliani, ucraini e di ogni altro popolo.
A Budapest c’è una manifestazione che inneggia all’onore neonazista. Sulle strade il murale con Ilaria Salis impiccata.
Perfino pessimi dittatori hanno avuto maggior rispetto nei riguardi delle donne. Ma l’ignoranza e la volgarità e il becerume di oggi suggeriscono il “nulla escluso”.
Per recuperare la lezione dei classici bisogna studiare non solo la letteratura ma anche la storia.
Cicerone nell'Orator [1] ha scritto: "Nescire autem quid ante quam natus sis acciderit, id est semper esse puerum. Quid enim est aetas hominis, nisi eă memoriā rerum veterum cum superiorum aetate contexitur?" (120), del resto non sapere che cosa sia accaduto prima che tu sia nato equivale ad essere sempre un ragazzo. Che cosa è infatti la vita di un uomo, se non la si allaccia con la vita di quelli venuti prima, attraverso la memoria storica?
La storia va studiata nelle fonti non nei manuali e va analizzata con spirito critico. Il successo non deve essere sempre giustificato e celebrato.
Fonti diverse, anche contraddittorie tra loro suscitano lo spirito critico attraverso i dissoiv lovgoi. I personaggi della storia grandi e famosi o famigerati possono fornire esempi positivi o negativi al nostro comportamento.
Il rispetto per chi ci ascolta ci impone di parlare non solo con chiarezza ma anche con precisione e trattando di storia ci obbliga a documentarci sulle fonti, non sui manuali né sulle enciclopedie o su Internet.
La prossima primavera terrò alla Primo Levi un corso di 16 ore su alcuni personaggi storici famosi e celebrati, oppure famigerati nel racconto di alcune fonti. Segni di contraddizione dunque.
Alessandro Magno, Annibale, Nerone.
Sono personaggi della storia antica non usuali ma straordinari nel bene o nel male. Il potere che ereditarono, o raggiunsero, consentì loro di esplicare aspetti del carattere che da tanti uomini vengono tenuti celati per paura o ritegno.
Alessandro poi detto Magno nacque nel 356 come erede del piccolo regno di Macedonia che Filippo II peraltro aveva cominciato a estendere. A 18 anni il giovane principe combattè con suo padre contro i Greci coalizzati che vennero battuti a Cheronea.
Due anni più tardi-336- Filippo fu ucciso e Alessandro gli succedette.
Quindi sconfisse il grande re di Persia Dario III e conquistò l’ intero impero persiano procedendo fino al fiume Indo. Morì a Babilonia nel 323. aveva 33 anni.
Presenterò le fonti greche e latine che raccontano la vita di questo giovane con la sua impresa grandiosa.
Le principali sono le Historiae Alexandri Magni di Curzio Rufo, la biografia di Plutarco e l’Anabasi di Arriano , ma la figura di questo grande condottiero che ha cambiato la storia compare in diversi altri autori: storiografi, poeti, filosofi con giudizi contrastanti.
Alessandro insomma è segno di contraddizione come altri personaggi fortemente significativi della storia o del mito.
Annibale (246-183) è stato può essere considerato il più nobile fallito dell’antichità.
Nobile perché mantenne fino all’ultimo giorno della sua vita la promessa fatto a nove anni al padre Amilcare: “posate le mani sui sacri arredi giurò solennemente che appena possibile avrebbe fatto guerra al popolo romano” (cfr. Tito Livio, XXI, 1)
Fallito perché morì suicida in esilio dopo avere sconfitto diverse volte i Romani in Italia ed essere stato vinto da Scipione Africano a Zama nel 202.
Polibio, storiografo filoromano scrive che se il grande condottiero cartaginese ha fallito, merita comprensione ( Storie, XV, 16, 6) siccome la sorte lo ha colpito facendogli incontrare un altro più forte di lui.
Non pochi sono i testi che raccontano la vita e le imprese di questo nemico di Roma.
Virgilio nell’Eneide lo fa presagire nell’immagine invocata da Didone morente quale vendicatore che sorga dalle sue ossa (nostris ex ossibus ultor, Eneide, IV, 625) di donna spinta al suicidio dalla spietata pietas di Enea.
Polibio e Tito Livio dunque.
Gennaro Perrotta preferisce e raccomanda lo storiografo greco citando la Storia romana del Momnsen che ha scritto:"i suoi libri, nella storia romana, sono come il sole: dove essi cominciano, cade il velo di nebbia che copre ancora le guerre sannitiche e la guerra di Pirro; dove essi finiscono, comincia una nuova oscurità, se è possibile, ancora più fastidiosa"[2].
Altri testi sono la Vita di Annibale e quella di Amilcare Barca di Cornelio Nepote
Poi le biografie di Plutarco: Vite di Lucullo, di Tito Flaminino, di Fabio Massimo, di Marcello.
Quindi Appiano (II d. C.) il quale ha scritto una Storia Romana che constava di 24 libri. Il VII ci è giunto ed è incentrato su Annibale.
Infine un romanzo di Flaubert: Salambò (1862), dove Amilcare sottrae Annibale bambino al sacrificio umano per Moloch.
Nel raccontare e commentare la storia di Annibale indicheremo la fonte di ogni informazione. Tutto dovrà essere testimoniato.
Nerone
Dei tre che presenterò questo è il personaggio che ha subito la maggior damnatio memoriae sebbene non gli sia mancata la simpatia popolare tra la plebe romana e tra i Greci.
Anche lui segno di contraddizione dunque.
Nerone nacque nel dicembre del 37 e si uccise nel giugno del 68. Fu imperatore dal 54. Divenne capo dell’impero a 17 anni e morì che non ne aveva ancora 31. Leggendo dei suoi numerosi eccessi dunque non scordiamoci che si tratta di un ragazzo. Venne controllato e angosciato dalla madre Agrippina che lo favorì nell’ascesa al potere sperando di esercitarlo lei stessa condizionando il figlio. Questa donna era reputata a Roma in quanto figlia dell’eroe nazionale Germanico che nel 16 aveva battuto Arminio vendicando la sconfitta inflitta a Varo nel 9 d. C.
Inoltre Agrippina minore, detta così perché sua madre già si chiamava Agrippina, era riuscita a farsi sposare nel 48 da suo zio, l'imperatore Claudio che poi fece avvelenare.
Una donna terribile dunque e talmente assatanata dal demone del potere che quando i Caldei le profetizzarono che suoi figlio sarebbe diventato imperatore ma l’avrebbe uccisa, rispose “occīdat, dum impĕret ” (Tacito, Annales, XIV, 9).
Il rapporto tra Agrippina e Nerone fu una tragedia sul tipo di quelle greche. Il figlio ventiduenne la fece ammazzare nel 59 non potendone più sopportarne l’ingerenza. Il suo modello diventò Oreste: il matricida assolto nei drammi di tutti e tre i tragediografi greci. A Nerone piaceva recitare e interpretava spesso questa parte.
Come educatore del ragazzo, Agrippina aveva scelto Seneca facendolo rientrare dall’esilio in Corsica una volta divenuta imperatrice. Nerone per qualche anno diede retta al maestro che a sua volta scese a qualche compromesso con il ragazzo matricida. Nel 62 però il filosofo, sentendo di non essere più gradito e capace di regolare il discepolo, si allontanò da lui e nel 65 si uccise, probabilmente coinvolto nella congiura dei Pisoni.
Voglio ricordare due aspetti salienti della breve vita di Nerone: il suo filellenismo congiunto all’amore che aveva per l’arte e per il teatro. Andava a recitare le tragedie nell’Ellade dove veniva premiato ogni volta. L’imperatore ne fu talmente grato che nel novembre del 67 liberò i Greci dalla sottomissione a Roma: soppresse la provincia di Acaia e fu salutato dai Greci come Zeu;~ jEleuqevrio~ . Lo attesta l’iscrizione di jAkraifivh in Beozia rinvenuta dall’epigrafista Maurice Holleaux: “Greci, vi faccio un dono tanto grande che voi stessi siete incapaci di chiederlo, ammesso che ci sia qualcosa che da un uomo magnanimo come me non si possa aspettare. A tutti voi, uomini dell’Achaia e del Peloponneso, accordo la libertà e l’esenzione dalle tasse”.
Il greco, sacerdote delfico Plutarco, nel De sera numinis vindicta (567 F), immagina che l'anima di Nerone, già condannata a vivere nel corpo di una vipera, passi alla vita di un cigno, poiché aveva fatto qualche cosa di buono liberando i Greci, la stirpe più insigne e cara agli dèi.
Nella politica interna il fatto notevole è la svalutazione dell’aureus la moneta d’oro rispetto al denarius d’argento. In questo modo Nerone avvantaggiò i possessori della moneta meno preziosa e rara, svantaggiando quelli della più rara e preziosa.
Questa fu una causa non secondaria della sua fine: i senatori detentori dell’oro lo dichiararono nemico pubblico. Certamente contribuirono alla condanna che pose fine alla vita e alla damnatio memorie di Nerone i suoi deplorevoli vizi, ma di questi parleremo durante il corso.
E’ anche certo che la plebe romana e i Greci lo rimpiansero a lungo
Concludo menzionando le principali fonti antiche che verranno citate durante le mie lezioni
Seneca, Apokolokyntosis (54), De Clementia (55). Naturales Quaestiones.
Marziale, Epigrammi.
Tacito, Historiae, Annales.
Plutarco: De sera numinis vindicta; Vita di Galba, Vita di Otone.
Svetonio, Neronis Vita.
Giovenale, Satire,
Cassio Dione, Storia Romana.
Ho esposto questo programma non solo per invogliare a seguirlo chi fosse interessato ma anche per significare il rispetto che deve chi parla a chi lo ascolta: non indulgere mai alla chiacchiera da ciarlatano ma raccontare fatti imparati attraverso uno studio serio o verificati attraverso l’esperienza.
Bologna primo marzo 2024 ore 11, 37 giovanni ghiselli
p. s.
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