mercoledì 13 marzo 2024

Argomenti della conferenza su La montagna incantata di T. Mann.


 

La terrò nella biblioteca Ginzburg di Bologna lunedì 18 marzo dalle 17 alle 18 e 30.

L’ingresso è gratuito ma bisogna prenotarsi telefonando alla biblioteca ospite: 051-466307

 

Si può seguire anche collegandosi da lontano

Link della riunione

meet.google.com/xss-fwkm-kzu

 

Argomenti in sintesi estrema.

Gli argomenti sono: malattia, follia, amore,  bulimia, priapismo- dentro un sanatorio che è pure un manicomio- decadenza di una civiltà, educazione che due pedagoghi in competizione tra loro cercano di dare a un ragazzo ventitreenne appena laureato in ingegneria.

Questo è il protagonista Hans Castorp, un giovane di famiglia borghese benestante, che si è recato a trovare il cugino Joachim, un militare tubercoloso, nel sanatorio di Davos dove è ricoverato e dove morirà ante diem.

Hans vi si reca  pensando di rimanere  per tre settimane e invece  resta chiuso  lassù per sette anni: dal 1907 al 1914.

Una storia ermetica la definisce l’autore.

Hans è trattenuto a Davos dal genius loci una giovane donna russa francesizzata  Claudia Chauchat: Venere, Circe e Lilith, della quale si innamora. Tale sentimento forte e a lungo non concretizzato provoca l’evidenziarsi della malattia nei polmoni del giovane presunto sano. L’amore per Claudia viene suscitato dal ricordo di un’attrazione provata a 13 anni per un compagno di scuola: Hippe Pribislav che aveva gli occhi dal taglio orientale, da Kirghiso, come quelli della donna dall’aspetto orientaleggiante.

Amare dunque è ricordare, come conoscere secondo Platone (Menone).

Dopo anni di attesa adorante, in una ultima notte di carnevale, Hans si arrischia a corteggiare l’amata con uno stile ricco di intelligenza tattica, buona educazione e pathos. Hans ripete una mossa che aveva già fatto con il compagno di scuola dieci anni prima: chiede a Claudia una matita in prestito.

Dopo varie schermaglie finalmente i due arrivano “a darsi del tu nel suo pieno significato”. Claudia gli presta la matita dicendo che la vuole indietro. Poi sale in camera dove Hans la raggiunge. Questo capitolo, tra i più belli, si intitola Notte di Valpurga come una sezione del Faust di Goethe che viene citato più di una volta.

C’è dunque una liturgia amorosa fatta di atti e parole che tornano dopo dieci anni sollecitati da due visi simili nella forma esotica rilevata soprattutto negli occhi che sono spesso in amore duces come si legge in Properzio.

Per quanto riguarda i due pedagoghi, uno è Settembrini dall’aspetto tipicamente italiano che lo fa sembrare un suonatore di organetto, ma di fatto è uno studioso, un retore dalla parola rotonda, dall’eloquio scorrevole  e caldo, talvolta fanfarone. Questo aio vuole ammaestrare Hans proponendogli l’illuminismo, il culto della ragione, il bando della metafisica e di ogni superstizione. Il suo eroe è l’umanista Prometeo dall’u[bri~ santa, quella della ragione. Gli piace anche Satana celebrato dall’umanista Carducci quale corifeo della “ribellione e forza vindice della ragione”.

Contendente di Settembrini nel tentativo di proselitismo diretto al giovane tedesco è Naphta, un quasi gesuita giunto solo al subdiaconato per ragioni di salute, un uomo di una bruttezza caustica, quasi corrosiva. Questo era un ebreo proveniente dalla Galizia e propugnava un cristianesimo arcaico, venato di comunismo,  rimpiangeva il Medioevo e dissacrava la ragione che rende gli uomini tellurici e appiattiti sulla superficie del mondo, intenti come topi a rosicchiarne la crosta. Hans li ascoltava entrambi con interesse e non senza affetto. Alla fine del romanzo i due “educatori” si affronteranno a duello: Settembrini punterà la pistola in aria e Naphta si ucciderà sparandosi in testa.

Claudia dopo la notte di Valpurga parte e rimane assente a lungo. Hans la aspetta sperando che ritorni. Dopo anni la donna amata in effetti torna nel sanatorio montano ma non da sola: la accompagna l’amante fisso Peeperkorn un magnate sessantenne che  offre ricevimenti ai tisici e si esibisce con parole quasi incomprensibili ma accompagnate da gesti espressivi, teatrali e grandiosi date le sue dimensioni. Quindi dirige gite, banchetti e simposi. Dopo qualche tempo però si suicida perché è malato e non sopporta la bancarotta della propria vitalità che non gli consente più di rispondere come si deve alle magnifiche provocazione della vita che, a suo dire, è una femmina nuda.

Nel sanatorio è diffusa la dissolutezza dei malati che il primario dottor Beherens, detto Radamanto,  irrideva con ironia prossima al sarcasmo dicendo “la tisi si accompagna alla concupiscenza e io mi ritrovo a fare il tenutario di un bordello. Più l’allegra brigata dei tisici si sfoga, più diventa lasciva” p 613.

Settembrini rincara la dose: “la marmaglia dei tisici si trova quassù con la sua sventatezza, stupidità, dissolutezza e assenza della buona volontà necessaria a guarire” p. 665  

Dolo la morte di Peeperkorn, Claudia se ne va un’altra volta mentre Hans rimane nel sanatorio sprofondando in una forma di veternus, un neghittoso torpore: gioca a carte facendo dei solitari, ascolta Opere con storie d’amore impossibili al pari della sua, come Carmen, Traviata, Aida.

La storia arriva al 1914, l’inizio della Prima guerra mondiale. Allora Hans sente un tuono come Edipo giunto Colono- ktuvphse me;n  Zeu;~ cqovnio~  Sofocle, Edipo a Colono, 1606- e come il protagonista del Tannhäuser di Wagner relegato a lungo sulla montagna di Venere, Venusberg.

Il giovane ingegnere interpreta questo frastuono come un segno che gli ordina di muoversi e uscire da quella specie di caverna platonica per affrontare il mondo. L’ultima  pagina descrive una scena di guerra: Hans  corre con la baionetta innestata, poi si getta a terra per schivare la morte seminata dal “prodotto di una scienza abbrutita” (p. 1068)

Infine l’autore saluta questa sua creatura con affetto: “Addio, Hans Castorp, sincero e riottoso figlio della vita! La tua storia è finita (…) Addio che tu viva o soccomba, addio! Le prospettive che ti riguardano non sono buone; l’orribile danza in cui sei travolto andrà avanti ancora per qualche criminoso annetto, e noi non siamo disposti a scommettere che te la caverai (…) Forse che anche da questa sagra mondiale della morte, da questa voluttà smaniosa e maligna che incendia tutt’intorno il piovoso cielo della sera potrà un giorno innalzarsi l’amore?”.

 

E’ quello che speriamo anche noi oggi.

 

Bologna 13 marzo 2024 ore 10, 37 giovanni ghiselli

p. s.

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