lunedì 9 settembre 2013

Franco Frabboni, "Le vie della formazione. Scuola e sfide educative nella società del cambiamento"



Recensione del libro di Franco Frabboni Le vie della formazione. Scuola e sfide educative nella società del cambiamento. Edizioni Erickson, Trento, 2013.

L’autore propone una educazione che accompagni e consolidi la coscienza delle persone attraverso le cinque età generazionali: infanzia,adolescenza, giovinezza, età adulta e senile, insomma per tutta la vita.
Gli apprendimenti forniti non devono essere caratterizzati da una labile tenuta cognitiva, come succede nella scuola nozionistica.
Viceversa è necessario che il sistema di istruzione promuova i dispositivi mentali superiori di analisi e di sintesi, di induzione[1] e di deduzione, di metaconoscenza e di problem solving.
 La scuola deve difendere l’autonomia e la libertà intellettuale dei giovani. Deve fornire non solo conoscenze ma anche competenze fondate sull’imparare a imparare.
Bisogna trovare un rimedio al neoanalfabetismo di ritorno.
Nel primo capitolo viene citato Massimo Baldacci[2] il quale suggerisce al pdagogo la necessità di coniugare la teoria con la prassi:”la teoria senza prassi è vuota, così come la prassi senza teoria è cieca”.
La conoscenza contemplativa deve farsi attiva.
L’allungamento della vita richiede anche una estensione della prassi educativa.”La lifelong education assicura al Pianeta della quinta/età un allenamento quotidiano delle facoltà che presiedono sia i potenziali cognitivi, sia la salute mentale. Parliamo della memoria, della comprensione, dell’intuizione e dell’invenzione.
Il footing giornaliero della mente è sicuramente una medicina miracolosa perché rallenta gli irreversibili processi di perdita della memoria e delle connessioni nuroniche”(p. 22).

Le metafore di Frabboni
Uno dei pregi di questo libro di Frabboni è la ricchezza di metafore
appropriate che rendono visivamente le idee e aggiungono calore alle pagine
E’ molto importante sapere usare questa forma di abbellimento . Aristotele nella Poetica segnala le metafore come necessarie al linguaggio creativo che non può essere preso in prestito da altri:”eujfui?a~ te shmei'ovn ejsti: to; ga;r eu\ metafevrein to; to; o{moion qewrei'n ejstin”(1459a, 6-7), ed è segno di talento: infatti trovare buone metafore significa osservare ciò che è somigliante[3].
La metafora tra l’altro possiede in massimo grado chiarezza (to; safev~), piacevolezza (to; hJduv) e stranezza (to; xenikovn), ossia originalità, e non è possibile prenderla da altri (Aristotele, Retorica , III, 1405a).
“Generando onde analogiche, la metafora supera la discontinuità e l’isolamento delle cose”[4].
Il neoliberismo selvaggio tende a emarginare le età infantili e senili in quanto non produttive:”nel nome del contenimento della spesa pubblica, le Destre eropee-liberiste e senz’anima-hanno progressivamente chiuso i rubinetti dei finanziamenti ai servizi sociali formativi (assistenza, salute, scuola, lavoro) per le fasce deboli (infanzia, vecchiaia, disabili, extracomunitari), povere (disoccupati ed emarginati sociali) e a rischio (devianza, tossicodipendenza)…La mannaia neoliberista consacra la”naturalità”delle disuguaglianze tramite un aberrante teorema discriminatorio: dare-di più-a-chi-ha-già-di-più-. Spegnere la luce dello Stato sulle politiche assistenziali e formative significa tradire il diritto al garantismo sociale e culturale di cui i deboli, i poveri e i soggetti a rischio dovrebbero godere in collettività democratiche e civili”(Le vie della formazione, p. 23).

Nel Politico, Platone fa dire allo straniero di Elea che l’arte politica consiste nell’ avere cura dell’intera comunità umana (ejpimevleia dev ge ajnqrwpivnh~ sumpavsh~ koinwniva~, 276b). Il guidare gli uomini come fanno i pastori con gli animali, dobbiamo invece chiamarla qreptikh;n tevcnhn, tecnica dell’allevamento, non basilikh;n kai; politikhvn tevcnhn (276c), non arte regia e arte politica. Infatti il re, comunque  l’uomo politico è quello che si prende cura (ejpimevleian) di uomini bipedi che liberamente l’accettano (eJkousivwn dipovdwn, 276d).
Questa idea di humanitas  è stata e sarà ripresa nei secoli dei secoli da alcuni capi di Stato.
Marco Aurelio, imperatore (161-180 d. C.) e filosofo, scrive:”noi siamo nati per darci aiuto reciproco (pro;”sunergivan), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due file dei denti. Dunque l'agire uno a danno dell'altro è cosa contro natura (to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi”para; fuvsin)[5].
I neoliberisti probabilmente non conoscono questi testi.

Frabboni analizza e denuncia le insidie della alfabettizazione elettronica e computerizzata:”insidie che aprono la strada all’esondazione di saperi catramati”(p. 24).
Aspetto negativo dei prolungati passatempi elettronici è la drastica riduzione della compagnia umana, ossia della”aggregazione interpersonale, la convivialità, il solidarismo”(p. 24)
I saperi ricavati da internet sono sbriciolati, privi di nessi e vanno a formare una”cultura surgelata”(p. 25), un linguaggio impoverito sia nel parlare sia nella corporeità. Un sapere insomma che non è sapienza.
Nel Novecento la Formazione avveniva quasi esclusivamente attraverso la scuola.
“Nel nuovo Millennio, il gabbiano della conoscenza è sempre più consapevole che dovrà nidificare sui rami non solo dell’albero scolastico, ma anche nelle piante inedite e sempreverdi di nome Oltrescuola e Postscuola”(p. 35). Per queste le città devono essere attrezzate di teche e di parchi. Lo vedremo più avanti.
Il sistema educativo deve ampliarsi e modificarsi
Frabboni è molto critico verso la scuola marchiata dagli stampi neoliberisti della Moratti e della Gelmini.”i saperi coccodè, stracolmi di pasticche-quiz e vuoti di pensiero, sono del tutto inefficaci per la manutenzione della mente adulta e senile”(p. 35)
Le destre non vogliono che i giovani vengano attrezzati con mezzi critici che li difendano dai governi populisti e regressivi e li mettano in grado di fare”libere/scelte in mari popolati dalle sirene deduttive della pubblicità e dei consigli per gli acquisti”(p. 38)
In effetti la pubblicità è un agente diseducativo ubiquo e capace di impedire la crescita delle facoltà critiche, estetiche ed etiche.
La pubblicità è il cancro del cervello di chi non possiede la difesa della cultura che sia non solo sapere (sofovn) ma anche sapienza (sofiva).
Frabboni cita Giovanni Maria Bertin” il padre del Problematicismo pedagogico”con la riconoscenza dell’allievo al maestro.
La Pedagogia deve fornire strumenti critici e rendere il giovane kritikov~[6], ossia capace di giudizio.
La Pedagogia ”non può che incamminarsi - senza se e senza ma - lungo la strada del dissenso. E farsi scienza del no”p. 41)
Vediamo allora alcuni di questi no che rifiutano”le discriminazioni, le inibizioni e le solitudini della sfera socioaffettiva”, quindi”la manipolazion, il conformismo e l’omologazione della sfera cognitiva”, poi ”il dogmatismo, il filisteismo e l’indottrinamento della sfera etica”
“Quarto rifiuto. La Pedagogia è contro la stereotipia, il cattivo gusto e la massificazione della sfera estetica”
Infine”Quinto rifiuto. La pedagogia è contro l’automazione, l’alienazione lo sfruttamento della sfera economica quando viene elevata a dio-maggiore”(p. 41).

La Pedagogia di Frabboni, come la mia, si parva licet, si oppone a quella propugnata dal neoliberismo che diffonde l’idea della necessità”del produrre sempre di più per consumare sempre di più”(p. 43)
L’uomo educato, pepaideumevno~, per dirla con Platone, è in grado di opporsi ”al binomio liturgico produzione-consumo”in modo da non pietrificarsi in un individuo senza voce e senza sguardo.
Questo è l’idolatra.  
Il consumista in effetti trae identità dalle cose che compra, come l’idolatra biasimato nel Salmo della Bibbia:”:"Gli idoli dei popoli sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano; hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non odono; non c'è respiro nella loro bocca. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida”(Salmi, 135, 15-18).

La testa ben fatta 
"La prima finalità dell'insegnamento è stata formulata da Montaigne: è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena… Una testa ben fatta è una testa atta a organizzare le conoscenze così da evitare la loro sterile accumulazione"[7].
Viceversa quella chi non sa connettere nulla con nulla (I can connect/Nothing with nothing[8]) ha una testa intronata tra spazi ventosi: ”A dull head among windy spaces"[9].
La persona intelligente è in grado di collegare i saperi attraverso la suvnesi~, l’intelligenza che è etimologicamente, appunto, capacità di fare collegamenti, di individuare i nessi.  (cfr. sunivhmi, metto insieme).
Allo sviluppo della capacità critica e dell’intelligenza non è funzionale l’istruzione solo ”verbalistica, mnemonica e nozionistica” (Le vie della formazione, p. 49)
Alla Scuola come sistema formale deve affiancarsi l’Oltrescuola quale sistema non-formale. Questi due settori dovrebbero costituire i due lati uguali di un triangolo isoscele (p. 50).
La scuola democratica deve ”dare di più a chi ha di meno” (p. 62)
 Don Milani ha scritto:”non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali fra disuguali”[10].
Frabboni denuncia come diseducativi i governi della idologia neoliberista, che costituiscono sostanzialmente la facies autoritaria della pubblicità consumistica.
Il neoliberismo impietoso (p. 65) tende a ridurre e decapitare i doveri e le competenze dello Stato, a partire dalla scuola statale: ”Siamo all’anti-Stato. A questo, si chiede di auto decapitarsi: mozzando di netto la propria testa” (p. 65). Il cosiddetto Partito della libertà è di fatto prono ”davanti a due altari sconsacrati: il Mercato e il Mediatico”(p. 66). E’ di fatto un servo del capitalismo selvaggio e disumano.
La scuola neoloberista è classista “quando teorizza la selezione come compito primario dell’istruzione pubblica: dando di più a chi è in possesso di un copioso patrimonio alfabetico di base”(p. 67)
“E’ nozionistica la Scuola qundo teorizza l’istruzione un coacervo di saperi in pillole e non un percorso organico di conoscenze e competenze. Pollice verso, pertanto, ad apprendimenti stipati in microsaperi da imparare a memoria. Da spendere nelle prove di valutazione così come sono stati assimilati in funzione del verdetto dei test/quiz”.
La televisione e la stampa sono spesso alleati e complici di questa deriva neoliberista che vuole ridurre la Cultura a merce. I totem, gli dèi déi governi neoliberisti sono il consumo e il consenso. Il veleno che deriva da tale religione empia tende a mettere fuori uso il pensiero critico e l’affettività, ossia” un pensiero che pensa e un cuore che sogna”(p. 73).
“Pur se assediata e sotto tiro, la Scuola può ergersi da antagonista vincente nei confronti di chi mira a inaridire le due sorgenti della cultura: la Lettura e la Scrittura. Come? Rianimando le parole saporite e i lapis scomodi…Se saporita e scomoda, la Scuola si potrà candidare a veicolo di solidarietà (di cittadinanza attiva), a motore di conoscenza (di intelligenze plurali) e a volante di vita interiore (di sentimenti, di passioni e di sogni) (p. 73).
Frabboni riconosce a Don Lorenzo Milani il ruolo di protagonista della teoria e della prassi pedagogica: ”Deriso e umiliato dalla stampa padronale (leggasi Marcello Veneziani, “quel santo parroco che sfasciò l’istruzione”, Libero, 25 settembre 2008), noi lo incoroniamo a stella polare della Pedagogia perché seppe indicare alla Scuola la strada per tagliare il traguardo del diritto di tutti a una Formazione dall’elevato profilo democratico e dal profondo spessore culturale” (p. 75).
Ma il tempo in cui noi sessantottini destinati all’insegnamento leggevamo e ripetevamo le auree sentenze di Don Milani con l’intenzione di applicarle alla prassi educativa che ci attendeva, è un tempo è lontano.
“Dopo due lustri di padronale regime ultra/liberista - il cui eversivo occhio di Polifemo ha avuto nel mirino lo smantellamento di quattro diritti sociali e civili inalienabili: il Lavoro, la Casa, la Sanità e la Scuola - sarà arduo il varo di na nuova coalizione politica in grado di ri-sanare il colossale indebitamento dello Stato e di ri/orientare i suoi interventi strutturali nel nome della qualità della vita a sud come a nord del Paese”(p. 77).
Dobbiamo esorcizzare i demoni che cercano di levare ai giovani la capacità critica, quella del dubbio, e vogliono annientare la curiosità omerica dei”piccoli Ulissi alla ricerca delle colonne d’Ercole”(p. 86).
Socrate nell’Apologia scritta da Platone afferma che una vita senza ricerca non è vivibile per l’uomo: ”oJ de; ajnexevtasto~ bivo~ ouj biwto;~ ajnqrwvpw/”(38a).
Noi ”ragazzi” del Sessantotto speriamo di assistere a una nuova edizione, magari riveduta e corretta, di quell’anno fatato quando”l’umanità visse uno di quei rari momenti nei quali la lieta fiducia di sé stessa e del suo avvenire tutta la riempie, e, ampliandosi nella purezza di questa gioia, essa si fa buona, e vede attorno a sé fratelli, e ama”[11].
Ogni tanto qualche cosa si muove: ”Aquiloni al vento, parenti stretti della protesta giovanile del Sessantotto che urlò alle stelle dell’emisfero boreale (bianco, ricco,alfabetizzato) il diritto di tutti alla cultura, al lavoro, alla cittadinanza, alla convivenza”(Le vie della formazione, p. 87).
Di recente sono stati ragazze e ragazzi della Secondaria scesi in piazza a braccetto con gli operai della FIOM a protestare contro l’ emarginazione decretata nei loro confronti dall’oligarchia berlusconiana che ha inventato il tabù di investire risorse nella scuola.
“Queste giornate di testimonianza e di collera-sempre gioiose, in omaggio all’anima giovanile-mi hanno riportato alla mente la proposta utopica di Maria Montessori (la più grande pedagogista/donna del mondo occidentale) quando, un Secolo fa, sentenziò che”il bambino è il padre dell’uomo”. Sì, l’idea del cigno marchigiano la facciamo nostra”(p. 87).
L’educazione non può non proporsi obiettivi di ordine etico. Dobbiamo dunque educare i giovani alla vita sociale e politica, ossia alla cittadinanza[12], all’impegno e alla pace . Mi fermo un momento su questo terzo punto, anche in opposizione alla sbadataggine di troppi giornali e telegiornali che continuano a occuparsi prevalentemente di Berlusconi quando siamo dentro a una crisi che potrebbe portare il mondo a una catastrofe.

Prima però una considerazione mia sul caso Berlusconi confrontato con quello del professore di Saluzzo. Entrambi hanno fatto sesso con minorenni, sembra. Entrambi hanno abusato del loro potere. Perché uno è in galera, l’altro è in grado di minacciare la crisi di governo? La legge non dovrebbe essere uguale per tutti?

Ma veniamo alla pace e alla guerra: ”Vengono nascosti - non si raccontano - sia il volto crudele e tragico della guerra, dove tutto scarseggia (cibo, acqua, medicinali), sia gli occhi sbarrati dei bambini e degli anziani. Pur al cospetto di scenari agghiaccianti, noi pensiamo che questa galleria di maschere tragiche non vada occultata alle giovani generazioni. Se vogliamo che - crescendo - diventino profeti di pace (p. 94)
Nascondere gli orrori della guerra, le violenze perpetrate sui civili significa coprire le responsabilità criminali di chi scatena le guerre.
Lo faceva Polibio, prima fautore del polo benestante della Grecia del suo tempo, la lega Achea, quindi portavoce degli imperialisti Romani.
Nelle tragedie, Le sofferenze dei vinti, in particolare delle donne, vengono rappresentate dalle immagini topiche dei capelli sciolti e dei seni scoperti per suscitare compassione in chi assiste alle rappresentazioni.
Ebbene, tali descrizioni quando entrano nella storiografia, vengono fortemente biasimate da Polibio lo storico ”antitragico” il quale è sempre critico nei confronti dei colleghi che danno spazio alle lacrime nelle loro opere per suscitare la partecipazione sentimentale di chi le legge. Il suo obiettivo polemico è soprattutto Filarco[13] considerato uno storico ”tragico” poiché ha cercato di colpire la sfera emotiva dei lettori, adoperandosi per invitarli alla compassione e renderli partecipi dei suoi sentimenti riguardo a quanto viene raccontato. Egli dunque introduce abbracci di donne (periploka;”gunaikw'n) e chiome scarmigliate (kovma”dierrimmevna"[14]) e denudamenti di seni (mastw'n ejkbolav"), e, oltre questo, lacrime e lamenti di uomini e donne (davkrua kai; qrhvnou”ajndrw'n kai; gunaikw'n) trascinati via alla rinfusa con figli e vecchi genitori (Polibio, Storie, II, 56, 7). Ci fu per esempio l'eccidio di Mantinea. Nel 223, durante la guerra cleomenica, questa cittadina dell’Arcadia fu conquistata dai Macedoni alleati degli Achei: secondo Filarco e Plutarco (Vita di Arato 45, 6-9) essa subì un massacro che Polibio tende a nascondere o minimizzare. In II 54 lo storico di Megalopoli si limita a dire che Antigono Dosone dopo essere stato nominato capo delle forze alleate della lega ellenica costituitasi contro Sparta e gli Etoli[15], riuscì a sottomettere prima Tegea poi Mantinea, che nel 229 erano state prese da Cleomene. Filarco viene biasimato per avere ”faziosamente” descritto le sofferenze di questa gente.
Una critica del genere veniva fatta da alcuni personaggi della nostra televisione a chi raccontava gli orrori della guerra in Iraq: per esempio Giuliano Ferrara che di fronte alle prove fotografiche della tortura fornite dalle stesse autorità americane, sproloquiava di ”episodi circoscritti” (almeno venticinque prigionieri morti per le sevizie dei militari Usa!), e del virus che “ci indebolisce nella guerra”
Altra cosa è comunque, ovviamente, Polibio da Giuliano Ferrara.

Giovanni Ghiselli


[1] Che procede dal particolare all’universale. Il contrario è la deduzione.
[2] La dimensione metodologica del curriculum, Milano FrancoAngeli, 2010; Trattato di pedagogia generale, Roma, Carocci, 2012
[3] Intelligenza in greco si dice suvnesi, una parola che tradotta radicalmente significa capacità di mettere insieme cose distanti, di vederne le somiglianze, e se è vero, come afferma il Menone di Platone, che ”la natura è tutta imparentata con se stessa, ”th' fuvsew”aJpavsh”suggenou' ou[sh"" (81d), coglierne ed evidenziarne i legami di parentela è compito del genio, del poeta. La stessa cosa afferma Dostoevskij in I fratelli Karamazov: "Il mondo è come l'oceano; tutto scorre e interferisce insieme, di modo che, se tu tocchi in un punto, il tuo contatto si ripercuote magari all'altro capo della terra. E sia pure una follia chiedere perdono agli uccelli; ma per gli uccelli, per i bambini, per ogni essere creato, se tu fossi, anche soltanto un poco, più leale di quanto non sei ora, la vita sarebbe certomigliore”(p.402).  Facciamo l’esempio di una bella metafora, tratto da Eschilo, l'autore che ce ne fornisce la scelta più ampia siccome conserva la rigida grandiosità del rituale e l'enfasi ieratica del linguaggio liturgico: "dia; dev toi genu'n iJppivwn / kinuvrontai fovnon calinoiv", attraverso le mascelle dei cavalli, le briglie arpeggiano strage (I sette a Tebe , vv. 122-123).
[4] E. Morin, La testa ben fatta, p. 94.
[5] Ricordi , II, 1
[6] Cfr. krivnw, giudico
[7] E. Morin, La testa ben fatta, p. 15 e p. 18.
[8] T. S. Eliot, La terra desolata, vv. 301-302
[9] T. S. Eliot, Gerontion, (del 1920) v. 16.
[10] Lettera a una professoressa, p. 55.
[11] B. Croce, Storia d’Europa nel secolo decimonono, p. 149. Croce si riferisce al 1848.
[12] Cfr. povli~, città
[13] Nato a Naucrati ma vissuto ad Atene, nel III secolo, autore di Storie in 28 libri che andavano dal 272 al 219, anno della morte di Cleomene III, il re di Sparta ben visto da questo autore e mal visto da Polibio il quale dichiara di seguire le Memorie di Arato, stratego della lega Achea, per la narrazione della guerra cleomenica che oppose Sparta ed Etoli ad Achei e Macedoni.
Filarco, ci informa Mazzarino, ”ha capito il genio di Cleomene III e la necessità della rivolta sociale, in mezzo al tramonto della gloriosa libertà greca. Michele Rostozev (Die hellenistische Welt , trad. ted., I, 146) ha detto benissimo: "La Grecia era dalla parte di Filarco, e non da quella di Arato e degli Achei difesi da Polibio” (Il Pensiero Storico Classico , II, 1, p. 126). Arato potenziò la lega achea, operò e scrisse in favore degli abbienti, mentre Filarco era favorevole a Cleomene III di Sparta. Questo re riformatore fu sconfitto a Sellasia, non lontano da Sparta, nel 222, da Antigono Dosone di Macedonia e dallo stratego acheo Filopemene, e per tale ragione gli scrittori suoi partigiani possono essere accusati di menzogna dallo storico partigiano dei vincitori nei quali si è incarnata la verità.
[14] Secondo Polibio sono gesti che si confanno alle tragedie, non alla storiografia. Per quanto riguarda gli abbracci di donne, nelle Troiane di Euripide, per esempio, Andromaca abbraccia il figlio che a sua volta si rifugia tra le ali della mamma come un uccellino: "neosso;”wJsei; ptevruga”ejspivtnwn ejmav"", v.751. Per le chiome scarmigliate, o scagliate[14] c'è il ricordo delle Baccanti: "truferovn te plovkamon eij”aijqevra rJivptwn" (v. 150) scagliando nell'aria i riccioli molli, un ricordo che ho ravvisato anche in un quadro di Picasso del 1922 Deux femmes courant sur la plage (Parigi, museo Picasso).
[15] L’altro polo della Grecia del III sec. A. C., quello dei poveri

Nessun commento:

Posta un commento

E’ più umano il cultus fino all'artificio o la naturalezza fino all’incuria?

Properzio, Virgilio, Orazio e la via di mezzo di Ovidio.     Il cultus, la cura della persona e dello stile è segno di contraddizi...