venerdì 6 settembre 2013

Anatemi contro la guerra



Con questo pezzo unisco la mia voce a quella degli uomini di buona volontà, di tutti i figli della luce i quali chiedono accoratamente che non venga scatenata un’altra guerra, foriera, inevitabilmente, di orrendi massacri.
Ce ne sono già stati abbastanza di morti.
Papa Francesco, l’onesto Bergoglio, vero vicario e imitatore di Cristo come il frate di Assisi da cui ha preso il nome, ha detto parole sante: “La guerra chiama guerra - e - Dio giudicherà”, quindi ha indetto un "digiuno contro la guerra per unire popoli e fedi”. Io salto spesso il desinare per la linea, ma questa volta lo farò per la pace.
Umberto Veronesi, aderendo all’invito del Vaticano, ha definito la guerra un atto contro la natura umana che, quando non è appunto snaturata, è incline alla solidarietà.
Io penso e credo che la guerra dovrebbe diventare un tabù almeno quanto l’incesto. Se l’unione sessuale tra consanguinei è innaturale, uccidere persone della stessa specie è abominevole, è lo scelus maximum.
Cito qualche altra parola di Veronesi: “Gli Stati Uniti con la loro tradizione western continuano ad avere un approccio violento come mezzo di controllo e di dominio. Non a caso sono l’unico paese occidentale a mantenere la pena di morte”.
Tacito faceva dire a Calgaco, capo dei Calcedoni ribelli: “Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”[1] , ladroni del mondo, dopo che alle loro devastazioni totali vennero meno le terre, frugano il mare: se il nemico è ricco, avidi, se povero, tracotanti, essi che né l'Oriente né l'Occidente potrebbe saziare: soli tra tutti, bramano i mezzi e la loro mancanza con pari passione. Rubare, massacrare, rapire, con nome falso chiamano impero e dove fanno il deserto lo chiamano pace.
Si tratta di una denuncia dell’imperialismo Romano, del I secolo dopo Cristo.
Gli imperialisti attuali fanno anche peggio: ammazzano e feriscono persone, bombardano città[2] dalle cui rovine divampano altre guerre in una escalation, un crescendo che rischia di diventare globale.

La nostra tradizione, italica e mediterranea, non può dimenticare la pietas. Io la custodisco, la sostengo con i miei auctores greci e latini, gli accrescitori della mia identità e della mia vita. Direte che anche gli Elleni e i Romani facevano spesso le guerre e si ammazzavano a vicenda.
E’ vero, ma ora faccio riferimento agli scrittori classici, e ai loro anatemi della guerra che è sempre fratricida e sempre luttuosa tanto per i vincitori quanto per i vinti.
Sentiamo cosa dice Cassandra dei Greci “vincitori”, nelle Troiane di Euripide:
“Quando poi giunsero alle rive dello Scamandro,
morivano, non perché privati dei confini della terra,
né della patria dalle alte torri. E quelli che Ares prendeva
non videro i figli, e non furono avvolti nei pepli
dalle mani della sposa, ma in terra straniera
giacciono. Gli eventi di casa loro poi accadevano simili a questi:
vedove morivano le donne, e gli uomini senza figli nelle case
dopo avere allevato la prole per altri; né, sulle tombe
di quelli, c’è chi donerà sangue alla terra.
Davvero una spedizione degna di questo elogio!” (vv. 374-383)

Sempre orribile è stata la guerra, però il modo di combattere degli antichi non era sleale e vile come quello di chi manda i droni, micidiali velivoli telecomandati, ad ammazzare dall’alto in maniera cieca: chi prendono, prendono, nonostante le menzogne della propaganda.
“E’ impensabile - ha detto ancora Umberto Veronesi - che le armi, per quanto sofisticate, colpiscano solo obiettivi militari”. Io non riesco nemmeno a immaginarlo.
Non c’è maniera più vile e criminale di fare la guerra. Che differenza c’è tra gli stermini del dopoguerra e quelli perpetrati da Hitler?
Quando anche gli spregiatori di vite umane avranno perso l’ultima delle loro guerre, se ne parlerà come ora si parla dei nazifascismi.
La guerra “limitata”, propugnata da Obama per dare un avvertimento ad Assad, fa pensare alle poche migliaia di morti italiani che Mussolini riteneva utile mettere sul tavolo della pace.
L’antisemitismo nazista era suscitato dall’invidia dei poveri, del sottoproletariato disponibile alle mene reazionarie e della piccola borghesia ignorante, piena di risentimento per gli Ebrei ricchi e intraprendenti ; l’antisemitismo di questi anni, altrettanto orrendo, è causato dalla paura dei ricchi egoisti e incolti nei confronti degli Arabi poveri e molto prolifici. Una paura che la propaganda estende anche a tanti dei nostri quasi poveri o addirittura poveri. Certamente di cultura e intelligenza.
Una volta uno studente del Galvani di “buona famiglia”, disse che sugli Arabi avrebbe gettato la bomba atomica, senza tante storie.
Alcuni suoi ammiratori e imitatori di famiglia piccolo borghese, lo approvarono.
Per quanto riguarda il presunto intervento breve, la nuova “guerra lampo”, credo che un bombardamento pure di poco conto, anche se contando i morti il conto è sempre troppo alto, inneschi un conflitto grande. Io spero che Putin svolga la funzione di deterrente nei confronti dei guerrafondai. Quanto alla tragica situazione siriana, certamente bisogna trovarvi un rimedio, ma non tale che sia maggiore e peggiore del male.
Ma ora, è già tempo, ricordiamo altre voci antiche della nostra nobile tradizione, anche per dare concretezza a questa parola usata spesso a sproposito.

Nick Ut, bombardamento in Vietnam, 1972
Testimonianze dei classici contro la guerra
Già nell'Iliade, un poema pur pieno di battaglie sempre sonanti, Zeus dice ad Ares: "Tu per me sei il più odioso tra gli dei che abitano l'Olimpo”.
Il dio della guerra non è ben reputato nella tragedia greca: secondo il Coro dei Sette a Tebe di Eschilo, “un dramma pieno di Ares”[3], questo nume è un massacratore che soffia con furiosa violenza e contamina la pietà.
Nel primo Stasimo dell’Agamennone (del 458) il Coro canta:
“Invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno” (ajnti; de; fwtw`n teuvch kai; spodo;~ eij~ jekavstou domou~ ajfiknei`tai) 434-436).
Non è andata così anche nelle ultime guerre a tanti poveri ragazzi pure italiani mandati a morire in nome della pace, della civiltà, della nostra presunta democrazia[4] da imporre a popoli dalle tradizioni diverse?
Subito dopo, Ares viene definito “oJ crusamoibo;" d' j [Arh" swmavtwn” (Agamennone, v.437), il cambiavalute dei corpi, nel senso che la guerra distrugge le vite e arricchisce gli speculatori.
Questi versi rivelano una verità, o non latenza (ajlhvqeia), che i guerrafondai tendono viceversa a nascondere dietro le menzogne strombazzate dalla propaganda. Falsità sbandierate per creare confusione.
“Famā enim bella constant”[5]. La propaganda grida parole contorte, piene di caos.  
Ma il discorso della verità è diretto ed è semplice. Nell'Edipo re di Sofocle, Ares viene deprecato dal pur pio poeta di Colono come “Il dio disonorato tra gli dei", ajpovtimon ejn qeoi' qeovn (v.215).
Nell'Elena, nell’Elettra e nell'Oreste, Euripide sostiene che a Troia non è mai andata Elena, ma gli dèi ci hanno mandato un suo fantasma, affinché i mortali, troppo grevi, si massacrassero a vicenda alleggerendo la terra del loro peso eccessivo.
Le guerre combattute per degli idoli non possono che essere perdute[6]. Perdute da tutti, prima di tutti però dai poveri delle due parti.
Empedocle di Agrigento nel Poema lustrale narra che gli uomini della primitiva età felice non avevano Ares come dio, né il Tumulto della battaglia, ma solo Cipride regina.
Il sangue chiama altro sangue: e colpo e contraccolpo, e l’eccesso sull’eccesso si posa.
Non molto tempo fa, si volle liberare la Libia dal tiranno ammazzando lui, i suoi figli e i suoi sostenitori. Naturalmente ci sono stati morti da tutte le parti, nessuna esclusa. Ma i Libici, come tutti gli islamici sono nemici della nostra bella civiltà occidentale, si dice. A me, a noi Italiani, i Libici non hanno fatto alcun male. Anzi, ne hanno subito tanto dalla “grande proletaria”, quando si è mossa.

I poeti antichi mettono in alto rilievo le sofferenze delle donne per le guerre degli uomini. Nell'Edipo re di Sofocle, il coro deplora i lutti causati dal conflitto cui è seguita la peste, materiale e morale: "Le spose e anche le madri canute, di qua e di là, presso la sponda dell'altare, gemono supplici per le pene luttuose" (vv. 179-185).
La guerra porta sempre con sé rovine e degradazioni “collaterali”.
Orazio chiama il dio Marte torvus in Carmina I, 28, 17 e cruentus in II, 14, 13. Nella prima Ode del primo libro[7] il poeta di Venosa menziona le guerre maledette dalle madri: “Bellaque matribus / detestata”(vv. 24-25).
Viceversa la concordia viene raccomandata dalle commedie pacifiste di Aristofane che dichiara guerra alla guerra: nella Pace, la festa per la bella Irene odora di frutta, di conviti, di grembi di donne che corrono verso la campagna e di tante altre cose buone.
Le guerre vengono scatenate dall’avidità, o da turbe mentali di uomini malati.
Negli Acarnesi, altra commedia pacifista del drammaturgo ateniese, Diceopoli racconta che dei giovanotti di Atene avvinazzati rapirono una prostituta di Megara, e i Megaresi, per rappresaglia, ne sottrassero due ad Aspasia. Per tre puttane dunque il suo amante Pericle scatenò la guerra del Peloponneso. Nella Lisistrata infine, le femmine greche fanno lo sciopero del sesso per indurre i maschi protervi alla pace.
Nel film Senso di Luchino Visconti, il conflitto viene smascherato dall’ufficiale austriaco, disertore e amante della contessa adultera, quando dice: "Cos'è la guerra se non un metodo per obbligare gli uomini a pensare e agire nel modo più conveniente a chi li comanda?".

Concludo con La guerra che verrà , (Der Krieg, der kommen wird) di Bertolt Brecht:
“Non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente”[8] (“hungerte das niedere Volk auch”).
Io spero che presto la guerra susciti abominio tra tutti gli uomini, in tutte le coscienze umane, e diventi tabù, come l’incesto.

Giovanni Ghiselli, 6 settembre 2013


[1] Agricola, 30.
[2] Nelle Troiane, Euripide attribuisce a Poseidone una condanna delle devastazioni belliche causate dalla pazzia: "mw'ro" de; qnhtw'n o{sti" ejkporqei' povlei" / naou;" te tuvmbou" q j, iJera; tw'n kekmhkovtwn / ejrhmivvva/ dou;" aujto;" w[leq ' u{steron" (v. 95-97), è stolto tra i mortali chi distrugge le città, gettando nella desolazione templi e tombe, sacri asili dei morti; tanto poi egli stesso deve morire.
[3] Nelle Rane di Aristofane, il personaggio Eschilo definisce questa sua tragedia: “dra``ma  [Arew~ mestovn” (v. 1021).
[4] Democrazia significa “potere del popolo”. In Italia, dove il divario tra pochissimi ricchi e molti poveri è abissale, comanda, di fatto, una oligarchia avida nemica del popolo.
[5] Dopo la scoperta della seconda congiura: quella “dei paggi” (primavera 327 a. C in Sogdiana, Uzbekistan) Alessandro afferma che ricevere il nome di figlio di Giove aiuta a vincere le guerre: “Famā enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit” (Curzio Rufo, 8, 8, 15), Le guerre sono fatte di quello che si fa sapere (attraverso la propaganda), e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha fatto le veci della verità. Cfr. Curzio Rufo 3, 8, 7 dove Dario, prima della battaglia di Isso, dice con altre parole la stessa cosa “famā bella stare”.
[6] C. Wolf, Cassandra, p. 85.
[7] I primi tre libri delle Odi uscirono nel 23 a. C.
[8] Da Poesie di Svendborg.

2 commenti:

  1. Anche secondo me si rischia una terza guerra mondiale. Speriamo che pensino che non convenga.
    L'articolo è molto bello, complimenti.
    alessandro

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  2. Nel vedere la fotografia di un gruppo di bambini sopravvissuti alla strage chimica al sobborgo di Damasco mi sono commossa e mi sono chiesta : come farà Obama a giustificare altri bambini morti, fosse anche uno solo, alle sue adorate figlie poco più che bambine?
    Sto pregando e digiunando
    Margherita

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