NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 31 dicembre 2016

Twitter, CCXLXVII

in solitaria sulla ripida strada dell'Etna, 2014

31 dicembre

L'uomo umano vive in una società disumana senza amici. Ieri, invitato a cena, ci sono arrivato conciato da povero con altri acchittati e lucidi di appretto. Io, insalutato e ignorato ospite per i miei stracci rammendati e rappezzati. Con me non si combinano affari. La padrona di casa, l’ospite attiva, doveva vendere roba a una ben vestita. Passerò da solo la sera del 31 dicembre.

Ho vissuto la mia vita, non quella suggerita agli idioti e agli ignoranti dalla pubblicità. Mi sento a mio agio nello studio e nella povertà.

Da pezzente "ho teso all'oblio del fratello" le simili mani, ho avuto la mano che regge la croce, la voce cui niuno risponde". Meglio, molto meglio così. Le mie ex amanti, tante grazie a Dio, i miei bellissimi studi, quello che ho imparato da me stesso, dalle donne e dai libri, non me lo toglie nessuno. L’unica persona che mi manca è una figlia simile a me e a mia madre, e ho grandi rimorsi per la bambina che 42 anni fa io e Päivi non lasciammo nascere. Ogni volta che vedo una bambina ridere felice, vado a nascondermi dove nessuno mi vede, ricordo e piango.

Nelle Rane di Aristofane, Eschilo chiama Euripide creatore di pezzenti (ptochopoi). Sono uno di quelli, massime dal punto di vista affettivo.

Non un parente, un presunto amico, un'ex amante, nemmeno l'amante dello scorso ottobre, né un cane pieno di zecche mi ha chiesto che cosa farò la notte di Capodanno.
Ebbene, oggi 31 dicembre, farò di meglio di quelli delle brigate balorde: studierò, imparerò correrò nel sole, andrò al cinema, rifletterò. Mangerò e berrò lo stretto ncessario.
L'ho voluto io, non lo negherò, anzi lo affermo (eJkwvn, eJkwvn h{marton, oujk ajrnhvsomai, Eschilo, Prometeo incatenato, 266). Versando il sangue mio ho evocato le anime degli autori e delle mie compagne migliori. Ho evitato gli imbecilli e i profittatori. Beato me.

Non compatitemi dunque: io seguo il mio demone come voialtri il vostro: ognuno quello che si merita. Finite le vacanze, avrò molto da dare ai miei allievi di tutte le età, di varie città italiane, compresi voi che mi leggete nel blog


gianni, il poverello di Pesaro, rimasto del tutto solo in quanto molto ricco di spirito.
Il blog ha compiuto i 1429 giorni di vita raccogliendo, di media, 314 lettori al giorno

martedì 27 dicembre 2016

Twitter, CCLXVI

26 dicembre


In Italia i lavoratori sono ridotti a schiavi se mal retribuiti, o a pascolo dei fuchi politici se hanno un discreto stipendio lordo.

1984 di Orwell "la guerra è pace, la libertà schiavitù, l'ignoranza è forza" 2016 di ghiselli: l'occupazione cresce, la scuola è buona, la Pinotti è o.k.

Pochi giorni fa l’impagabile  Del Rio ha avuto la sfrontatezza di affermare dopo averlo negato per mesi, che il popolo vuole un governo eletto finalmente. Renzi dixit. Cioè la storia, come in un palinsesto, viene scritta, cancellata e modificata tutte le volte che serve al potere via via insediato.

Berlino. L'attentatore lascia i propri documenti nel luogo del delitto. Mi sa di depistaggio, Nemmeno un ladro di galline firma i furti.

Alle 12, 45 appuntamento con la cultura. Corrado Augias conduce “Quante storie! Spero che non faccia scempio della storia romana come quando nel Venerdì di “la Repubblica” scrisse che fu l’imperatore Tiberio a mandare Varo contro Arminio.

Iddio difficilmente perdonerà gli Italiani che hanno inventato le banche e sicuramente condannerà quanti le fanno funzionare tanto male.

Due o tre giorni fa Augias con smargiasseria impudente ha vituperato la Raggi, poi ha elogiato i suoi superiori Renzi e Gentiloni: i primi ministri infatti si avvalgono di “uomini di cultura” come lui.

Natale se ne va con i suoi giorni adorni. Rimane però la sfacciataggine colossale dei manutengoli panegiristi del potere e pure inverecondamente autocelebrativi

I pezzenti si vantano di fare le vacanze a Cortina senza esserci stati. I  pezzenti mentali dopo esserci stati Chi studia lo fa a casa o a Pesaro che ora è un deserto, o tuttalpiù a Moena.

Mia nipote ha adottato un gattino. Io da femminista integrale qual sono avrei preferito una gattina bellina, intelligente e magari anche un po' puttanella

I famosi che ho messo alla gogna con queste mie note sappiano che li ho resi anche latinamente famosi nel mio blog: 446313 da tutto il mondo

Questi i lettori di oggi
Stati Uniti
382
Italia
44
Cina
11
Ucraina
11
Turchia
2
Svizzera
1
Francia
1
Israele
1
Polonia
1
Portorico
1

Buon 2017 a tutti. Il 17 porta male solo ai cattivi. A noi buoni porta bene.
giovanni ghiselli


Adriana Pedicini, "Il fiume di Eraclito". Poesie


Adriana Pedicini
Il fiume di Eraclito
Poesie
Editore Mnamon, 2015

Ho letto questa bella raccolta di poesie di Adriana Pedicini. Nella prefazione l’autrice scrive: “il fil rouge delle liriche che compongono la raccolta è il Weltshmertz (il soffrire universale) già cantato dei romantici senza patetismo ma con  intensa commozione (p. 7).
Già in queste  pagine del prologo si sente la presenza  nobile e antica dei classici greci e latini: altri temi anticipati sono “il mistero che ci circonda”, l’angoscia che proviene “da tale buio”, “il tempo impietoso” che “non concede tregua” e l’abisso che “alla fine ci attende” e non possiamo evitare. A questo proposito la Pedicini cita i versi conclusivi della seconda strofe del primo stasimo dell’Antigone di Sofocle.

Traduco qui l’intera strofe siccome prefigura alcuni contenuti e significati di questa raccolta.
L'uomo ha imparato a organizzarsi e a difendersi da tanti  nemici, sia interni sia esterni, ma non ha mai trovato  un rimedio risolutivo contro la morte .
“E la parola, e pari al vento il
pensiero, e a regolare gli istinti con le leggi
della città ha imparato, e a fuggire
degli inabitabili geli gli strali a cielo scoperto
e gli scrosci delle piogge terribili
con ogni risorsa; senza risorse per niente va
verso il futuro; da Ade soltanto
non potrà procurarsi lo scampo;
eppure da malattie immedicabili ha escogitato
vie di uscita" (Antigone, vv 353-364).

Dunque è dissennato mancare di rispetto alla vita, commenta Adriana,   in quanto è “l’unico bene che possiamo saggiamente amministrare, senza esserne peraltro possessori” (p. 8).
Viene in mente Epitteto che scrive: “ricorda che sei attore di un dramma (mevmnhso o{ti upokrith;ς ei\ dravmatoς ),  ma il regista è un altro, e il tuo compito è recitare bne (uJpokrivnasqai kalw'ς) il ruolo che ti è stato assegnato (to; doqe;n provswpon) [1].
L’individuo però è spesso fuorviato dalla tracotanza (u{briς) “in alcuni casi  correlata a una radice di male più profonda e lontana, frutto di una eredità di colpe che risalgono a un passato precedente la sua esistenza: la catena delle “maledizioni” risale allora alle origini remote della stirpe” (p. 8).
E’ quanto si legge, per esempio, nei Sette a Tebe di Eschilo  dove il protagonista Eteocle non è personalmente colpevole ma deve pagare per  "la trasgressione antica
dalla rapida pena
che rimane fino alla terza generazione:
quando Laio faceva violenza
ad Apollo che diceva tre volte,
negli oracoli Pitici dell'ombelico
del mondo, di salvare la città
morendo senza prole;
ma quello vinto dalla sua dissennatezza
generò il destino per sé,
Edipo parricida
 che osò seminare
il sacro solco della madre, dal quale nacque
radice insanguinata,
e fu la pazzia a unire
gli sposi dementi"(vv.742-757).

Quindi la Pedicini menziona  opportunamente un altro aspetto cruciale, decisivo di non poche tragedie: il tw'/ pavqei mavqoς, la comprensione attraverso il dolore “l’unico veicolo possibile della conoscenza” (p. 8).

 Il tw'/ pavqei mavqo~ dell’Agamennone (v. 177) di Eschilo  ritorna in altre forme e in altri autori, antichi e moderni
Faccio solo un esempio:   nell'Alcesti  di Euripide. Admeto, sentendo e soffrendo il peso della  solitudine dopo che ha chiesto alla giovane moglie il sacrificio della sua vita per salvare la propria, soffre la desolazione nella quale è rimasto e dice:"lupro;n diavxw bivoton: a[rti manqavnw", condurrò una vita penosa: ora comprendo (v.940). In seguito a questa resipiscenza, come si sa, gli verrà restituita la compagna dalla possa di Eracle.

Ora vediamo una poesia di Adriana, quella che spiega la scelta del titolo dell’intera raccolta

Panta rei (p. 83)
Un giorno trascina l’altro e sono tanti
inutile dividerli in ieri oggi domani.
Il fiume va sempre al mare
dal cielo sempre la stessa pioggia,
sempre uguale.
Passano nell’aere le nuvole del tempo.
Il nastro rosa celeste della vita
s’intreccia al nero viola della morte.
La memoria non contiene tutto
si ferma al particolare
e lo fa eterno.

Questi versi raccolgono in una sintesi densa e mirabile ciò che in questo mondo  si squaderna davanti ai nostri occhi mortali: il tempo, il cielo, il mare, la terra.
Leggendo questa e altre poesie del volume, si vedono davvero eternati alcuni aspetti  di questo nostro rapido esistere, notati con un’attenzione precisa, filologica, eppure  piena di meraviglia devota e commossa davanti al mistero di una natura che è piena di dèi e induce la persona sensibile a sentirsene parte vivente. 

Leggiamo anche la poesia Resurrexit (p. 39)
Ho camminato su sentieri innevati
dove l’aria profumava di fresco
e il passo morbido non ledeva
le genziane nate da poco.
Le zolle brune e i pascoli mansueti
occhieggiavano sulle bianche macchie
dove il ragno spandeva il suo calore.
Sottili dai boschi colavano
rivoli d’acqua e la cascata bucava
con vorace scroscio la roccia.
In rapido corteo le nuvole
giocavano a rincorrersi
dispettose l’azzurro nascondendo,
il vento rapendole al cielo
in lunghi veli le sfrangiava
di angeli dalle ampie ali.
Dalle piume
come da piccole canne
di organo nascosto
saliva la melodia
del Resurrexit.
E l’eco lontana
nell’azzurro errabonda
al cuore giungeva
a placare le onde inquiete
di mille domande.

Il passo che “non ledeva le genziane nate da poco”  ci dice il sacro rispetto davanti a questa natura creata dal più bravo degli artisti come afferma Platone nel Timeo[2].
Anche il ragno in questa opera d’arte ha la sua funzione positiva per la vita. Molto bella, plasticamente bella l’immagine della cascata che “bucava con vorace scroscio la roccia”. Le nuvole dispettose che nascondono l’azzurro fanno pensare a ragazzine capricciose, e le ampie ali degli angeli dalle piume sonore evocano il canto delle Moire sull’armonia delle sirene nel mito di Er dell’ultimo libro della Repubblica di Platone. Questa poesia mostra che tutta la natura è imparentata con se stessa[3], tutto scorre e interferisce insieme, e tale visione placa “le onde inquiete” del cuore.


giovanni ghiselli  





[1] Egceirivdion 17
[2] Dove si legge che Dio, creatore di un cosmo bellissimo,  è il migliore degli autori. Se il cosmo è bello (eij me;n dh;  kalovς ejstin o{de oJ kovsmoς) l’artefice è buono (o Jdhmiourgo;ς ajgaqovς).  Il demiurgo,  (a[ristoς tw̃n aijtivwn), ha guardato al modello eterno (pro;ς to; ajivdion e[blepen). Sicché il cosmo è la più bella tra le cose nate (kavllistoς tw̃n gegonovtwn 29a).
[3] Cfr. Platone,  Menone,  82d th'" fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh" ,)

lunedì 19 dicembre 2016

Twitter, CCLXV. La ragazzina immigrata di Udine svenuta a scuola per denutrizione. Il meglio dell’umanità

la ministra Fedeli
La ragazzina immigrata di Udine svenuta a scuola per denutrizione: i 442689 meglio dell’umanità.


La ministra dell’istruzione senza laurea e senza maturità non è peggiore dei tromboni dagli strafalcioni sesquipedali che ho denunciato in puntate precedenti.

Quando decade la cultura e si imbarbariscono i costumi, emergono i tiranni. Gentiloni non è rozzo ma ha dovuto tenere con sé alcuni barbari. Infatti ha sopra di sé una sovrintendenza becera.

Bisognerebbe cominciare a bandire dal parlamento gli schiamazzi, le volgarità di questi falsi delegati dal popolo che deturpano la democrazia.

Non mi disturba troppo la ministra della scuola e dell'Università non laureata: ho visto miriadi di cretini e ignoranti laureati, magari pure con la lode.

Migliore la ministra non laureata della callipigia che non ascolta: la persona per bene presta attenzione siccome sa che ha molto da imparare: semper homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa tirocinio per tutta la vita, ha scritto Marziale (12, 51, 2).

Alcuni laureati come Augias e Scalfari fanno errori indegni di studenti ginnasiali, altri si limitano a masticare radici come le talpe o luoghi comuni senza alcun criterio.
Certi non laureati invece, sono pure capaci magari di scendere in strada a danzare la pirrica o anche a tamburellare ditirambi.

Da te ministra-sindacalista non laureata voglio non micrologica ciancia ma parole reali verba quae mox in rem transferantur. Se vuoi, traduco.

L'ignorante non laureato non è spregevole come il laureato ignorante. Il più spregevole è l'ignorante che si spaccia, o viene spacciato, come uomo di cultura.

Voglio trasformare un ciarpame di polverosa erudizione, accumulata per decenni, in suggerimenti di pensiero, di cultura e di vita, funzionali a migliorare e potenziare le azioni dei tanti che mi leggono in varie parti del mondo.

Odiatore come sono dei fuchi, dei calamistri e di ogni altro elemento ascitizio sbandierato dalle saputelle callipigie laureate, e dai tromboni che pontificano nelle televisioni o sui giornali, apprezzo la modestia della ministra non laureata quando dice che ha tutto da imparare osservando e ascoltando.

Del resto Valeria Fedeli senza laurea né maturità è la ministra perfettamente emblematica dello stato dell'istruzione e della "buona scuola" italiana. Per questo e per la sua trasandatezza, per la sua chioma da menade mi sta simpatica.

L'abitudine a pensare rende intelligente e bello anche il volto. Ma le callipigie governative puntano su un'altra loro parte, meno inespressiva.

Vincerà le elezioni chi sarà capace di parlare con parole semplici, plastiche come immagini artistiche, non mettendo in mostra facce riformate, spesso deformate dai ferri, enfatizzate dalle iniezioni. Non hanno capito che l’unica vera cosmesi è la ginnastica.

La Raggi è molto bellina ma è anche un tipo parecchio dannoso, soprattutto per il suo partito. Sebbene mi piacesse assai per l’aspetto, avevo suggerito che non era adatta a fare la sindaca di Roma in un blog precedente la sua elezione.

Le lacrime della Serracchiani ricordano quelle della Fornero. Il pianto del coccodrillo non c’entra: i coccodrilli sono bestie, animali neanche mammiferi; queste si atteggiano a donne intelligenti e capaci.

Esultare per le donne o per i maschi al governo è razzismo di genere. Le donne, al pari degli uomini, possono essere pessime o, pure, ottime, come Tina Anselmi per esempio. Delle pessime e dei pessimi non c’è bisogno di suggerire esempi. Sarebbero troppi.

La Raggi ha fatto come gli atleti che iniziano bene l'agone e lo finiscono male, con gli orecchi sulle spalle. Bellina, bellina e fine comunque!

Suggerisco agli orrendi genitori obesi, diseducatori di orribili bambini obesi che si riempiono 4 piatti per volta, due bicchieroni di Coca Cola a pasto e mangiano 5 volte al giorno, si ingozzano, poi buttano via il cibo arrivato a nausearli, suggerisco dunque di pensare alla ragazzina delle scuole medie di Udine che è svenuta in classe poiché non mangiava da due giorni tutti interi, non ha il riscaldamento e deve lavarsi con l’acqua fredda. Ci pensino e si vergognino quanti sprecano di tutto: il peggio dell’umanità.  

Tra animalisti e omofili tra un po' sarà considerata empietà l'uccisione della zanzara (culex) che ci punge.

Arriveranno quelli delle quote azzurre o miste. Ma i problemi reali sono pace-guerra, assistenza medica, scuola, cultura, educazione, parresia.

Il 15 dicembre, dalle 18 alle 20, presenterò la Repubblica di Platone nella Mediateca di San Lazzaro Si venietis nudum videbitis me omnia dantem, nihil habentem.

Mi piacciono gli occhi, il naso e i capelli della Raggi: ha qualche cosa di mitologicamente ornitologico. E' come se Virginia fosse nata da un connubio tra una dea e un uccello. Lo pensava il piccolo Marcel della duchessa di Guermantes.

Per me la donna dell'anno è la ragazzina di Udine svenuta per denutrizione. Non certo la Bonino che approvava i bombardamenti sugli iracheni.

Con Paolo Prodi abbiamo perso la presenza di un uomo colto, intelligente e buono. Lo pensiamo io e i miei amici


giovanni ghiselli, detto gianni il poverello di Pesaro che non manca di aiutare chi è ancora più povero di cose necessarie e di cultura.
notizie sul mio blog aggiornato a oggi 19 dicembre 2016
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Letture di oggi
Stati Uniti
310
Italia
88
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9
Cina
5
Ucraina
4
India
3
Russia
2
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2
Brasile
1
Algeria
1

giovedì 15 dicembre 2016

Twitter, CCLXIV

l'Italia
(e la Germania), di Friedrich Overbeck
Governanti piccoli piccoli, giornalisti presunti grandi e colti.
Rimangono saldi, grandi e luminosi l’amore per l’educazione e quello delle donne.

In temini platonici: Gentiloni è il visibile (oratòn), Renzi l'intelligibile (noetòn) che gli dà sostanza e visibilità. Devo però riconoscere che Gentiloni è più educato e cortese dei suoi beceri mandanti. La Boschi del resto si è messa lì vicino, in posizione di controllo perché la buona educazione non prevalga.

Ancora dalla Repubblica di Platone: “cogliere l'essere spogliandosi del divenire”. Una bella frase da usare nel corteggiamento delle femmine umane benedette da Dio: "spogliati del divenire poiché voglio il tuo essere".

Per la scuola e la paideia ora sono tranquillo: nel governo c'è Galletti, uomo di cultura e raffinato intellettuale. Basta guardarlo e sentirlo parlare. Osservatelo bene com'è. Intendo Gianluca Galletti.
 Fa parte del catalogo.
“Un catalogo egli è che ho fatt’io;
osservate, leggete con me”

Non bisogna dire troppo male del governo: tra i ministri non ce n'è uno, nemmeno uno dico, pescato a fare il tagliaborse. Vi pare poco?

Dire "Patria" è da biechi maschilisti, io da donnaiolo, adoratore delle femmine umane, dico "Matria", anzi, se posso, non solo dico ma faccio Matria comportandomi da matriota.

Dopo il fantasioso Corrado Augias[1], sentiamo l’ipercultura del padre di tutti i giornalisti, Eugenio Scalfari: "Roma conquistò la Grecia e ne assorbì la cultura e perfino la lingua dalla quale il latino discende" (“l’Espresso+ la Repubblica”, 11 dicembre 2016, p. 130). Bravo davvero! Altro che la Repubblica di Platone quella fondata da lui!

Voglio denunciare non tanto certe persone quanto il disastro e il vuoto culturale che asfissia la gioventù italiana priva di bravi maestri



giovanni ghiselli, gianni il poverello di Pesaro, molto contento di sé e capace non solo di motteggiare ma anche di commiserare i miserabili che affamano il popolo di cultura, di amore, di giustizia, di buona scuola, di cure, e oramai anche di cibo.

 il blog è arrivato a 440720 in 1411 giorni alla media di 312 al giorno
Questi sono i primi dieci paesi
Stati Uniti
237629
Italia
170724
Russia
6626
Germania
3464
Regno Unito
2264
Ucraina
2019
Cina
1908
Francia
1852
Portogallo
849
Spagna
513





[1] Copio dal blog precedente: Corrado Augias, spesso presente nella televisione governativa, scrive: "Siamo nel 9. d.C. L'imperatore Tiberio affida la repressione al generale Quintilio Varo". Questa esibizione di ignoranza, per lo meno dell'età di Augusto, si trova in “il venerdì di Repubblica” del 9 dicembre 2016 (p. 111). Fu Augusto (morto nel 14 d. C.) a inviare Varo in Germania dove Arminio, principe dei Cherusci, nel 9 d. C. guidò una rivolta. Varo venne sconfitto e ucciso nella selva di Teutoburgo, il suo esercito fatto a pezzi tribus legionibus cum duce legatisque et auxiliis omnibus caesis. L’imperatore (Augusto ripeto, non Tiberio che gli succedette nel 14) ne rimase tanto costernato che per diversi mesi successivi si lasciò crescere la barba e i capelli, e talora batteva la testa contro le porte “vociferans: Quintili Vare, legiones redde!” (Svetonio, Augusti Vita, 23). Augias, rendi giustizia alla storia! Benedetto Croce ricorda “le contorsioni e le gonfiature dei suoi[1] letterati e storici celebranti Arminio, e Alarico e gli Ottoni e Barbarossa”. Più avanti (capitolo nono) Croce ricorda che quel paese, la Germania, “non aveva omesso di erigere un gran monumento ad Arminio nella selva Teutoburga”.

lunedì 12 dicembre 2016

Twitter, CCLXIII. L’ignoranza di troppi politici e l’incuria di certi scarabocchiatori cartacei e pure conduttori di programmi televisivi

la battaglia di Teutoburgo
L’ignoranza di troppi politici e l’incuria di certi scarabocchiatori cartacei e pure conduttori di programmi televisivi.

I servi adulatori dei potenti, cominciando da quelli che passano al codardo oltraggio dei loro padroni decaduti, non devono più avere la sfrontatezza di pronunciare la parola “IO”.

Prego Sergio Mattarella di non affidare incarichi ad alcun ministro di quella sinistra congerie che abbiamo visto fallire con danno dei più. Uomini e donne come quelli dello scorso governo possono tornare a fare i ministri solo ironicamente, ossia per dare conferma della loro incapacità.

I politici più stolti e ignoranti credono che Marchionne il dio delle macchine, sia anche il deus ex machina che risolve trame aggrovigliate nelle tragedie greche.

I miei 312 lettori al giorno da 1408 giorni costituiscono per me una prospettiva lavorativa, culturale e morale sicura.

Corrado Augias, uno di quelli del Sì, spesso presente nella televisione governativa, scrive: "Siamo nel 9. d.C. L'imperatore Tiberio affida la repressione al generale Quintilio Varo". Questa esibizione di ignoranza, per lo meno dell'età di Augusto, si trova in “il venerdì di Repubblica” del 9 dicembre 2016 (p. 111). Fu Augusto (morto nel 14 d. C.) a inviare Varo in Germania dove Arminio, principe dei Cherusci, nel 9 d. C. guidò una rivolta. Varo venne sconfitto e ucciso nella selva di Teutoburgo, il suo esercito fatto a pezzi tribus legionibus cum duce legatisque et auxiliis omnibus caesis. L’imperatore (Augusto ripeto, non Tiberio che gli succedette nel 14) ne rimase tanto costernato che per diversi mesi successivi si lasciò crescere la barba e i capelli, e talora batteva la testa contro le porte “vociferans: Quintili Vare, legiones redde!” (Svetonio, Augusti Vita, 23). Augias, rendi giustizia alla storia!
Benedetto Croce ricorda “le contorsioni e le gonfiature dei suoi[1] letterati e storici celebranti Arminio, e Alarico e gli Ottoni e Barbarossa”[2]Più avanti (capitolo nono) Croce ricorda che quel paese, la Germania, “non aveva omesso di erigere un gran monumento ad Arminio nella selva Teutoburga”.  
Un mio ex allievo che ora insegna greco latino mi ha scritto su Augias: "è incredibile, e non è nemmeno uno dei peggiori!". E' vero, c'è di peggio, di molto  peggio. Una volta Mirabella disse in televisione. "dum docunt (sic!) discunt". Per tali strafalcioni vengono pagati certamente molte volte più di un operaio, di una commessa, probabilmente anche più di un ingegnere, di un avvocato, di un medico.

Intanto si sta preparando un governo fantoccio

Al Re Travicello
Piovuto ai ranocchi,
Mi levo il cappello
E piego i ginocchi;
Lo predico anch’io
Cascato da Dio:
Oh comodo, oh bello
Un Re Travicello!


giovanni ghiselli





[1] Scilicet del popolo tedesco.
[2] Storia d’Europa nel secolo decimonono (capitolo ottavo che racconta “L’unificazione della potenza germanica e il cangiamento dello spirito pubblico europeo (1870)”)  

venerdì 9 dicembre 2016

Twitter, CCXLXII. Il dopo referendum

Il dopo referendum, 7 dicembre 2016.
Matteo Renzi, i suoi servi inverecondamente passati dall’altra parte, Bersani e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci


IO non ho quasi mai sciupato il tempo e il tempo non mi ha sciupato troppo

GIOISCO PER LA BELLA VITTORIA DEL NO AUSPICATA DA SEMPRE. COMUNQUE RENDO L'ONORE DELLE ARMI AL NEMICO VINTO. CREDO INFATTI NELL'AGONISMO CAVALLERESCO

I Soloni tipo Zucconi oggi dicono che Renzi ha perso la testa acciecato dall'Ate, Fino a ieri lo approvavano in tutto. Davvero bravi costoro!

Molti tra quanti plaudivano a Renzi, vincitore presunto dalla loro idiozia politica, ora ne dicono male. Io lo facevo prima, ora lo rispetto

Questi sostenitori di Renzi divenuti suoi denigratori  incarnano la viltà e rappresentano il comico hegeliano: il soggettivo che non si rende conto delle proprie contraddizioni. Notate come si sentono a proprio agio nei loro spudorati encomi e altrettanto sfacciati oltraggi i vili e volgari mimi passati dal panegirico all'anatema di Renzi.

ll comico nasce dalla constatazione della sfacciataggine e dell'imbecillità invereconda di questi servi fissi del potere, qualunque esso sia. Del resto costoro devono mangiare. Allora "tuona la gola, strepita la mascella, rumoreggia il molare, stride il canino, fischiano le narici" (Epicarpo siracusano, Busiride).

Il dolore di Renzi suscita il mio rispetto, mentre la viltà dei maramaldi attori di una ilarotragedia, mi fa ridere e mi fa pure ribrezzo. In costoro non c'è mai nessun pensiero per i giovani senza lavoro, per i poveri senza istruzione, cure, agi di vita. Pensano solo a mantenere i loro privilegi.

Da bambino stavo per i Troiani e per i Pellerossa. Sono sempre stato dalla parte dei perdenti. Ora Renzi mi sta quasi simpatico.
Non scoraggiarti ragazzo!

Dato l'esito delle elezioni, dobbiamo riconoscere al governo se non altro il merito di non essere ricorso a uno "scaltro" scrutinio.

Se vuoi tornare, Renzi devi ribattezzarti nell’acqua pulita dell'umiltà, della cultura, dell'attenzione ai poveri, del parlare dialettico. Basta con le fanfaronate dunque e basta con i fanfaroni della tuo seguito. Prima di assimilarti a loro non eri così. Avevamo sperato. Alle primarie avevo votato per te. Poi mi hai disgustato, Ti esorto a una sana resipiscenza. Lo scrivo per te, a me non ne viene niente.

Nel riconoscere i meriti di una persona che ho criticato anche duramente in varie occasioni  e che ora è tra i perdenti, approvo di cuore il sindaco  Matteo Ricci che ha aiutato una signora pesarese la cui unica casa veniva messa all’asta per debiti. In questo, Ricci, sei stato bravo e davvero primo cittadino di Pesaro!
Bersani ieri sera ha detto bene alcune cose, non bene altre come "le privatizzazioni" e "io sono un liberale". Ma come? Non viene dal PCI? Io ero e resto almeno socialista e non ti seguo nel privatizzare e nell’essere un liberale. Libero invece sì, eccome!


8 dicembre
"attraverso la sofferenza la comprensione" (Eschilo Agamennone, 177) Renzi non ha capito: o non ha sofferto abbastanza, o è irrecuperabile


giovanni ghiselli detto gianni il poverello di Pesaro emigrato a Bologna tanti anni fa.


p. s.
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Queste le letture della settimana
Stati Uniti 2546
Italia 612
Russia 335
Cina 55
Ucraina 22
Francia 11
Finlandia 9
India 9
Regno Unito 8
Spagna 7

martedì 6 dicembre 2016

Filosofia e Poesia. Lezioni in Mediateca VI



Ma torniamo a “tutto è pieno di dèi”.
Politeismo e monoteismo. Il monoteismo non ammette gli dèi in terra né gli eroi.
Il monoteismo è incompatibile con la democrazia (Alfieri[1], Cacciari).
“Il monoteismo non solo discaccia gli dei dal mondo, ma fa sparire completamente gli eroi: se non vi sono dei, meno che mai vi saranno semidei e soprattutto nessun uomo può essere trattato o venerato al pai di un dio. Gli uomini, tutti, sono “servi del signore”, e se differiscono tra loro, differiscono in forza dei diversi servizi loro assegnati,,,Il monoteismo nell’abbattere gli idoli rovescia anche tutte le gerarchie della terra e riscatta gli uomini da ogni soggezione, li emancipa da ogni potenza che non sia Dio”[2].
Il dramma è che di monoteismo non ce n’è uno solo, e questo ha dato luogo a “una storia sanguinaria. Nei suoi effetti, alla fine, il monoteismo si è rivelato più distruttivo e intollerante del politeismo ”[3].

Il culto più diffuso oggi in Italia però è quello del denaro. Tutto è pieno di merci che “bisogna” comprare.
Sviluppo senza progresso:" E' in corso nel nostro paese…una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani"[4].

Oggi non abbiamo più dèi né Dio ma idoli che derivano dalla morte di Dio. Oggi vige l’idolatria del denaro “Non è un dio nuovo se un’antica sentenza di Publio Sirio[5] dice: “pecuniae unum regĭmen est rerum omnium”, governo unico di tutte le cose. Ma il denaro oggi è certamente divenuto il Dio egemone”[6].
E più avanti: “Al motto - pare del comico Cecilio - homo homini deus, Hobbes[7] preferì quello, a suo parere più realista di Plauto homo homini lupus…E ’ giunto il momento che ogni uomo cominci a trattare tutto quello che esiste, preso nella sua singolarità, come Dio. Ogni cosa è infatti divina nella sua unicità e va rispettata e custodita per quel che è, così come è nella sua irrepetibilità… Dio è questa pianta, questo fiore, quest’uomo… E’ questo, infine, il modo più adeguato per interpretare l’antica sentenza di Talete - tutto è pieno di dei - … sentire divine le cose nient’altro significa se non accostarle con rispetto, venerarle; quest’atteggiamento coincide con la pietas degli antichi e nel presente la prosegue... la pietà soprattutto venera. Il termine greco per pietà è appunto eujsevbeia dal verbo sevbomai che vuol dire mi ritraggo, non entro in territorio sacro… La pietà, infatti, non invade mai lo spazio dell’altro, né si lascia invadere. Muove incontro se si sente chiamata, e poi è tutt’altro che triste, gioisce della felicità dell’altro… Nel mondo contemporaneo sono all’opera potenze antidivine che impediscono di riconoscere il divino. Sono gli idoli che illudono, deludono, deviano. ”[8].

  Cecilio Stazio è un commediografo dell’età di Plauto ma più vicino a Menandro e Terenzio. La sua massima homo homini deus, si suum officium sciat sembra una risposta al lupus est homo homini dell’Asinaria (v. 495) di Plauto. Anticipa quel manifesto dell’humanitas che è il v. 77 dell’Heautontimorumenos di Terenzio:  homo sum:  humani nil a me alienum puto. Una riflessione che deriva dalla curiosità e dalla premura di un essere umano per il prossimo. Cfr. Sofocle Antigone, Edipo a Colono; Virgilio la pietas di Didone e l’antipietas di Enea.  Cfr. anche quel cretino di Renzi-

Curiosità e meraviglia sono stimoli necessari alla volontà di conoscenza e di cultura in generale.

Nell’Odissea il protagonista e i suoi compagni guardano con meraviglia mentre si aggiravano nell’isola del Ciclope mentre vi si aggirano: “nh'son qaumavzonte~ ejdineovmeqa kat j aujthvn”  (IX, 153).

La meraviglia spesso si associa alla curiosità.

Curiosità e meraviglia caratterizzano l’uomo poluvtropo~, versatile[9]  versutus  (Odissea, e Odusia,  I, 1) che è Odisseo, il prototipo dell’uomo occidentale intelligente e prudente: capace di capire e di prevedere. 

Odisseo è uomo tanto avido di conoscere da rischiare la vita più volte per soddisfare questa brama. Infatti le Sirene per attirarlo gli dicono che chi si ferma da loro riparte pieno di gioia e conoscendo più cose ("kai; pleivona eijdwv"", XII, 188).

Cicerone rileva questo aspetto del canto delle Sirene.
Nel De finibus bonorum et malorum[10] l’autore premette che è innato in noi l’amore della conoscenza e del sapere, e tanto grande che la natura umana vi è trascinata senza l’attrattiva di alcun profitto. Questo si vede dall’episodio odissiaco delle Sirene le quali attiravano i naviganti non per la dolcezza della voce o la novità dei canti “sed quia multa se scire profitebantur” (V, 18), ma poiché dichiaravano di sapere molte cose. Quindi l’Arpinate traduce i vv. 184-191 del XII canto dell’Odissea, e conclude: “Vidit Homerus probari fabulam non posse, si cantiunculis tantus irretitus vir teneretur, scientiam pollicentur, quam non erat mirum sapientiae cupǐdo patriā esse cariorem. Atque omnia quidem scire, cuiuscumque modi sint, cupere curiosorum”, Omero si accorse che il mito non poteva essere approvato se un uomo di quella levatura fosse stato trattenuto irretito da canzoncine, il sapere promettono, e non era strano che a uno bramoso di sapienza fosse più caro della patria. E certamente la brama di sapere tutto, di qualunque genere sia, è proprio delle persone curiose. 
Un vero amore per la sapienza spinge Odisseo che sarà un modello per tanti fivloi sofiva~.

Curiosità e meraviglia.
“La curiosità non è la meraviglia, ma ne è la stretta compagna, perché chi si meraviglia è colto da stupore e perciò indotto alla curiosità e all’interrogazione”[11].

Ulisse  dunque è anche un uomo curioso.
Apuleio  ne fa  una prefigurazione del suo Lucio, il protagonista delle Metamorfosi il quale nel mezzo delle tribolazioni asinine, pensa:" Nec ullum uspiam cruciabilis vitae solacium aderat, nisi quod ingenita mihi curiositate recreabar... Nec immerito priscae poeticae divinus auctor apud Graios summae prudentiae virum monstrare cupiens multarum civitatium obitu et variorum populorum cognitu summas adeptum virtutes cecinit " (IX, 13), né vi era da qualche parte alcun conforto di quella vita tribolata se non il fatto che mi sollevavo con la mia innata curiosità...e non a torto quel divino creatore dell'antica poesia dei Greci volendo raffigurare un uomo di somma saggezza, narrò che egli raggiunse i sommi valori visitando molte città e conoscendo popoli diversi.
Il desiderio di conoscere, l’amore della sapienza di fatto nasce anche dalla curiosità.
L’Odisseo di Omero è un personaggio fondante rispetto alla curiosità e all’amore del sapere, cioè alla filosofia.
Certo, la curiosità buona deve conseguire dei risultati, come quella di Odisseo e quella di Lucio.
“La curiosità invita a percorrere il mondo, ma la curiosità diventa dabbenaggine, perdita di tempo e accidia se non si realizza in una conquista di risultato.
Si può apprendere tutto a partire dal fatto che si sappia fare bene una cosa sola, altrimenti la curiosità diventa peregrinazione superficiale”[12].


CONTINUA



[1] Nel trattato Della tirannide (del 1777) Alfieri distingue la religione cristiana dalla pagana rilevando l’incompatibilità della prima con la libertà: “La religion pagana, col suo moltiplicare sterminatamente gli dèi, e col fare del cielo quasi una repubblica, e sottomettere Giove stesso alle leggi del fato[1], e ad altri usi e privilegi della corte celeste, dovea essere, e fu infatti, assai favorevole al vivere libero…La cristiana religione, che è quella di quasi tutta la Europa, non è per se stessa favorevole al viver libero: ma la cattolica religione riesce incompatibile quasi col viver libero…Ed in fatti, nella pagana antichità, i Giovi, gli Apollini, le Sibille, gli Oracoli, a gara tutti comandavano ai diversi popoli e l’amor della patria e la libertà. Ma la religion cristiana, nata in popolo non libero, non guerriero, non illuminato e già intieramente soggiogato dai sacerdoti, non comanda se non la cieca obbedienza; non nomina né pure mai la libertà; ed il tiranno (o sacerdote o laico sia egli) interamente assimila a Dio” (I, 8).
[2] Natoli, Parole della filosofia, p. 167.
[3] Natoli, op. cit., p. 167.
[4] Scritti corsari, p. 286.
[5] Publilio Sirio, mimografo dell’età di Cesare. Vi recitavano anche le donne ndr.
[6] Natoli, Op. cit. , p. 172
[7] Filosofio inglese del Seicento, teorico dell’assolutismo  (Leviathan). Ndr.
[8]Natoli,  Op. cit., p. 173.
[9] Livio Andronico (III a. C.) traduce l’aggettivo greco con versutus (Odusia  fr. 1 Morel) .
[10] Del 45 a. C. E’ un dialogo in cinque libri, dedicato a Bruto, sul problema del sommo bene e del sommo male.
[11] S. Natoli, Op. cit., p. 12
[12] Natoli, Op. cit., p. 50.