mercoledì 2 marzo 2016

Introduzione alla tragedia greca: Eschilo. Parte VII

Gustav Klimt, Pallade Atena

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All’inizio del Terzo Episodio (vv. 566-777) si apre il processo davanti ai giudici dell’Areopago.
Imputato è il matricida, Apollo il difensore, le Erinni accusatrici. Atena presiede il tribunale da lei stessa istituito.  Un presidente non imparziale a dire il vero.
Febo, dopo avere affermato che ha già purificato Oreste (v.578),  si prende la responsabilità del matricidio (v.580).

La divinità delfica è interpretata in maniera molto diversa da Euripide che la rappresenta capace di abbandonare non solo i suoi protetti, ma anche il figlio Ione  avuto da Creusa, come vedremo.

Atena dà la parola all'accusa per prima. Le Erinni procedono facendo domande all'imputato il quale non nega di avere ammazzato la madre (v.588); anzi afferma di averle tagliato la gola (v.592). Così rivendica dignità al suo delitto, come abbiamo notato in Prometeo, e anzi cerca di santificarlo indicando Apollo quale mandante e testimone (v. 594).
“Abbastanza spesso il delinquente non è all’altezza della sua azione: egli la minimizza e la calunnia”[1].

Proust pensando a Edipo e Oreste considerò l’uccisione dei genitori un delitto di dignità mitologica, e in qualche modo accettò questa difesa del matricida: “Furono i tragici Greci e Dostoevkij[2] a fargli intendere la grande infelicità del peccatore, la sua immensa solitudine. In un passo che non si trova nelle sue opere, perché soppresso, in quanto i contemporanei temettero di leggervi l’apologia del matricidio, Proust ricordava che nessun altare fu considerato dagli antichi più sacro, circondato da più profonda venerazione e superstizione quanto le tombe d’Edipo a Colono e di Oreste a Sparta”[3].

L'Oreste di Eschilo dunque afferma che Clitennestra  meritava la morte:"infatti portava le macchie di due delitti pestiferi"(Eumenidi, v. 600). Ammazzò il marito e il padre dei suoi figli.
Ma le Erinni non cedono ancora. La corifèa sostiene di nuovo che Clitennestra, uccidendo il marito, non era poi tanto colpevole:"non era consanguinea (o{maimo~) dell'uomo che uccise"(v.605).
Oreste, in difficoltà, chiede l'aiuto di Febo il quale, dopo essersi proclamato profeta di Zeus, nega, senza esitare, l’equivalenza  dell'uccisione di Clitennestra e di quella  del “nobile eroe onorato di scettro concesso da Zeus"(vv. 625-626), tanto più per il fatto che il re venne ammazzato a tradimento, quando, appena tornato dalla guerra (v.631), la moglie prima lo accolse con volto lieto (v. 632) poi gli preparò il bagno nella vasca (v. 633), quindi gli gettò adosso un mantello grande come una tenda (v.634), e infine,
"dopo averlo inceppato con un bel peplo inestricabile, lo colpisce (kovptei[4]), vv. 634-635.

La Corifèa a questo punto fa un'obiezione che sembra un gioco sofistico[5]: se Zeus si prende tanta cura della sorte dei padri, come mai "egli stesso mise in ceppi il vecchio padre Crono?"(v. 641). Una obiezione che viene ripresa nelle Nuvole di Aristofane dal discorso ingiusto (vv.904-905)
Il riferimento è alla lotta tra la terza generazione divina e la seconda, uno scontro che si risolse con il trionfo degli dèi olimpi e del cosmo sul caos.
 Apollo quindi replica con una difesa della vita, seppure non di quella di Clitennestra: un incatenato può essere sciolto ma: "una volta che la polvere (kovni~[6]) abbia succhiato il sangue di un uomo ucciso, non c'è nessuna resurrezione"(vv. 647-648)[7].

Una nobile difesa della vita umana come si vede, oltretutto in accordo con quanto afferma il Coro formato dagli anziani di Argo  nell'Agamennone[8], un'apologia anche efficace, ma unilaterale, in quanto non tiene conto della vita di Clitennestra.
A lei pensano le Erinni che rinfacciano il matricidio a Oreste e al suo difensore:"dopo avere versato nel suolo il sangue della madre che scorre anche in lui, abiterà poi in Argo nella casa del padre?"(vv. 653-654).
A questa domanda Apollo risponde con una affermazione di patriarcato e di antifemminismo estremo. Vale la pena riferirla per quanto è fuori moda adesso:"La cosiddetta madre non è la generatrice del figlio (tevknou tokeuv~ ), ma la nutrice (trofov~) del feto appena seminato: genera (tivktei) il maschio che la monta; colei  come un ospite con un ospite salva il germe (e[rno~), per quelli ai quali gli dèi non l’abbia distrutto"(vv. 658-661).

 Nell’Oreste di Euripide, il protagonista, per scagionarsi,  utilizza il medesimo argomento della generazione patrilinea.
Infatti dice a Tindaro che lo ha accusato di spietatezza, poiché non si è fermato nemmeno davanti al seno della madre: “path;r me;n ejfuvteusen me, sh; d j e[tikte pai'~,-to; spevrm j a[roura paralabou's j a[llou pavra:-aneu de; patro;~ tevknon oujk ei[h pot j a[n” (vv. 552-554), il padre mi ha generato, tua figlia mi partoriva,/un campo ha preso il seme da un altro:-senza il padre non ci sarebbe mai un figlio.
Ma il coro di donne argive nell’epodo del secondo stasimo ribatte che non c’è sulla terra malattia, lacrime, pena più grande che versare con la propria mano a terra il sangue della madre ammazzata (vv. 832-833)
Sono  esempi di logica doppia, aperta al contrasto.
 L’autore di Il pensiero storico classico riconosce alla cultura dei Greci una maggiore disponibilità a considerare e accettare punti di vista diversi tra loro   :"La nostra logica è rettilinea, astratta: quella dei Greci è sempre aperta al contrasto. Nell'Oresteia  di Eschilo Divka Divkai (xymbaleî  ) "Dika si scontrerà con Dika"[9]: ci possono essere due Dikai, due Giustizie nel caso dell'Oresteia , quella "matriarcale" di Clitennestra ( e delle Erinni, a cui il ghénos di Eschilo non può sacrificare) contro quella "patrilinea" di Oreste (e di Apollo, il dio degli Alcmeonidi legati al ghénos  Eupatrida di Eschilo). Così in Erodoto: c'è la "tirannide" dei Greci nemica di Dike; ma c'è anche la "tirannide" di Deioce per cui i Medi hanno kòsmos  ed eunomìa , e la "tirannide" di Ciro, dalla quale i Persiani ricevono "libertà", eleutherìa "[10].
Questa logica aperta al contrasto diviene metodica già con i  Dissoì lògoi [11]  i “Discorsi in contrasto”, presenti pure nelle Antilogie perdute di Protagora[12] il quale "fu il primo a sostenere che intorno ad ogni argomento ci sono due asserzioni contrapposte tra loro" come ricorda Diogene Laerzio (9, 51).

Le lezioni dei sofisti “erano particolarmente adatte a esercitare la riflessione, la capacità di osservazione e l’attitudine all’analisi, ossia a sviluppare quella libera vivacità di spirito che è ancora oggi il fine dell’istruzione. I sofisti insegnavano a parlare pro e contro ogni causa, mostrando che solo la chiara intelligenza delle ragioni favorevoli e contrarie assicurava la massima libertà di decisione contro le pretese di un sentimento immediato e inconsapevole. E’ quel che distingue anche oggi la persona colta da quella incolta, la capacità di non rimanere in balìa delle impressioni e di momentanei impulsi arbitrari, bensì di acquistare padronanza di sé e dei propri affari grazie a un’intelligenza lucida e a un esame spregiudicato delle cose”[13].

La madre non è indispensabile continua Febo: "ne è qui testimone la figlia di Zeus Olimpio, la quale non venne nutrita nelle tenebre di un utero, ma è come un virgulto (e[rno~[14]) che nessuna dea avrebbe potuto partorire"( Eumenidi, vv.664-666).
In questi tre versi si vede la paura dell'uomo per l'oscurità della donna che è poi la zona oscura di se stesso, la propria parte femminile, l’anima di Jung, una parte con la quale invece hanno un buon rapporto gli uomini che amano le donne e, siccome ne sono stati contraccambiati, amano anche se stessi.

Anche Dioniso nacque senza madre. La storia è raccontata nelle Baccanti  (vv. 519-527)[15].
In the third play, The Eumenides, the winner of the battle of the sexes-in Athens and amongs the gods-is decided. From a feminist perspective, it is ironic that this play dramatises the so called beginning of democracy[16], nel terzo dramma, Eumenidi, chi vince la battaglia dei sessi, ad Atene e tra gli dei è deciso. Da una prospettiva femminista, è ironico che quest’opera drammatizzi il cosiddetto principio della democrazia.
Voglio citare, in contrapposizione all’ antifemminismo di Eschilo, qualche riga dell'Ulisse  di Joyce che elogia l’amore della madre:" Se non fosse stato per lei la maratona del mondo lo avrebbe schiacciato sotto i piedi, spiaccicata lumaca senza vertebre. Lei aveva amato quel debole sangue acquoso trasfuso dal proprio…Amor matris , genitivo soggettivo e oggettivo, questa è forse l'unica cosa vera nella vita. La paternità forse è una finzione legale. Chi è il padre di un qualsiasi figlio perché qualsiasi figlio debba amarlo o viceversa (...) Il figlio nascituro guasta la bellezza: nato, porta dolore, separa l'affetto, accresce le preoccupazioni. E' un maschio: la sua crescita è il declinare del padre, la sua giovinezza l'invidia del padre, il suo amico il nemico del padre (...) Che cosa mai li congiunge in natura? Un istante di cieca foia"[17].
Seguono questa linea confutatoria del patriarcato Dacia Maraini e Oriana Fallaci le quali, giustamente, rifiutano questo declassamento del loro ventre a “contenitore”: “La madre non è più all’origine della vita, ma è solo un contenitore di vite altrui. E’ il padre che concepisce, che dà il soffio dell’energia vitale…D’altronde la Bibbia non racconta qualcosa di simile? Non stabilisce che è la donna che nasce dal corpo dell’uomo?”[18].
 “Cosa credi che sia: un contenitore, un barattolo dove si mette un oggetto da custodire? Sono una donna, perdio, sono una persona….Ti faccio una concessione: ingrasso, ti regalo il mio corpo. Ma la mia mente no… Poveretto. Non è colpa sua, hanno raccontato anche a lui che Dio è un vecchio con la barba bianca, che Maria era un’incubatrice, che senza Giuseppe non avrebbe trovato nemmeno una stalla, che ad accendere il fuoco fu Prometeo”[19].
Many feminist critics and historians have analysed The Oresteia as a text central to the formalisation of misogyny ….The Oresteia enacts ‘the battle of the sexes’, using Athenian cultural and political codes to prescribe that women must lose the battle”[20], molti critici femministi hanno analizzato l’Orestea come un testo fondamentale per la formalizzazione della misoginia….L’Orestea mette in scena la ‘battaglia dei sessi’, usando i codici culturali e politici ateniesi per prescrivere che le donne devono perdere la battaglia.


continua



[1] Nietzsche, Di là dal bene e dal male, p. 90.
[2] “Padre Zosima (letteratura per letteratura!) ha subito saputo distinguere, tra quelli che si erano ammassati nella sua cella, Dmitrj Karamazov, il parricida. Allora si è alzato dalla sua seggioletta ed è andato a prosternarsi davanti a lui. E l’ha fatto (come avrebbe detto più tardi al Karamazov più giovane) perché Dmitrj era destinato a fare la cosa più orribile e a sopportare il più disumano dolore” (P. P. Pasolini, Scritti corsari, p. 64) ndr.
[3] Giovanni Macchia, L’angelo della notte, p. 166.
[4] Con questo tempo  presente la corifèa sembra suggerire che la donna assassina colpisce ancora e colpirà sempre fino a quando quel delitto non verrà esemplarmente castigato.
[5] Il gioco sofistico porta perfino a un capovolgimento del valore della parola che indica il peccato universale dei Greci: nelle Nuvole  il Discorso ingiusto (Lovgo" a[diko" ) sostiene che Tetide lasciò Peleo perché non era impetuoso (uJbristhv" , v. 1067)  e non era piacevole passare la notte con lui, mentre la donna gode a essere sbattuta. L' u{bri" , la violenza, applicata alla libidine della donna, diviene un valore.
[6] La polvere è il simbolo negativo della sterilità e della morte: prefigura l'inevitabile esito della nostra vita:"what is this quintessence of dust? " (Amleto, 2, 2), che cosa è per me questa quintessenza di polvere? domanda il principe di Danimarca. Naturalmente l'uomo, e pure la donna, dei quali Amleto non si prende alcun piacere.
 "Alexander died, Alexander was buried, Alexander returned into dust" (Amleto, 5, 1), Alessandro morì, Alessandro fu sepolto, Alessandro ridivenne polvere. Nell'Agamennone di Eschilo l'Araldo che viene ad annunciare l'arrivo del vincitore è accompagnato dal segno negativo della diyiva kovni" (v. 495), l'assetata polvere, sorella vicina del fango.
nell' Antigone il segno positivo  della luce viene contrapposto a quelli negativi della polvere, del sangue e della pazzia:"Ora infatti sull'estrema/ radice si era distesa una luce ( favo" ) nella casa di Edipo/ma poi la polvere macchiata di sangue (foiniva...kovni") /degli dei infernali la falcia,/e pazzia della parola ed Erinni della mente" (vv.599-603).
Nel carme 66 di Catullo, i distici di biasimo dell'adulterio (vv.79-88) aggiunti alla Chioma di Berenice di Callimaco associano la polvere all'impurità delle spose infedeli le cui offerte votive infauste vengono rifiutate dalla chioma incielata della casta sposa di Tolomeo III Evergete(246-222):"sed quae se impuro dedit adulterio,/ illius a! mala dona levis bibat irrita pulvis/namque ego ab indignis praemia nulla peto. ", ma se qualcuna si concede all'impuro adulterio, ah la polvere leggera beva inutilmente i doni maledetti di quella, io infatti non voglio le offerte delle donne indegne (vv.84-86). Nella Ricerca di Proust la polvere simboleggia l'insignificanza:"l'esistenza offre interesse solo nelle giornate in cui alla polvere della realtà viene a mischiarsi sabbia magica, in cui qualche volgare incidente della vita diventa una molla fantastica"[6]Insomma:"I will shaw you fear in a handful of dust" (T. S. Eliot, The Waste Land, v.30), in un pugno di polvere vi mostrerò la paura.
[7] Su questo concetto topico vedi anche la scheda a p. 355.
[8] “Una volta caduto a terra nero sangue mortale di quello che prima era un uomo, chi potrebbe farlo tornare indietro incantando? (vv. 1019-1021).
[9]Coefore  461:" [Arh"   [Arei xumbalei', Divka/ Divka".
[10]S. Mazzarino, Il pensiero storico classico , I, p. 175.
[11] "Un testo che può definirsi la formulazione "relativistica" del pensiero dei sofisti…Gli "agoni di discorsi" tucididei echeggiano questa problematica, pur a mezzo secolo di distanza dai Dissoì lògoi… uno scritto sofistico redatto verso il 450 o al più tardi 440" (S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1 pp. 258 ss.).
[12] Nato nella ionica Abdera intorno al 485 a. C., all'incirca coetaneo di Euripide dunque.
[13] J. G. Droysen, Aristofane, p. 194.
[14] Un virgulto (  [erno" ) osservato presso l'altare di Apollo, è il frammento della natura santa cui Odisseo paragona la vergine Nausicaa (Odissea , 6, vv. 162-163): anche qui la ragazza viene distinta dalla donna e dalla sessualità.
[15] Vedi la scheda di approfondimento successiva al v. 113 della Medea.
[16] Sue-Ellen case, Op. cit., p. 14.
[17]Ulisse , p 38  e p. 284.
[18]  Dacia Maraini, Lettera sull’aborto,da Un clandestino a bordo,  (1987), Milano, 2002. 
[19] O. Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, p. 58.
[20] Sue-Ellen Case, Feminism and theater, p.12.

1 commento:

  1. Interessante il testo bella la scelta del quadro. Giovanna Tocco

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