mercoledì 8 febbraio 2017

Filosofia e Poesia. Lezioni in Mediateca VII

Socrate

Abbiamo messo in luce i nessi esistenti tra poesia, filosofia, storiografia e amore. Sopra tutti quelli tra poesia e filosofia.

L’anomalia del deinov~ Socrate.
Eppure nella Repubblica di Platone, Socrate manifesta la sua diffidenza nei confronti di Omero e di tutta la poesia che non consista in “inni agli dèi” ed “elogi dei buoni”, attaccando in particolare la Musa drogata (th;n hjdusmevnhn [1] Mou`san, 607) dei canti lirici o epici che insediano piacere e dolore nel trono della città. Poi però il filosofo abbozza una scusa, dicendo che tra la poesia e la filosofia c’è un’antica ruggine (palaia; mevn ti~ diaforav, 607b) e cita alcuni sberleffi dei comici nei confronti dei filosofi.
Platone  critica anche gli agoni drammatici frequentati troppo spesso, e male, da un pubblico becero,  trascinato dalla musica caotica diffusa da poeti ignoranti, maestri di disordinate trasgressioni, i quali mescolavano peani con ditirambi, confondendo, appunto, tutto con tutto (pavnta eij~ pavnta sunavgonte~, Leggi, 700d); di conseguenza le càvee dei teatri  divennero, da silenziose, vocianti, e al posto dell’aristocrazia del gusto subentrò una  sfacciata  teatrocrazia per quanto riguarda quest’arte (701). Come se fossero stati tutti sapienti, diventarono impavidi e l'audacia generò l'impudenza (701b).

In genere i filosofi vengono bollati dai poeti come morti di fame.
Socrate in primis.
Si pensi a come le Nuvole di Aristofane canzonano e infamano con Socrate tutti i suoi seguaci che sarebbero stati brutti, sporchi e cattivi.
Aristofane fa dire a Strepsiade che nessuno degli uomini del pensatoio di Socrate per economia si è mai fatto  tagliare i capelli o si è unto il corpo o è andato nel bagno a lavarsi:"oujd j eij" balanei'on h\lqe lousovmeno"" (Nuvole[2] , v. 837). Il Coro degli Uccelli [3] più specificamente qualifica Socrate come a[louto" (v. 1553), non lavato.
Di Zenone stoico,  Filemone nella commedia Filosofi scrisse: una strana filosofia è questo suo modo di filosofare: un solo pane, un fico secco (ijscav~) per companatico, un bicchier d’acqua. Costui insegna ad avere fame (peinh`n didavskei) e cattura i discepoli (Diogene Laerzio VII 26).

I poeti e Socrate nel loro rapporto con la natura.
La poesia, prima quella epca di Omero poi la lirica, e successivamente, ancor più, quella ellenistica, in particolare la teocritea,  indugia a descrivere il mondo naturale: "Non v'è giorno...che il poeta[4] dimentichi d'osservare come il sole sorge e tramonta"[5]. Anche negli ultimi drammi, gli Uccelli di Aristofane, le Baccanti di Euripide e l’Edipo a Colono di Socrate, si sente la voce della natura che si avvia a diventare il paradiso perduto dell’uomo disgustato dalla civilizzazione ed escluso dalla politica.

Socrate invece si sente forestiero rispetto alla natura. Nel prologo del Fedro si scusa per questa insensibilità dovuta al fatto che il suo apprendere dipende soltanto dai contatti umani: "Suggivgnwskev moi, w\ a[riste. filomaqh;" gavr eijmi: ta; me;n ou\n cwriva kai; ta; devndra oujdevn m  j ejqevlei didavskein"(230d), perdonami carissimo! Io infatti sono uno che ama imparare: la campagna e gli alberi non vogliono insegnarmi niente.
La sofiva di Socrate è, a detta di Platone, specialmente ajnqrwpivnh sofiva, sapienza relativa all’uomo. Tw'/ o{nti ga;r kinduneuvw tauvthn ei\nai sofov~ (Apologia, 20d) in questa infatti io sono probabilmente saggio davvero.

Nietzsche fa di Socrate il padre della decadenza che consiste nel diffidare degli istinti, quindi anche del mondo naturale.
Socrate sarebbe il nemico mortale dell’istinto, o come un individuo dall’istinto rovesciato: “Mentre in tutti gli uomini produttivi l’istinto è proprio la forza creativa e affermativa, e la coscienza si comporta in maniera critica e dissuadente, in Socrate l’istinto si trasforma in un critico, la coscienza in una creatrice-una vera mostruosità per defectum! Più precisamente noi scorgiamo qui un mostruoso defectus di ogni disposizione mistica, sicché Socrate sarebbe da definire come l’individuo specificamente non mistico, in cui la natura logica, per una superfetazione, è sviluppata in modo tanto eccessivo quanto lo è quella sapienza istintiva nel mistico”[6]. Quest’idea non verrà rinnegata più avanti da Nietzsche come invece farà per altri aspetti[7] di questo scritto giovanile sulla nascita della tragedia.  In Ecce homo[8] il filosofo ne rivendica le due “ innovazioni decisive: intanto la comprensione del fenomeno dionisiaco fra i Greci-il libro ne dà la prima psicologia, vedendo in esso la radice di tutta l’arte greca. L’altra è la comprensione del socratismo: Socrate come strumento della disgregazione greca, riconosciuto per la prima volta come tipico décadent. “Razionalità” contro istinto. La “razionalità” a ogni costo come violenza pericolosa che mina la vita!”[9].
E ancora: Socrate “era plebaglia. Si sa, lo si vede ancora quanto fosse brutto”.
Socrate era un rinnegato dalla natura.
Socrate con “la superfetazione del logico e quella cattiveria del rachitico che lo contraddistingue”[10] puntò sulla tragedia “l’unico grande occhio ciclopico…quell’occhio in cui non arse mai la dolce follia dell’entusiasmo artistico”[11]. Egli nell’arte tragica vedeva qualche cosa di “assolutamente irrazionale…inoltre il tutto era così variopinto e vario, che a un’indole assennata doveva riuscire ripugnante mentre per le anime eccitabili e sensibili era una miccia pericolosa”[12]. Socrate comprendeva solo la favola esopica, quindi indusse Platone, che voleva diventare suo scolaro, a considerare l’arte tragica tra quelle lusingatrici, e a bruciare tutta la poesia che aveva composto da giovane. Ma la necessità artistica spinse questo discepolo di Socrate a una nuova forma d’arte: il dialogo che avrà un seguito nella satira menippea e nel romanzo: “Il dialogo platonico fu per così dire la barca in cui la poesia antica naufraga si salvò con tutte le sue creature; stipate in uno stretto spazio e paurosamente sottomesse all’unico timoniere Socrate, entrarono ora in un mondo nuovo…Realmente Platone ha fornito a tutta la posterità il modello di una nuova forma d’arte, il modello del romanzo, questo si può definire come una favola esopica infinitamente sviluppata, in cui la poesia vive rispetto alla filosofia dialettica in un rapporto gerarchico…cioè come ancilla. Questa fu la nuova posizione della poesia, in cui Platone la spinse sotto la pressione del demonico Socrate. Qui il pensiero filosofico cresce al di sopra dell’arte, costringendola ad abbarbicarsi strettamente al tronco della dialettica. Nello schematismo logico si è chiusa in un involucro la tendenza apollinea: così in Euripide abbiamo dovuto constatare qualcosa di corrispondente, e inoltre una traduzione del dionisiaco nella passione naturalistica”[13].



CONTINUA



[1] Da hJduvnw, “condisco”.
[2] Del 423 a. C.
[3] Del 414 a. C.
[4] Omero ndr-
[5]Jaeger, Paideia  1, p. 11O.
[6] La nascita della tragedia , p. 92.
[7] Hegeliani e schopenhaueriani
[8] Del 1888.
[9] F. Nietzsche, Ecce homo, p.  49.
[10] Crepuscolo degli idoli, p. 13.
[11] La nascita della tragedia , p. 93.
[12] La nascita della tragedia , p. 93
[13] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 95.

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