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martedì 7 febbraio 2017

Shakespeare e la letteratura antica


Le etimologie con il latino e il greco sono tratte da:

A CONCISE ETYMOLOGICAL DICTIONARY OF THE ENGLISH LANGUAGE  BY THE REV. WALTER W. SKEAT. NEW AND CORRECTED IMPRESSION (1984) First impression 1882 
OXFORD AT THE CLAREDON PRESS


Shakespeare e la letteratura antica
Dalla mia Introduzione alla tragedia greca


Catarsi e mimesi nell’Amleto (1603) di Shakespeare.
l’Amleto di Shakespeare dice: “I have heard - that guilty creatures - creatura, sitting - sedēre - e[zomai -  at a play, - have, by the very cunning of the scene, - been struck -  da strike, allied to stringere toccare leggermente striga fila di fieno falciato -  so to the soul that presently - they have proclaim’d - proclamare gridare  -  their malefactions” (Hamlet, II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite, dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.
Non molto diversamente Aristotele nella Poetica
"La tragedia è dunque imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/)… di attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28.
Una delle due volte precedenti ci chiedemmo se la kavqarsiς può essere una specie di purga o di cura medica, ebbene nelle Leggi di Platone si trova con questo significato: kavmnon sw'ma ijatrikh'ς kaqavrsewς tucovn (628d), un corpo malato che ha avuto una cura medica


Più avanti anche la teoria della mimesi è espressa da Amleto egli definisce “the purpose of playing”, lo scopo dell’arte drammatica, “whose end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere, the mirror - (lat. mirari) up to nature” (Hamlet, III, 2), il cui fine, all’inizio come ora, è sempre stato quello di reggere, per così dire, lo specchio alla natura.
Secondo Aristotele l'arte è essenzialmente mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo il teatro ne costituisce la quintessenza.

Nell’ Encomio di Elena di Gorgia ritroviamo fovboς kai; e[leoς associate alla poesia che provoca identificazione di chi la ascolta con i personaggi o i fatti narrati
Chiamo e giudico la poesia tutta parola con metro lovgon e[conta mevtron, e in chi la ascolta si insinua frivkh perivfoboς, un brivido di terrore, una pietà con molte lacrime kai; e[leoς poluvdakruς e un rimpianto che accarezza il dolore kai; povqoς filopenqhvς. L’anima davanti a faccende di altri, liete o tristi, prova, attraverso le parole un’esperienza propria iJdivon ti pavqhma dia; tw'n lovgwn e[paqen hJ yuchv.

Il riconoscimento, l’ajnagnwvrisiς delle tragedie greche. Cfr. la Poetica di Aristotele 1452 a: ajnagnwvrisiς dev, w{sper kai; tounoma shvmainei, ejx ajgnoivaς eijς gnw'sin metabolhv, il riconoscimento, come indica il nome è cambiamento dalla non conoscenza alla conoscenza. Nelle tragedie abbiamo quelli di Oreste - Elettra, Oreste - Ifigenia.
In Shakespeare tra Imogene e suo padre Cimbelino nel Cimbelino (1610), tra Leonte ed Ermione poi con Perdita nel Racconto d’inverno (1611), poi quello di Pericle con Taisa la moglie e Marina in Pericle principe di Tiro (1608)
Inoltre nel Racconto d’inverno, Ermione resuscitata dalla sua statua ricorda l’Alcesti di Euripide. Così Taisa nel Pericle.
  
Amleto è il falso sciocco, come il Bruto Maggiore di Tito Livio.
Cfr. Maurizio Bettini su Bruto (ossimoro vivente).
Cfr. Pirandello: “La tragedia d’Oreste in un teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari (…)”
 “la tragedia d’Oreste?”
 “Già! D’après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l’Elettra. Ora senta un po’ che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la maionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei”.
“Non saprei”, risposi, stringendomi ne le spalle”.
“Ma è facilissimo, ignor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo”
“E perché?”
“Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì, a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta”
E se ne andò ciabattando”[1]

I naufràgi (La Tempesta, Pericle principe di Tiro) fanno pensare al Satyricon: di fronte al cadavere dell’arcipirata Lica, Eumolpo dice:"si bene calculum ponas, ubique naufragium est " (115, 17), se fai bene i conti, il naufragio è dappertutto.
Maria Zambrano afferma che l'uomo, da quando ha memoria e storia, ha sempre avuto nel fondo dell'animo il sentimento del naufragio e ricorda che il suo maestro Otega y Gasset nei suoi corsi su "La razòn vital" descriveva "la condizione di "naufragio" come la più umana della vita umana"[2].

Gli auspici
There is special Providence in the fall of a sparrow (Amleto, V, 2)
Dunque we defy augury, sfidiamo i presagi.
Ora o dopo, tuttavia la morte verrà.

Cfr. Ammiano Marcellino XXI, 1, 7: “volatus avium dirigit deus”. Per questo gli auspici si ricavano dal volo degli uccelli.

Cfr. Matteo: “Nonne duo passeres asse veneunt? Et unus ex illis non cadet super terram sine Patre vestro (10, 28).
The readiness is all (Amleto,V, 2), essere pronti è tutto.
Nel Vangelo di Luca troviamo l’archetipo di the readiness is all: “Et vos estote parati, quia, qua hora non putatis, Filius hominis veniet” (12, 40)
Amleto evoca la Provvidenza anche per il fatto che aveva con sé il sigillo di suo padre quando ha scritto la lettera che chiedeva la condanna a morte di Rosencratz e Guildestern: even in that was heaven ordinant (V, 2, 48)
Amleto: c’è una divinità che dà forma ai nostri piani, per quanto rozzamente li abbozziamo ( There’s a divinity that shapes our ends - rough - hew them how we will V, 2).

Nelle ultime scene di questa tragedia c’è la comparsa di un lume lontano: good night, sweet prince, and flights of angels sing thee to thy rest! , è l’addio di Orazio.
La parola finale di Amleto è significativamente silence -  the rest is silence - silentium



CONTINUA



[1] Il fu Mattia Pascal XII L’occhio e Papiano.
[2] L'uomo e il divino , p.65 n. 9.

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