Le etimologie con il latino e il greco sono
tratte da:
A CONCISE ETYMOLOGICAL DICTIONARY OF THE ENGLISH LANGUAGE BY THE REV. WALTER W. SKEAT. NEW AND CORRECTED IMPRESSION (1984) First impression 1882
OXFORD AT THE CLAREDON PRESS
Shakespeare e la letteratura antica
Dalla mia Introduzione
alla tragedia greca
Catarsi e mimesi nell’Amleto (1603) di Shakespeare.
l’Amleto di Shakespeare dice: “I have heard - that guilty creatures - creatura, sitting - sedēre - e[zomai - at a play, - have, by the very cunning of the
scene, - been struck - da
strike, allied to stringere toccare leggermente striga fila di fieno falciato
- so to the soul that presently - they have
proclaim’d - proclamare gridare - their
malefactions” (Hamlet, II, 2), io
ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite,
dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno
confessato subito i loro misfatti.
Non molto diversamente Aristotele nella Poetica
"La tragedia è dunque imitazione di
azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~
spoudaiva~ kai; teleiva~) che,
con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/
lovgw/)… di attori che agiscono e non attraverso un
racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali
affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n
toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b,
28.
Una delle due volte precedenti ci chiedemmo
se la kavqarsiς
può essere una specie di purga o di cura medica, ebbene nelle Leggi di Platone si trova con questo
significato: kavmnon sw'ma ijatrikh'ς kaqavrsewς tucovn (628d), un corpo malato che ha avuto una
cura medica
Più avanti anche la teoria della mimesi è
espressa da Amleto egli definisce “the
purpose of playing”, lo scopo dell’arte drammatica, “whose end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere,
the mirror - (lat. mirari) up to nature” (Hamlet, III, 2), il cui fine, all’inizio come ora, è sempre stato
quello di reggere, per così dire, lo specchio alla natura.
Secondo Aristotele l'arte è essenzialmente
mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo il teatro ne costituisce
la quintessenza.
Nell’ Encomio
di Elena di Gorgia ritroviamo fovboς kai; e[leoς associate alla poesia che provoca
identificazione di chi la ascolta con i personaggi o i fatti narrati
Chiamo e giudico la poesia tutta parola con
metro lovgon e[conta mevtron, e in chi la ascolta si insinua frivkh perivfoboς, un
brivido di terrore, una pietà con molte lacrime kai; e[leoς poluvdakruς e un rimpianto che accarezza il dolore kai; povqoς filopenqhvς. L’anima davanti a
faccende di altri, liete o tristi, prova, attraverso le parole un’esperienza
propria iJdivon ti pavqhma dia; tw'n lovgwn e[paqen
hJ yuchv.
Il riconoscimento, l’ajnagnwvrisiς delle tragedie
greche. Cfr. la Poetica di Aristotele
1452 a: ajnagnwvrisiς dev, w{sper kai; tounoma shvmainei, ejx ajgnoivaς eijς gnw'sin metabolhv, il riconoscimento, come indica il nome è cambiamento
dalla non conoscenza alla conoscenza. Nelle tragedie abbiamo quelli di Oreste -
Elettra, Oreste - Ifigenia.
In Shakespeare tra Imogene e suo padre
Cimbelino nel Cimbelino (1610), tra Leonte
ed Ermione poi con Perdita nel Racconto
d’inverno (1611), poi quello di Pericle con Taisa la moglie e Marina in Pericle principe di Tiro (1608)
Inoltre nel Racconto d’inverno, Ermione resuscitata dalla sua statua ricorda l’Alcesti di Euripide. Così Taisa nel Pericle.
Amleto è il falso sciocco, come il Bruto
Maggiore di Tito Livio.
Cfr. Maurizio Bettini su Bruto (ossimoro
vivente).
Cfr. Pirandello: “La tragedia d’Oreste in un
teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari (…)”
“la
tragedia d’Oreste?”
“Già! D’après Sophocle, dice il manifestino.
Sarà l’Elettra. Ora senta un po’ che
bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la
maionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra
Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che
avverrebbe? Dica lei”.
“Non saprei”, risposi, stringendomi ne le
spalle”.
“Ma è facilissimo, ignor Meis! Oreste
rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo”
“E perché?”
“Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora
gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli
occhi, sul punto, gli andrebbero lì, a quello strappo, donde ora ogni sorta di
mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia.
Oreste, insomma diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la
tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo
di carta”
E se ne andò ciabattando”[1]
I naufràgi (La
Tempesta , Pericle
principe di Tiro) fanno pensare al Satyricon:
di fronte al cadavere dell’arcipirata Lica, Eumolpo dice:"si bene calculum ponas, ubique naufragium est
" (115, 17), se fai bene i conti, il naufragio è dappertutto.
Maria Zambrano afferma che l'uomo, da quando
ha memoria e storia, ha sempre avuto nel fondo dell'animo il sentimento del
naufragio e ricorda che il suo maestro Otega y Gasset nei suoi corsi su
"La razòn vital" descriveva "la condizione di
"naufragio" come la più umana della vita umana"[2].
Gli auspici
There is special
Providence in the fall of a sparrow (Amleto, V, 2)
Dunque we
defy augury, sfidiamo i presagi.
Ora o dopo, tuttavia la morte verrà.
Cfr. Ammiano Marcellino XXI, 1, 7: “volatus avium dirigit deus”. Per questo
gli auspici si ricavano dal volo degli uccelli.
Cfr. Matteo: “Nonne duo passeres asse veneunt? Et unus ex illis non cadet super
terram sine Patre vestro (10, 28).
The readiness is all (Amleto,V, 2), essere pronti è tutto.
Nel Vangelo di Luca troviamo l’archetipo di the readiness is all: “Et vos estote parati, quia, qua hora non
putatis, Filius hominis veniet” (12, 40)
Amleto evoca la Provvidenza anche per
il fatto che aveva con sé il sigillo di suo padre quando ha scritto la lettera
che chiedeva la condanna a morte di Rosencratz e Guildestern: even in that was heaven ordinant (V, 2,
48)
Amleto: c’è una divinità che dà forma ai
nostri piani, per quanto rozzamente li abbozziamo ( There’s a divinity that shapes our ends - rough - hew them how we will V,
2).
Nelle ultime scene di questa tragedia c’è la
comparsa di un lume lontano: good night,
sweet prince, and flights of angels sing thee to thy rest! , è l’addio di
Orazio.
La parola finale di Amleto è
significativamente silence - the rest is silence - silentium
CONTINUA
Giovanna Tocco
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